
Avrei dovuto pubblicare questo lungo teaser di
Distruggimi solo nel gruppo Facebook
★ Chiara's Bad Girls ★, per ringraziare la lettrice che ha proposto alla
Book Me della De Agostini la pubblicazione della
The MSA Trilogy. Ma, dopo tutto ciò che è successo martedì con l'eBook di
Soffocami su Amazon, ho deciso di estendere il mio ringraziamento a tutti voi che mi avete stupito e commosso con il vostro preziosissimo supporto :D
♥ you are amazing ♥
E così . . . ecco a voi questo
corposo estratto dal capitolo 8 di Distruggimi! Si tratta di una scena forte tra Henri e Aleksandra, quindi ne
consiglio la lettura a un pubblico 18+. Vi ricordo che il testo potrebbe subire variazioni durante l'editing :) In più, non so se l'avete notato, ma l'immagine vi mostra un'anteprima della cover *.*
♪ ma ora . . . happy reading ♪

❝ «Perché sono qui?» mormorai.
Sospirò profondamente, quasi avesse aspettato con ansia che gli ponessi questa domanda. Si tirò su con lentezza felina, incatenandomi con gli occhi, scrigni di malvagità.
«Per questa».
Si sfilò la T-shirt da sopra la testa con un movimento fluido, rivelando il torace cesellato. Detestai come il mio sguardo bevve avidamente la sua immagine, come seguì gli avvallamenti degli addominali, i rigonfiamenti dei bicipiti possenti, per poi arrestarsi laddove lui voleva.
Sul pettorale sinistro.
Poco più in basso della clavicola.
Sulla garza che sapevo copriva la ferita da arma da fuoco in via di guarigione.
Lui si strappò via i cerotti con uno scatto iroso, esponendo la lacerazione. Osservai brevemente la pelle arrossata intorno al foro, per poi essere artigliata dal suo sguardo. Era così freddo e ardente allo stesso tempo che rabbrividii.
Di paura.
Di anticipazione.
Predatorio, Henri iniziò a cancellare la distanza tra di noi, l'espressione più feroce che mai. «Davvero pensi che avrei potuto fartela passare liscia? Che non te l'avrei fatta pagare?» La sua voce era sibilante e letale, mentre come un serpente saliva sul letto e mi strisciava addosso.
Tremai.
Serrai le ginocchia più che potei.
Mi irrigidii fino allo spasmo.
Ero paralizzata dai suoi occhi, dichiarazione di morte.
Si mise a cavalcioni sul mio grembo, drizzandosi e guardandomi dall'alto come un rapace con il suo pasto. Avevo la sensazione di essere schiacciata da un blocco di cemento, tanto era pesante e duro sul mio bacino.
Rimase immobile a studiarmi per secondi, minuti, ore.
Non ne avevo idea.
Non avevo più alcuna concezione del tempo o dello spazio.
Il mio universo era ridotto esclusivamente a Henri.
Un universo saturo di paura e
qualcos'altro. Qualcosa molto più insidioso, molto più bieco.
D'un tratto un balenio omicida gli pervase lo sguardo e l'oscurità rese la sua espressione ancor più terrificante. Un battito di ciglia dopo le sue mani si tuffarono nei miei capelli e li strattonarono con tale brutalità da staccarmi alcune ciocche dal cuoio capelluto.
Il mio stesso grido mi raggelò, tanto era straziante.
Di scatto Henri mi tirò su con tanta veemenza che, quando sbattei con il petto al suo, mi si mozzò il respiro. La sua morsa sulla mia chioma era così ferrea da impedirmi alcun movimento. Avevo la testa angolata all'indietro fin quasi al punto di rottura del collo. Respirare divenne arduo, poiché il dolore era allucinante. Provai a puntare i palmi sulle sue spalle, per spingerlo via, ma fu tutto vano.
Ero alla sua mercé.
Percepii le sue labbra sul mento – avevo l'impressione fossero roventi come tizzoni – poi i suoi denti che scorrevano fino alla mia bocca.
Il suo respiro infuriato si fuse con il mio, boccheggiante.
«Mi hai puntato una pistola contro, cazzo» ringhiò, una sfumatura turbata nella voce. Mi diede uno strattone, facendomi prorompere in uno strillo acuto. «Mi hai
sparato».
«Stavo cercando di salvarmi la vita!» urlai, impotente, lacrime involontarie e umilianti che mi rotolavano lungo le tempie.
Henri ritrasse un braccio e mi agguantò bruscamente il polso. Si premette la mia mano sul cuore.
Il mio trasalì.
«Allora avresti dovuto mirare qui» replicò in un sibilo spaventoso.
Impietrii.
Il suo sguardo era devastante. Perforava il mio con tutta la sua intensità, tutto il suo odio.
Ne ero così succube che non notai che il suo palmo non pigiava più sul dorso della mia mano.
Ero così inquietata dal calore della sua pelle sotto le dita, dal battito forsennato che avevo la certezza di avvertire, che non mi accorsi del suo braccio che si tendeva verso il suo cuscino.
Quando intravidi il luccichio tagliente era troppo tardi.
Con precisione ed efferatezza, Henri mi piantò un pugnale nella spalla, esattamente nello stesso punto in cui gli avevo sparato.
Il mio grido deflagrò nella stanza con la stessa incisività di una bomba.
Assordante.
Atroce.
Disumano.Sentire quel corpo estraneo lacerare la carne viva, a ogni più piccolo spostamento, era terribile. Avevo l'impressione di andare a fuoco e al contempo il panico mi ghiacciava il sangue nelle vene.
Sangue.
Lo percepivo colarmi sul seno e dietro la scapola, infiltrarsi sotto l'orlo del corsetto. Era come un acido corrosivo.
Respirare faceva
male.
Non potevo.
La sofferenza era
troppa.
Henri appoggiò la fronte contro la mia e la sua voce, suadente e al contempo graffiante, riuscì a farsi largo nell'oceano di dolore in cui stavo annegando.
«Mi hai risparmiato la vita, quel giorno» ansimò, quasi l'avermi pugnalato gli fosse costato uno sforzo immane. «Io risparmio la tua…» Strusciò il naso contro il mio, respirandomi. Agghiacciandomi. «… per adesso».
Estrasse la lama con un movimento secco.
Urlai.
Forte.Urlai fino a non avere più fiato nei polmoni.
Cominciai ad annaspare, in cerca di ossigeno.
Henri mi lasciò andare i capelli e mi afferrò per il mento, esigendo la mia attenzione, i miei occhi nei suoi.
«Ora siamo pari» sentenziò a denti stretti.
Lo fissai, sconvolta.
Lo odiai con tutta l'anima.
Senza preavviso, lui scese dal letto. Mi accasciai di lato con un lamento e lo osservai attraverso le palpebre socchiuse recuperare la sua maglietta e dirigersi verso la porta.
«Non puoi lasciarmi qui… così» boccheggiai sconcertata.
Si fermò.
Si voltò a scoccarmi un'occhiata truce.
«Tu lo hai fatto, quando mi hai sparato».