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«Sei tanto bello e sembri tanto sereno, ma in fondo ai tuoi occhi non c’è serenità, c’è solo tristezza; come se i tuoi occhi sapessero che la felicità non esiste, che ogni cosa bella e cara non rimane a lungo presso di noi. Tu hai gli occhi più belli che ci possano essere e i più tristi. Credo che sia perché non hai patria. Sei venuto a me dai boschi, un giorno riprenderai il tuo cammino e tornerai a dormire sul musco e a vagare per il mondo... Ma la mia patria dov’è? Quando partirai, avrò bensì ancora un padre e una sorella, una camera e una finestra, dove sedere pensando a te; ma una vera
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Questa rivelazione, che dolore e piacere potessero essere simili come fratelli, lo sorprese in modo strano, senza che ne comprendesse il perché.
Mi sono fatto molte idee, ho visto molti volti e molte figure, ci ho ripensato a lungo e alcuni di questi pensieri hanno continuato a tormentarmi e non mi hanno dato pace. Sono rimasto colpito nell’osservare come in una figura ritorni sempre in tutte le sue parti una certa forma, una certa linea, come una fronte corrisponda al ginocchio, una spalla all’anca, e come tutto questo in fondo sia una cosa sola con l’essenza e con l’anima dell’uomo, che ha quel dato ginocchio, quella data spalla e quella fronte. E un’altra cosa mi ha colpito, me n’accorsi una notte in cui dovetti prestare aiuto
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Pensò che ogni uomo corre senza posa e si trasforma e infine si dissolve, mentre la sua immagine creata dall’artista rimane sempre immutabilmente la stessa.
Forse, pensò, la radice d’ogni arte, e fors’anche d’ogni spirito, è la paura della morte.
L’accendersi repentino e incantevole del piacere amoroso, il suo breve ardere appassionato, il suo rapido spegnersi: ecco ciò che per lui conteneva il nocciolo di ogni esperienza, ciò che diventava per lui l’immagine di ogni delizia e di ogni dolore della vita.