Vladimir Giorgio Šerbanenko was an Italian journalist and writer of Ukranian origin.
He was born in Kiev, in what was then the Russian Empire, on 28 July 1911. At an early age, his family immigrated to Rome (Scerbanenco's father was Ukrainian, his mother was Italian), and then he moved to Milan when he was 18 years old.
He found work as a freelance writer for many Italian magazines, chief among them Anna Bella before becoming a novelist. His first fiction books were detective novels set in USA and clearly inspired by the works of Edgar Wallace and S.S. Van Dine signed with an English-sounding pen name. While Scerbanenco wrote in several genres, he is famous in Italy for his crime and detective novels, many of which have been dramatized in Italian film and television [1]. These include the series of novels with main character Duca Lamberti, a physician struck off the register for having performed a euthanasia, and turned detective (Venere privata - A Private Venus, 1966; Traditori di tutti - Betrayers of All, 1966; I ragazzi del massacro - The Boys of the Massacre, 1968; I milanesi ammazzano al sabato - The Milanese kill on Saturday, 1969), as well as Sei giorni di preavviso (Six Days of Notice), his first novel. He died of a heart attack in Milan on 27 October 1969. As well as in Milan, the writer lived for a long period in Lignano Sabbiadoro, a town on the Adriatic Sea in Friuli-Venezia Giulia. The town holds his archive.
La storia è ambientata nell’anno della sua pubblicazione: 1968. Di quell’anno passato alla Storia, di cosa ha rappresentato, di cosa succedeva, in queste pagine non si trova traccia: la società di cui parla Scerbanenco, l’Italia che racconta, è ferma, immobile, più tradizionalista e conservatrice che aperta e in movimento. Ma è comunque l’Italia del boom, anche se ai suoi sgoccioli.
Più aumentano le avventure del Duca, più il suo creatore diventa feroce. Non che nelle precedenti due fosse mai stato tenero con gli omosessuali, in particolare se del suo stesso sesso: ma qui la penna diventa nera, cattiva, offensiva. “Invertito” è la forma più usata per definirli, forma che comunque all’epoca andava piuttosto di moda (regolarmente usata anche nel film, uscito solo un anno dopo il romanzo, come dire “cotto e mangiato”). Ma qui si legge perfino: Un giovane invertito implicato nel mostruoso massacro di una povera maestrina, non è che la società umana vada in fallimento, se lo perde. E la ‘società umana’ lo perderebbe perché il giovane ‘invertito’ si spaccherebbe la testa contro il muro della cella per aver confessato, cosa che nel suo ambiente (riformatorio) si traduce in fare la spia. Perché il giovane ‘invertito’ era un ragazzo tarato, ma non era un delinquente, ed è l’unico parzialmente innocente tra i ‘ragazzi del massacro’.
Pier Paolo Capponi è Duca Lamberti, Enzo Liberti è il commissario Càrrua.
Le storie di Scerbanenco vengono dalla cronaca, un pezzo da un episodio di “nera”, un dettaglio da un altro, quel particolare successo qui, quell’altro altrove. E come nel miglior noir non è la trama l’elemento che conta di più: ciò che fa la differenza sono i personaggi, il protagonista, i suoi ‘scudieri’ che ritornano di romanzo in romanzo, l’atmosfera. E la scrittura. Quella di Scerbanenco mi pare unica e diversa da tutte: coniuga la vena romantica a una venata di ironia, come nella migliore tradizione. Ma l’ironia di Scerbanenco è più dura, più tagliente, più prossima al sarcasmo. E poi c’è un ritmo che, nonostante le pause, rimane incalzante, quasi febbrile. Per Scerbanenco è difficile parlare di sospensioni: il racconto, anche nei momenti che s’inoltra nei meandri dell’animo, si espande alla riflessione più generale, avanza, incalza, martella.
Nel cortile del riformatorio Beccaria, Duca Lamberti interroga i ragazzi del massacro.
Il film di Fernando Di Leo uscì un anno dopo il libro, una distanza brevissima per i consueti tempi cinematografici che sono ben più lunghi. È il classico B-movie all’italiana, genere del quale non sono mai stato un fan. S’inventa un finale e un colpevole diverso, quanto mai improbabile, in modo più rabberciato e raffazzonato che cucito, mette in scena attori dal mio punto di vista alquanto improbabili, è vistosamente low budget, girato quasi tutto in interni – e gli esterni milanesi sono le riprese più tirate via, meno curate – con grande ricorso ai campi stretti e con un dialogo soverchiante. Ma ha tocchi di buon artigianato, nei quali qualcuno è perfino riuscito a percepire genialità (vedi Tarantino). Peccato che dell’umanità di Scerbanenco rimanga poco o niente.
