A husband’s search for his wife’s lover, lost amid the turbulence of the Yom Kippur War, is the heart of this dreamlike novel. Through five different perspectives, Yehoshua explores the realities and consequences of the affair and the search, laying bare deep-rooted tensions within family, between generations, between Jews and Arabs.
Abraham B. Yehoshua (אברהם ב. יהושע) is one of Israel's preeminent writers. His novels include A Journey to the End of the Millenium, The Liberated Bride, and A Woman in Jerusalem, which was awarded the Los Angeles Times Book Prize in 2007. He lives in Haifa.
Molto è già stato scritto su questo romanzo pubblicato nel 1977. Non ho nulla da aggiungere alle recensioni che ho letto. È la storia della ricerca senza sosta di un “amante” da parte del marito della donna che è la sua amante. Assurdo, senza senso, come tutto il libro, in bilico tra il tragico e il non sense, con punte di poesia, di dolcezza malinconica. È assurdo che un marito vada in cerca per tutta Israele dell’amante di sua moglie. Eppure è la più grande dimostrazione di “amore” verso la sua donna. Perché l’amore ha milioni di forme, come l’amore folle del giovanissimo meccanico palestinese Na’im verso Dafni, la bella, ribelle e dolce ragazzina israeliana, o come l’amore tenero della nonna Vaduccia verso l’unico nipote Gabriel, l’amante, un israeliano senza radici, senza religione, un ebreo anomalo. Tutto è anomalo in questo bel romanzo.
Supponiamo di voler scrivere un libro sui conflitti religiosi, sulla inutilità della guerra e sulla solitudine degli individui. Difficilmente penseremmo di farlo raccontando rapporti in crisi all’interno della famiglia, di amanti e di problemi adolescenziali. Yehoshua invece sì, scrive il suo primo romanzo della "Trilogia d'amore e di guerra” proprio partendo da una famiglia. E il risultato che ottiene è efficacissimo e bello.
“L’amante" non è una storia d’amore, ma è una storia sulla incomunicabilità tra le persone. Tra coniugi, tra uomini e donne, tra genitori e figli, tra studenti ed insegnanti, tra palestinesi e ebrei.
Lo scrittore racconta la storia in modo polifonico, ossia alternando in continuazione i punti di vista dei protagonisti attorno ad un tema centrale portante. Un padre che si sente responsabile della morte del figlio piccolo e che non riesce più a recuperare il rapporto con la moglie. Una moglie che si esprime solo tramite i suoi sogni, misteriosa, chiusa, triste, evanescente, grigia e spenta. Una figlia irrequieta, curiosa, critica, ribelle, che vive nel suo mondo in conflitto con tutti. Un ragazzino arabo che rappresenta la comunicazione tra il mondo palestinese e quello ebraico, disturbata soprattutto da pregiudizi e luoghi comuni. Una simpatica novantenne che esce dal coma e lentamente prende consapevolezza di sé e dei problemi del suo paese.
Tanti personaggi che si cercano senza mai raggiungersi, che girano in tondo senza mai capirsi. La stessa storia ripetuta più volte perché percepita e recepita dai protagonisti in modo diverso.
Bravissimo è Yehoshua a cambiare lo stile narrativo al cambiare del personaggio, a rappresentare i pensieri di un uomo maturo, di una donna sognante, di una novantenne, di un ragazzino e di una adolescente. Quasi una sorta di canone molto elaborato, in cui due voci solo alla fine si intersecano in un bellissimo sdoppiamento che ci mostra simultaneamente la medesima realtà da due punti di vista. Due punti di vista che rimangono distinti e diversi, nonostante tutto.
"Una strana coppia. Mi chiedo come mai si sono messi insieme. Che cosa vogliono? Non mi ricordo di averli mai visti abbracciati, o che si baciassero. Quasi neanche si parlano. Però neanche litigano. Come due estranei. Si chiama amore, questo?"
Tra marito e moglie c’è un muro tanto invisibile quanto impossibile da abbattere e superare. E questo marito, per superare il muro cerca un amante non per sé ma per la moglie. Qualcuno che possa aiutarla a tornare a parlare, a comunicare, a vivere. Non un amante che procuri amore carnale, quanto una persona che torni a procurare desiderio di dialogo, di condivisione del proprio pensiero, di pace. Come quel desiderio che c’è tra due amanti di poter vivere e godere la propria relazione amorosa senza blocchi e impedimenti.
La storia termina col silenzio del padre “Un silenzio profondo, come se fossi sordo”. Tutti i personaggi appaiono silenziosi e sordi, ognuno ha suonato la sua partitura per proprio conto senza mai veramente ascoltare la melodia dell’altro. Tanti punti di vista differenti, nessuna soluzione.
Che dire d’altro? Un grande romanzo, una grande tecnica narrativa, una storia deliziosa, coinvolgente ed indimenticabile. Proprio bravo questo Yehoshua, un autore che approfondirò sicuramente!
Avrei voluto che questo romanzo durasse per sempre. Un romanzo che non parla l’amore, ma di quello che fanno le persone quando sono sole e non sanno chiedere amore. Anche perché, chi sa quello che pensa l’altro? In questo romanzo nessuno. Intanto non si sa perché Gabriel (l’amante, o almeno, il primo della serie, mica c’è un solo amante in questo romanzo) se ne sia andato. Né sappiamo perché Adam, il marito, il capo officina, si ostini a cercarlo. Non sappiamo come sia nato il rapporto tra la moglie Asya e Gabriel, non sappiamo cosa vogliano dire i sogni (saranno profezie?) che fa lei di notte. Non sappiamo come mai la figlia Dafi vaghi da sola di notte, né chi sia l’uomo che batte sui tasti della macchina da scrivere (sempre di notte) disturbando il suo riposo. Non sappiamo cosa pensi il giovane arabo Na’im degli ebrei, lui che lavora per Adam, ama Dafi e cura la nonna di Gabriel, Vaduccia. Di Vaduccia facciamo fatica a seguire i pensieri ingarbugliati da quando si è svegliata dal coma, ma forse è per l’età. Abbiamo solo il loro vagare in cerca di una risposta, di qualcosa che ponga fine alle loro ricerche. Abbiamo solo le loro voci, i loro pensieri, i loro sogni, in questo romanzo a più voci dove ogni narratore racconta una storia dal suo punto di vista. E non è detto che sia quello più corretto. Abbiamo solo delle persone che a un certo punto si sono perse. Forse nemmeno loro sanno più chi sono. Persone che si cercano, si sfiorano in continuazione. Sono lì, di fianco l’una all’altra. Solo che poi non si trovano mai. È un romanzo labirintico, senza un punto di arrivo definito. Alla fine tutti si perdono, perché quello che hanno da dire non viene detto e quando viene fuori ha l’effetto di una detonazione da tritolo. Anche perché in fondo, per tutti, l’origine dello star male è un dolore che non si vuole sviscerare.
