Luce d'agosto
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Read between September 7 - September 12, 2024
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suo viso è calmo come la pietra, ma non duro. La sua ostinazione ha un che di morbido, una sorta di luce interna di calma, tranquilla irragionevolezza e di distacco. La signora Armstid la osserva. Lena non
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che ormai in città riesce a arrivarci». La
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con la paziente e tranquilla ricapitolazione di un bambino che mente, gli uomini in tuta che ascoltano in silenzio, accosciati.
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Ai suoi occhi, tutti, uomini o donne, sono motivati da quelli che crede sarebbero i suoi stessi motivi se fosse tanto folle da fare ciò che stanno facendo gli altri.
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Così lui predicò a quelli, allo stesso modo in cui aveva sempre predicato: con il rapito furore che i suoi avevano ritenuto sacrilego e che quelli delle altre chiese giudicarono vera e propria pazzia.
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pulpito. Allora la città si dispiacque di essersi rallegrata, come a volte la gente si dispiace per coloro che alla fine ha costretto a fare come voleva.
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stato. La città sapeva che era sbagliato, e alcuni degli uomini andarono da lui e di nuovo tentarono di persuaderlo a lasciare Jefferson, per il suo bene, dicendogli che la prossima volta avrebbero potuto ammazzarlo. Ma lui si rifiutò di andarsene. Non volle neppure parlare delle botte prese, nemmeno quando si offrirono di portare in tribunale quelli che lo avevano picchiato. Si rifiutò di fare l’una cosa e l’altra. Non aveva nessuna intenzione di parlare né di andarsene.
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Poi
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‘Perché sempre,’ pensa ‘quando qualcosa arriva a diventare un’abitudine, riesce anche a arrivare parecchio lontano dai fatti e dalla verità’.
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perché uno ha più paura dei guai che potrebbe avere che di quelli che ha già. Si aggrappa ai guai ai quali è abituato piuttosto che rischiare di cambiare. Un uomo può parlare di come gli piacerebbe sfuggire alle persone vive. Ma sono i morti quelli che gli fanno più male. Sono i morti che se ne stanno belli tranquilli in un posto e non cercano di trattenerlo, quelli a cui non può sfuggire’.
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Dicono che sono i bugiardi incalliti quelli che riescono a darla a bere. Ma tante volte il bugiardo cronico e incallito la dà a bere soltanto a se stesso; sono le bugie di chi per tutta la vita si è convinto di dire sempre la verità che vengono subito prese per buone.
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«Be’, se vuol sapere quello che penso io, io penso che sia pazzo. Se l’avesse visto nel corridoio quella se... quel giorno come l’ho visto io. Certo è un peccato per il bambino dover finire all’istituto per negri, dopo esser cresciuto in mezzo ai bianchi. Non è colpa sua se è quello che è. Ma non è neanche colpa nostra...». Si interruppe, osservando la direttrice. Dietro le lenti, gli occhi della donna più anziana erano sempre tormentati, deboli, senza speranza; la bocca le tremava nel formare il discorso. Anche le sue parole erano senza speranza, ma erano decise, erano determinate.
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Sapeva dov’era dall’odore, dall’aria delle scale sul retro che portavano all’ingresso laterale dalla stanza dove il suo letto era uno di quaranta sin da quando poteva ricordare.
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Non seppe mai dov’era andata. Quel giorno ascoltò alcune delle bambine più grandi che l’avevano aiutata nei preparativi con lo stesso sibilare soffocato e segreto con cui una mezza dozzina di ragazze prepara la settima alle nozze, raccontare tuttora col fiato sospeso del vestitino nuovo, delle scarpe nuove, della carrozza che l’aveva portata via. Capì allora che se ne era andata per sempre, aveva oltrepassato il cancello di ferro nel recinto di acciaio.
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Anche a tre anni il bambino sapeva che c’era qualcosa fra loro che non aveva bisogno di esser messa in parole.
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Ma non fu sorpreso quando di nuovo vennero a dirgli di alzarsi e di vestirsi, senza dirgli né perché né dove stava andando adesso.
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avendo già imparato che, se i bambini riescono ad accettare gli adulti come adulti, gli adulti non riescono mai ad accettare i bambini se non come adulti anche
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loro.
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Il bambino continuava a non dire niente. Non aveva mai né lavorato né avuto timore di Dio. Di Dio sapeva meno che del lavoro.