Il poster della versione internazionale, il titolo diventa “Naked Violence”.
Un romanzo molto forte ma scevro di qualsiasi volgarità. L'argomento è duro: un gruppo di ragazzi studenti di una scuola serale stupra e massacra la propria maestra. Duca Lamberti, già protagonista di altre storie, si mette in cerca del mandante della violenza di gruppo. Un romanzo attualissimo, scritto con lo stile inconfondibile di Scerbanenco. E' il mio preferito tra i libri finora letti di colui che viene ritenuto il "maestro" del giallo italiano.
“Le menzogne sono sempre una stonatura, una stecca, il ragazzo aveva detto invece qualche cosa di armonico, di intonato.
Bisogna guardare a Scerbanenco con tutto il rispetto che si deve a chi ha riabilitato il genere noir in Italia. Terzo della serie che vede protagonista il Duca Lamberti, “I ragazzi del massacro” (1968) è un romanzo che racconta una Milano spietata.
Tutto comincia con un cadavere:
” La signorina Matilde Crescenzaghi fu Michele e Ada Pirelli, nubile, insegnava alla Scuola serale Andrea e Maria Fustagni a una classe mista di ragazzi dai 13 ai vent'anni, la maggior parte dei quali erano stati in riformatorio, o avevano il padre alcolizzato o la madre dedita al meretricio, vi erano diversi tubercolosi e alcuni eredoluetici. Meglio sarebbe stato che la classe fosse stata tenuta da un sergente maggiore della legione straniera, e non da lei, fragile, delicata signorina della piccola borghesia dell'Alta Italia.”
Una violenza inaudita per l’ex investigatore ora definitivamente assoldato nel corpo di polizia milanese. i suoi modi rimangono gli stessi. Un indagare più filosofico che istituzionale. La storia a suo modo tiene bene e apre le porte di miseri alloggi, dove la violenza è radicata fin dall’infanzia. Undici adolescenti irrecuperabili e l’evidente colpa di aver compiuto un massacro. Cos’altro c’è da scoprire?
Come nei precedenti, ammetto che nel mio giudizio vale molto l’effetto nostalgia per quella Milano con la nebbia e le osterie che non ci sono più, i Sale e Tabacchi, le Esportazioni, La China... Ma accanto ad alcuni ricordi che commuovono ce ne sono altrettanti che difficilmente si possono tollerare. Prima fra tutte è l’insistente omofobia che macchia il romanzo e lo rende meno accettabile oggi.
Per ora il mio Duca Lamberti preferito. Ogni volta che penso a Scerbanenco mi viene in mente un autore di genere, un po' sornione un po' furbetto, con uno stile gradevole anche se suona lievemente posticcio e qualche bella cartuccia da sparare. Poi però ogni volta che leggo Scerbanenco mi dico: Ah però! 'Sto ragazzo scrive veramente! Altro che stile posticcio.... Ha una voce sua, forte e chiara, ruvida e piena di sapore. E anche quando la trama non convince (ma non è il caso di questo I ragazzi del massacro che anzi, ripeto, è a tutt' ora il mio Duca preferito) si legge comunque con piacere per la forza della prosa, per la bellezza decadente della sua Milano, per il gusto retró della società che descrive, per i suoi termini desueti che chissà dove è andato a trovare, per i suoi lunghi, lunghissimi e articolati periodi, per le sue scene pulp e il suo sguardo da duro. Un autore vero! Bello e consigliato. Voto : 7,5
Milano. Il corpo straziato di una maestrina di 22 anni giace senza vita sul letto d’ospedale. Matilde Crescenzaghi insegnava alla scuola serale “Aldo e Maria Fustagni”, a Porta Venezia, vicino a Piazzale Loreto; è morta da pochi minuti, sussurrando “direttore”. Duca Lamberti, medico radiato dall’albo, è arrivato in ospedale pochi minuti dopo il decesso. Costole rotte, un dito spezzato, ferite ovunque: “martoriata, come fosse andata sotto un treno”. Ma Matilde non è stata travolta da un treno. Matilde è vittima dell’assalto di un branco. La scena del delitto è l’aula in cui la maestra insegnava. Undici ragazzi sono stati portati in questura. Undici alunni della classe della scuola serale, ubriachi marci di anice lattescente, un liquore con una gradazione alcolica elevatissima, quasi ottanta gradi. Undici studenti dell’aula A 10, quella dove Matilde Crescenzaghi è stata ritrovata, al termine della lezione, agonizzante, nuda, e con chiari segni di sevizie e violenza dai due custodi dell’istituto. Gli undici a cui Matilde Crescenzaghi quella sera doveva spiegare l’Irlanda. I suoi alunni. I suoi studenti.
