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Ciò che si dice degli uomini, sia vero o sia falso, occupa spesso nella loro vita e soprattutto nel loro destino lo stesso posto di quello che fanno.
cercava di trasformare il dolore che contempla una fossa, indicando il dolore che contempla una stella.
Talora vangava la terra nel suo giardino, talora leggeva o scriveva. Aveva una espressione unica per queste due specie di lavoro: fare del giardinaggio. «Lo spirito è un giardino» affermava.
Una volta la signora Magloire gli aveva detto con una specie di dolce malizia: «Monsignore, voi che utilizzate tutto, ecco tuttavia un’aiuola inutile; sarebbe meglio avervi dell’insalata che dei mazzi di fiori». «Signora Magloire,» rispose il vescovo «vi ingannate. Il bello è altrettanto utile quanto l’utile.» E aggiunse dopo una pausa: «Anche di più, forse».
«Non bisogna avere paura, mai, né dei ladri né degli assassini. Questi sono i pericoli esterni, i piccoli pericoli. Dobbiamo invece aver paura di noi stessi. I pregiudizi, ecco i ladri; i vizi, ecco gli assassini. I grandi pericoli sono dentro di noi. Che importa quello che può minacciare la nostra testa o la nostra borsa? Pensiamo solamente a quello che minaccia la nostra anima».
«Voglio dire che l’uomo ha un tiranno, l’ignoranza. Io ho votato la fine di quel tiranno. Questo tiranno ha generato la monarchia che è l’autorità presa nel falso, mentre la scienza è l’autorità presa nel vero. L’uomo non deve essere governato che dalla scienza.» «E dalla coscienza» aggiunse il vescovo. «È la stessa cosa. La coscienza è la quantità di scienza innata che abbiamo in noi.»
non ci sono né cattive erbe, né cattivi uomini. Non ci sono che cattivi coltivatori».
Che cos’è la storia di Fantine? È la società che compera una schiava. Da chi? Dalla miseria. Dalla fame, dal freddo, dall’isolamento, dall’abbandono, dalle privazioni. Mercato doloroso, un’anima per un tozzo di pane. La miseria offre, la società accetta.
Si è rassegnata, di quella rassegnazione che assomiglia all’indifferenza come la morte assomiglia al sonno.
Abbiamo già guardato nelle profondità di questa coscienza; è venuto il momento di guardarvi ancora, e lo facciamo non senza commozione e un certo tremore. Non esiste nulla di più terrificante di questo tipo di contemplazione. L’occhio dello spirito non può trovare in alcun luogo maggiori bagliori e maggiori tenebre che nell’uomo; non può posarsi su nulla che sia più terribile, più complesso, più misterioso, più infinito.
C’è uno spettacolo più grande del mare: è il cielo; c’è uno spettacolo più grande del cielo: è l’interiorità dell’anima.
Ciò che avrebbe voluto mettere alla porta era entrato; ciò che avrebbe voluto accecare lo guardava: la sua coscienza.
Cominciò col riconoscere che, per quanto la situazione fosse difficile e straordinaria, egli ne era completamente padrone.
C’è un grande tumulto; tutto parla in noi, fuorché la bocca. Le realtà dell’anima, pur non essendo visibili e palpabili, sono nondimeno realtà.
I brillanti non si trovano che nelle tenebre della terra; le verità non si trovano che negli abissi del pensiero. Gli sembrava, dopo esser disceso in questi abissi, e dopo avere a lungo brancolato nel più fitto di quelle tenebre, di aver finalmente trovato uno di quei diamanti, una di quelle verità; la teneva in pugno e si abbagliava a guardarla.

