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“Strana immagine è la tua,” disse, “e strani sono quei prigionieri.” “Somigliano a noi,” risposi. PLATONE, Repubblica, Libro VII
Così vanno le cose, Cipriano, la vita non ha che due giorni da dare, e c’è tanta gente che ha vissuto solo un giorno e mezzo, e altra neanche tanto, vedi dunque che noi non possiamo lamentarci.
Non ha aperto la finestra, ha scostato appena lo scuro interno per vedere come poteva essere il tempo, è ciò che ha pensato, o ha voluto pensare di aver pensato, ma in realtà non era sua abitudine farlo, quest’uomo ha già vissuto più che a sufficienza per sapere che il tempo c’è sempre, con il sole, come promette oggi, con la pioggia, come ha fatto ieri, in realtà, quando apriamo una finestra e alziamo il naso verso gli spazi superiori lo facciamo solo per appurare se il tempo che fa è quello che desideravamo noi.
Quello che sto sentendo non è un buon modo di cominciare la giornata, Non lo è davvero, vediamo di iniziarla in maniera meno umana, ma più compassionevole, disse Cipriano Algor uscendo nello spiazzo.
dopo quello che ci siamo detti al cimitero ho pensato che non c’è grande differenza fra le cose e le persone, hanno la loro vita, durano un certo tempo, e ben presto finiscono, come tutto al mondo, Comunque sia, se una brocca può sostituirne un’altra senza doverci pensare più del tempo necessario per buttare i cocci e riempirla d’acqua di nuovo, lo stesso non accade con le persone, è come se alla nascita di ciascuna si spaccasse la forma da cui è uscita, ecco perché le persone non si ripetono, Le persone non vengono fuori dalle forme, ma penso di capire cosa voglia dire, È stato un discorso da
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la legge ordina, il costume ordina, Non pensi né alla legge né al costume, signor Cipriano, si prenda quello che ormai è suo, Non sarà troppa fiducia, A volte bisogna abusarne un po’, Lei crede, Sì, lo credo,
Non sono più in età di speranze, Marçal, io ho bisogno di certezze, e che siano immediate, che non aspettino un domani che potrebbe non essere più mio,
ma se il nostro cane si è perduto per poter essere trovato, come ha intelligentemente spiegato Isaura Estudiosa, anche le nostre mani perdute, la vostra e la mia, potranno, chissà, essere ritrovate dalla creta, È un’avventura che finirà male, È andato a finir male anche quello che avventura non era. Cipriano Algor guardò la figlia in silenzio, poi prese un pezzo di creta e gli diede un primo tratto di figura umana, Da dove cominciamo, domandò, Da dove bisogna sempre cominciare, dal principio, rispose Marta.
Autoritarie, paralizzanti, circolari, a volte ellittiche, le frasi a effetto, dette anche scherzosamente briciole d’oro, sono una piaga maligna, tra le peggiori che hanno infestato il mondo. Diciamo ai confusi, Conosci te stesso, come se conoscere se stessi non fosse la quinta e più difficile operazione delle aritmetiche umane, diciamo agli abulici, Volere è potere, come se le realtà bestiali del mondo non si divertissero a invertire tutti i giorni la posizione relativa dei verbi, diciamo agli indecisi, Comincia dal principio, come se quel principio fosse il capo sempre visibile di un filo
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Puro inganno di innocenti e sprovveduti, il principio non è mai stato il capo nitido e preciso di una linea, il principio è un processo lentissimo, tardivo, che richiede tempo e pazienza perché si capisca la direzione in cui vuole andare, che tasta il cammino come un cieco, il principio è solo il principio, ciò che ha fatto vale tanto quanto niente.
un’idea che meriterebbe un bel dieci nelle votazioni scolastiche di un tempo, Mi ritengo soddisfatto con un sei, che dà meno nell’occhio,
Messe in fila, una dopo l’altra, le enciclopedie di oggi, di ieri e dell’altroieri rappresentano immagini successive di mondi paralizzati, gesti interrotti nel loro movimento, parole alla ricerca del proprio ultimo o penultimo significato. Le enciclopedie sono come immutabili cinerama, prodigiosi proiettori i cui carrelli si sono bloccati ed esibiscono con una specie di maniaca fissità un paesaggio che, così condannato a essere solo, per sempre, ciò che era stato, diventerà al tempo stesso più vecchio, più caduco e meno necessario.