E sullo sfondo c’è la storia, la Guerra dello Yom Kippur, la tensione tra ebrei e palestinesi. Non fosse nominato il contesto storico, potrebbe benissimo essere un romanzo attuale. Il momento dedicato alla storia è quello del rapporto tra Vaduccia e Na’im, che non è solo qualcosa di personale, è anche un saggio interculturale su come cercare di capirsi tra due popoli quando diffidenza, guerre, odi e pregiudizi hanno minato il campo tutto intorno. Una storia scritta penso con un’ispirazione pazzesca, che si nota (perché è tutto perfetto), tremendamente bella e tecnicamente impeccabile, anche nell’uso di diversi stili per le diverse voci narrative. Avrei voluto che questo romanzo durasse per sempre.
Una Morris celeste del ’47 Tutto comincia con una Morris celeste del ’47. Ho trovato questo libro molto coinvolgente e molto moderno, nonostante che sia di quasi quarant’anni fa. E’ ambientato nell’anno della guerra di Yom Kippur, ad Haifa: la guerra compare in modo marginale, mentre l’attenzione si concentra su una famiglia “allargata”: allargata all’amante e alla sua nonna. I personaggi principali contribuiscono con la loro voce a raccontare la storia. Una delle figure più belle per me è Adam, il meccanico con la barba da profeta, che naviga nella vita seguendo l’istinto: e l’istinto gli fa fare cose strane e cose generose e anche una cosa molto brutta. Mi piace di Adam il suo carattere benevolo, che se può fare del bene lo fa. Adam è l’operaio contrapposto alla moglie intellettuale, ma sembra capace di un’introspezione molto acuta, a differenza della moglie, che rielabora la vita attraverso i sogni. Adam vede se stesso e la moglie ingrigiti e distanti, mentre la moglie lavora freneticamente per non pensare a niente. Mi piace anche Dafi, la figlia, il prodotto che ci si attende da due genitori molto indulgenti: anche lei istintiva, sfacciata, un po’ maniacale. Mi piace molto Vaduccia, la nonna centenaria dell’amante, in coppia con Na’him, il ragazzino arabo che le hanno messo in casa un po’per compagnia, un po’ come pensionante. Lei gli parla in arabo, lui le legge i giornali israeliani, una coppia che fa scintille quando leggono gli articoli di politica (Yom Kippur). Vaduccia è di un’antica famiglia sefardita e ricorda Gerusalemme alla fine del XIX secolo, prima degli insediamenti di ebrei in Palestina, prima delle guerre. Intrecciando queste riflessioni nella trama, Yehoshua racconta l’essere arabi israeliani, l’essere ebrei ortodossi, uno dei mille modi di diventare terrorista, la mente che perde il controllo del corpo quando la vita finisce, l’amore a quindici anni, la morte di un figlio bambino che crea voragini all’interno di una coppia. Ognuno di questi argomenti potrebbe essere il soggetto di un libro, lui riesce a combinarli con un’abilità sorprendente, come anche riesce a conferire naturalezza a tutti i personaggi, anche quelli più assurdi. Probabilmente è proprio il tocco di follia di ciascuno che conferisce verità all’insieme, perché i personaggi non assurgono a simbolo stereotipato di qualcosa ma sono lì, veri. In conclusione i pensieri di Na’him esprimono la trepida speranza dell’autore di una futura reciproca comprensione e accettazione, il più bell’augurio per Ebrei e Palestinesi.
Non mi venga a dire che al mondo c'è un uomo libero.
C'è una scena di un vecchio film in cui due ragazzi innamorati stanno uno accanto all'altro, vicinissimi, di fronte alla cinepresa. Fra di loro, al centro, c'è un telefono: ascoltano le parole di un amico che parla di un certo affare. La vicinanza inaspettata li rende nervosi. Si amano, ma non riescono a stringersi, a baciarsi, a confessarsi. Lei forse è intimidita e ha paura di non essere amata, lui la ama ma teme che con l'inizio di una relazione i suoi sogni svaniscano in un soffio. E c'è questa inquadratura meravigliosa, in cui loro si dividono perfettamente lo spazio in scena. Lei guarda verso il fuoricampo ma mostra il viso pieno e senza ombre, chiaro alla luce dei riflettori. Lui è di profilo, combattuto fra mente e corpo, è attratto dalla sua pelle d'un tratto così vicina, la sfiora e rimane in sospeso. E quel ricevitore, al centro, da cui continua a venire il cicaleccio dell'amico che parla di un affare, inascoltato. Era il pretesto dell'avvicinamento, ora è solo una cornice, rumore. (Il film è "La vita è meravigliosa" di Frank Capra, e la scena è questa http://www.youtube.com/watch?v=dAHbEc...)
Lo spazio tra un viso e l'altro contiene un universo di possibilità. Quella tensione tra i due, il fiato sospeso prima del bacio, che arriva tardi, sembra non arrivare mai. E tu sei lì, e te lo senti tutto addosso il peso di quell'universo, sollevi un po' il viso come se fossi lui o lei, e non aspettassi altro che una carezza. Ma la forza dell'ambizione di lui è troppo forte: invece di baciarla la scrolla, le grida contro tutti i suoi sogni armati in un "non mi sposerò mai". E cede al suo stesso desiderio. E i sogni, quello che lui doveva fare da individuo libero, da solo, nel mondo? Son stati seppelliti dalla forza di quello spazio sospeso, dall'urgenza di un contatto.
Questo libro di Yehoshua sta esattamente a metà tra le bocche dei due amanti. Lui non è James Stewart e lei non è Donna Reed, i personaggi del romanzo arrivano a turno - o forse tutti insieme - e prendono posto all'interno delle sagome degli attori. Tutti tesi verso un contatto con l'altro che non arriva, sembra non arrivare mai, chissà se arriverà. Tutti tesi in quell'ansia di James Stewart, che muore dalla voglia di baciare e al contempo si arma per non farsi incastrare e rimanere coerente con i propri pensieri, i propri progetti di vita. Sono individui che si dibattono tra la necessità di star vicini e la paura di fare un passo verso l'altro. Hanno paura di uscire dalla loro stessa prigione, ma ne sentono lo stimolo irrefrenabile.
