Bir satranç karesine sığan yaşamlar... Her hamlenin başladığı ve bittiği o ıssız an... Her umudu kemiren o kaçınılmaz yıkım, bozgun ve yoksulluk... İkinci Dünya Savaşı'nın zor günlerinde bir satranç ustasının izini süren genç bir Yahudi ve ona gölgesi kadar yakın bir kıya.
Paolo Maurensig (Gorizia, 1943-Udine, 2021) è stato uno scrittore italiano. Approdato alla scrittura dopo aver fatto l'agente di commercio, il successo letterario è arrivato nel 1993 con La variante di Lüneburg, che narra di una partita fra due maestri di scacchi che si prolunga idealmente attraverso gli eventi storici della seconda guerra mondiale, con il colpo di scena finale che rivelerà la vera natura dei giocatori. Il secondo romanzo, Canone inverso del 1996, è invece incentrato sulla musica, in una cornice mitteleuropea
Paolo Maurensig, wa an Italian novelist, best known for the book Canone Inverso. Before becoming a novelist, Maurensig worked in a variety of occupations, including as a restorer of antique musical instruments. His first book, The Luneburg Variation, was published after he had turned 50. His second book, Canone Inverso, achieved international fame. As of the mid-1990s, Maurensig lives in Udine, Italy. He plays the baroque flute, viola de gamba, and the cello.
Paolo Maurensig è la dimostrazione vivente di come si possa scrivere una storia pazzesca in sole 150 pagine. La variante è diventato subito uno dei miei libri preferiti, una storia coinvolgente, con un intreccio studiato nei minimi dettagli (proprio come in una partita di scacchi) che non smette mai di sorprendere e di colpire al cuore, con dei personaggi veri, tangibili e indimenticabili. Si può dire qualcosa di meglio di un libro? Per me no, solo... LEGGETELO TUTTI (amanti del gioco degli scacchi e non)
Non c'è dubbio che il gioco degli scacchi si presti ad essere una perfetta metafora dei conflitti esistenziali e, dunque, più volte utilizzata nella letteratura. Se a ciò si aggiunge che lo scrittore in questione è un ex giocatore e che ha assimilato la lingua tedesca leggendo “La novella degli scacchi” di Zweig, beh, allora bisogna proprio dire che il gioco è fatto!! Come nel romanzo dell'autore austriaco, la narrazione ha una struttura a cornice.
”Sembra che l'invenzione degli scacchi sia legata a un fatto di sangue.”
Una voce narrante – che solo verso il finale si capirà a chi appartiene- ci conduce sulla scena di un delitto o forse un suicidio. Quello che è certo è che Dieter Frisch, stimato e facoltoso industriale, viene ritrovato morto a causa di un colpo di pistola. Da qui si procede a ritroso in una storia dove la scacchiera e le sue strategie ne sono il fulcro. L'incontro sul treno tra Frisch e il misterioso Hans Meyer inserisce un altro racconto nel racconto. Un intreccio ben saldo che mette in scena l'antagonismo tra bene e male e dove ogni singola scelta non si risolve con lo spostamento di una pedina ma comporta conseguenze ben più gravi. Ogni mossa nella vita come nel gioco va ben calcolata tenendo sempre a mente che delle scappatoie esistono, delle varianti possono portare alla salvezza. Dalla novella di Zweig persiste l'idea degli scacchi come arma di sopravvivenza. Nella variante di Mauresig questa arma può essere strumento di attacco.
”Questa è, in primo luogo, la storia di una rivalità, che si manifestò proprio su una scacchiera,”
Che magia la scrittura. Che meraviglia la lettura. Che incredibile esperienza farsi rapire da una storia e ritrovarsi a riflettere sulla vita. Voglio però prima di tutto sgombrare il campo ad equivoci che potrebbero scoraggiare qualcuno a prendere in considerazione la lettura di questo breve, ma intenso romanzo: io non sono un giocatore di scacchi, ma la cosa credetemi ha davvero poca importanza. La potenza della storia non per questo viene meno, anzi, mi ha colpito in pieno, iniziando con una apertura decisa, continuando con un gioco costantemente sul filo di lana ed infine chiudendo con uno scacco matto su cui c’è poco da discutere. Si tratta di un racconto pieno di pathos in cui due uomini si confrontano in una partita a scacchi lunga tutta la loro vita, fino alla inevitabile resa dei conti. Una partita che attraversa l’Europa della Seconda Guerra Mondiale e che siamo invitati a ripercorrere salendo su un treno che ci porterà da Monaco a Vienna, ma che in realtà ci farà fare un viaggio di ben altro tipo. Il gioco degli scacchi è un’arte, si tramanda di generazione in generazione e dopo le prime partite può diventare una vera e propria ossessione, un modo di vivere o di estraniarsi, un modo di relazionarsi con il prossimo umiliandolo od onorandolo, un modo di salvare una vita o di distruggerla volgendo il pollice su o il pollice giù. Terribile. Un romanzo che fa indubbiamente riflettere, sia per l’ossessività che può generare il gioco in sé, sia per la drammaticità ed il cinismo che emergono dalle pagine sull'Olocausto . “Gli scacchi, come le arti, sembrano darci la possibilità di sopravvivere alla morte fisica, di avere fama eterna. Cosa non daremmo perché il nostro nome venisse ricordato negli annali del gioco: basterebbe una sola partita, una variante, uno sprazzo di originalità."
