David Proh's Blog, page 2

November 24, 2014

Come farsi tradurre a costo zero.

cover_english Come sarebbe la cover inglese con traduzione letterale del titolo.

Grazie al forum di Writer’s Dream, ho appreso dell’esistenza di questa innovativa piattaforma che permette di trovare – con un po’ di fortuna – traduttori professionali in varie lingue per il proprio romanzo a costo zero.


Dov’è il vantaggio per loro? Semplice: dato che si accollano il rischio di lavorare senza anticipo, fino a 2000 dollari riceveranno il 70% delle royalties su ogni copia venduta, percentuale che in seguito si ridurrà fino al 10%.


Ipotizzando di lanciare un libro italiano sul mercato anglofono o ispanofono, in tal modo non dovrebbe essere difficile raggiungere (o anche superare) l’equivalente di un equo compenso per una traduzione di buon livello.


Per la quale, del resto, è assolutamente necessario un madrelingua. Nel mio caso, avendo vissuto per anni in Galles, parlo inglese quasi come una seconda lingua, ma non me la sentirei di cimentarmi nell’impresa: il rischio è quello di utilizzare molte espressioni corrette nella forma ma che, a un lettore inglese o americano, poi suonino goffe nello stile.


Creare la scheda del proprio romanzo per i traduttori su Babelcube è abbastanza semplice, questa è la mia:


www.babelcube.com/book/il-tuo-posto-nella-ragnatela


Una volta messa online, non resta che attendere eventuali proposte. Oltre all’inglese, non mi dispiacerebbe vedere Il tuo posto nella ragnatela anche in giapponese, essendo piuttosto affine a una light novel nipponica per tematiche e struttura. Purtroppo credo che ricevere un’offerta di traduzione in quella lingua sarà molto improbabile, ma chi lo sa…


p.s. approfitto di questo post anche per ringraziare tutti coloro che hanno già dato fiducia al mio romanzo: negli ultimi giorni, è entrato nella Top 50 dei Bestseller Amazon per l’horror ben due volte, rispettivamente in 48sima e 32sima posizione. Non male, vista l’agguerrita concorrenza di vampiri alla Twilight. Se l’avete già letto, scrivete pure con sincerità quello che ne pensate dove volete: Amazon, Facebook, Twitter, Goodreads, sui blog, sui banchi di scuola (magari, nell’ultimo caso, senza farvi beccare).


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Published on November 24, 2014 22:49

November 22, 2014

[recensione] These Final Hours.

these_final_hours_posterMentre la sala accanto era gremita di giovani fan del nuovo capitolo di Hunger Games, ieri sera insieme a pochi altri spettatori sono entrato in quella dove proiettavano These Final Hours di Zak Hilditch, film australiano di un regista quasi esordiente che la critica definisce un piccolo capolavoro. E a ragione, ho pensato uscendo dal cinema.


L’idea di partenza è la stessa di due film di qualche anno fa, Melancholia di Lars Von Trier e 4:44 Last Day on Earth di Abel Ferrara: un meteorite (o un cataclisma del genere) sta per abbattersi sul nostro pianeta e all’umanità restano solo poche ore di vita. Hilditch, però, sviluppa questo spunto in modo molto più dinamico e interessante di entrambi i colleghi più navigati.


La struttura infatti è quella del road movie, con il dissoluto protagonista James impegnato in una sorta di viaggio di redenzione, mentre aiuta una bambina (la straordinaria – a dispetto del nome un po’ buffo – Angourie Rice) nella ricerca di suo padre.


Ma, ed è questa la forza della pellicola, non c’è nessuno spazio per sentimentalismi e retorica posticcia: il brutale realismo del contesto apocalittico – in cui quasi tutti perdono i propri freni inibitori o abbracciano la disperazione – e le scelte mai scontate dei personaggi creano una tensione continua, rendendo terribilmente familiare una situazione così estrema.


these_final_hours A sinistra il sobrio amico del protagonista, a destra la bambina dal nome buffo.

In questo il film riesce benissimo dove gli altri due che ho citato falliscono, cioè nel tenerti avvinto al destino – pur segnato – dei protagonisti e, al contempo, farti riflettere su cosa faresti tu a poche ore dalla fine del mondo, dove vorresti essere, con quali persone. Una riflessione ambiziosa sull’umanità, insomma, che per una volta non nasce da un tronfio e noioso esercizio di stile autoriale ma da un film alla portata di tutti (esclusi i bambini, data la presenza di scene molto crude), con dialoghi vivi e credibili, un ottimo ritmo e una messa in scena magistrale.