Giorgio Scerbanenco nasce a Kiev nel 1911: scrittore, giornalista, direttore di riviste e periodici letterari, è il capostipite del noir in Italia, con una scrittura che affonda le proprie radici nella tradizione hard-boiled (se vi capita, recuperate Nebbia sul Naviglio, Sellerio editore, che raccoglie le sue prime prove letterarie).
Per questa terza indagine del ciclo di Duca Lamberti - un tempo medico radiato per una storia di eutanasia, ora investigatore in forza alla questura di Milano - la penna del maestro attinge all’inchiostro più nero, sia nello sviluppo della trama, sia nella breve, straziante sottotrama principale, che vede coinvolto il protagonista da un punto di vista affettivo.
Scerbanenco si muove in equilibrio precario, nel costruire la narrazione su un delitto compiuto da un gruppo di minori (solo due appena maggiorenni tra gli undici del “branco”), spingendo lo sguardo lucido nelle aree del disagio, provando a indagare quegli schemi di pensiero che, seppure oggi appaiano decisamente superati - i ragazzi “delinquenti nati” e sostanzialmente irridemibili- all’epoca della scrittura del romanzo (1969) erano ancora sentire comune, pur in presenza dei primi timidi tentativi di affrontare la questione della devianza da una prospettiva sociale, ambientale, culturale, non lombrosiana.
In una Milano dove la nebbia sembra permeare ogni anfratto, soffocare tutto nella sua gelida morsa, fino a coagularsi nella bottiglia di anice lattescente con cui i ragazzi si sono storditi prima di dedicarsi con metodica, selvaggia cupidigia al massacro della giovane insegnante, Scerbanenco caratterizza in modo sempre più marcato e rifinisce il profilo psicologico del protagonista e di coloro che fanno parte della sua cerchia ristretta (Livia Ussaro, il commissario Carrua, il poliziotto Mascaranti); soprattutto tratteggia a tutto spessore i personaggi della storia, porta il lettore a un palmo dal degrado, dalle azioni guidate dall’istintualità animale, solo filtrata in modo distorto da logiche criminose, senza offrirgli alcuna protezione. Non risparmia nulla dell’orrore, prima solo raccontato nei suoi effetti, poi mostrato nei dettagli nei capitoli finali. E il messaggio che traspare, in tutta la sua terrificante verità, è quanto sia sottile il filo che separa l’umanità dell’uomo dalla ferocia più bestiale, dalla corruzione dell’anima, e quanto facile sia spezzarlo.
Non si può fare a meno di tornare con la mente a un altro maestro del noir, James Ellroy, ai suoi abissi metropolitani. Inevitabile accostare i loro testi nella propria libreria. A Giorgio Scerbanenco è intitolato il più prestigioso tra i premi letterari italiani dedicati al noir e al poliziesco.
Duca Lamberti si muove in una storia nerissima, in cui la violenza tiene unite le vite senza speranza di un gruppo di giovani " difficili". La scrittura asciutta ed intensa di Scerbanenco conferisce spessore e malinconia al racconto, rimanendo scorrevole e coinvolgente.
Il terzo libro della "serie" Duca Laurenti, peccato non averlo letto nel giusto ordine . Storia di un massacro, di emarginazione e povertà. Lo stile di Scerbanenco mi cattura sempre, come mi catturano i suoi personaggi. Sullo sfondo una Milano nebbiosa, sullo sfondo la delicatezza dei sentimenti tra il Duca e la sua Livia.
Le donne di Scerbanenco Terzo romanzo della saga di Duca Lamberti, ma non terzo centro per Scerbanenco. Meno convincente dei precedenti due, forse per una minore incisività del protagonista, a tratti veramente apatico e in balia degli eventi ( come investigatore, stavolta, sembra più guidato dal caso che dalla bravura ).
