More on this book
Community
Kindle Notes & Highlights
Ciò che mi ha detto in seguito non mi interessava più.
«i figli dell’amore sono sempre i più belli». Era una frase terribile.
«È orribile: sono incinta».
Nell’amore e nel piacere non mi sentivo un corpo intrinsecamente diverso da quello degli uomini.
Ogni volta che ho ripensato a quel periodo mi sono venute in mente espressioni letterarie come «il lungo viaggio», «al di là del bene e del male», o ancora «viaggio al termine della notte».
Tanto più che il paradosso di una legge giusta è quasi sempre quello di obbligare a tacere le vittime di un tempo, con la scusa che «le cose sono cambiate».
evento indimenticabile.
tempo
«incinta», troppo simile a «incidentata».
Stabilivo confusamente un legame tra la mia classe sociale d’origine e quello che mi stava succedendo. Prima a fare studi superiori in una famiglia di operai e piccoli commercianti, ero scampata alla fabbrica e al bancone. Ma né il diploma né tutti gli esami dati a lettere erano riusciti a ostacolare la fatale trasmissione di una miseria di cui la ragazza incinta era, alla stregua dell’alcolizzato, l’emblema. Mi ero fatta fregare all’ultimo dagli ardori, e ciò che cresceva in me era, in un certo senso, il fallimento sociale.
La prospettiva di abortire non mi spaventava.
si sarebbe persa sino a morirne.
Aver vissuto una cosa, qualsiasi cosa, conferisce il diritto inalienabile di scriverla. Non ci sono verità inferiori. E se non andassi fino in fondo nel riferire questa esperienza contribuirei a oscurare la realtà delle donne, schierandomi dalla parte della dominazione maschile del mondo.)
Né lui né io abbiamo pronunciato una sola volta la parola aborto. Era qualcosa che non aveva posto nel linguaggio.
«Mi lascia a sbrigarmela da sola».)
«impressione di essere incinta in maniera astratta»
Né sentimenti né morale.
Per via del denaro, naturalmente, e forse anche per la sensazione di essere utile alle donne.
Ho ucciso mia madre in me in quel momento.
O. va nella sua stanza a prendere un sacchetto di biscotti vuoto, io ce lo infilo.
sono per me la prova che io ho realmente vissuto così l’evento.)
Era colpa mia se il dottore era stato violento con me: non poteva sapere con chi aveva a che fare.
La natura continuava a lavorare meccanicamente nell’assenza.
avevo partorito allo stesso tempo una vita e una morte.
Abbiamo solo mangiato i plum-cake che gli aveva preparato la madre.
Uscendo ho saputo che per me il tempo della religione era finito.
Oggi so che avevo bisogno di quella prova e di quel sacrificio per desiderare di avere figli. Per accettare la violenza della riproduzione nel mio corpo e diventare a mia volta luogo di passaggio delle generazioni. Ho finito di mettere in parole quella che mi pare un’esperienza umana totale, della vita e della morte, del tempo, della morale e del divieto, della legge, un’esperienza vissuta dall’inizio alla fine attraverso il corpo.