Davvero, andate subito a vederlo prima che scompaia dalle sale: These Final Hours è uno dei film più ispirati e provocatori visti quest’anno, e di sicuro resterà fra i titoli più memorabili del 2014.


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Published on November 22, 2014 11:56

November 20, 2014

Tipi come noi (Three Squirt Dog).

tipi_come_noiIn un brano del mio libro che ho eliminato perché finiva per risultare troppo comico, alcuni dei protagonisti facevano una lunga discussione su questo romanzo: Tipi come noi di Rick Ridgway (Feltrinelli, 1996; ed. originale St. Martin’s Press, 1994). Avevo pensato di postare direttamente quella scena, ma essendo poco comprensibile senza aver letto i capitoli precedenti, mi limito a parlare un po’ del libro.


Io l’avevo scovato per caso in biblioteca, quando frequentavo il liceo. Al termine della lettura, ricordo di averlo passato a un amico che, escluse le letture scolastiche obbligatorie, non credo avesse mai preso in mano un romanzo. Tipi come noi invece lo divorò in tre giorni e poi mi diede il tormento per settimane affinché gliene consigliassi uno simile, restando però deluso di tutti gli altri titoli che gli proposi.


Cos’aveva di tanto eccezionale, questo libro? Il suo dono migliore era di sicuro quello di riuscire a raccontare l’amore, il sesso, l’amicizia e le esperienze di un gruppo di ventenni senza retorica e moralismi: la sua assenza di filtri e il suo linguaggio spregiudicato potrebbe accostarlo a un’altra opera simbolo degli anni 90, Trainspotting di Irvine Welsh, ma nella storia di Ridgway non ci sono cupe vicende di tossicodipendenza: soltanto un sano, incosciente, esasperato vitalismo.three_squirt_dog


Un romanzo irriverente fin dal titolo originale Three Squirt Dog (traducibile con “Cane da tre schizzi”), che si riferisce a quando il protagonista, Bud, incontra la sua ragazza dopo varie settimane di separazione durante le quali non si è mai masturbato. Lei, avendo le mestruazioni, gli fa un lavoretto di mano e lui, appunto, eiacula tre volte di seguito.


Un altro passaggio esilarante riguarda la partecipazione di suo fratello minore quindicenne, Omar, a una gara di scorregge durante una fiera di paese: tutto è descritto nei minimi particolari, con effetti davvero caustici. Un altro autore di riferimento di Ridgway, infatti, è Louis-Ferdinand Céline, del quale cita la scena di vomito collettivo durante l’attraversamento in nave della Manica di Morte a credito come “la più bella di tutta la letteratura di ogni tempo” (tra l’altro, io ho sentito nominare per la prima volta il grande scrittore francese proprio in Tipi come noi, altra cosa per cui sono grato all’autore).


Insomma, è un libro che ho adorato in ogni pagina, compreso il finale aperto e coerente con il selvaggio teen spirit che lo pervade. Purtroppo, non essendo più stato ristampato, ormai è reperibile solo su eBay o con molto fortuna in qualche biblioteca. Sarebbe bello se prima o poi comparisse una nuova edizione in ebook, per rileggerne le parti migliori con maggiore facilità, dato che ormai la mia copia è piuttosto sgualcita e coperta di annotazioni. E, naturalmente, per farlo conoscere ai teenager di oggi…


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Published on November 20, 2014 11:14

November 17, 2014

Running.

Il capitolo 12 del mio romanzo, il mio preferito, è una lunga scena di corsa, sport che pratico con regolarità da quasi quattro anni (nel 2012 ho anche partecipato alla maratona di Losanna e l’anno scorso a quella di Milano, più varie mezze maratone). Ho iniziato per caso: portando ogni giorno il mio husky al parco, in ogni stagione mi trovavo circondato da runners di ogni età, alcuni con il cane a seguito. Così, un giorno di primavera ho pensato di provare anch’io e poi, senza quasi rendermene conto e senza mai essere stato prima un tipo particolarmente sportivo, dopo un mese correvo per un’ora cinque volte la settimana.