Stilisticamente è Scerbanenco al 100%, conciso, secco, diretto. Poco o nulla politically correct: ai lettori più sensibili e meno in grado di comprendere che il romanzo è stato scritto in un'altra epoca, in un'altra Italia, con un'altra visione del mondo, la lettura è sconsigliata ( sì, gli omosessuali sono considerati invertiti e anormali; sì, le prostitute sono meretrici - o peggio - non escort; sì, i poveri ragazzi a volte non hanno mai visto un bagno in vita loro, se si esclude la doccia del Beccaria; sì, i delinquenti non sempre sono recuperabili, anche se sono solo dei ragazzi, e capita che gli eroi ne desiderino la morte ).
L'autore ci propone un giallo atipico, più simile agli hard-boiled d'Oltreoceano. Tanto atipico da indicare già nel titolo gli esecutori del delitto, ovvero un'accozzaglia di gioventù per bene obbligata a frequentare la scuola serale per espiare le proprie colpe ( e quelle dei genitori ), siano esse una precoce carriera criminale, un orientamento sessuale considerato anormale ( vedi sopra ), una tendenza all'etilismo, al vizio del gioco, allo sfruttamento di anziani protettori ( o anziane protettrici ), alla generica violenza.
Come detto, la figura di Duca mi è sembrata meno a fuoco che nei precedenti romanzi, nonostante le opportunità di approfondimento non fossero poche: tragedie familiari, il tormentato rapporto con Livia Ussaro, la contrapposizione tra giustizia e vendetta... Emergono, invece, diverse figure femminili: l'appena ricordata Livia è nota, e rappresenta una delle donne più notevoli della letteratura italiana ( di genere, quanto meno ) - "un trattato di morale e dialettica, più che [...] un essere umano". La vittima, Matilde Crescenzaghi fu Michele e Ada Pirelli, martire sacrificata sull'altare della fiducia nell'essere umano, della sua possibilità di essere recuperato e salvato, sulla difesa fino all'ultimo dei suoi "ragazzi". La mandante e carnefice [ insert spoiler ], priva di un qualsiasi elemento di umanità, tutta sete di vendetta e violenza. Anche le figure secondarie sono notevoli, dalla rigida traduttrice jugoslava ( curioso incontro tra volontà di candore e desiderio carnale ) all'assistente sociale, passando per la sorella di quest'ultima, medico sotto ricatto per le proprie tendenze sessuali ( e ci risiamo, vero? ). Curiosamente convince meno la figura più drammatica - dopo la vittima, naturalmente - ovvero la sorella di Duca: Lorenza subisce un colpo terribile [ insert another spoiler ], ma pare che l'autore se ne dimentichi dopo qualche decina di pagine.
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Il mio incontro con Giorgio Scerbanenco risale a tre anni fa, con la lettura di una raccolta di racconti intitolata Uccidere per amore, che vi consiglio. Naturalmente, lo conoscevo già di nome, ma, molto colpevolmente, non avevo letto nulla di suo prima di questo libro.
Un giorno in cui mi sono trovata all’aeroporto di Linate per incontrare degli amici, mi sono imbattuta in questo romanzo, che ho subito acquistato.
Il libro (1968) ha come protagonista Duca Lamberti, medico/detective al centro di altre tre storie (Venere privata, Traditori di tutti, I milanesi ammazzano al sabato), che sicuramente leggerò, prima o poi, perché questo mi è molto piaciuto.
Ma veniamo a I ragazzi del massacro. Innanzi tutto per me, milanese, c’è stato il piacere di trovare un’ambientazione in luoghi così familiari: il Duomo, Piazza Leonardo da Vinci, Corso Buenos Aires, Porta Venezia e persino la strada che conduce qui da me, a Monza, teatro della scena finale del romanzo. E poi quel modo di esprimersi così secco, così conciso, senza menar il can per l’aia, che tanto mi è caro, perché appartiene alla mia terra e mi appare così istintivamente consono ed appropriato.
Altrettanto chiari e schietti sono i concetti. Ancora non era nato il politically correct, per cui un delinquente è e resta un delinquente, un omosessuale è un invertito, una meretrice è una puttana. Ma anche la giustizia è giustizia davvero, non mera legge astratta, distante, applicabile a volte sì e a volte no, a seconda delle convenienze. C’è nei personaggi di questo romanzo, in Duca Lamberti e Livia Ussaro soprattutto, una drittura morale di fondo, una solidità di valori, un senso del dovere tutto meneghino ormai quasi andati perduti e di cui, a tutt’oggi, io sento la mancanza.
E’ una storia dura questa, che non consente né immedesimazioni, né indulgenze. Il cadavere straziato della povera maestrina 22enne è lì, senza veli e senza abbellimenti, vittima innocente di una violenza che esiste ed è impossibile a negarsi ed a giustificarsi.
