The Hunger Games (The Hunger Games, #1) in Reading Challenges

Jul 06, 2012 Sakura87 rated it really liked it · review of another edition

Shelves: fantascienza, stamberga, dist0pia, autori-statunitensi, duemila

E’ il giorno della Mietitura, e il Distretto 12, come tutti, si prepara a offrire il suo Tributo: come simbolica sottomissione al potere centrale, in questo giorno dell’anno ogni distretto è tenuto a fornire un ragazzo e una ragazza tra i dodici e i diciotto anni perché partecipino a un crudele reality show che incolla ai teleschermi l’intera nazione del Panem. Le regole sono semplici e precise: la scelta avviene tramite sorteggio, e i due giovani selezionati vengono condotti a Capitol City – ri E’ il giorno della Mietitura, e il Distretto 12, come tutti, si prepara a offrire il suo Tributo: come simbolica sottomissione al potere centrale, in questo giorno dell’anno ogni distretto è tenuto a fornire un ragazzo e una ragazza tra i dodici e i diciotto anni perché partecipino a un crudele reality show che incolla ai teleschermi l’intera nazione del Panem. Le regole sono semplici e precise: la scelta avviene tramite sorteggio, e i due giovani selezionati vengono condotti a Capitol City – ricchissima capitale – dove ricevono un rudimentale addestramento; quindi vengono gettati nell’Arena, dove, costantemente monitorati dalle telecamere, dovranno eliminarsi tra loro finché non ne resti in piedi uno solo.
Katniss Everdeen, che vive nell’indigente Distretto dei Minatori mantenendo la sua famiglia con la caccia (peraltro gravemente punibile), decide di offrirsi volontariamente alla folla affamata di circensem al posto della sorella Prim, appena dodicenne. Insieme a lei viene selezionato Peeta, coetaneo a cui è legata da un commovente atto di generosità avvenuto molti anni prima.

Caso vuole che Hunger Games sia confinato nel reparto Ragazzi della mia Feltrinelli di fiducia. Il che di per sé non è un male, ci trovi anche i libri di Pratchett (comprensibile) e persino quelli di Sergej Luk’janenko (incomprensibile). Caso vuole anche che il romanzo sia classificato come Young Adult, e - tra quelli che ho letto – trovarne uno che non sembri una Guida alla Vita e all’Amore per Giovani Decerebrate è un’impresa.
Caso vuole che, contrariamente a ogni mia aspettativa, Hunger Games costituisca un’eccezione. Premetto immediatamente che lo stile non è nulla di eccezionale: semplice, scorrevole, non si lascia ricordare né per un linguaggio particolarmente scarno (che sarebbe stato coerente con il tema trattato, ma – e qui mi tocca ricordarlo – è pur sempre uno YA) né per una particolare accuratezza.
Anche la trama non è originale: volendo tralasciare il più lontano 1984 di Orwell, a quanto ho sentito sono sorte numerose polemiche su un presunto plagio da Battle Royale di Takami, con cui in effetti il romanzo della Collins condivide l’idea dell’oppressione sul popolo simboleggiata da un crudele gioco al massacro che coinvolge giovanissimi. Nel libro di Takami, però, tale gioco non era fantascientificamente spettacolarizzato, ed è qui che ricordo che, vent’anni prima dell’autore giapponese, Stephen King sotto lo pseudonimo di Richard Bachman aveva già immaginato reality show mortali (L’uomo in fuga e, in modo diverso, La lunga marcia). Eppure è un libro che non ti consente di staccargli gli occhi di dosso: lungo quanto basta, mai prolisso o noioso, rilascia continuamente scariche di adrenalina grazie a un ottimo uso dei ritmi narrativi: perfettamente equilibrata la fase precedente al gioco, quella del gioco vero e proprio, e persino del dopo, con una soddisfacentissima conclusione che non lascia grandi interrogativi nonostante si tratti del primo volume di una trilogia. Non mancheranno momenti crudi, ma neanche momenti particolarmente poetici o commoventi.
Hunger Games non è perfetto, per essere chiari: talvolta nel leggere si ha la sensazione che la protagonista sia un po’ troppo spesso baciata dalla sorte. Eppure non si tratta affatto di un romanzo all’insegna del buonismo, e l’incertissimo sentimento d’amore della protagonista verso il compagno non ruba la scena alla trama distopica, elemento che più d’ogni altro temevo nell’apprestarmi alla lettura. Resta, di fatto, dubbio fino alla fine che genere di sentimento sia: ho idea che i seguiti mi smentiranno, ma per il momento ho percepito in Katniss solo un forte sentimento di amicizia e gratitudine, e la ricerca di sostegno in qualcosa che le ricordi casa, immersa com’è in una crudele realtà di morte.
Ho trovato molto ben costruita l’ambientazione, sebbene l’attenzione sia focalizzata più sul gioco che non sulle circostanze che hanno edificato il mondo così com’è. Il degrado in cui vivono i distretti più poveri si percepisce perfettamente, non solo quello vissuto da Katniss, costretta a cacciare di frodo per nutrire la sua famiglia, ma anche quello di altri personaggi come la piccola Rue. A proposito dei personaggi, con qualche eccezione li ho trovati tutti realistici e vividi, persino Katniss – paradossalmente, ho sempre avuto difficoltà nel trovare un protagonista decente quando l’autore utilizza un narratore in prima persona.
Un romanzo appassionante, in definitiva, che mi sento senz’altro di consigliare. ...more