La corsa è uno sport adatto a tutti – bastano un paio di scarpe adatte, maglietta e pantaloncini e non richiede particolari requisiti fisici – ma non tutti sono adatti alla corsa, dato che, per praticarla con regolarità, necessita una certa predisposizione mentale che consenta di viverla come un piacevole rito giornaliero e non come un obbligo.


arte_di_correreQuesto concetto, insieme a molti altri, penso di averlo letto in L’arte di correre (Einaudi) di Haruki Murakami, uno dei libri più affascinanti sul tema. Certo, per molti – me compreso – è interessante perché si tratta soprattutto di una piccola autobiografia del grande autore giapponese, ma con il suo stile inimitabile dispensa anche moltissimi consigli e riflessioni sulla corsa che non si trovano nei soliti manuali tecnici.


A parte questi ultimi, in effetti, non si trovano molti libri sul tema. Per quanto riguarda la narrativa, oltre a quello di Murakami ve ne consiglio altri tre.ultramarathon_man


Il primo è un’altra autobiografia, Ultramarathon Man (Piemme) di Dean Karnazes, il famoso atleta americano di ultramaratone che corre ogni giorno 42 km. Si tratta di una lettura appassionante, specie quando descrive le sue imprese estreme e le motivazioni alla base della sua pazzesca routine, ma anche molto divertente, ad esempio all’inizio mentre mangia in corsa una gigantesca pizza all’ananas per reintegrare le energie perse.


Di tutt’altro genere è A perdifiato (Einaudi) di Mauro Covacich. Qui si tratta di un’opera di fiction, incentrata su un ex a_perdifiatomaratoneta italiano inviato in Ungheria per allenare un gruppo di giovani atlete. A dire il vero la trama l’ho trovata un po’ prevedibile, quasi da telenovela, ma lo stile di scrittura mi ha catturato con forza, tanto che Covacich è diventato subito uno dei miei autori italiani preferiti (tra l’altro anche nelle sue altre opere la storia mi delude sempre, ma come è raccontata mai).


Infine, uno dei romanzi che adoro di più inla_lunga_marcia assoluto: La lunga marcia (Mondadori, Sperling & Kupfer) di Stephen King. Pubblicato con lo pseudonimo “maledetto” di Richard Bachman, è uno dei primissimi che abbia scritto e geniale nella brutalità dell’idea di fondo: cento ragazzi devono correre una marcia interminabile; chi si ferma viene eliminato con un colpo di fucile; la corsa termina quando rimane un solo superstite. Nel suo implacabile meccanismo, è tra le storie di King più nere e metaforiche: sia che siate un fan del Re di Bangor sia che non lo amiate, questo romanzo non può comunque mancare nella vostra libreria (o nel vostro lettore ebook).


Se avete altri suggerimenti su romanzi in tema, scrivetemi o lasciate pure un commento.


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Published on November 17, 2014 04:39

November 14, 2014

[recensione] Interstellar: portali, astronavi e tanti guai.

interstellar_posterLa recensione di Dracula Untold ha totalizzato parecchie visite e ieri sera sono andato a vedere il film di Nolan, quindi ho pensato di scrivere due righe anche su quest’ultimo. Che è un po’ quello che stanno facendo tutti, in questi giorni, dividendosi tra chi lo celebra come una nuova pietra miliare (su imdb per ora ha un 9 tondo) e chi invece lo critica come un castello di carte destinato a crollare presto.


Per me entrambe le posizioni – adoratori e haters – sono eccessive, dato che si tratta di un gran bel film di fantascienza pura (negli ultimi anni quasi sempre diluita in pellicole action, bella sorpresa ritrovarla così) senza l’originalità di Inception o la forza dei personaggi di The Dark Knight, ma con un suo fascino particolare.


Lo spunto di partenza è ultra-classico, quello dell’invasione aliena alla rovescia: in questo caso siamo noi che, con la Terra a corto di risorse, per sopravvivere dobbiamo cercare nuovi pianeti abitabili. E ultra-classico è anche lo svolgimento, incentrato sull’avventuroso viaggio spaziale dell’eroe (un Matthew McConaughey in forma come sempre) alla volta di mondi sconosciuti.


black_hole Il buco nero non ricorda un po’ l’arco di fuoco di Hunger Games?