Scerbanenco scrive romanzi polizieschi, che non sono solo questo. Al di là della storia raccontata in modo magistrale, a mio parere, il protagonista Duca Lamberti è un personaggio molto affascinante, con tante sfaccettature, profondo nei dialoghi. nei pensieri e nelle meditazioni. Questo terzo libro è crudo, ma allo stesso tempo molto elegante. La scrittura è semplice, asciutta ma anche molto coinvolgente. Un libro da leggere, un autore da leggere!
CW sessismo, omofobia, lesbofobia, transfobia, discriminazione contro sex workers, violenza sessuale, tortura
L’ho trovato scritto peggio rispetto agli altri due, come giallo e come risoluzione (killer che fa parte da svariate categorie marginalizzate – certo, succede proprio così nella maggior parte dei femminicidi). Ho fatto fatica a finirlo per tutte le indicazioni scenografiche rispetto a come Duca tratta le donne attorno a se. Poi c’è anche la sottotrama che lo riguarda che viene risolta e poi dimenticata nel giro di cinque frasi.
Forse il più duro e spietato romanzo di Scerbanenco letto finora. A differenza dei precedenti in questo c'è meno azione; c'è più indagine. Un'indagine rischiosa e difficile. L'enorme merito di "I ragazzi del massacro" è il coinvolgimento. Si fa leggere, e anche nei passaggi più spinosi e intricati la storia è narrata in maniera fluida, credibile. Non c'è spazio per divagazioni inutili. Concreto nel suo essere crudo. Un romanzo di 45 anni fa per niente superato nello stile
Uno Scerbanenco più crudo del solito e un Duca Lamberti sempre più cupo. Il caso su cui indaga però, ne giustifica l'amarezza: una giovane maestrina delle scuole serali viene seviziata in maniera orribile e i colpevoli sembrano essere gli 11 alunni che erano in classe con lei. Nulla ci viene risparmiato dello scempio, dettagli su dettagli e ogni atrocità commessa. Amare le riflessioni sulla giustizia in Italia e sul "mancato recupero" di certi giovani delinquenti. Carrua prova a chiudere in fretta la vicenda, ma Duca vuole andare fino in fondo, in una Milano molto lontana dalla nostra idea di Milano da bere. Ho trovato strano e (forse) sbrigativo il modo in cui viene trattato e affrontato l'enorme lutto da Lamberti: ma chissà, anche questo rende così caratteristico il suo personaggio.
Esto es un thriller policial-detectivesco-novela negra. Trata de un asesinato perpetrado por 11 alumnos, irrecuperables, ladrones, viles, de la peor calaña y de como el doctor Lamberti trata de encontrar al verdadero culpable e ideador del asesinato. Y sí que es un buen detective/doctor (porque antes de ser policía, fue doctor). A pesar de que se le escapan algunas cosas, la intuición y la investigación todo lo pueden. También está la vida personal de Lamberti (un poco extraña y curiosa, aunque también normal) y la profesionalidad y ética de este hombre que necesita descubrir quién es el culpable (a como de lugar).
Te engancha desde el primer momento. Es que necesitas saber cómo termina todo aquello. El narrador te va llevando paso a paso en la investigación hasta que el lector pueda deducir al culpable. Yo soy bastante mala para deducir asesinos (tipo los de Agatha Christie), pero este sí estaba como claro. La psicología de los personajes es un tanto enfermiza, y hay una contraposición clara entre el bien y el mal: los policías quieren ser los buenos porque los criminales son muy malos.
No sé, me pareció a momentos como demasiado moral. Y sí, critica a la sociedad podrida en la que estamos, en lo perversa que puede ser la gente. ¿Los delincuentes nacen así o se convierten? ¿Es cosa de genética? ¿Si tus padres son asesinos tú también puedes ser asesino? ¿Los criminales están todos perdidos? No lo sé. Supongo que si crees en el bien, puedes hacer el bien, aunque también puedes hacer mal, y así.
La narración no es nada del otro mundo, es clara, concisa y está lograda en base a que los lectores se dejen llevar por la historia. No sé si Duca Lamberti es un personaje recurrente en las historias del escritor, pero me pareció que la historia del protagonista venía de más lejos. En fin, si les gusta las novelas negras, definitivamente, es para ustedes.