L�� per l��, riesce a catturare. Poi, ci pensi su, e dici "che stronzata". Ma le stronzate maggiori sono quelle che ha scritto dopo, ho idea. Maurensig si candida a scrivere la voce 'scacchi' nel dictionnaire des id��es re��ues.
Credo proprio di avere davanti uno di quei libri che necessitano di un po’ più di tempo per “sedimentare”, perché sul momento ti lasciano senza fiato.
In primis devo ammettere che, pur essendo una giocatrice distratta e alquanto mediocre, il gioco degli scacchi ha sempre esercitato su di me un grande fascino ed è stata principalmente la curiosità di ritrovarlo in un romanzo a spingermi verso questo titolo. Ma mai avrei immaginato di rimanere così coinvolta a livello emotivo. Maurensig costruisce la narrazione su vari livelli, come un gioco di scatole cinesi: si passa da un evento di cronaca nera, ovvero il suicidio/omicidio di un ricco imprenditore tedesco, ad un incontro fortuito tra due uomini sul treno Monaco-Vienna, per poi calarci direttamente nell’inferno dei campi di sterminio nazisti, in un continuo crescendo di tensione che non concede tregua.
Gli scacchi fanno da padroni, sono il fil rouge, la costante che lega i narratori (sì, ne incontrerete più di uno) e che diventa ben presto metafora dell’eterna lotta tra la vita e la morte. Coloro che devolvono la propria vita agli scacchi, i cosiddetti “eroi”, sono sempre a un passo dall’abisso della dannazione e diventa per loro impossibile allontanarsi da quel campo di battaglia, per quanto pericoloso è distruttivo possa rivelarsi. Senza dubbio è stata una lettura travolgente e incalzante, che mi ha trascinata di forza (soprattutto nelle ultime 50 pagine) verso un finale all’ultimo respiro. Se devo essere onesta, mai mi sarei aspettata così tanto da questo libro.
Eons ago, when I was in my late teens ands early twenties, I was quite an avid chess player. A group of us used to go To North Ave. beach where they has a chess pavilion and either watch the games or if there was a free table, play. Three of four nights a week, we would go to each others houses and play against each other for quite a few hours.
I was of course never as obsessed as are the participants in this novel. Written by the author, his first book mind you, at the age of fifty-four, this is novel of obsession, of patience, and the long reach of the past. It opens with an apparent suicide, and then traces the victim into his past. A train ride that turns into something more, when a young man comes into the car usually only occupied by our victim and his friend, who play chess until they arrive at their prospective stations. Our victim you see is a chess critic.
This is a tightly constructed novel, not a word is wasted, they all have meaning and one must pay attention. The past is never past and the Holocaust and its memories never lose their impact, not when lives are at stake.
Unfortunately although this author has written others, I can only find one other novel translated into English.
La sinossi lascia intendere si tratti di un giallo/thriller (cercavo appunto una lettura leggera) ma questo libro è tutt'altro. L'inizio mi sembrava promettere bene: una morte misteriosa, un viaggio in treno, un passeggero misterioso, l'accenno al tema degli scacchi (che sarà poi il vero tema del libro). Seguono poi due monologhi di due personaggi, che compongono il resto del libro. Fin dall'inizio del primo monologo ho iniziato a sospettare una certa conclusione ma ancora speravo di non aver azzeccato la soluzione così presto. Con l'inizio del secondo monologo poi il sospetto si è trasformato in certezza. Non solo non è mai divertente prevedere troppo presto la soluzione del "mistero" ma la soluzione stessa mi è sembrata un po' banale e inverosimile. Ammetto di essere anche un po' insofferente verso l'abuso del tema Una buona scrittura ed una prima parte che incuriosisce salva il romanzo. Comunque, non posso proprio dare più di tre stelline.