Che cosa è un amante? E' un elemento estraneo che si insinua in una famiglia, in un legame già consolidato. E' il nuovo, l'estraneo, lo sconosciuto. E' un universo di possibilità da sondare, perlustrare e conoscere. In questo libro non c'è un amante solo. L'amante Gabriel, sparito il primo giorno della guerra, è solo uno dei tanti. Lasciando da parte la connotazione sessuale dell'amante e tenendo solo il nocciolo duro del contatto intimo con un estraneo, possiamo dire che tutti i personaggi sono l'uno l'amante dell'altro. Ebrei, arabi, uomini. C'è Na'im, l'arabetto, che si insinua nelle case degli ebrei, un po' per coincidenza, un po' per desiderio. Porta la sua diversità tra le loro mura, va a scontrarsi contro i loro pregiudizi aperti o covati inconsciamente. E così, come un seme di papavero gettato in un campo di rose, inizia a germogliare tra loro. Si mescola a loro. Forse diventa persino un po' rosa, o forse un nuovo fiore, indefinito, forse un papavero coi petali di una rosa ma con lo stesso pistillo. C'è Vaduccia, la centenaria nonna ebrea che l'accoglie in casa, un po' timorosa perché gli arabi sono tutti terroristi. E' tutta tesa tra una carezza che la fa sentire umana - lei, priva di legami col mondo oramai - e il terrore che Na'im nasconda armi nella sua stanza. Non c'è niente di buonista nel racconto di questa accoglienza, come non c'è niente di buonista nell'incontro tra gli altri personaggi: il racconto procede a voci alternate, si frantuma in molteplici punti di vista che fanno a pezzi speranze, paure, desideri e sogni. Na'im scorge comprensione in uno sguardo di Dafna, e già gioiamo con lui, ma appena la parola passa a lei ci ritroviamo con una manciata di vetri rotti tra le mani. Il cuore esce straziato da questo continuo cambio di prospettiva, la verità che si solleva dalle pagine è amara ma realista: il più delle volte non c'è modo di incontrarsi. Ci sfuggiamo continuamente, nonostante il desiderio.
E in mezzo a tutta questa solitudine protesa verso un contatto con l'altro, Yehoshua lascia che prenda posto il cuore pulsante della questione israeliano-palestinese. E tutta l'amarezza del conflitto prende corpo nella divisione tra diffidenza della mente e desiderio di contatto corporeo. I pensieri si fanno la guerra, i corpi si cercano. Si sentono attraverso i vestiti, attraverso il respiro, carezze ai letti vuoti ma ancora caldi del sonno di qualcuno, baci domandati, schiaffi. Ebrei e arabi. Si toccano per non perdersi, perché il loro corpo lo sa: si stanno perdendo, e la mente potrà rimbrottare giudizi e interpretazioni errate della realtà quanto vuole. La verità è che sono soli. Soli e prigionieri l'uno dell'altro.
Sembra impossibile che tutto questo lasci spazio a una speranza, eppure...
I couldn’t put it down. I bought this book a few years ago while searching for another book by the same author. One critic compared it to As I Lay Dying, but it’s only like that in that the story progresses by voices of several different main characters. Explaining who the characters are explains little about the book. Suffice it to say they are Israelis in the time of the Yom Kippur war, a garage owner, his wife, his daughter, and one of his Arab employees. Two others are an elderly Israeli woman who remembers life under the Ottoman Empire, and her grandson whose been living in Paris for 20 years and comes back for his inheritance.
The book was written in the 1970ies so roughly contemporary with the war which is a backdrop. It’s the immediacy with which the reader is drawn into the character's stories that is so compelling. It’s a very complex plot that would probably seem ridiculous if told in a straightforward narrative. But told by each character in dribs and drabs, it’s fascinating and I couldn’t get through it fast enough. In the end, knowing the characters and the society around them is most interesting.
There are other characters we hear about in the monologues. Even one terrorist, though the fear that every Arab may be a terrorist seems to be latent In the society. Actually, the assumptions Israelis have about Arabs and the assumptions Arabs have about Israelis is an important theme in the book, an important disconnect in the society as a main theme in the novel.
“…e noi nell’ultima guerra abbiamo perso un amante.” Un incipit fulminante ci introduce alla vicenda narrata. Amore, guerra, ricerca dell'amante svanito nel nulla sono i nodi di una storia narrata a più voci. Il tempo si dilata nella molteplicità dei punti di vista, nella ripetizione degli stessi momenti di una vita vissuta dai personaggi in una solitudine disperante. L'amore è inseguito, desiderato, quasi irraggiungibile. È un continuo cercarsi, in giorni dominati dal silenzio e dall'incomunicabilità, dall'attenzione a non sfiorarsi pur desiderando un contatto, in una città in cui arabi ed ebrei convivono con sospetto e diffidenza, ma anche con un senso di attrazione reciproca. L'amante, Gabriel, è l'irruzione di un elemento nuovo nella vita normale e rassegnata di una famiglia e nella routine sconfortante di un matrimonio ormai logoro. Fa da catalizzatore di speranze e desideri, più con la sua improvvisa scomparsa che con la sua presenza. Sembra, all'inizio, il fantasma di ciò che potrebbe essere l'esistenza. Dà uno scopo a ciò che sembrava non averne e ridefinisce le prospettive di una guerra inutile. La narrazione emana un'atmosfera ovattata, spesso irreale. E la rinascita a vita diversa è simboleggiata dalla ripresa di Valduccia, la vecchia nonna di Gabriel, che torna miracolosamente dal coma. Sono splendide le pagine in cui assistiamo alla graduale guarigione di Vaduccia, dal delirio a pensieri via via più chiari. È un romanzo denso e intenso, che lo stile narrativo polifonico rende assai coinvolgente. ― Inviato il 8 Mar 2016 09:50
Il coro alterno delle voci narranti, i sogni di Asya, la barba di Adam, i pensieri di Dafi e Na'im che si toccano, convergono cosi' come la tensione dei loro corpi, la ricerca, quasi ossessiva, di Adam (il marito) di Gabriel (l'amante), i deliri di Valduccia il tutto sullo sfondo della guerra...
La passione, la tensione che spingono alla ricerca, alla fusione con l'amato, descritta in modo mirabile... (gli amanti, si' perchè di amanti nel racconto ce n'e' piu' d'uno, sono accomunati da un gesto molto significativo, che non voglio svelare, nei confronti dell'amata struggente, commovente e talmente intenso da sfociare quasi nel doloroso)... e nel contempo la solitudine di ciascuno di questi personaggi...