Scerbanenco è l'autore a cui mi rivolgo per i miei autunni milanesi e Duca Lamberti è ovviamente il suo personaggio più riuscito. In questo terzo episodio lo troviamo alle prese con dei ragazzi di età variabile tra i 13 ed i 20 anni, alunni obbligati di una scuola serale. Che loro siano gli assassini è indubbio, che ne siano anche gli ideatori è meno verosimile. Duca Lamberti ha già trovato gli assassini: erano lì, nell'aula, insieme all'insegnate massacrata. Il problema è che sono troppi; alla domanda "chi è stato?" l'unica risposta è "non io", ma nessuno vuole essere il primo ad aggiungere dettagli. Dall'interrogatorio dei singoli ragazzi a quello degli altri testimoni Scerbanenco riflette sulla recuperabilità o meno delle persone. Ci sono persone irrimediabilmente cattive? Persone buone che si atteggiano a cattive per necessità? Persone ingenue? Persone così così, con qualche difetto all'epoca importante? Si parla apertamente di omosessualità (forse non troppo male per l'epoca, malamente per la contemporaneità), di pena di morte, di carenze legislative e della validità di una norma quando non ci sono mezzi per farla rispettare e punire chi la disattende. Si parla di famiglie, di droghe; si fanno profili psicologici del mandante prima che show come CSI ci insegnassero la terminologia di settore; ed ovviamente si parla di Milano, sempre presente sullo sfondo.
Storia di una vendetta brutale, morbosa, inumana. Mi piace molto la scrittura di Scerbanenco e adoro il personaggio di Duca Lamberti, lacerato dai suoi principi di giustizia e umanità ma devo ammettere che questa storia è stata difficile da digerire.
Bello, anzi, bellissimo. Per i miei gusti migliore anche di "Venere privata", spesso definito come uno dei capolavori di Scerbanenco. La vicenda, torbida e cruda, è quella di Matilde Crescenzaghi, docile maestra di una scuola serale milanese, ritrovata cadavere nella sua aula, davanti a una lavagna piena di oscenità e parolacce. Il duro Duca Lamberti interroga i ragazzi della classe, quasi tutti giovani che vengono da famiglie problematiche e difficili, ma tutti sembrano barricati dietro a un muro di silenzio: non tarda così a intuire che dietro all'omicidio della meastra si cela qualun'altro, una persona adulta avente a che fare coi ragazzi e capace di approfittare della loro debolezza per accenderne la rabbia. Ma perchè Matilde è stata uccisa? Una trama lineare, un prosa senza sbavature (seppur con alcuni termini un po' datati quali "invertito", che ritorna spesso e viene usato in senso quasi dispreggiativo, mi chiedo perchè), le nebbiose atmosfere della Milano anni '70 e il ritratto di una società spaventosa e dfficile, quella dei disadattati, dei viziosi, crudele e sempre attuale. Il male e il male di vivere in un noir che è stato scritto ieri, ma appartiene all'oggi e, purtroppo, anche al domani.
Wat een verhaal wowie, 3 avonden lang slaap verloren omdat ik het niet wou -niet kon- neerleggen.
De boys zien allemaal schuldig en toch kan de geniale Duca ze niets doen... Dan denk hij wat verder na en vindt hij meer waarheid. Wat een smartiepants.
In het begin weet je niet veel van de waarheid van de feiten, maar ook niet over Duca's verleden en zijn ietwat ambigue relatie met Livia. Op het einde ken je de waarheid, maar ben je over Duca niet veel wijzer. Ook gooit Scerbanenco er nog effe het hele 'to doodstraf or not to doodstraf' erbij.
Dit verhaal is wel niet voor gevoelige lezers, want de misdaad is best disgusting. En ook sommige opmerkingen zijn niet meer van deze tijd. Zoals de vertaler in het voorwoord zegt: "vrouwen kunnen beslist bij de politie werken, of maatschappelijk werkster zijn, maar ze blijven wel vooral zorgend, dienstbaar. En ze kunnen hysterisch, theatraal zijn. Over homoseksuelen schrijft hij dat ze 'van de verkeerde kant' of 'fout' zijn." Zo werd ik soms ongemakkelijk door de bevelende manier waarop Duca zijn zus en Livia (whatever she might be) commandeert. Ook 13-jarige kinderen die een pak sigaretten opsmoren.
A mio parere migliore dei precedenti, una storia tragica e macabra, raccontata con delicatezza, senza mai entrare in crudi particolari, cosa che poteva risultare abbastanza semplice visti i temi trattati, violenza, droga, alcool, disadattamento giovanile. Un libro avvincente e coinvolgente, anzi sconvolgente e da cui fai fatica a staccartene. Ancora un libro è finisco la serie, lo schietto, risoluto, sensibile Duca Lamberti mi mancherà senz’altro.