senza il tocco dell’aria né il fiato della luce,
La psicologia non è mai stato il mio forte, Neanche il mio, ma persino l’ignoranza è capace di avere intuizioni profetiche, Non trasmettere queste intuizioni profetiche al futuro di tuo padre, che ha sempre preferito conoscere ogni giorno ciò che ogni giorno, nel bene e nel male, ha deciso di portargli, Una cosa è quello che porta il giorno, e cosa ben diversa è quello che noi, da soli, portiamo al giorno, La vigilia, Non capisco cosa volete dire, È la vigilia che noi portiamo a ogni giorno che viviamo, la vita è un caricare e trasportare vigilie come chi trasporta carichi di pietre, quando
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Ho vissuto, guardato, letto, sentito, Cosa c’entra leggere, Leggendo, si viene a sapere quasi tutto, Anch’io leggo, Qualcosa, dunque, dovrai pur saperla, Ora non ne sono più tanto sicura, Allora dovrai leggere in altra maniera, Come, Non serve per tutti la stessa, ciascuno inventa la propria, quella che gli sia più consona, c’è chi passa tutta la vita a leggere senza mai riuscire ad andare al di là della lettura, restano appiccicati alla pagina, non percepiscono che le parole sono soltanto delle pietre messe di traverso nella corrente di un fiume, sono lì solo per farci arrivare all’altra
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A meno che quei fiumi non abbiano due sole sponde, ma tante, che ogni persona che legge sia, essa stessa, la propria sponda, e che sia sua, e soltanto sua, la sponda a cui dovrà arrivare,
Perché il cervello della testa sapesse cos’era la pietra, prima c’è stato bisogno che le dita la toccassero, ne sentissero l’asperità, il peso e la densità, c’è stato bisogno che vi si ferissero. Solo molto tempo dopo il cervello ha capito che da quel pezzo di roccia si sarebbe potuta fare una cosa che avrebbe chiamato coltello e una cosa che avrebbe chiamato idolo.
Per dovere di verità bisogna dire che, di colori, il cervello se ne intende assai meno di quanto creda.
Grazie all’inconsapevole sicurezza di cui la durata della vita ha finito per dotarlo, pronuncia senza esitare i nomi dei colori che chiama elementari e complementari, ma immediatamente si perde, perplesso, dubbioso, quando tenta di formare delle parole che possano servire da etichette o distici esplicativi di qualcosa che tocca l’ineffabile, di qualcosa che sfiora l’indicibile, quel colore non ancora del tutto nato che, con l’assenso, la complicità e non di rado la sorpresa degli stessi occhi, le mani e le dita vanno creando e che probabilmente non arriverà mai a ricevere il suo giusto nome.
solo con quel sapere invisibile delle dita si potrà mai dipingere l’infinita tela dei sogni.
Fidandosi di ciò che gli occhi hanno ritenuto di aver visto, il cervello della testa afferma che, secondo la luce e le ombre, il vento e la calma, l’umidità e la secchezza, la spiaggia è bianca, o gialla, o dorata, o grigia, o purpurea, o una cosa qualsiasi tra questo e quello, ma poi vengono le dita e, con un movimento di raccolta, come se stessero mietendo una messe, rialzano dal suolo tutti i colori che ci sono al mondo.
Non è men vero, tuttavia, che nell’esaltata folgorazione di un solo tono, o nella sua musicale modulazione, sono presenti e vivi tutti gli altri, tanto le tonalità dei colori che hanno già un nome quanto quelle di quei colori che ancora lo attendono, proprio come una distesa in apparenza liscia potrà coprire, nel mentr...
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Certamente perché è ancora nel terreno verde della gioventù, Trovato non ha avuto tempo di acquisire opinioni costituite, chiare e definitive sulla necessità e sul significato delle lacrime nell’essere umano, eppure, considerando che quegli umori liquidi continuano a manifestarsi in quello strano brodo di sentimento, ragione e crudeltà di cui è fatto, ha pensato che forse non sarebbe stata una grossa sciocchezza avvicinarsi alla padrona in lacrime e posarle dolcemente la testa sulle ginocchia.
però non dobbiamo stupirci per l’apparente singolarità della situazione, nelle questioni in cui regna il caso tant’è che si viva in una città di dieci milioni di abitanti oppure in un paese di poche centinaia, accade solo ciò che deve accadere.