Molto efficace la tecnica narrativa (devo dire che il racconto attraverso gli occhi dei vari personaggi, a me piace molto), l'ho trovato un romanzo molto elegante... veramente molto bello... da leggere ...col cuore!
A look at Israel before, during, and after the 1973 Yom Kippur that is simultaneously fascinating, enraging, but most of all perplexing. Certain people (me for instance) have to distance the author from the work on its own merits because quite frankly, had I heard what Yehoshua had said regarding Diaspora Jews before reading this book I would have considered chucking it.
Radichiamo il libro in reti di comunicazione ostruite. Partiamo pure dal macrocosmo, l'Haifa nell'Israele del 1973, sfondo di due popoli che s'annusano reciprocamente con sospetto. Tutto ciò che conoscono uno dell'altro è proprio un certo odore, cioè un grumo di pregiudizi che dipingono un gruppo culturale solo in maniera macchiettistica, e poi si stupiscono, se, una volta approfondita reciprocamente la conoscenza (come avviene ai singoli personaggi del libro), in fondo né gli arabi sono tutti delinquenti che vanno tenuti al guinzaglio, né gli ebrei sono un'alterità da tenere a distanza, come se il toccare solamente le loro usanze, anche religiose, potesse provocare una pericolosa infezione. Ora, però, andiamo al nocciolo, al microcosmo. Ecco che qui le reti di comunicazione ostruite si restringono a vite individuali e allo stesso tempo si allargano, perché sovrastano la loro vita come una sostanza soffocante nell'aria, e allo stesso tempo è una distanza fondante. L'amore come fondazione di questa specifica famiglia non è veramente tale, è un consistente affetto nato da due vite che avevano bisogno di sistemarsi. La società preferisce le coppie e non le zitelle e gli scapoli, perché tutti dicono che l'amore è l'esperienza più bella della vita e rimanerne a corto fa credere che bisogna aggrapparsi alla prima fonte che anche solo pallidamente fa nascere un presentimento, cioè che incarni il significato di questo misterioso accadimento che sconvolge di norma le esistenze. È un'incombenza che bisogna sbrigare, per agevolazioni economiche, per continuare a lavorare senza dover investire altre energie nella ricerca di qualcuno che tolga l'etichetta di “single”. Nell'intento di continuare le propre vite individuali sotto le stesso tetto, pur scrutandosi reciprocamente, ecco che nasce quella distanza che unisce forzatamente più persone senza che esse, di per sé, s'avvicinino veramente. Un po' come avere tre pezzi di un collage appiccicati uno all'altra: un'unione di carta, fragile, carente come il suo materiale. Così questa maniera di percepirsi reciprocamente è ciò che si conosce come l'affetto più caro che si ha di fatto, in un mondo dove gli altri allora saranno ancora più distrattamente cordiali estranei; e da qui, da ciò che si è sempre conosciuto, insorgera la novità sconvolgente del vero amore. Adam, Asya (moglie), Dafna (figlia). Adam ha la sua vita, Asya la sua vita, Dafna, quindicenne, ha la sua vita. E queste vite influiscono una nell'altra nella maniera della mancanza. È vero che sono compartimenti stagni che si osservano reciprocamente da una finestrella, da cui forse sporgono una mano come per cercare la vicinanza uno dell'altro, ma brancolano nel buio, in tentativi solo accennati e presto falliti. Ecco perché “l'amante”, un altro personaggio che entrerà fisicamente nella casa di Adam e Asya, è così fondamentale da dare il titolo al romanzo. Non si scaccino i presentimenti che nascono da questo inquadramento: Gabriel è l'amante di Asya. Asya conosce finalmente l'amore, quel sentimento che la rianima e rende il suo volto invecchiato con l'età più vivo, più giovane. E la cosa commovente, una di quelle che mi sono piaciute di più, è che alla scomparsa di Gabriel – andrà al fronte a combattere nella brevissima guerra del Kappur tra Egitto e Israele – sarà proprio Adam a gettarsi alla sua ricerca, a rintracciarlo tramite scartoffie, centralini, e infine tramite la traccia che può individuare più facilmente, in quanto meccanico: la sua macchina, una vecchia Morris del '47. In questa strenua ricerca di un oggetto-simbolo di una persona, della sua ondata di vita che ha portato alla persona che più si è tentato di raggiungere, come sua moglie, vengono trascinati tutti i personaggi, ognuno alla sua maniera. In un certo senso la donna a cui in un punto ultimo è destinato qualsiasi risultato di questa ricerca senza pace è il personaggio più esternamente osservatore, in semplice attesa. Arriva l'elemento più bello per me del libro: come, nella ricerca di una persona, che involontariamente ha risvegliato le distanze, la voglia così impellente, densa di carenze, logoramento, si cada spesso, s'inciampi, ma s'arrampichi su di esso come un altro germoglio nascente sulla stessa pianta, un amore genuino, vitale, sincero e bello (non faccio nomi per non rovinare la narrazione). C'è un altro personaggio ancora, la nonna di Gabriel, che manifesta quel procedimento di morte e rinascita che i personaggi vivono: lo stato vegetativo del coma, come lo stato vegetativo in cui ristagna la famiglia di Adam, e poi un accelerato, inaspettato tornare alla vita – nonostante i 90 anni – e la voglia di ricominciare, di tenere duro nonostante le rughe, il tempo. Tuttavia l'impaccio che caratterizza la famiglia di Adam è quell'aggiuntivo che smuove ancora di più queste formichine che s'agitano, non sapendo come altro attingere ciò che hanno sperimentato, quella fiammella calda che ha permesso loro una soluzione ad un infossamento, s'arrangiano puntando a ciò che già conoscono, corrono da tutte le parti e fanno accadere eventi, perché smuovere un tassello finisce per coinvolgere i tasselli circostanti e scatenare un generale formicaio. Si smuove persino il confronto tra arabi ed ebrei, si rompono semplici parvenze di chi siano gli uni e chi siano gli altri. Questo complesso è l'elemento che ricorderò, che mi ha fatto affezionare al libro, e per cui i personaggi sono umani, troppo umani.
Written 30 years ago, shortly after the Yom Kippur War, this novel opens a window on a cross section of Israeli society at a point where the future of Israel seemed momentarily less uncertain and the current stand-off between Israelis and Palestinians was still far in the future. All the same, the novel is not dated but almost prophetic in its portrayal of a handful of characters who struggle with identity and relationships, amidst uncertainties and ambiguities. The "lover" of the title is a character who has disappeared during the war. As the novel develops, however, other "lovers" emerge in the narrative, and the play of carnal desire against a backdrop of social uncertainty makes for a fascinating contrast of personal and political.
