La sua storia con la carne era straordinariamente simile alla mia: c’erano cose in cui credeva distesa a letto di notte e c’erano le scelte che faceva seduta a colazione la mattina dopo. C’era il timore (se pure occasionale e di breve durata) di prendere parte a qualcosa di profondamente sbagliato, e c’era l’accettazione della sconcertante complessità della faccenda così come della giustificabile fallibilità dell’essere umano. Come me, aveva intuizioni molto forti, ma evidentemente non abbastanza.