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Sep 24, 2012 Elisabetta rated it it was amazing · review of another edition

Shelves: 1001-libri

Quando una mia amica mi ha apostrofato dicendomi “l’ho letto io che al massimo leggo 5 libri all’anno e non lo hai letto tu?” ho capito che era ora di leggere Hunger Games
Perché ho aspettato tanto? Non so, probabilmente ero più curiosa di leggere libri dei quali non sapevo nulla piuttosto che questo del quale avevo già avuto diverse notizie nonché visto trailer e scene tratte dal film. Eppure ero certa che mi sarebbe piaciuto, ed infatto è stato proprio così.

Quando leggo libri che hanno come pro ...more

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Jun 24, 2012 Loredana Puma rated it it was amazing · review of another edition

Shelves: trilogie-e-saghe, distopici

Cosa sei disposto a fare per sopravvivere?
La trama – dopo il successo della trilogia letteraria e adesso anche del film – a questo punto è ben nota, ma faccio comunque un riepilogo delle premesse, a beneficio di chi ancora non le conoscesse: in un futuro imprecisato, gli Stati Uniti d’America non esistono più; al loro posto, una nazione nota come Panem, governata da un potere totalitario con sede nella modernissima Capitol City. Gli abitanti della capitale vivono nel lusso più sfrenato sfruttand Cosa sei disposto a fare per sopravvivere?
La trama – dopo il successo della trilogia letteraria e adesso anche del film – a questo punto è ben nota, ma faccio comunque un riepilogo delle premesse, a beneficio di chi ancora non le conoscesse: in un futuro imprecisato, gli Stati Uniti d’America non esistono più; al loro posto, una nazione nota come Panem, governata da un potere totalitario con sede nella modernissima Capitol City. Gli abitanti della capitale vivono nel lusso più sfrenato sfruttando le risorse e la manodopera di dodici territori chiamati Distretti, ognuno specializzato in una particolare attività (agricoltura, industria, estrazione mineraria ecc.) e dove le condizioni di vita vanno dall’accettabile al disumano.
Come monito e punizione per un’antica rivolta (ma anche come dimostrazione di una perversa forma di perdono e di una moderata benevolenza), ogni anno il governo di Capitol City organizza i terribili Hunger Games – ovvero, i Giochi della Fame – in cui ogni Distretto deve offrire un ragazzo e una ragazza di età compresa fra i dodici e i diciotto anni, in genere estratti a sorte, ma in alcuni casi – in Distretti dove vincere viene considerato un onore e i giovani vengono addestrati appositamente allo scopo – volontari.
I prescelti vengono condotti a Capitol City e quindi, dopo una sommaria preparazione, gettati in un vasto ambiente artificiale definito “Arena”, dove si scanneranno fra loro finché in piedi non resterà un unico sopravvissuto. Il vincitore sarà coperto di onori e ricchezze e il suo Distretto di provenienza – per un tempo limitato – potrà godere di condizioni di vita migliori. L’aspetto che rende la faccenda ancora più mostruosa è che non si tratta di una semplice per quanto crudele gara, ma di un vero e proprio reality show, atteso con impazienza e seguito con passione da tutta Capitol City (anche gli abitanti dei Distretti, volenti o nolenti, sono costretti a seguire i Giochi sui loro malandati televisori o su schermi giganti predisposti per l’occasione).
La storia, narrata al tempo presente dalla protagonista, si apre nel poverissimo Distretto 12, dove la giovane Katniss Everdeen, sedici anni, mantiene l’apatica madre e la fragile sorellina Prim cacciando di frodo insieme all’amico Gale. E’ il giorno della Mietitura, il giorno temuto da tutti in cui vengono sorteggiati i partecipanti agli Hunger Games. Sia Katniss che Gale hanno un’alta probabilità di essere scelti: entrambi, nel corso degli anni, hanno preso più volte le tessere per ottenere forniture di cibo per le rispettive famiglie, ma ogni tessera corrisponde a una strisciolina in più col proprio nome sopra. Ma ecco che accade l’impensabile: la sorteggiata è la piccola Prim, il cui nome compariva una volta sola fra migliaia di altri. Ed è allora che, spinta dall’affetto per la sorellina, Katniss urla disperata: “Mi offro volontaria!”.
Chiariamo un paio di punti: non è un capolavoro della letteratura. Lo stile è quello tipico dei fenomeni editoriali degli ultimi anni (o meglio, degli esempi migliori della categoria): scorrevole, pulito, ma non caratterizzato da quella potenza ipnotica ed evocativa che solo i grandi autori riescono a raggiungere. Non saprei dire però se la narrazione in prima persona – per quanto, una volta tanto, molto ben condotta – sia o meno responsabile di questo aspetto. Ho trovato invece molto efficace l’uso del tempo presente, che garantisce a sorpresa – per me che solitamente non lo amo – ritmo, suspense e immediatezza al racconto.