Avrà la mia eterna gratitudinel'anobiano (di cui purtroppo non ricordo il nome) che con la sua entusiasta recensione mi ha fatto scoprire Scerbanenco. Concordo con chi l'ha definito il re del noir, per lo stile, semplice ma elegante ed efficace, l' atmosfera, e i personaggi tratteggiati con poche parole ma vivissimi. In primis naturalmente il mitico Duca Lamberti, medico radiato per aver praticato l'eutanasia, ora collaboratore con la polizia; un uomo tanto deciso e dal temperamento sanguigno sul lavoro quanto delicato e attento nella vita privata. Grazie ad una sua geniale intuizione, che egli persegue caparbiamente rifiutandosi di scegliere la strada più comoda, viene scoperta la verità su un caso che tutti consideravano già chiuso,la cui apparente soluzione sembrava così ovvia da spingere Scrbanenco a dichairarla già nel titolo. Ma le cose non sono come sembrano i questo giallo crudo, ambietato in una Milano perfetta, gelida e nebbiosa. Scerbanenco fa un'icursione nel mondo dei disagiati, degli emarginati,mostrandocene lo squallore e la violenza senza compiacersi con dettagli splatter, ma descrivendola con poche parole che rendono immediatamente l'angoscia e la desolazione di certe situazioni.
Scerbanenco con Duca Lamberti, il protagonista di questa saga ci ha incantati e stupiti con la lucida ricerca della VERITA' in "i milanesi ammazzano al sabato". Ci ha accompagnato con maestria con "la venere privata" nei sordidi meandri dello sfruttamento del corpo della donna. Purtroppo con questo romanzo traccia crepe profondissime. La becera omofobia, accompagnata da un machismo disincantato, unita alla ferrea dicotomia tra giustizia ed ingiustizia, senza dimenticare la personale descrizione della miseria: lascia di stucco. Queste cadute anche se solo tra le righe non possono non passare inosservate, purtroppo contaminano non solo il romanzo, ma l'intera figura dell'autore. Vero è che le opinioni possono essere molteplici, ma un maestro deve avere la capacità di leggere la realtà e raccontarla in modo che appaia PER SEMPRE fresca, autentica e vera. Nessuna giustificazione è ammissibile: per farla breve un pessimo romanzo. Valido purtroppo come specchio del pensiero bigotto e della morale cattolica che ahimè ancora domina agli albori del terzo millenio nel nostro povero paese.
Intriganti i personaggi (voglio assolutamente sapere la storia di Livia e del perché delle sue cicatrici) ho trovato purtroppo la parte del giallo abbastanza stancante. Ho studiato, benché non la ricordi quasi più, la procedura penale all'epoca vigente, non sono penalista, ma certe cose mi sono parse talmente irreali da infastidirmi irrimediabilmente. Per questo motivo, non me ne vogliano gli estimatori di Duca Lamberti il mio voto è 6.5 Peccato perché la parte umana del libro e i tanti personaggi femminili meritano.
Il primo è quello che mi è piaciuto più di tutti. Questo non è male, ma in alcuni passaggi l'ho trovato un po' meno convincente. Comunque, come il secondo, merita le 4 stelle. E non dimentichiamoci che sono stati scritti negli anni '60 (per l'epoca erano davvero all'avanguardia!).
Citaat : Geweld is een menselijk instinct, net als liefde, slaap, honger. Menselijke wezens zijn van nature agressief, er bestaan geen zachtmoedige mensen, dat is een contradictio in terminis, of het betreft abnormale wezens waarin het geweld is verdrongen naar het diepste van het Es en leidt tot afwijkingen in psyche en het karakter. Review : Vladimir Scerbanenko, zoon van een Oekraïense vader en een Italiaanse moeder, werd in 1911 in Kiev geboren. Na de Oktoberrevolutie emigreerde het gezin naar Italië en ging Vladimir zich Giorgio Scerbanenco noemen. Hoewel hij ook romans heeft geschreven, werd Scerbanenco vooral bekend om zijn thrillers. En met name die, zoals Moord op school (1968), waarin Duca Lamberti, de eigenzinnige inspecteur met een medische achtergrond, het onderzoek leidt.