The shifting points of view and multiple characters offer a Dickensian worldview within the confines of the handful of square miles traversed by its characters - who are often on the road going somewhere. This aspect of life in Israel is captured nicely by the nighttime road service operated by one of the characters, coming to the rescue of people in car wrecks and having breakdowns. On one level, as we read, we are drawn along by the attempt to solve the mystery of a missing person. On another level, we watch as love distracts, blinds, entraps, confuses, and torments whomever it touches. Finally, the playing out of these themes takes place against a social fabric that links together people of many different kinds, including Arab Israelis, Zionists, religious Jews, secular Jews, the military, recent immigrants, long-time residents, and so on. This is a novel by one of Israel's foremost writers of modern fiction. I highly recommend it.
Dopo aver letto qualcosa della questione israelo-palestinese da un punto di vista storico e poi dal punto di vista palestinese, ho voluto ascoltare le parole di Yehoshua. Parole ricchissime di spunti storici e sociali, politici e culturali, e anche tanto, tantissimo di umano e personale. E che a tale scopo ci introduce pian piano nella vita quotidiana di una famiglia israeliana nella città di Haifa ai tempi della guerra del Kippur del 1974, un imprenditore di successo e i suoi operai palestinesi, il suo amore per una donna la cui vita però viene stravolta dall'arrivo di un amante. Che scompare.
E per amore lo va cercando per riportarlo da lei, e non so se possa immaginarsi una devozione più drammatica. Le vicende che ne seguono sono l'occasione per raccontarci la follia della guerra fino in terra d'Egitto, le relazioni ambigue tra le comunità israeliana e palestinese sotto occupazione, persino la cultura ortodossa e quella dei kibbutz a me sconosciute. Ma anche le vicende personali, i sentimenti e le sofferenze, finanche le passioni e gli impulsi incontrollati in un'atmosfera di pensiero denso e cupo, moderno e mai superficiale. Che mi ha richiamato il Grossman conosciuto.
Mi è piaciuta la visione oggettiva d'insieme della narrazione, e allo stesso tempo pian piano ho sempre più apprezzato l'alternanza dei protagonisti mentre si raccontano in prima persona. Uno stesso episodio vissuto e rivissuto con occhi diversi, pensieri diversi che si affollano intorno agli stessi fatti, le diversità che siamo di fronte alla realtà. Una cosa che già mi aveva completamente conquistato ne 'Il mio nome è rosso' di Pamuk, ma che con Yehoshua acquista un ritmo più serrato e intenso, in contemporanea e in sovrapposizione. Laddove la soggettività nella vita è purtroppo ineludibile.
Il problema israelo-palestinese non sembra possa avere una soluzione definitiva. La comunità israeliana è una realtà assolutamente consolidata e dice follie chi ne vuole la cancellazione. Ma anche la realtà palestinese è viva e presente, e ne fa parte in maniera importante. Popoli da sempre dichiarati diversi, ma in realtà meno distanti di quanto sembri, figli di una stessa terra, un intreccio inestricabile. E se altre volte ho sentito forte la sensazione del 'noi e loro', in Yehoshua mi è sembrato invece di cogliere la speranza, per quanto debole, di un futuro diverso. Di pace.
"Ci si innamorava non perché si volesse amare, ma per liberarsi da un'oppressione, come per compiere un dovere che ci era imposto."
Se questo è il romanzo d'esordio di Yehoshua, voglio proprio vedere gli altri! Primo episodio della "Trilogia d'amore e di guerra", L'amante è un romanzo bellissimo, complesso e ricco, ricco di voci, di caratteri, di esperienze e di amore, sapientemente costruito, magistralmente gestito nella varietà dei punti di vista usati. Il titolo può indurre in errore: più che una storia d'amore, L'amante è la storia delle relazioni umane, della comunicazione tra persone diverse; e così come lontano e irraggiungibile è l'amante, Gabriel, intravisto all'inizio del romanzo e poi scomparso, perennemente cercato, stancamente, dal protagonista, altrettanto difficile da raggiungere risulta essere la reciproca comprensione tra i personaggi. A ben vedere, Yehoshua trasla sul piano delle relazioni tra i personaggi il grande problema dell'incomunicabilità che affligge Israele: quella, innanzitutto, tra ebrei ed arabi. Ma l'autore va a fondo, non si lascia costringere entro i limiti, e dipinge l'incomunicabilità tra genitori e figli, alunni ed insegnanti, uomini e donne. Vero fiore all'occhiello di questo romanzo è l'apparato stilistico: usando la tecnica del fuoco multiplo, l'autore alterna continuamente il punto di vista di Adam, padre e marito; della figlia Dafi, che vive in un mondo suo, in cui il più grande conflitto è quello con gli insegnanti; e infine di Na'im, un ragazzino arabo che nel suo duplice rapporto con Adam e con Dafi ha il compito di rappresentare materialmente le difficoltà della comunicazione tra arabi ed ebrei, una comunicazione a ben vedere ostacolata da una quantità enorme di pregiudizi e luoghi comuni da sfatare, uno dopo l'altro. Attraverso questi tre personaggi fondamentali l'autore narra la storia, mostrando più volte la stessa scena dai tre punti di vista differenti. A questi si aggiungono i ricorrenti sogni di Asya, la moglie di Adam, che aspetta, silenziosa, il ritorno del suo amante; Gabriel, che, non a caso, non parla mai per voce diretta, ma le sue parole vengono sempre filtrate dal punto di vista di Adam; Vaduccia, la nonna di Gabriel, uno dei punti di vista più interessanti, specie per la sperimentazione stilistica nella prima parte del romanzo, quando comincia ad uscire lentamente dal coma e a riprendere consapevolezza di sé. Grande, grandissima è l'abilità di Yehoshua di giocare con gli stili narrativi,; un grande gioco, sapientemente elaborato, che alla fine cede volentieri al flusso di coscienza e a uno sdoppiamento del punto di vista - uno sdoppiamento bellissimo e arrivato al momento opportuno, che ci mostra da due punti di vista, contemporaneamente, l'abbandono reciproco di Dafi e di Na'im all'amore. Una grande regia, dunque, ed una grande arguzia, per un romanzo davvero delizioso ed incantevole, forse di poche pretese, ma che alla fine lascia veramente molto.