Il difetto principale del film è anche il suo pregio, cioè la ricerca di una certa profondità scientifica. Non parlo di rigore perché, a leggere osservazioni competenti come questa, sotto questo aspetto pare un po’ traballante, ma per lo spettatore che non ha studiato fisica quantistica l’impressione è di assistere a una vicenda abbastanza plausibile, al netto dei suoi vari paradossi.


Difetto perché, anche se nei dialoghi si insiste molto sui rapporti umani come cuore del film, in realtà non si crea molta empatia coi personaggi, meno intriganti di tutte le teorie sullo spazio-tempo; pregio perché, appunto, senza sbracare nel fantastico come quasi tutti gli altri blockbuster, Interstellar pur durando quasi tre ore non è mai noioso, magari non ti emoziona mai davvero ma il cervello te lo fa lavorare sempre a mille.


interstellar_robot Questo robot invece è chiaramente ispirato a un mobiletto dell’Ikea.

Quindi, anche se non è il capolavoro indimenticabile di cui molti parlano, vale sicuramente il prezzo del biglietto. O magari di due, data la straordinaria varietà di spunti (sociali e filosofici, oltre che scientifici) che richiedono più di una visione.


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Published on November 14, 2014 04:37

November 12, 2014

Un ragazzo e il suo cane (racconto/film).

Ripensando al fatto che, nel mio romanzo, l’unico personaggio reale che mi sono divertito a inserire è il mio cane Luthor, mi è tornato in mente questo straordinario racconto di Harlan Ellison, A Boy and his Dog (1969). Io l’ho letto in originale nella raccolta The Beast That Shouted Love at the Heart of the World, dato che in italiano è stato pubblicato una sola volta in una vecchia antologia della Nord del 1987, ormai reperibile soltanto su eBay o – con molta fortuna – in qualche biblioteca.


ellison Harlan Ellison e un cranio di – uh, qualsiasi cosa sia.

Nella mente di qualcuno il titolo potrebbe evocare una storia sentimentale alla Lassie, invece è una narrazione cinica e feroce come se ne trovano poche nella fantascienza. È ambientato infatti in un 2024 post-atomico dove la gente perbene vive in cittadine sotterranee, mentre fra le macerie in superficie si aggirano solo bande armate – l’atmosfera ricorda un po’ quella del mitico Escape from New York (1981) di John Carpenter, che non mi stupirei se avesse tratto più di uno spunto da questo racconto (nella scena del cinema, ad esempio).


Il protagonista è un quindicenne vagabondo in questo mondo in rovina, che sopravvive insieme al suo cane Blood. Quest’ultimo, grazie a esperimenti genetici, ha un’intelligenza molto sviluppata e comunica in modo telepatico col padrone. Il quale, fin dalla prima pagina, sfrutta il suo segugio per uno scopo molto nobile: fiutare le rare donne rimaste allo scopo di abusarne fisicamente.


Da queste premesse, in poche pagine Ellison – un maestro assoluto della short story, da noi per motivi incomprensibili ancora semisconosciuto rispetto ad altri scrittori americani – sviluppa una trama d’azione serrata, carica di sesso e violenza in modo esagerato, che offre una satira davvero spassosa delle narrazioni politically correct con l’eroe di sani principi morali. Per certi versi, un’irriverenza che richiama un po’ Il giovane Holden di Salinger, ma molto più al vetriolo. Il beffardo finale, poi, chiude un meccanismo perfetto ed è uno dei più indimenticabili che io abbia mai letto.


boy_and_his_dog Locandine spettacolari come non se ne fanno più.

Il film del 1975 tratto dal racconto gli rende davvero giustizia, seguendone trama e ispirazione con grande fedeltà. È diretto da , faccia notissima come attore non protagonista di innumerevoli film e serie tv ma, come regista, autore solo di un altro film – ed è un peccato perché, con A Boy and his Dog, dimostra una perizia non comune dietro la macchina da presa. A causa del suo impianto bizzarro e anticonvenzionale, questa pellicola all’epoca non ha avuto molto successo, anche se oggi sono evidenti le sue influenze nei successivi film e videogame di ambientazione post-apocalittica (due su tutti: la saga di Mad Max e la serie di videogiochi Fallout, come estetica e contesto, gli devono tantissimo).