When a successful businessman who's also a powerful figure in the chess world is found dead by gunshot wound on his estate near Vienna, no one's really certain if it's a matter of accident, suicide or murder -- no one, that is, except the initially anonymous narrator of this short novel, and possibly one other. The only clue the cops have is that, on the rich man's desk, there's a crudely made cloth chessboard with appropriately scratched buttons for the pieces. Through two extended flashbacks, we're given the explanation of why the death happened.
I was absolutely gripped by this, and read it in an evening. (To be fair, it's a very short novel. Even so.) The end came as something of a startlement, because I was expecting to find a final chapter spelling out exactly what went on on that fateful night; but then within moments I realized I didn't need that final explanation: the novel had succeeded in playing the trick of turning the "murder mystery" element into something secondary, and besides I knew enough that I could create in my own imagination any of two or three perfectly satisfactory endings. It's as if I'd reached that point in a chess game where the result has become obvious, even if various possible sequences of moves might be used to reach that result -- and I'm sure this effect was Maurensig's intent.
The novel's infused with chess, of course. I haven't played chess more than a handful of times since my late teens or so, but I found this to be no disadvantage. The idea of using a particular chess gambit -- the Luneburg Variation of the title -- as a means of drawing a criminal out of the shadows seems to me quite enchanting.
I should add that this is the best, most naturalistic piece of translation I've read in a goodly while: it's quite beautifully done, a literary achievement in its own right. All credit to Jon Rothschild.
Chissà poi perché sono stata tanto lontana da questo libro. Forse il titolo mi attirava poco, pensavo, nella mia beata, innocenza, che si trattasse di uno dei tanti romanzi/saggi su qualche branca scientifica di cui poco mi poteva importare. Invece. Wao! e poi ancora wao! Uh, in che bel libro mi sono imbattuta! Un libro sulla passione, quella che ti entra nelle sinapsi e te le rivolta come un calzino, e tu non pensi a nient'altro, mattina pomeriggio sera e anche notte, non pensi che alla tua passione, bestia che non si fa addomesticare, né mai lo farà, che ti nutre e ti divora allo stesso tempo, diventando la tua unica realtà possibile.
So poco di scacchi, a malapena mi ricordo come si fa un arrocco, ma questo libro l'ho goduto come una partita di cui ho apprezzato ogni mossa. Sin dall'inizio l'autore dispone le sue pedine, tanti fili pendenti, o sassolini bianchi di cui alla fine non dice nulla, ed è solo tornando a leggere le prime pagine si capisce com'è andata.
Frisch, grande scacchista, viene trovato morto suicida. Da lì si dipanerà tutta la storia, raccontata nella prima parte dal ragazzo Mayer e nell'ultima da Tabori. Non voglio svelarvi niente, vi rovinerei il piacere della lettura. Posso solo dirvi che l'autore sa muovere le sue pedine con grande maestria. I personaggi sono memorabili, soprattutto Mayer e Tabori difficilmente si potranno dimenticare. La struttura del romanzo è ineccepibile. La scrittura, apparentemente semplice, è di un'eleganza pacata, e quindi perfetta. Non cambierei né un punto né una virgola né un aggettivo di tutto il romanzo.
Ho scoperto un ottimo scrittore italiano, e ne sono felice. Non posso che consigliarlo, di cuore. #ioleggoitaliano
Molte volte capita che prendi in mano un libro e sai più o meno cosa aspettarti, per lo meno credi di averne intuito il genere, in alcuni casi invece, come questo, ti ritrovi a leggere tutt'altro da quello che ti eri immaginato e allora puoi o rimanerne deluso oppure contento. Colpa delle quarte di copertina che non sempre rispecchiano fedelmente il contenuto della storia?
In questo caso ne rimango deluso, perchè pensando di aver preso in mano un giallo mi sono ritrovato a leggere per metà libro un elogio al gioco degli scacchi (che per carità non disdegno in quanto giocatore) e per la parte finale ad uno scorcio su di una realtà storica nefasta (non descrivo più di questo per non togliere sorpresa al lettore).
Di per sè non posso affatto dire che il libro non sia frutto di una buona idea o che sia scritto male, tutt'altro a dire la verità, ma mi è rimasta quella "defenestrazione" di essermi ritrovato al leggere un libro che parte con un "assassinio" e finisce in maniera completamente diversa. In ogni caso comunque la parte iniziale e centrale del libro secondo me è troppo incentrata non tanto sulle regole degli scacchi ma sull'amore incondizionato che l'auotre sembra possedere per essi.
