Oliver Twist

by Charles Dickens

“Addio, caro amico! Dio ti benedica!” La benedizione veniva dalle labbra di un bambinetto, ma era la prima che Oliver si fosse mai sentito rivolgere, e nel corso di tutte le lotte e le sofferenze, le pene e i cambiamenti del seguito della sua vita, mai, neanche una volta, la dimenticò.

Oh, se quando opprimiamo e schiacciamo i nostri simili dedicassimo un solo pensiero alle oscure prove dell’errare umano che, come nuvole dense e pesanti, salgono, lente sì, ma non meno inarrestabili, al cielo, per scaricare sul nostro capo la vendetta; se udissimo per un solo istante, nell’immaginazione, la profonda testimonianza delle voci dei defunti, che nessun potere può soffocare e nessuna arroganza zittire, dove finirebbero il male e l’ingiustizia, la sofferenza, il patimento, la crudeltà e i torti, che la vita quotidiana porta con sé!

Dobbiamo fare grande attenzione al modo in cui ci comportiamo con chi ci circonda: ogni trapasso infatti accende in un piccolo circolo di sopravvissuti il pensiero di quanto è stato omesso e quanto poco fatto, di tante cose dimenticate e di tante altre a cui si sarebbe potuto porre rimedio. Non c’è rimorso più feroce di quello che non può dar frutto.

È un mondo di delusioni, il nostro: e ad andare deluse spesso sono le speranze che più caldamente coltivavamo, e le speranze che più fanno onore alla nostra natura.