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essere ricco non è mai stato un mio desiderio.
Da dove mi veniva questa smania d’essere sempre altrove? Non certo da loro, nati, cresciuti e radicati in quella città che avevano lasciato solo una volta per andare in viaggio di nozze a Prato, a 20 chilometri dal Cupolone, come loro hanno sempre chiamato il Duomo. Fra tutti i parenti non ce n’era uno cui potessi guardare per ispirazione, cui potessi ricorrere per un consiglio. Gli unici con i quali sentivo di avere un debito erano mio padre e mia madre, che vedevo davvero togliersi il pan di bocca per permettermi di studiare dopo la scuola elementare. Quel che mio padre
guadagnava non bastava mai sino alla fine del mese e mi ricordo bene come a volte, per mano a mia madre, cercando di non farci vedere da qualcuno che ci conosceva, si andava al Monte di Pietà in via Palazzuolo a impegnare un lenzuolo di lino del corredo. Davvero i soldi per un quaderno erano una preoccupazione e i primi pantaloni lunghi, nuovi, di velluto, buoni per estate e inverno, indispensabili per presentarmi al ginnasio, furono comprati a rate e ogni mese si andava dal merciaio a portargli il dovuto.
Siccome tutti sanno che in Asia infinite decisioni politiche vengono prese in base all’astrologia, i servizi segreti di vari paesi nella regione impiegano esperti il cui compito è prevedere quello che gli astrologi dei loro avversari possono pensare e suggerire in certe situazioni, dinanzi a certe scelte. È noto che i vietnamiti, gli indiani, i coreani del Sud e i cinesi dispongono, nel loro controspionaggio, di una sezione «Astrologia ». Gli inglesi stessi ne hanno una – con base, non a caso, a Hong Kong –
Non sopportavo questa società di bottegai arricchiti che potevano permettersi di tutto tranne che pensare. Mi davano noia la loro grettezza e la loro malriposta arroganza, il loro confondere il Prodotto Nazionale Lordo con il Quoziente di Intelligenza, il reddito medio pro capite con il progresso, il kitsch con il bello, la quantità con la qualità.
Oggi, per i più, democrazia vuol dire andare ogni quattro o cinque anni a mettere una croce su un pezzo di carta ed eleggere qualcuno che, proprio perché deve piacere a tanti, ha necessariamente da essere medio, mediocre e banale come sono sempre tutte le maggioranze. Se mai ci fosse una persona eccezionale, qualcuno con delle idee fuori del comune, con un qualche progetto che non fosse quello di imbonire tutti promettendo felicità, quel qualcuno non verrebbe mai eletto. Il voto dei più non lo avrebbe mai.
E l’arte, quella scorciatoia alla percezione di grandezza? Anche lei non aiuta più la gente a capire l’essenza delle cose. La musica sembra ormai fatta per arrivare alle orecchie, non all’anima; la pittura è spesso un’offesa agli occhi; la letteratura, anche lei, è sempre più dominata dalle leggi del «mercato ».