Diciamo che di buono ha un'ottima tecnica narrativa, e uno stile accattivante. L'idea poi della rivalità tra un ex nazista e un ebreo è quanto di più ovvio si potesse immaginare.
Al contrario degli altri pareri fin qui letti, non posso esprimermi positivamente su questa storia.
Un romanzo decisamente intrigante, che ha al suo centro questa mossa degli scacchi, una mossa difficile da attuare perché prevede il sacrificio del cavallo in cambio di due pedoni da parte del nero, e se la si attua a cuor leggero, la sconfitta è matematica. Si parte dalla morte in Austria di un ricco imprenditore tedesco - probabilmente un suicidio - per poi ripercorrere quello che è stato l'ultimo periodo della sua vita e un lungo viaggio in treno, con una narrazione a scatole cinesi; il racconto di vite legate agli scacchi, in cui per il lettore l'epifania arriva sul finale, all'interno del campo di concentramento di Bergen Belsen, dove rimane esterrefatto e inorridito. Il romanzo è davvero bellissimo, ma purtroppo non era il romanzo che mi aspettavo, perché l'ho letto in un gruppo di lettura di gialli, e anche se c'è un mistero, non definirei certo questo romanzo un giallo. Inoltre, i racconti delle vite concatenate degli scacchisti/narratori a un certo punto cominciano a sovrapporsi e a creare confusione, salvo poi giungere nel campo di concentramento, dove subito i tasselli - le storie - vanno amaramente al loro posto. Sicuramente, se fossi una giocatrice di scacchi lo avrei apprezzato di più, ma posso dire di sapere solo come si muovono i pezzi, ecco.
Dopo un anno di gioco assiduo e quotidiano a scacchi figlio della mania che ha attaccato un po' tutti dopo "The Queen's Gambit" ho deciso di affrontare la materia scacchistica anche sotto il profilo letterario.
Questa decisione dettata dalla vana speranza di migliorare nel gioco leggendo romanzi invece di noiosi manuali di teoria è sicuramente fallimentare per il mio punteggio ma sono sicuro che alla lunga potrà dare i suoi importanti risultati sul piano psicologico.
La storia degli scacchi é costellata di giocatori che a causa di questo gioco hanno perso il lume della ragione, hanno messo da parte la loro umanità per assurgere a divinità in un mondo di 64 caselle abitato da 32 statuine antropomorfe da uccidere o sacrificare per uno scopo superiore.
Ed è questa la molla che viene sfruttata in questo romanzo, questa passione, questa mania incontrollabile che attanaglia ogni scacchista e che fa da motore a uno degli intrecci più belli e meglio costruiti che abbia mai letto.
Consigliato a tutti, ma se siete scacchisti non ve lo potete proprio perdere!
Un morto, due persone (anzi tre) nello scompartimento di un treno. Gli occupanti giocano a scacchi, l’uno contro l'altro. Giocano per ammazzare il tempo fino alla fermata giusta. Da una vita.
“Ogni scelta implica, di per sé, l'abbandono di tutte le alternative. Se non fossimo costretti a scegliere, saremmo immortali.”
La variante di Lüneburg è un breve romanzo costruito come un giallo e raccontato da più punti di vista con la tecnica dei flashback. Utilizzando il collegamento che si crea tra il gioco degli scacchi e il senso della vita, descrivendo magnificamente i tre personaggi protagonisti e rivelando solo quanto basta di loro per interessare il lettore, Mauresig ci racconta molto di più, dell’importanza della posta in gioco e delle conseguenze delle azioni che da essa ne derivano, della sfida tra il bene e il male, ma anche della bellezza del gioco degli scacchi.
“Chi non conosce gli scacchi è forse portato a vedere in questo gioco un'attività noiosa, adatta a eccentrici sfaccendati o a persone anziane: a gente che possegga, in ogni caso, una gran dose di pazienza e una notevole quantità di tempo da perdere. Tutto questo è vero solo in parte, poiché gli scacchi richiedono anche una non comune energia e la freschezza mentale di un fanciullo. E se a volte il giocatore viene raffigurato nelle sembianze di un vegliardo dalla fronte corrucciata, questa è solo la rappresentazione emblematica di un'attività in cui si bruciano i giorni, gli anni, l'esistenza stessa, in una sola inestinguibile fiamma. In cambio, paradossalmente, il giocatore di scacchi assapora l'arrestarsi del tempo in un'ansia di eterno presente.“
Ci sono tante cose in queste poche pagine: attese, timori, antagonismo, dolore, filosofia, psicologia, emozioni, frustrazioni.