Vi consiglio quindi di recuperarlo – c’è anche su YouTube – e, naturalmente, di leggere prima il racconto di Ellison.


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Published on November 12, 2014 03:36

November 9, 2014

Punta e clicca.

Un’altra forma narrativa che ha influenzato parecchio Il tuo posto nella ragnatela sono le cosiddette avventure grafiche, genere di videogame che prima del boom delle console era molto popolare, mentre oggi tra sparatutto, mondi aperti, simulazioni manageriali e giochi di ruolo sono decisamente fuori moda (anche se ne escono ancora di bellissime).


Infatti, in ogni capitolo del mio romanzo i personaggi si muovono in uno scenario diverso, interagendo con gli altri e con l’ambiente e raccogliendo “indizi” su ciò che è accaduto o accadrà, e insieme a loro il lettore. Proprio come in quelli che, dalla modalità prevalente di utilizzo del mouse, vengono chiamati anche giochi punta e clicca.


Come ho fatto per i manga, ne citerò solo alcune tra le mie preferite che, per atmosfera e senso di mistero, trovo affini al mio romanzo. Se siete interessati, moltissime vecchie avventure grafiche sono disponibili su piattaforme come GoG, a prezzi stracciati e aggiornate per girare su Windows 7 e 8.


lighthouseLighthouse: The Dark Being, ispirato al capostipite del genere Myst e sviluppato dalla Sierra nel 1996, inizia in un cottage isolato sulla costa e dà ben poche indicazioni su quello che c’è da fare. Dopo una serie di puzzle inquietanti, si viene trasportati in un mondo fantastico popolato di creature meccaniche dove l’impresa si fa ancora più ardua. Ricordo che ai tempi, senza internet per la soluzione, avevo sudato un bel po’ per finirlo. La prima parte nella casa, la più paurosa, era quella che trovavo anche la più affascinante, intrappolato come sei fra tutti gli enigmi.


longest_journey


Di qualche anno dopo (2000) è The Longest Journey, probabilmente ancora il capolavoro imbattuto del filone. Come suggerisce il titolo, è anche uno dei più lunghi e simili a un romanzo, grazie alla stupenda e complessa trama di Ragnar Tørnquist. La protagonista è una ragazza, April, che si muove fra due mondi paralleli, una città futuristica dominato dalla tecnologia e un reame magico. Davvero, The Longest Journey consiglio di recuperarlo a tutti, sia a chi non ama i videogame, sia a chi preferisce altri generi.


Infine, un titolo che non ho giocato secoli fa ma soltanto l’anno scorso (del resto è del 2010 e disgray_matterponibile anche su XBox 360) è Gray Matter. Anche qui la storia è degna se non migliore di molti romanzi e opera di un’acclamata scrittrice, Jane Jensen, responsabile anche della storica serie di Gabriel Knight. Seguiamo le avventure di un’aspirante maga illusionista, Sam, e di un professore mio omonimo che studia il soprannaturale, attraverso una serie di eventi drammatici e bizzarri. La difficoltà degli enigmi non è molto elevata, ma la cura dei dialoghi, le continue svolte di trama e l’equilibrio tra mistero e romanticismo me l’hanno fatto amare davvero molto.


Per oggi è tutto. Chissà se anche Il tuo posto nella ragnatela, un giorno, non possa diventare un’avventura grafica…


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Published on November 09, 2014 00:59

November 7, 2014

Una pinta del mio romanzo.

ragnatela_cup


Questa (cliccateci sopra se la vedete troppo piccola) è una word cloud del mio libro, dove sono rappresentate le parole più ricorrenti, con dimensione variabile in base al numero di ripetizioni. Per renderla più interessante, ho escluso parecchi dei termini in effetti più frequenti ma banali come articoli, congiunzioni, preposizioni, verbi ausiliari, eccetera.


In questo modo, emergono soprattutto i nomi dei personaggi principali e – con una certa precisione – il singolo peso di ognuno all’interno della storia. Suggestivo, no? Potete crearne una anche voi in pochi minuti, con il testo o la pagina web che preferite, su questo sito.


Una curiosità: il titolo iniziale del romanzo era Ariænna, dalla fusione tra il nome della protagonista (Arianna) e quello della cittadina fittizia dove si svolge la vicenda (Arienna), ma all’ultimo momento l’ho cambiato con quello attuale, più inquietante e significativo. Inoltre, temevo che la presenza del dittongo ae avrebbe spaventato i lettori più giovani e non, evocando l’incubo delle versioni di latino piene di segni rossi.