Neanche i temi del romanzo sono particolarmente originali (evidenti i richiami ai classici della letteratura distopica, nonché a tutte quelle storie che descrivono gare mortali all’ultimo sangue). Abbastanza singolare, anche se nemmeno quella del tutto nuova, è invece l’enfasi posta sulla spettacolarizzazione del massacro e sui meccanismi tipici dei Reality Show, con richiami allarmanti a una realtà che, ahinoi, ben conosciamo: il pubblico che si appassiona, tifa e scommette, nonostante la profonda immoralità di quanto gli accade sotto gli occhi; la baraonda mediatica scatenata ad hoc per trasformare i partecipanti in “personaggi”; gli autori del programma che manovrano gli eventi per rendere il tutto emozionante e spettacolare; i ragazzi stessi che si adoperano per accattivarsi le simpatie di spettatori e sponsor e per dare loro ciò che vogliono, sia esso un bagno di sangue, un colpo di scena o una storia romantica su cui sospirare. Questo è un aspetto della trama davvero riuscito e sicuramente uno dei punti di forza del libro, nonché quello che più di tutti mi ha fatto venire i brividi.
In generale, quello che mi ha fatto assegnare le 5 stelline è stato il modo egregio in cui temi pur non nuovissimi sono stati sviluppati, in una trama priva di tempi morti e che, soprattutto, non cade mai nel banale. I personaggi, anche quelli di contorno, sono credibili e coerenti, e momenti drammatici e cruenti (benché sia etichettato come Young Adult, non lascia nulla all’immaginazione) si alternano con altri che non posso che definire poetici. E’ un romanzo onesto; non infiocchetta nulla, non fa venire il diabete nei momenti “romantici” (o meglio, pseudo-romantici; capirete leggendo) e non scade nel buonismo, per quanto si avverta chiaramente la mano dell’autrice che pilota il tutto in ben precise direzioni.
Gli eventi del libro, il modo in cui sono intersecati l’uno all’altro: ecco cosa fa emergere prepotentemente Hunger Games dalla massa informe della letteratura Young Adult del momento. Durante la lettura mi sono ritrovata ad arrabbiarmi, a piangere come una fontana – e non mi accadeva da parecchio – a inveire, a pestare i pugni. Ti prende allo stomaco, ti sconvolge, ti fa riflettere (chi siamo, noi abitanti del civilissimo “mondo occidentale”, se non una gigantesca e indifferente Capitol City? Chi sostiene il nostro stile di vita se non i paesi di cui sfruttiamo allegramente fino all’ultima risorsa? E ancora, cosa si è disposti a fare pur di sopravvivere? Di fronte all’idea della morte certa, quanti di noi si trasformerebbero in vittime, e quanti in carnefici? Qual è il livello morale di una cultura, la nostra, che nella realtà trova divertenti programmi che nello spirito non sono affatto diversi dagli Hunger Games?).
Una nota di merito, infine, per la protagonista. In un panorama letterario caratterizzato da perfette imbecilli mentalmente e fisicamente impedite, Katniss Everdeen rappresenta finalmente una luminosa eccezione.
Assolutamente da guardare la trasposizione cinematografica, anche questa una rarità rispetto a quelle viste negli ultimi anni. Fedelissima al libro (con appena qualche aggiunta peraltro molto azzeccata) e assai poco “commerciale”, con momenti filmicamente notevoli e una protagonista straordinaria. Se avete amato il libro, non temete: una volta tanto non rimarrete delusi.
Personalmente, corro a procurarmi il secondo libro della serie, La ragazza di fuoco, sperando di non restare delusa da cotante premesse.
Possa la fortuna essere sempre a vostro favore! ...more

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Feb 14, 2013 Maria Beltrami rated it really liked it · review of another edition

Shelves: narrativa-nordamericana, fantascienza, biblioteca, distopie

Un'Isola dei famosi i cui protagonisti sono scelti però tra i reietti dei reietti, un popolo di schiavi a cui non viene mai permesso di dimenticare di avere una volta sfidato, e che vengono spinti a massacrarsi l'un l'altro in un crudele gioco gladiatorio.
Distopia fantasy postapocalittica che ci ricoda che molto facilmente possiamo perdere la nostra umanità, e, che il non perderla potrebbe anche essere una finta. ...more

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Jul 12, 2012 Valentina rated it really liked it · review of another edition

Shelves: un-libro-un-film, distopici

Carino. Decisamente più intenso e cruento rispetto al film - che comunque resta molto fedele. Katniss, ad ogni modo, capisce meglio gli animali di quanto capisca gli uomini. Peeta invece è un povero incompreso.

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