La struttura del libro è complessa, precisa e perfetta, come una partita di scacchi. Capire le relazioni e le ragioni di quanto accade richiede molta attenzione, ma regala anche moltissima soddisfazione.
Fin dalle prime pagine mi sono immersa totalmente nella lettura e provo quasi dispiacere per aver terminato il libro (alle tre di notte!). Servono tuttavia un po' di capitoli per rendersi conto che gli scacchi non sono semplicemente al centro della vicenda (come passione, ossessione, ragione di vita dei protagonisti) ma che è la vicenda stessa a configurarsi come una complessa e avvincente partita di scacchi. E quando alla fine tutte le pedine sono state mosse, e lo schema del gioco si rivela chiaro al lettore, non si può che ripercorrere l'intera opera con un senso di stupore. Questo è sicuramente uno dei pregi maggiori. I capitoli finali poi, nella loro cruda concretezza, sono eccezionali. Mi piacerebbe dilungarmi su questi ultimi, ma non voglio rivelare troppo della trama per non guastare il piacere della lettura a chi non avesse ancora letto questo libro. Pertanto mi limito a consigliarlo e ad assegnargli ben cinque stelline *****
Un giallo a tema scacchi, che vira sull’olocausto e trasforma così il gioco in una metafora di manipolazione (e farsi manipolare) in cui le persone diventano pedine e ogni mossa è atta a minare le coscienze, sia della vittima ma anche del carnefice, tessendo una magistrale vendetta come un’autentica “variante” strategica. Interessante l’unione dell’analessi come monologo (come per “Le braci” di Sandor Marai) con l’elemento auto diegetico, unica pecca il fatto di essere a stento un romanzo “lungo”.
Parte come un romanzo giallo o un thriller, prosegue come un racconto sugli scacchi e si chiude con "uno scorcio su di una realtà storica nefasta", per citare l'espressione usata da un altro utente di GoodReads. Tre aspetti che si fondono in altrettanti lunghissimi flussi di coscienza, che lasciano però il lettore spiazzato nel finale. Il narratore parla, racconta, espone e poi in un baleno pone fine alla narrazione in medias res.
Ad alcune ottime idee di partenza (l'assassinio misterioso, lo strano nesso con gli scacchi, l'espediente del viaggio in treno) non fanno però seguito altrettanto solide realizzazioni nella parte centrale. Per quanto la storia della maturazione scacchistica di Hans sia interessante, potevano essere approfonditi meglio certi aspetti psicologici, allo stesso tempo alcuni avvenimenti hanno uno spazio troppo piccolo e si risolvono in maniera un po' troppo forzata per essere credibili. La parte finale, infine, è facilmente prevedibile e fa uso di un cliché scontato e abbastanza banale.
L'amarognolo che lascia in bocca il finale-non finale (in quanto l'epilogo è, in realtà, svelato precedentemente) non toglie però che lo stile di Maurensig sia scorrevole, piacevole da leggere e sufficientemente ricercato per farsi apprezzare da un palato esigente ma al contempo accessibile anche per un lettore saltuario. Ma è lo stesso una piacevolezza fredda e intellettuale, di chi trova appagamento dal comporre un'opera intricata e complessa per il puro gusto di essere capace di farlo. Forse è per questo che non sono un amante degli scacchi, e gli preferisco la dama: perché negli scacchi la vittoria si ottiene quasi sempre alla prima mossa ed è una vittoria molto intellettuale e decisamente solitaria, mentre con la dama il gioco è più "grezzo" ma allo stesso tempo più interattivo ed empatico con l'avversario.
Chi dà scacco senza scopo, se ne pente prima o dopo Romanzo dalla struttura narrativa affascinante. Una storia a incastro, una vera e propria matrioska letteraria: seguendo il percorso personale di Hans, si procede a ritroso nel tempo e veniamo condotti nelle vite di Tabori e di Frisch, quest’ultimo un ricco imprenditore che viene trovato morto all’inizio del libro.
A unire questi personaggi è la passione per gli scacchi, che qui rappresentano molto più di un semplice gioco: la scacchiera diventa il campo di battaglia dell’eterna lotta tra bene e male, che raggiunge il suo apice all’interno dei campi di concentramento. Al centro, una variante difensiva che prevede il sacrificio di un cavallo per salvare due pedoni: un gesto all’apparenza tecnico, ma che si carica, pagina dopo pagina, di significati simbolici.
Questa variante si trasforma così in un importante elemento narrativo: memoria di eventi tragici, ma anche metafora di una vendetta sottile e psicologica, costruita con la stessa precisione e pazienza che richiede una partita a scacchi. Perché, come nel gioco, anche nella vita ogni mossa esige visione, strategia e il coraggio di attendere il momento giusto.