Una famiglia, un amante, due popoli, l'incapacità di comunicare, una guerra, una vecchia, un erede, una ragazzina, l'adolescenza, il primo amore, l'amore .. mischiamo tutto e otteniamo questo incredibile libro. Narrato in prima persona dai diversi protagonisti, in un susseguirsi di eventi visti e rivisti con gli occhi dei vari personaggi, ognuno ne vede un aspetto. La ricerca di un uomo, l'amante di Asya, ci permetterà di conoscere la vita di una "normale" famiglia israeliana durante la guerra degli anni '70. Ma la ricerca di Gabriel è un pretesto, in realtà Adam cerca il modo per salvarsi e salvare chi gli sta a cuore, il modo per salvare questa famiglia che non riesce più a capirsi né a parlarsi, che vive nel terrore dell'"arabo" e nell'impossibilità di comunicare i propri sentimenti. Un libro da leggere e forse anche da rileggere, per provare a capire, per intuire che cosa abbia significato una guerra incompresa e incomprensibile nell'animo della gente comune. Assolutamente consigliato.
This book is a novel about people who live in a country that I hardly know: Israel. That context plays a role, at the same time this book is to call contemporary because it deals basically with everything. The complexity that is mistaken for simplicity. It deals with the forming and maintenance of identity in a social context, threat, terrorism and war, aging and consciousness, becoming sexual mature, etc. The novel is developmental, it surprised me again and again.
The first thought that came into my mind after reading this book was: who did it first? A. B. Yehoshua, David Grossman or Amos Oz? Could it be just a coincidence that 3 books by 3 Israeli authors not only have such similar themes (which I suppose to some extent is to be expected) but even strikingly similar characters, or is it that the problematic teenage daughter, cold, distant, intellectual wife and her altogether unimpressive, mundane lover are all common fixations of contemporary Israeli authors?
It turns out the 3 books were written in this order:
The Lover – A. B. Yehoshua (1977) (quick plot summary: Adam, a mechanic/garage owner recruits a lover, Gabriel, for his wife Asya who is then drafted into the army during the Yom Kippur war and goes missing, and the story centers around the Adam searching for Asya's lover in order to return him to her, all the while showing the relationships between husband and wife and problematic daughter, Dafna, who herself gets involved with an Arab teenager, Naim, who works for her father, etc.)
To Know A Woman – Amos Oz (1989) (quick plot summary: There isn't much of a story here; Yoel, an ex-secret service agent retires to the suburbs with his problematic daughter, Netta, his mother and mother-in-law after the death of his wife, Ivria, who died in what may or may not have been a double suicide, in an embrace with a neighbor who may or may not have been her lover - we don't exactly know for sure, and neither does Yoel, because to me it seems like the main idea here is that to actually know a woman isn't something in the realm of possibility for him.)
Her Body Knows (specifically “Frenzy”, the first of the two novellas in the book) – David Grossman (2003) (quick plot summary: Elisheva goes to spend her annual week alone and her frenzied husband Shaul, who is obsessed with the idea that she is having an affair, decides to follow her; he is driven on the trip by his sister-in-law who hears out all his fantasies about his wife's relationship with her lover. Whether or not Elisheva is actually having an affair remains a mystery.)
All three books feature the ever busy, “intellectual”, neurotic, cold, distant wife who exists almost in another universe; she's not to be understood (trying to put together her motives and rationale is futile), but simply to be pleased and left to do as she pleases. This is actually highlighted quite nicely in this book by the fact that while Adam, Dafna and Naim all give their accounts of events by actually describing what happened from their perspectives, Asya's sections of the book are just abstract descriptions of her dreams, which I assume are supposed to give us some idea about her state of mind and her inner world. I personally found her sections to be boring and tiresome, which made me wonder if this was actually the whole point – she doesn't exist in this realm and isn't to be understood. Interestingly, Veducha's (Gabriel's grandmother) sections of the book are equally as boring and nonsensical when she's in what appears to be another plane of existence when she's unconscious in the old people's home.
Yehoshua's Asya, a high school teacher, is a 45 year old “gloomy woman with wrinkles in her face, who seems to insist on growing old before her time.” She doesn't wear make up or dye her gray hair and “likes clothes that are out of fashion, broad and absurdly long skirts, dark woolen dresses with a monastic look about them.” Interestingly she has “smooth little feet, so wonderfully preserved, the fleshy, smooth and silky curve, the feet of a pampered child” though. Conversations between herself and both Dafna and Adam are generally mostly of a practical nature.
Oz's Ivria, was working on her thesis for an MA in English Literature before she died. She too had her fair share of gray hairs, wore no make up or jewellery, save for her wedding ring, and had a dull, minimalist sense of style, which, unlike Asya, she expressed by always wearing strictly “a plain white blouse and white long pants”. To match Asya's delicate childlike feet, Ivria has “childlike fingers”. She's also clearly someone values her space and alone time; “She had a tacit agreement with him and with Netta: there was no entry to her room unless it was strictly necessary […] Sometimes there was a brief conference about some practical matter, such as buying new shoes for the winter […] They rarely talked about music, because of their discrepant tastes. Politics, Netta's condition, lvria's thesis, and Yoel's work were never mentioned.”
Although we're not given much by way of physical description on Grossman's Elisheva, we are told that she is a “large” woman who gave up her career at the Ministry of Immigrant Absorption to start up her own day care center in the backyard of their home (and presumably in order to have more time to pursue her other interests, such as learning Portuguese). Like Ivria, she values her alone time and takes 1 week off a year to be alone, by herself, much to the dismay of Shaul, for who the trip is a source of annual anguish.
There's never any explicit confirmation of the nature of the “affair” in any of the three books, which makes me wonder if the affairs were not just conjured up as anxieties-turned-fantasies in the three husbands' minds.
There are even some similarities between Yoel and Adam's daughters who are closer to them than they are to their mothers. One is an insomniac and the other appears to suffer from some form of epilepsy. Both daughters seem to be problematic in the sense that they're moody, provocative, passive aggressive and attention seeking, albeit in different ways (although perhaps this is a description of any average teenager). Interestingly, I also picked up on some sexual tension between father and daughter in both books (in Yehoshua's book this tension is apparently released by the sexual encounter between Adam and Dafna's 15 year old classmate Tali). In a section of the book written from Dafna's point of view she says: “I throw off the blanket completely, undo the buttons of my pajama top, baring my aching chest to the cool wind […] And when Mommy wakes me in the morning her voice is vigorous, she draws the blanket from my face (Daddy must have covered me up before he left the house).” In a scene in Oz's book “Yoel, tiptoeing in silently, kissed the back of Netta's neck, mistaking her for lvria. Though he and his daughter were generally careful not to touch.”
