Ogni mattina a Jenin
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Read between February 25 - March 14, 2025
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I dodici mesi di quell’anno si riorganizzarono e turbinarono senza meta nel cuore della Palestina. Gli anziani di ‘Ain Hod sarebbero morti profughi nel campo, lasciando ai loro eredi le grosse chiavi di ferro delle dimore avite, i friabili atti catastali compilati dagli ottomani, i certificati erariali del mandato britannico, i propri ricordi e l’amore per la terra, e l’impavida volontà di non permettere che lo spirito di quaranta generazioni restasse intrappolato in quel complotto di ladri.
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sento la terra ruotarmi nel cuore.
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legame che stringemmo si basava su un tacito impegno alla comune sopravvivenza. Abbracciava la storia, cavalcava i continenti, attraversava le guerre, e conteneva le nostre tragedie e le nostre vittorie collettive e individuali. Era un legame fatto di lettere adolescenziali, di pentole di foglie di vite ripiene. Era la Palestina. Era una lingua che smantellammo per costruirci una casa.
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Non era né miserabile, né forte, solo un uomo che quasi non conoscevo, con l’imprevedibile capacità di sbagliare, perdonare, amare, odiare. Mio fratello.