Da appassionata apprezzo sempre l’uso degli scacchi come metafora esistenziale: ciò che all’apparenza è solo un gioco si rivela, in realtà, una lente per osservare l’animo umano. Maurensig, si percepisce chiaramente, conosce il gioco in profondità e riesce a trasporne l’intensità emotiva e il rigore strategico nella trama e nei personaggi. Ma chi è il cavallo? Chi sono i pedoni? Le possibili interpretazioni sono molteplici e ciascuna conserva una sua logica.
Si legge tutto d’un fiato, ma mi ha lasciato una sottile sensazione di incompletezza, dovuta proprio all’ambiguità finale, come se la vera conclusione fosse ancora da giocare, mossa dopo mossa, in una partita che continua altrove.
Una mattina l’imprenditore tedesco Dieter Frisch viene trovato morto nel parco della sua residenza di campagna, in uno spiazzo a forma di scacchiera al centro esatto di un labirinto. Una fine drammatica che appare in tutto e per tutto un suicidio, eppure, a detta di coloro che lo conoscevano, Dieter Frisch non aveva alcun motivo per togliersi la vita. Sulla sua scrivania nessun messaggio d’addio, solo una strana scacchiera di stoffa grezza su cui le pedine disposte in una precisa posizione di gioco sembrano essere state abbandonate nel mezzo di una partita. Poco prima di morire, su un treno Monaco-Vienna Frisch incontra un giovane sui vent’anni, Hans Mayer. Scoperta la passione di Frisch per gli scacchi, Hans decide di raccontargli la propria storia di scacchista e poi la storia dell’uomo che gli ha fatto da maestro: Tabori, un personaggio bizzarro, ma dotato di un talento eccezionale per gli scacchi. Forse un incontro casuale, quello tra Frisch e Hans Mayer, o forse una mossa precisa all’interno di una grande partita giocata tra la vita e la morte, tra il bene e il male, tra la giustizia e chi cerca disperatamente di sottrarsi a essa da molto tempo. Quali terribili segreti si nascondono nel passato di Dieter Frisch? Chi è la persona che ha mandato Hans Mayer a cercarlo per chiudere finalmente una lunga, estenuante partita iniziata quarant’anni prima? Qual è il mistero che si cela dietro la posizione di gioco che Frisch, sulle pagine della sua rivista di scacchi, ha battezzato "la variante di Lüneburg", gettando inconsapevolmente un filo a qualcuno che tenta di rintracciarlo da una vita? In questo breve romanzo Paolo Maurensig sembra suggerire che l’intera esistenza umana non sia altro che una lunga serie di partite a scacchi giocate con il destino e a volte, quando ci si trova immersi nell’orrore più cupo e profondo, compiere una mossa significa decidere non soltanto della propria vita, ma anche di quella degli altri. Un peso al quale non si può sfuggire e che anche a distanza di tanto tempo richiede un risarcimento, ammesso che quando si parla di vite umane esista un modo di ripagare la perdita. Una sola cosa è certa: per Dieter Frisch l’incontro con Hans Mayer è lo scacco matto in una partita giocata con la morte e che è destinato a perdere. Moltissime opere letterarie affrontano il tema dell’Olocausto e purtroppo La variante di Lüneburg non brilla all’interno di questa vasta produzione. L’impressione generale è quella di un romanzo discreto, che fa abbastanza bene il suo lavoro di intrattenimento, ma non riesce a brillare sotto nessun punto di vista. I personaggi e lo stile sono piatti e non hanno nulla di particolare che resti impresso nella mente di chi legge, mentre la trama, che gioca costantemente con il rimando al mondo degli scacchi, è basata su idee affascinanti, ma è poi sviluppata in modo un po’ monotono, prevedibile e senza guizzi creativi. La variante di Lüneburg può essere una lettura interessante per chi cerca un romanzo sull’Olocausto che non richieda troppo impegno e si legga velocemente, ma se si vuole una storia che lasci con il fiato sospeso o approfondisca in modo adeguato un argomento così difficile e complesso forse è meglio aprire un altro libro.
Suddenly, at p. 78 this book is transformed. Instead of being a typically inadequate book on the nature of chess, it is transported to the horrors of Nazi Germany and is profoundly moving thereafter.
If you know nothing of chess this will be a great advantage as the first half of the book is really rather irritating if you do.
The three stars I've given this are for pp. 78-140. My advice: skip the first 77 pages. They are absolutely unnecessary to the best of this novel.