My knowledge of Israeli literature is really limited so perhaps it really could just be a coincidence that three out of three Israeli authors I've read books from (so far) each have a book with such similar characters in such similar situations (in two of the books the main focus is on the affair itself). Is the enigma of “the wife's lover” really a fixation of male Israeli contemporary authors? Or even perhaps Israeli men in general? Or to take the generalisation even further, of Israeli society as a whole? Or am I just projecting my own biases onto the books and attaching too much significance to something that is merely an irrelevant coincidence, or even perhaps simply case of minor plagiarism?
I should mention that there are other interesting themes brought up in the books (especially in this one and the one by Amos Oz), such as the relationship dynamics between Arabs and Israelis, the divisions within Israeli society, etc. - in other words, the books are about much more than just the infidelity of a wife; it was just fact that they described the wives and the supposed affairs in such similar terms that amused me and lead to the "affairs" becoming the main focus of the review.
Having read a couple of books from each author, Amos Oz is by far my favourite of the three, even though I would say that this book is the most engaging of the three I mention here, and has the most complex plot and interesting themes.
Tanti "capitoli" raccontati in prima persona dai vari protagonisti, cuori infranti, cuori in cerca dell'impossibile, Israele, il popolo arabo, il passato che ritorna. Uno dei più bei libri che abbia sinora mai letto.
Incipit … e noi nell’ultima guerra abbiamo perso un amante. Avevamo un amante, e da quando è cominciata la guerra non lo si trova piú, è sparito. L'amante Incipitmania
E succede poche volte. Di finire un libro di 500 pagine. E di dire: mi ha travolto. È inutile dirlo, i libri, poche volte, travolgono. Spesso si amano, a volte fanno pensare, a volte si odiano, a volte stuzzicano, a volte infastidiscono.
L’Amante, invece, come pochi titoli, ti travolge. Una persona che stimo moltissimo mi ha detto: ‘’Leggilo. Dentro c’è tutto’’. Io giuro che vorrei essere in grado di formulare un mio pensierucolo, un qualcosa di mio, tipo, una roba un po’ personale, un’aforisma che sappia descrivere in breve il cuore di quest’opera, ma non riesco a dir nulla se non a replicare quel ‘’Qui dentro c’è TUTTO’’. Perché è vero.
C’è la Storia - con la S maiuscola -, la guerra, la famiglia, il progresso, la solitudine, la tristezza, la speranza, la bellezza, l’identità, la ricerca, la religione, l’amore, la vita. Ma, soprattutto, ci sono dei personaggi divini, scritti benissimo, autentici, che si muovono sullo sfondo di una Israele che, per una volta, è sì ‘teatro di orrori’, ma, anche, inesorabilmente, ‘culla di speranza’.
Yehoshua ha scritto un romanzo sociale e romantico, storico e fantastico, corale e individuale, che ha la capacità di raccontare con una lucidità straordinaria il Male oscuro della guerra e anche, al contempo, l’humanitas che, per fortuna, ancora, è in grado di contraddistinguere il genere umano.
Per la regione di Israele, un libro testimone di Speranza. Oggi ancora di più. Per chi legge, una carezza sul cuore.
‘’Un’alba brumosa, quasi europea. Finisco di seppellire gli ultimi resti della mia esistenza di soldato, anche lo zaino, cerco di togliere un po’ di polvere e di sabbia dai miei abiti, cerco di ridare loro un po’ di forma, mi metto il cappello in testa e mi metto in cammino verso oriente. Esco dalla Storia’’.
C'est étrange et délicieux à la fois que certains romans soient ainsi des rencontres imprévues. Cela faisait bien quelques années que je n'avais pas emprunté un bouquin au hasard d'une étagère - attirée par je ne sais quoi d'indéfinissable - en ne connaissant ni l'auteur, ni le titre, n'ayant lu aucun avis ou critique.
Ceci est également ma seconde expérience avec la littérature israélienne - après La femme fuyant l'annonce de David Grossman. Deux excellentes lectures poétiques, si ressemblantes dans leur manière de décrire les êtres - poétique, mélancolique, sans morale aucune.
Le roman est découpé en cinq parties. Les trois premières m'ont bouleversé par ce chassé-croisé entre présent et passé, entre souvenirs, rêves et incompréhension de soi. Les protagonistes sont ancrés dans une réalité historique - l'Israël post-Guerre de Kippour (1973) - et pourtant elle s'efface devant un universalisme réconfortant : la Guerre, l'Amant, l'Amour, le Désir, la Folie, le Travail, l'Absurde, la Mort. Seuls importent les émotions des personnages, les petits riens qui les construisent, leurs contradictions, leurs paroles murmurées et leurs actes quotidiens. La quatrième amorce l'arrivée de la Politique, de la Haine, de l'Autre. Étrangement, je m'en serais bien passée, j'ai eu la sensation de devoir prendre partie alors que je m'étais confortablement installée dans l'insouciance de l'Occidental ignare, qui s'empresse de s'identifier aux concepts et oublient qu'ils déterminent des cultures, des patries, et des peuples. La cinquième est celle de la Réconciliation, de l'Aboutissement, de la fin du Doute. C'était une belle fin, lente et tumultueuse à la fois, une de celle qui prenne le temps de s'installer en vous. C'était bon, presque un soulagement physique. J'aurais voulu que ça ne s'arrête pas.
Cela me laisse songeuse sur cette littérature israélienne que je ne connais pas. Deux romans lus, deux lectures marquantes, qui viennent m'accompagner toutes deux à des moments de ma vie où ils acquièrent une résonance particulière. Dois-je m'y plonger d'autant plus ? Est-ce un signe ? Je m'interroge.
«And in the last war we lost a lover. We used to have a lover, and since the war he is gone.»
Comincia così questo romanzo di Yehoshua, il terzo suo che leggo, e che come al solito non mi delude affatto. E nell’ultima guerra abbiamo perso un amante. Avevamo un amante, ma dalla guerra se n’è andato. Come se l’amante fosse una parte della famiglia, e non un elemento ad essa estraneo, e così infatti è. Tanto che è lo stesso marito tradito, Adam, ad andare alla sua ricerca per mesi e mesi.