Cipriano Algor diede un’occhiata all’orologio, se quello che voleva sapere era l’ora, il gesto non gli è servito a nulla, perché, essendo stato fatto nell’immediata sequenza del dibattito fra la probabilità delle menzogne e la possibilità delle verità, era come se fosse in attesa di trovare la conclusione nella disposizione delle lancette, un angolo retto che avrebbe significato sì, un angolo acuto che gli avrebbe anteposto un prudente forse, un angolo ottuso a dire smaccatamente no, un angolo piatto è meglio non pensarci. Quando, subito dopo, tornò a guardare il quadrante, le lancette
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non si sa mai quando una parola male interpretata può avere come conseguenza disastrosa la distruzione della più sottile e laboriosa dialettica di persuasione, già lo diceva l’antica saggezza, col tuo padrone non competere a pere, che lui si mangia le mature e a te dà quelle nere.
Perdere tempo a spiegare perché gli piace sarebbe poco meno che inutile, ci sono cose nella vita che si definiscono da sole, un certo uomo, una certa donna, una certa parola, un certo momento, basterebbe che lo avessimo enunciato così e tutti capirebbero di cosa si tratta, ma ce ne sono altre che, e potrebbero essere lo stesso uomo e la stessa donna, la stessa parola e lo stesso momento, guardate da un angolo diverso, con una luce diversa, cominciano a suscitare dubbi e perplessità, segnali inquieti, un’insolita palpitazione, ecco perché a Cipriano Algor è venuto meno all’improvviso il piacere
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ma le ragioni ci sono, se le cerchiamo le troviamo sempre, ragioni che spieghino qualcosa non sono mai mancate, anche quando non sono quelle giuste, sono i tempi che cambiano, sono i vecchi che ogni ora invecchiano di un giorno, è il lavoro che non è più quello che era, e noi che possiamo essere soltanto ciò che siamo stati, all’improvviso ci rendiamo conto di non essere più necessari nel mondo, ammesso che mai lo siamo stati, ma credere di esserlo ci sembrava già tanto, sembrava sufficiente, ed era in un certo senso eterno per il tempo in cui sarebbe durata la vita, perché l’eternità è
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Adesso il loro amore sembra sopito, che cosa dobbiamo farci, sembra sia un effetto naturale del tempo e delle angosce del vivere, ma se l’antica saggezza serve ancora a qualche cosa, se ancora può essere di una certa utilità per le moderne ignoranze, rammentiamoci, discretamente in modo da non farci ridere dietro, che finché c’è vita c’è speranza.
la maniera migliore di far morire una rosa è di aprirla a forza quando ancora è soltanto una piccola promessa in bocciolo.
all’apparenza sembrava pochissimo lavoro per delle ansie così grandi, ma bisogna comprendere che nelle circumnavigazioni della vita una brezza amena per alcuni può essere per altri una tempesta mortale, tutto dipende dalla stazza dell’imbarcazione e dallo stato delle vele.
Come una profonda brocca che lentamente si riempie, la donna si avvicina all’uomo a poco a poco, o, forse con più rigorosa esattezza, lasciando che lui le si avvicini, finché l’urgenza dell’uno e l’ansia dell’altra, ormai dichiarate, ormai coincidenti, ormai irrimandabili, facciano affiorare cantando l’unanime acqua.
Fra noi due, l’adulta sei tu, io non sono altro che un bambino, Forse hai ragione, o almeno stai dando ragione a me, questa meravigliosa adulta che sono, questa assennatissima moglie di Marçal Gacho non è stata capace di cogliere, quando avrebbe dovuto, cosa rappresenta una persona che avrà la semplicità e l’onestà di definirsi un bambino, Non sarò sempre così, Non sarai sempre così, perciò, fintanto che c’è tempo, dovrò fare tutto quanto sarà nelle mie possibilità per comprenderti come sei, e probabilmente giungere alla conclusione che, in te, essere bambino significa, in fin dei conti, un
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So che non è bene che un figlio faccia una dichiarazione del genere, ma la verità è che con i miei genitori non ci voglio vivere, Perché, Non ci siamo mai capiti, né io ho capito loro, né loro me, Sono i tuoi genitori, Sì, sono i miei genitori, quella notte sono andati a letto e ne hanno avuto voglia, per questo sono nato, quando ero piccolo rammento di averli uditi commentare, come se si divertissero a raccontare un buon aneddoto, che lui, quella notte, era ubriaco, Con vino o senza vino, nasciamo tutti così, Riconosco che è un’esagerazione, ma mi ripugna pensare che mio padre fosse ubriaco
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Marta prese la mano sinistra di Marçal, la strinse fra le sue e mormorò, Tutti i genitori sono stati figli, molti figli diventano genitori, ma alcuni hanno dimenticato ciò che erano, e ad altri non c’è nessuno che possa spiegargli cosa saranno, Non è facile da capire, Non lo capisco neanch’io, mi è venuto così, non badarci, Andiamo a letto, Sì, andiamo.