A masterpiece. I came across this book by chance, and I'm so glad I did. Maurensig's debut is otherworldly. The complex story reads like a game of chess. Each movement on the board has consequences, sometimes understood only long after the move has been made. A masterfully woven story about chess, human nature and obsession.
Một cuốn sách thoạt đầu tớ nghĩ sẽ khó đọc vì thiên nhiều về cờ vua, nhưng đọc rồi mới thấy không hề khô khan và nặng về lý thuyết. Một người không biết gì mấy về cờ vua như tớ vẫn đọc bình thường. Được kể dưới dạng truyện lồng truyện, rất cuốn hút, giọng kể chuyện mê lắm, tớ thường đọc vào buổi trưa hè sau khi ngủ dậy, cảm giác mỗi ngày mà được tác giả kể chuyện cho thì mê phải biết. 10d cho bản dịch nữa.
Un piccolo capolavoro. Il romanzo si svolge a Vienna e la narrazione si sposta tra presente e passato. Filo conduttore il gioco degli scacchi e la vendetta. Con una narrazione elegante racconta una storia cruda e dolorosa che non si riesce a smettere di leggere.
Quello che si presenta come un semplice giallo, con personaggi fittizi ancora da scoprire, si rivela essere il racconto di una storia che tutti conosciamo bene: quella della Seconda Guerra Mondiale, delle sue vittime, delle atrocità commesse e degli errori che l'umanità purtroppo continua a ripetere ancora oggi.
“Sembra che l’invenzione degli scacchi sia legata a un fatto di sangue."
Questo gioco, tanto affascinante quanto freddo e calcolatore, diventa una metafora della vita e della condizione umana. La sfida intellettuale tra i due contendenti, impegnati a sfruttare le debolezze reciproche e a rincorrersi brutalmente sul campo di battaglia, culmina in un confronto spietato. Ne “La variante di Lüneburg", la partita non è altro che la rappresentazione di un duello tra due menti geniali, ma meschine. Il soldato nazista e l’ebreo combattono indossando divise nere e bianche, contendendosi non solo la vittoria, ma anche vite umane, trattate come semplici pedine sacrificabili. Da qui emergono i temi centrali del romanzo: la colpa, alimentata dalla consapevolezza vergognosa di servirsi di altri esseri umani come strumenti; la vendetta, che cresce incessantemente nel corso di una vita; e il valore dell’essere umano, che può essere facilmente ridotto a un corpo privo di forza, spirito e sentimenti dai suoi simili. Chi era vittima diventa carnefice, e chi si divertiva a torturare gli altri viene poi tormentato dai ricordi di un passato orribile, fino a pagare il proprio debito in un finale in cui non ci sono né vincitori né vinti. L’unico elemento che rimane integro è la scacchiera perché, nonostante il gioco abbia mietuto delle vite, esso continuerà a esistere in eterno.
La scrittura di Maurensig è distaccata, a tratti fredda come le pedine immobili degli scacchi. Ho trovato l’idea di base interessante e l’incipit mi aveva completamente catturata, ma man mano che la lettura avanzava il mio entusiasmo è scemato. Pur riconoscendo che si tratti di un buon libro, nonostante la sua brevità, non è riuscito a coinvolgermi pienamente e per questo motivo mi trovo costretta ad assegnare solo 2.5 ⭐️
Parlare di gioco, quando ci si riferisce agli scacchi, dopo aver letto questo libro, mi sembra un termine riduttivo. Maurensig ce lo descrive piuttosto come una folgorazione, una missione, una passione che può anche trasformarsi in vera e propria ossessione e che, nei casi estremi, può sfociare addirittura in pazzia o suicidio. Molto appassionante tutta la prima parte del romanzo: il racconto di Mayer, che ragazzino tredicenne rimane affascinato nel rivedere una scacchiera e nell'assistere al movimento lento e studiato dei pezzi su quelle caselle bianche e nere. L'incontro con il maestro Tabori, le lunghe partite giocate con lui in uno sgabuzzino, su una scacchiera che correggeva gli errori con piccole “scariche elettriche”; l'umiliazione per le sconfitte e la gioia per le vittorie, in un crescendo di perfezione che lo porteranno a diventare un campione da sfidare. Poi la caduta per l'improvviso allontanamento del maestro e per la morte della nonna: “dopo aver sfiorato il successo mi sentivo giunto al termine della mia vita. Non provavo altro che rancore per tutti coloro che mi avevano abbandonato. Da quella notte il mio alloggio fu la strada, talvolta un asilo notturno, un alloggio per i reietti della città. Per il resto della giornata non mi restava altro che vagare, senza speranza, per una Vienna splendida e ostile”. La seconda parte del romanzo si snoda sul drammatico racconto del vecchio maestro Tabori, che ripercorre in punto di morte l'orribile esperienza del campo di concentramento di Bergen-Belsen. Le nefandezze alle quali fu costretto ad assistere, il delirio dell'ultima Grande Partita giocata col nemico di sempre,“l'avversario predestinato”, trasformato ora nel suo spietato aguzzino, colui che gli impone quella posta al limite della perfidia, che però gli permetterà di uscire vivo da quell'inferno. Tutta la narrazione è così serrata che quasi non puoi respirare, non ci sono capitoli per interrompere il crescendo di tensione e di angoscia che assale nel leggere gli orrori descritti in modo impeccabile fra quelle righe. Un piccolo capolavoro.
