Sylvia

by Leonard Michaels

Parlavo per ore al telefono, raccontando ai miei amici che ero tornato, e facevo le ore piccole seduto in cucina a bere caffè, leggere e fumare. Quasi tutta la città dormiva. Nel silenzio udivo le sirene della polizia fin da Houston Street. A volte venivo svegliato verso mezzogiorno o più tardi dagli odori della cucina di mia madre che, come la luce del sole, sfumavano col passare delle ore. Le giornate erano tutte uguali, o quasi. Non avrei saputo dire se era lunedì o venerdì fin quando non lo leggevo sul giornale. Lo dimenticavo subito. Dopo che i miei genitori si erano coricati, uscivo a comprare il «New York Times», e poi restavo a fissare le colonne degli annunci. Fra migliaia di offerte di lavoro, nessuna si rivolgeva a me. Volevo far qualcosa. Non volevo qualcosa da fare. Dall’altra parte del soggiorno buio, in fondo al corridoio, mio padre russava nel grande letto accanto a mia madre.

Non c’erano significati davvero grandi, solo clamori di fenomeni. Leggevo assiduamente. Mi tenevo in contatto con la mia specie.