Altra curiosità: nel mio libro viene davvero citata un’opera latina, durante una scena di interrogazione nel liceo frequentato dai protagonisti. Questa.


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Published on November 07, 2014 00:09

November 5, 2014

[recensione] Dracula Untold a.k.a. Super Vlad.

DraculaUntold_posterSiccome nel post precedente ho citato il romanzo di Bram Stoker e ho appena visto al cinema Dracula Untold, ho pensato di buttare giù qualche impressione sul film, anche perché parlando solo di libri in effetti dopo un po’ si diventa noiosi. Se temete spoiler sulla trama state tranquilli, cercherò di limitarli al minimo e solo alla parte iniziale.


Come tutti sappiamo, in realtà il personaggio di Dracula è uno dei meno untold che esistano, e non fanno eccezione le varianti ispirate più alla figura storica di Vlad III che all’universo vittoriano del romanzo. Una delle migliori, secondo me, rimane quella presente nella serie a fumetti Dago di Robin Wood e Alberto Salinas, dove il Principe della Transilvania (o meglio della Valacchia, per i più pignoli) viene dipinto come un tiranno cinico, disumano e dal sadismo illimitato.


dago_dracula D&D, ovvero Dracula e Dago. O Padrone e Fido, per chi conosce il fumetto…


All’inizio di Dracula Untold, al contrario, il Vlad interpretato da Luke Evans è l’esatto opposto: ottimo padre di famiglia, amato e rispettato dalla sua corte, in cordiali rapporti di vassallaggio con i vicini turchi. Solo quando questi ultimi si mettono a fare troppo i prepotenti, il Principe alza la testa e si ribella in stile Braveheart.


E qua inizia pure la tresca vampiresca: poiché contro lo sterminato esercito turco senza aiutini non ci sono speranze, il nostro amico V. (non è ancora diventato D.) decide di stringere un patto faustiano con un vampiro delle montagne, accettando di diventare egli stesso una creatura della notte in prova. Questo passaggio è piuttosto ridicolo: se si tratterrà dal bere sangue umano per tre giorni, poi ritornerà anch’egli mortale – eventualità che non crea la minima suspense, dato che anche i bambini delle elementari sanno già tutti come andrà a finire.


A ogni modo, Vlad trangugia il sangue del vampiro tipo pozione di Asterix e acquista un sacco di superpoteri: ferite che si rimarginano all’istante, superudito, supervista termica alla Predator e il più figo di tutti, cioè la capacità di volare scomponendosi all’istante in decine di pipistrelli (fattore che, in un’ipotetico scontro vs. Superman, mi renderebbe davvero indeciso su chi puntare dei due).


dracula-untold-hand-of-bats Chissà se dorme sui fili della luce, anziché nella bara.

Da qui in poi smetto di raccontarvi il film perché diventa abbastanza prevedibile: chi vincerà tra Super Vlad e un esercito di 10.000 turchi? Segnalo solo un paio di momenti gustosi: quando il generale turco benda gli occhi di tutti i suoi soldati, per farli combattere con meno paura (a che serve il senso dell’orientamento, quando hai il coraggio?) e quando entra in scena la kryptonite di Dracula – indizio: luccica come la luce del sole, ma non è la luce del sole (comunque quest’ultima e la croce ci sono, unico grande assente ingiustificato l’aglio).


dracula-untold-battle Titolo del quadro: Battaglie ricche di suspense.

Tirando le somme, questo DraculaMaiNarrato è un filmetto dimenticabile, però con il pregio di imbastire una trama un po’ ballerina ma abbastanza avvincente e, soprattutto, di essere un vero horror con veri vampiri, cosa che in tempi di Twilight, Vampire Diaries e cloni vari non è poco. Purtroppo sangue e violenza non scorrono a fiumi come dovrebbero, ma qualche soddisfazione ogni tanto la regala. E, verso il finale, c’è una bellissima scena che cita l’inizio del Dracula di Coppola e che, al contrario di parecchie altre, diventerà di sicuro iconica nell’immaginario legato al personaggio di Stoker.


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Published on November 05, 2014 23:25