Quando l’ho proposto al gruppo di lettura della biblioteca non sapevo bene di cosa trattasse, se non che avesse a che fare con gli scacchi e la Seconda guerra mondiale, ma per una volta sono stata molto contenta della mia ignoranza. Lo svilupparsi della trama sotto i miei occhi, l’intrecciarsi delle vicende di Frisch e del narratore, è stato terribilmente affascinante e inaspettato, tanto da lasciarmi a corto di fiato – quasi avessi corso a lungo.
La vicenda che muove tutto, in realtà, è molto semplice: la storia, infatti, parte da un suicidio che non sembra tale e, poi, si concentra sulle ultime ore del morto, nel tentativo di capire che cosa sia accaduto. Dal piccolo vagone di un treno diretto a Vienna, dove un giocatore di scacchi prova a usare una variante particolare, ci si muove prima a seguire le avventure scacchistiche di un giovane viennese e, poi, sulla storia del suo maestro, scivolando fino a un campo di concentramento. Inutile a dirsi che sono rimasta molto sorpresa dalla piega che ha preso, soprattutto nel momento in cui si rivela l’origine della scacchiera del dolore e il pegno di sangue a cui è legata.
Se a ciò si aggiunge lo stile dell’autore, secco e in grado di evocare alla perfezione gli avvenimenti che descrive, la storia acquista una profondità ancora maggiore e diventa incapace da mettere da parte. È stato un viaggio molto intenso, quindi, che ho seguito soprattutto mentre anch’io ero in movimento su dei binari – per quanto di un tram.
"Se é vero che l'affermazione della propria individualità é sempre una legittima aspirazione dell'uomo é altrettanto vero che l'uomo ha cercato di coltivare una scienza che quell'aspirazione fosse in grado di soffocare in qualsiasi momento. E se un metodo sicuro per demolire la personalità di un individuo consiste nell'isolarlo completamente dagli altri, un sistema non meno efficace si rivela quello di costringerlo, insieme con i propri simili, in uno spazio insufficiente..." , "Ciò che mi stupiva era che l'odio stesso si fosse esaurito e che al suo posto prendesse lentamente forma una sorta di assurda gratitudine per quell'ombra di considerazione che la tua persona riusciva a suscitare ancora in loro, e che in premio ti dava lo scampato pericolo giornaliero, quel sozzo giaciglio in cui crollavi tutte le sere, la broda che ti ammontavano per calmare una fame implacabile, una fame che dopo settimane di tormento viscerale trascendeva in un senso di lacerante solitudine metafisica, come se ogni dio ti avesse beffato, ripudiandoti per sempre senza remissione."
Γραμμένο πενήντα χρόνια μετά τη διάσημη Σκακιστική Νουβέλα του Zweig το σκακιστικό μυθιστόρημα του Ιταλού Paolo Maurensig φαίνεται να ολοκληρώνει τρόπον τινα το κύκνειο άσμα του Αυστριακού. Ο Ιταλός συνθέτει ένα crime novel οργανωμένο ως σκακιστική παρτίδα, με πλήρη εικόνα της ναζιστικής θηριωδίας και του Ολοκαυτώματος. Το στοιχείο της σκακιστικής εμμονής που φλερτάρει με την τρέλα, αν και υπάρχει σε μεγάλο βαθμό στην αρχή, υποσκελίζεται από το πολιτικό κομμάτι που αναδύεται σιγά σιγά και κορυφώνεται στο τέλος. Αξιόλογο βιβλίο!
"Credo che ciascuno di noi, abbia in qualche parte del mondo, il proprio antagonista, l'alter ego negativo". Storia narrata su tre piani temporali, ogni pariola da assaporare lentamente. Un piccolo grande libro.