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E la memoria sa questo; vent’anni più tardi la memoria deve ancora crederci Quel giorno diventai un uomo
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Era la donna, con la sua affinità e il suo istinto di donna per la segretezza, a gettare un leggero puzzo di male sulle cose più insignificanti e più innocenti.
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Forse lui udiva soltanto il grande vento mentre, agitando la mano come se stesse ancora stringendo la sedia, si gettò in avanti contro i due uomini.
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cercando ad ogni espirazione di espellere da dentro di sé il sangue bianco e il pensare e l’essere bianco.
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E per tutto il tempo, al sentire l’odore che cercava di rendere proprio, le sue narici si sbiancavano e si tendevano, tutto il suo essere si contorceva e si ribellava come per una violenza fisica, un rifiuto dello spirito.
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E tuttavia, quando si avviò, fu verso la casa. Fu come se, appena scoprì che era là che i suoi piedi intendevano andare, li lasciasse fare, come lasciandosi portare, dandosi per vinto,
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Ma l’ombra dell’autunno incombeva su di lei.
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All’inizio, la prima parte della notte era sempre alta marea, come se le ore di luce e di separazione avessero fatto da diga alla corrente che scemava tanto da simulare un torrente, almeno per un momento. Ma dopo un po’ la corrente si fece troppo sottile anche per quello:
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Il tempo, gli intervalli di luce e di oscurità, avevano ormai perduto la loro regolarità. Adesso era l’uno o era l’altro, apparentemente da un istante all’altro, fra un movimento e l’altro delle palpebre, senza preavviso.
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Quando si addormentava mentre camminava o anche inginocchiato nell’atto di bere da una sorgente, non sapeva mai se i suoi occhi si sarebbero aperti sulla luce del sole oppure sulle stelle.
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‘Eppure sono arrivato più lontano in questi sette giorni che in tutti i trent’anni’ pensa. ‘Ma non sono mai uscito dal cerchio. Non sono mai sfuggito dall’anello di quello che ho fatto e non potrò mai disfare’ pensa, calmo, seduto sul sedile, con le scarpacce piantate sul cruscotto davanti a sé, le nere scarpacce che odorano di negro: che segnano sulle sue caviglie l’inequivocabile,
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incancellabile livello della marea nera che gli sale lenta su per le gambe, salendogli su dai piedi come sale la morte.
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È troppo immensa nello spazio, troppo rapida nel tempo; per questo non
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c’è più un sentiero per tornare indietro, e a lungo conduce il mulo per la cavezza prima che si ricordi di montarlo e di cavalcare. È come se si fosse già, e da tempo, sorpassato, e si stesse già aspettando alla casupola per potersi raggiungere e entrare. E poi sarò lì e... Tenta ancora: Poi sarò lì e... Ma non riesce ad andare oltre. Adesso è di nuovo sulla strada, e si sta avvicinando a un carro proveniente dalla città e diretto a casa. Sono più o meno le sei. Non ci rinuncia, però.
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E adesso, con l’isteria collettiva ormai passata e i più vocianti nell’isteria e perfino gli eroi che la guerra l’avevano fatta e nella guerra avevano sofferto che cominciavano a guardarsi l’un l’altro un po’ di traverso, lui non aveva nessuno a cui raccontarlo, nessuno a cui aprire il cuore.
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Il padre che era stato un pastore senza una chiesa e un soldato senza un nemico, e che nella sconfitta aveva combinato le due cose e era diventato un dottore, un chirurgo. Era come se proprio la fredda e inflessibile convinzione che gli permetteva di restare in equilibrio, per così dire, fra puritanesimo e tradizione realista, fosse divenuta, invece che sconfitta e scoraggiata, più saggia.
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È come se avessero semplicemente atteso che lui potesse trovare qualcosa con cui respirare, affannato, con cui riaffermarsi nel trionfo e nel desiderio, con quanto è rimasto dell’onore, dell’orgoglio, e della vita. Sopra il battito del suo cuore sente il tuono che avanza, martellante, infinito. Dapprima è come un lungo sospirare di vento fra gli alberi, poi dilagano alla vista, portati adesso da una nube di polvere spettrale. Passano, precipitosi, piegati in avanti sulle selle, le armi in pugno, sotto il frustare dei nastri delle bramose lance protese; passano tumultuosi, gridando senza alcun ...more