Zijn laatste thriller met inspecteur Lamberti schreef Scerbanenco in 1969, het jaar dat hij stierf, I milanesi ammazzano al sabato. De vrouw van de conciërge vindt een lijk op de vloer in lokaal A van de avondschool: bont en blauw geslagen, verkracht, geschopt, afgeslacht. Op het bord staan obscene tekeningen. In lokaal A kregen moeilijke jongens les van juffrouw Matilde Crescenzaghi. Zij hebben niets gedaan, zeggen ze. Het onderzoek naar de moord wordt uitgevoerd door inspecteur Duca Lamberti. Echt ruim van geest is deze inspecteur niet. Vrouwen zijn hysterisch, homoseksuelen van de verkeerde kant - al brengt hij soms wel enig begrip op voor homoseksuele criminelen, en parkeerverboden zijn beneden zijn waardigheid. Ook is bekend dat zijn handen nogal los zitten; zijn chef waarschuwt hem herhaaldelijk. Anderzijds is hij buitengewoon intelligent, inventief en vasthoudend, en ook wel gevoeliger dan hij laat blijken. Hij slaagt erin de toedracht van de moord te achterhalen en de zaak op geheel eigen wijze op te lossen.
Moord op school is uiteraard een misdaadverhaal, maar het is ook en vooral een psychologisch en sociaal drama. Duca Lamberti is politie-inspecteur maar hij heeft een medische opleiding en die stelt hem in staat om hen dingen te doen inzien die zelfs een criminoloog helemaal anders zou aanpakken. Het verhaal situeert zich bovendien ook nog in het Milaan Italië van de jaren zestig in de vorige eeuw toen misdaadprofilering nog niet direct aan de orde van de dag was maar een arts wel degelijk wist wat psychoanalyse was. Maar ook de geharde Duca raakt er bijna moedeloos van dat men blijkbaar bitter weinig gemotiveerd is om een zaak ten gronde uit te diepen omdat de politie en rechterlijke macht bedolven waren onder tonnen dossiers en geen tijd hadden voor haarkloverijen.
Moord op school heeft absoluut de commerciële schwung niet van een millenniumtrilogie, het graaft dieper en het gaat ook dieper in op de problematiek en de agressie van jeugdige delinquenten en hun entourage in het Europa van midden van vorige eeuw. De minder tolerante houding tegenover holebi's en vrouwen is zeker niet afstotend maar past wel perfect in het tijdskader.
“I ragazzi del massacro” di Giorgio Scerbanenco pag. 272
Il romanzo si apre con una morte, quella della signorina Matilde Crescenzaghi, insegnante in una scuola serale in una classe di ragazzi dai tredici ai vent’anni, la maggior parte dei quali provenienti da riformatori e con famiglie problematiche alle spalle. Non una morte per caso ma un vero massacro, la giovane insegnante muore in seguito alla violenza estrema con cui è stata picchiata e violentata. La scena del crimine è l’aula nella quale insegnava e i colpevoli non possono essere altri che i suoi undici allievi. Le indagini toccano a Duca Lamberti, ex medico radiato dall’albo a causa di un’eutanasia ed ora poliziotto alla ricerca delle ragioni dietro alla morte delle vittime. I ragazzi si dichiarano a turno innocenti: tutti a dire non sono stato io, io non ho fatto niente, non ho visto niente, non ho voluto vedere, non so chi degli altri sia stato. Troppo sicuri di sé quelle undici bestie, troppo per non essere stati indottrinati da qualcuno in grado di pianificare il delitto e capace di aizzare quel branco. Lamberti comincia ad indagare al di fuori del gruppo, cercando indizi tra i familiari, gli amici ed i conoscenti frequentati dai ragazzi. In questo modo l’autore fa conoscere gli angoli malfamati della Milano degli anni Sessanta, mostrando il lato meno piacevole del periodo del boom economico: l’alcolismo, la prostituzione, lo spaccio di stupefacenti, in un grigiore nebbioso costante che avvolge le vie della città. Al fianco di Lamberti c’è Livia Ussaro senza la quale gli sarebbe impossibile sopportare i tormenti interiori che il lavoro gli scatena e un terribile dramma familiare che gli crolla addosso. Una scrittura essenziale eppure coinvolgente in tutta la sua drammaticità nel descrivere una vicenda scabrosa, morbosa ma sempre con pudore, alludendo piuttosto che descrivere dettagliatamente, sottintendendo piuttosto che porre il lettore di fronte a immagini nitide e sconvolgenti. Una visione pessimistica che lascia immaginare ben poche speranze di redenzione e quasi nessuna di riscatto.