Un romanzo corale in cui tutti i personaggi principali possono dire la loro sugli eventi. Un romanzo in cui veniamo a scoprire le cose come stanno poco per volta, dalla voce dei vari protagonisti. Sovrapponendo punti di vista, facendo vedere lo stesso avvenimento da più punti di vista diversi. Yehoshua è un maestro.
All’inizio sappiamo solo che Adam ha perso l’amante di sua moglie, scomparso all’inizio dell’ultima guerra in Israele. L’amante veniva da Parigi, dove era stato più di dieci anni, ed era tornato a Haifa per una questione di eredità. Ma aveva trovato che la nonna non era realmente morta e si era trattenuto, in attesa. Così, allo scoppio della guerra, era stato convinto da Adam ad andare a chiarire la sua posizione con l’esercito, e da quel momento non era più tornato. Arruolato e morto in guerra? Fuggito? Chissà. È quello che Adam cerca di scoprire nel corso del romanzo.
Ma perché un marito tradito cerca di ritrovare l’amante di sua moglie? Perché non è la moglie stessa a cercarlo? E che cosa pensa la figlia adolescente in tutto questo?
Yehoshua risponde a queste e ad altre domande, in un libro bellissimo e poetico in cui oltretutto ci svela che fra gli israeliani e i palestinesi nessuno ha veramente ragione, che la guerra insanguina il paese da anni e non accenna a smettere, che ci può essere amicizia e non solo fra le due fazioni, e che in realtà non ci sono due fazioni, non veramente, ma solo due popoli.
Consigliato a tutti gli amanti di Yehoshua, della letteratura israeliana e non solo.
I first read this book in 1995, my freshman year of college, as part of a class on Israeli-Palestinian literature. The book was actually published in 1977. It served to reignite a love of literature. Because I was so young, the whole convention of telling the exact same story from multiple perspectives was brand new to me. It was exciting and refreshing, making me rethink the possibilities of the novel. This is how the world actually is, I thought. And, which was rare for the books I'd read up to that point, it really made me look at the people around me differently. Naturally I knew they had internal worlds and I was curious about them, but this was a shift in the way I perceived subjectivity and reality. Was the truth ever ascertainable to a human? How much do our senses betray us, how much do we lie to ourselves? And it reinforced to me how little we can trust others' words and spoken sentiments. Other reviewers are focusing on the romantic aspects of the book, but I didn't really see that as the point so much as a vehicle.
Rereading it now, I am not sure how successful it is as a political novel, or whether it really changed my ideas about the region. I will also say that while some of the racism of the book was obviously (and heavy-handedly) intentional to make a point, I had a sinking feeling that some of it the author wasn't even fully aware of. Books read 15 years later often disappoint, but this one still held up and I enjoyed reading it.
Lo avevo abbandonato. Non era riuscito a catturarmi. A volte succede di incontrare un libro nel momento sbagliato. Succede, anche, di aver voglia di dare a quel libro una seconda possibilità. E di essere felici di averlo fatto. L'amante è un grandissimo libro. Un affresco di una realtà della quale sempre sentiamo parlare ma di cui sappiamo veramente poco. Il coro orchestrato da Yehoshua ci regala una visione sfaccettata. Gli occhi sono quelli di una ragazzina insonne, di un uomo maturo e insoddisfatto, di un ragazzino arabo innamorato, di una donna che ha scoperto l'amore troppo tardi, di un amante che si lascia trasportare dagli eventi, di un'anziana che sovverte le leggi della natura e muore nel corpo restando vigile, lucida e ironica nella mente. C'è Israele degli anni '70, c'è la guerra che diventa evento quotidiano.C'è la morte, ma c'è soprattutto la vita che anche nelle situazioni più difficile, trova sempre il suo spazio, rivendica i propri diritti. Da leggere con la consapevolezza che la storia c'è, ma è una storia di vita. E come la vita, non da spiegazioni e non riallaccia fili.
Israele 1973. Egiziani e Siriani attaccano lo stato ebraico e tutti sono chiamati a difendere il proprio Paese.
Tra i tanti richiamati alle armi c’è anche il giovane Gabriel che, tornato ad Haifa dopo una lunga permanenza in Europa, è costretto ad arruolarsi e a partire per il fronte. Prima di vestire la divisa, però, Gabriel entra quasi di soppiatto nella vita della tranquilla famiglia del meccanico Adam, sconvolgendone i ritmi e i delicati equilibri. Ben presto Asya, si innamora di Gabriel e nonostante il marito si accorga di questa relazione che si consuma tra le mura della propria casa, la tollera per amore, per paura di perdere la donna a cui ha legato la sua anima.
Arriva per Gabriel il momento di partire per il fornte ma, dopo poche settimane, il ragazzo sparisce quasi come se fosse stato inghiottito dalle sabbie del deserto. Nessuno sa nulla circa la sua sorte.
Inzia così una disperata ricerca che vede coinvolta l'intera famiglia. Adam, Aysa, Dafi e il piccolo Na'im si mettono alla ricerca di Gabriel, l'amante scomparso.
Se questo è il romanzo d'esordio di Yehoshua, voglio proprio vedere gli altri!
Primo episodio della "Trilogia d'amore e di guerra", L'amante è un romanzo bellissimo, complesso e ricco, ricco di voci, di caratteri, di esperienze e di amore, sapientemente costruito, magistralmente gestito nella varietà dei punti di vista usati.
Il titolo può indurre in errore: più che una storia d'amore, L'amante è la storia delle relazioni umane, della comunicazione tra persone diverse; e così come lontano e irraggiungibile è l'amante, Gabriel, intravisto all'inizio del romanzo e poi scomparso, perennemente cercato, stancamente, dal protagonista, altrettanto difficile da raggiungere risulta essere la reciproca comprensione tra i personaggi.
This is the third book by Yehoshua I've read - bought one each time I went to Israel - and I liked it again very much. Yehoshua's writing is always excellent, it creates a characteristic rhythm, slow and enchanting. The story deals with love and family relationships, and if it has some weakness, I think it's when it tries to "explain" the lover's character, which I think that, as a catalyst for the action and the other character's feelings, should remain more undefined. But it's a very good book, even if not as good as the other two I've read by him - Mr. Mani and A Journey to the End of the Millenium.
"The Lover" has been my strangest reading experience in a while: if I picked it up, I did find it hard to put down. The only problem was, I didn't feel like picking it up most of the time. I guess I just had a problem with the characters, because although they are consistent in their behavior throughout the story, there's something lacking and artificial about them that stopped me from getting as drawn in as I usually do. This book did have a lot of potential, but unfortunately didn't live up to it in my opinion.