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«C’è un altro uomo nella mia vita». Ebbene, per un marito queste non sono parole piacevoli da sentire. Confesso che rimasi di sasso. Picchiarla lì per lì, in mezzo alla strada, come avrebbe potuto fare un onesto plebeo, era impensabile; anni di segrete sofferenze mi avevano insegnato un autocontrollo sovrumano.
D’un tratto immaginai Lo di ritorno dalla colonia – calda, abbronzata, stordita, cloroformizzata – e per poco non piansi di passione e di impazienza.
Questa è solo una circostanza marginale. A me interessa stabilire una tendenza generale.
sul funerale in sé, che fu una cosa tranquilla come lo era stato il matrimonio.
mia, mia, mia Lolita
C’era un letto matrimoniale, uno specchio, un letto matrimoniale nello specchio,
devo infatti confessare che, secondo lo stato delle mie ghiandole e dei miei gangli, nel corso di una stessa giornata io passavo da un polo all’altro della follia – dal pensiero che verso il 1950 mi sarei dovuto liberare di un’adolescente difficile il cui magico ninfaggio era svaporato, al pensiero che, con un po’ di pazienza e di fortuna, le avrei magari fatto sfornare una ninfetta col mio sangue nelle vene squisite, una Lolita Seconda, che nel 1960, quando io fossi ancora stato dans la force de l’âge, avrebbe avuto otto o nove anni. Dirò di più: il telescopio della mia mente, o de-mente, era
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Un cambiamento d’ambiente è la tradizionale premessa fallace in cui ripongono le loro speranze gli amori e i polmoni condannati.
Vedete, io l’amavo. Era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista.