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Roderick Duddle

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Roderick ha dieci anni, e tutto quello che possiede è un medaglione. Ancora non lo sa, ma quell'oggetto - per cui tutti intorno a lui sembrano disposti a uccidere - lo porterà più lontano di qualsiasi nave al largo dell'oceano. Con Roderick Duddle Michele Mari ha scritto una storia capace di rifondare a ogni pagina il gesto stesso del narrare: un libro che entra di diritto, e che resterà, nella tradizione del grande romanzo d'avventura.

«Una volta presa una direzione, quel primo passo avrebbe innescato una catena di conseguenze lunga quanto la sua vita».

«Se avesse potuto gettare uno sguardo anche un solo istante nella mente di quell'uomo, Roderick si sarebbe messo a correre via senza fermarsi mai... Ma tu non scapperai, mio lettore, perché sei avido di sapere, perché ti ho scelto fra tanti, e perché, appunto, sei mio». Figlio di una prostituta, Roderick cresce tra furfanti e ubriaconi all'Oca Rossa, fumosa locanda con annesso bordello. Quando la madre muore, il proprietario pensa bene di cacciarlo: quello che entrambi ignorano è che nel destino di Roderick è nascosta un'immensa fortuna, e quel medaglione che porta al collo ne è la prova. Il ragazzino si ritrova alle calcagna una folla di balordi, mentecatti, loschi uomini di legge e amministratori, assassini, suore non proprio convenzionali - ognuno deciso a impadronirsi in un modo o nell'altro di una parte del bottino. E così Roderick fugge, per terra e per mare, in un crescendo di imprevisti, omicidi, equivoci e false piste. Roderick Duddle è insieme summa e reinvenzione del percorso letterario di Michele Mari: guardando a Dickens e Stevenson, mai così amati, disegna un'impareggiabile parabola sulla cupidigia e sulla stupidità dell'uomo, ma anche sulla sua capacità di stupirsi di fronte al meraviglioso. Un appassionante e insieme raffinatissimo gioco letterario, che ha la forza e l'intelligenza di proporsi alla lettura semplicemente come romanzo d'appendice contemporaneo. «Mio paziente lettore, che mi hai seguito passo passo fin qui: immagino che sarai stanco, e desideroso di sapere come questa storia va a finire. Cercherò di accontentarti, anche se nessuna storia propriamente finisce mai».

496 pages, Hardcover

First published April 1, 2014

13 people are currently reading
714 people want to read

About the author

Michele Mari

68 books240 followers
Michele Mari è nato a Milano nel 1955.
Figlio del designer e artista Enzo Mari, insegna Letteratura Italiana all'Università Statale di Milano. Dal 1992 risiede a Roma.

Filologo, cultore di fantascienza e di fumetti, il suo stile letterario, estremamente composito, sembra richiamare scrittori quali Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi e Giorgio Manganelli, e fuori d'Italia, Louis-Ferdinand Céline.

Oltre alle opere narrative, va segnalata la produzione poetica. Rilevante anche l'attività critico-filologica e saggistica, volta soprattutto alla letteratura italiana del Sette-Ottocento e alla letteratura fantastica in chiave comparatistica.

Alcuni suoi libri sono Di bestia in bestia (Longanesi 1989), Io venía pien d'angoscia a rimirarti (Longanesi 1990; Marsilio 1998), La stiva e l'abisso (Bompiani 1992; Einaudi 2002), Euridice aveva un cane (Bompiani 1993; Einaudi 2004), Filologia dell'anfibio (Bompiani 1995; Laterza 2009), Tu, sanguinosa infanzia (Mondadori 1997; Einaudi 2009), Rondini sul filo (Mondadori 1999), I sepolcri illustrati (Portofranco 2000), Tutto il ferro della torre Eiffel (Einaudi 2002), I demoni e la pasta sfoglia (Quiritta 2004; Cavallo di Ferro (2010), Cento poesie d'amore a Ladyhawke (Einaudi 2007), Verderame (Einaudi 2007), Milano fantasma (2008, in collaborazione con Velasco Vitali), Rosso Floyd (Einaudi 2010) e Fantasmagonia (Einaudi 2012).

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1 star
14 (2%)
Displaying 1 - 30 of 76 reviews
Profile Image for Davide.
504 reviews136 followers
December 20, 2018
Il mondo schiavo del desiderio
[2014]

Si può scrivere oggi, in italiano, un autentico romanzo inglese dell’Ottocento? O addirittura del Settecento? Se sei Michele Mari (o Michael Murry) sì, puoi.
Puoi scrivere un romanzo romanzesco, che fin dalla copertina invita a correre senza rallentare dietro i calzoncini corti e il berretto con la visiera di un ragazzino in controluce. E, per il titolo, bastano nome e cognome del protagonista: sarà un orfano di Dickens? un trovatello come Tom Jones? un provinciale che vive avventure di mare come il quasi omonimo Roderick Random di Tobias Smollett?

Il lettore troverà tutto quanto è promesso da questa apertura, e anche molto di più, in un’Inghilterra preindustriale, non cittadina, di ricche signore, tavernieri, marinai, pendagli da forca, suore, prostitute, avvocati, e di vorticosi spostamenti, quasi sempre a piedi.
Nessuno si stupisce che l’autore di Io venìa pien d’angoscia a rimirarti o di Tutto il ferro della torre Eiffel sia un amante del passato, un maniacale riscrittore, che ricama con un fascio di ossessioni. Lo amiamo per questo. (Non per la straordinaria capacità di scrittura, non per il virtuosismo citazionistico, non solo, insomma: ma per il sangue presente che ribolle anche nelle membra che paiono più atemporali o disseccate). Nessuno si stupisce allora che Roderick Duddle sia un romanzo di Dickens o di Fielding, ma forse colpisce che sia proprio un romanzo; e che sia felice.

È un romanzo dell’avventura, dell’intrigo, della trama, dell’intreccio labirintico e incalzante; tenuto in mano con maestria dal lavoratissimo gioco del narratore: ironico, complice, sempre in dialogo con il lettore, che è via via accompagnato, accarezzato, preso in giro e richiamato all’attenzione con una mirabolante sequela di aggettivi: mio impaziente lettore, mio sapido lettore, privilegiato, frettoloso, bennato, onirico, solerte, morboso, malizioso, prudente lettore; improvvido, sfrontato, fiscale, perplesso, connivente, perspicace, micragnoso lettore; avveduto, gnomico, viziato, partecipe, reazionario, e così via. Soprattutto paziente e tollerante, direi, nonché fedele e affezionato. E ho iniziato a prender nota solo da un certo punto in poi, evitando di inserire nel computo un «mio dilettante onomasta»…

La felicità discende innanzi tutto da questo grandioso divertimento della struttura narrativa complessa, fatta di innumerevoli incastri, soluzioni, incroci, abbandoni e riprese; tirata su con una lingua magistralmente srotolata, che gioca ariosamente con la tradizione delle traduzioni del romanzesco, spingendosi fino a qualche nota su fantasmatici giochi di parole “intraducibili”. E che conduce quindi il lettore a divertirsi, senza sgomento, anche di fronte alle peggiori nefandezze, crudeltà e perversioni (i capi d’accusa potrebbero andare dal reiterato omicidio a sangue freddo allo sfruttamento della prostituzione, dalla riduzione in schiavitù alla vendita di orfani, tralasciando ovviamente la presenza di una badessa radicalmente anticristiana o un caso di ermafroditismo che accende raccapricci e concupiscenze), librate come sono nella sveltezza leggera della narrazione.
E felicità anche per il semplice fatto che ad un certo punto diventa (anche) un romanzo di mare; ammutinamento, e barile di mele, e Nantucket compresi. E Mari – o, nomen omen! – che già aveva fatto il suo con La stiva e l’abisso (oltre che con il venerabile Otto scrittori) può servire senza limiti la sua golosità lessicale di tutte le biscagline, golette, sagole, griselle, rande e bigotte che si possono desiderare, condite con esclamazioni che vanno dagli Affedidio e Sacramento dell’ouverture fino ad un Crastúmberli! a p. 271.

Allora, visto inoltre che innumerevoli sono le forme del riferimento e del rifacimento (il capitano William Bones dell’Isola del tesoro è scelto come pseudonimo da un personaggio, poi è rivelato e discusso, la serie amplissima dei capitoli assai brevi, funzionali al continuo salto da un punto all’altro dell’intrigo, offrono anche un vastissimo terreno di azione per sfrenare il gusto per i titoli, che spesso rifunzionalizzano quelli famosi, come la stessa Isola del tesoro o Of mice and men…), siamo di fronte a un divertissement?
Sì, certo, ma il romanzo più romanzesco che si possa immaginare, e proiettato lontano nello spaziotempo, è anche un romanzo urgente e autobiografico. Come nell’Orlando furioso, fin dal proemio sappiamo che la follia d’amore del protagonista è la stessa che lima l’ingegno dell’autore: il protagonista ragazzino è anche l’autore, e nel racconto si sdoppia fino ad ipotesi di triplicazione.

La vera vita di Michele Mari, Roderick-Michael e Roderick-Malcolm, è questo insieme di parole, è tutte queste avventure. E la morale – le morali – della storia c’è, eccome: «il mondo è schiavo del desiderio» (è l’abiezione non è «un mondo a parte»); il «maniacale ed agonistico rapporto con le scartoffie» non tende ad altro che a «intuire, sfiorandola, la vita» e il «farsi carne» della cultura «è poi il modo più alto, essendo il più basso, di essere colti.»

[e anni dopo possiamo anche ringraziarlo per diverse altre letture venute dopo? o prima per quelle venute prima?]
Profile Image for Cosimo.
443 reviews
May 11, 2018
“Mio paziente e tollerante lettore, che mi hai seguito passo passo fin qui: immagino che sarai stanco, e desideroso di sapere come questa storia va a finire. Cercherò di accontentarti, anche se nessuna storia propriamente finisce mai”.

Le cose in questo romanzo di formazione accadono più volte, ricorrono, tutto emerge da una sorta di mitologia sotterranea, in un arte del narrare che sdoppia il reale per farne narrazione morale e avventura, in senso tradizionale. Il racconto non porta il lettore in un altrove, ma in qualche modo lo attraversa, come una barca leggera infrange una solida onda. Si può dire, con Borges, che questo libro non appartiene a una sola tradizione, può aspirare a tutte. Interessante, avvincente, ben scritto. Criticamente si può aggiungere che il testo in qualche modo è più debole nell'aspetto accademico e pedagogico, recitando una parte che non è quella del romanzo. Nella moltiplicazione di storie e per la sopravvivenza dei personaggi, cresce la passione e la fantasia si libera.

“E così ovunque nel mondo, per ognuno, dall'inizio dei tempi: pensa a tutto, vertiginoso lettore, somma le attese di tutti in ogni tempo e paese, e ti sfido a non immaginare il nostro pianeta come una palla proiettata nel nulla dalla smania di tutti e di tutto ad arrivare più in là, ancora un poco più in là, la smania di quella cosa lì, sì, quella che stai aspettando anche tu”.

http://www.leparoleelecose.it/?p=14730
Profile Image for Giò.
58 reviews60 followers
August 6, 2018
152 volte “lettore
È tipico nei romanzi di avventura che l’autore si rivolga qua e là al lettore, chiamandolo in causa, dandogli delle dritte, sollecitandone il coinvolgimento o chiedendo una sorta di approvazione di quanto scrive. Mari lo fa 152 volte in circa 485 pagine. Vi sembra esagerato? Oh, a me sembra, eccome! E per quasi ogni volta che interpella il lettore, Mari si diletta a trovare per lui un aggettivo diverso; in tono ironico e persino canzonatorio il lettore è così via via definito nei modi più accattivanti: curioso, interessato, arguto, insaziato, deludente, autorevole, volubile, impaziente, docile, fantasioso, immaginoso, neghittoso, altezzoso, sinottico, indulgente, timorato, candido, impressionabile... Per un po’ questo vezzo mariano mi ha divertita, poi ho cominciato a sperare di trovare anche, che ne so, il “lettore annoiato, infastidito e stufo marcio”, ma ovviamente nemmeno allo scopo di fare della (falsa?) ironia a Mari è venuto in mente di metterlo nero su bianco.
Si può scrivere oggi un autentico romanzo d’avventura, in stile sette-ottocentesco, ambientato in Inghilterra ma scritto in italiano? La mia risposta è ni se l’autore si chiama Michele Mari (chiedo scusa a Davide per avergli rubato e ribaltato parte del commento), perché, come ha scritto bene Ferrigno nella sua recensione, Mari è l’incarnazione (tra l’altro fieramente dichiarata dallo scrittore stesso nelle sue esternazioni) dell’autore autoreferenziale e autocompiaciuto e quindi a mio parere di autentico in questo libro c’è soprattutto l’ego spropositato di chi l’ha scritto.
La trama è poca cosa, ma per puro esercizio di stile Mari riesce a complicarla mettendo continuamente carne al fuoco: personaggi nuovi che compaiono e scompaiono senza tregua, intrighi, sotterfugi e colpi di scena, un po’ appiccicati lì, che sbrodolano via il racconto, affaticando e distraendo il “famoso” lettore. Tutto questo è condito da citazioni continue dai classici del romanzo d’avventura tanto amati da Mari fin da bambino. Queste citazioni sono, a mio parere, meno sottili e meno rivolte ai raffinati conoscitori della letteratura di genere di quanto si voglia far credere.
Alla fine ne esce un romanzone simil-dickens/melville/stevenson a tratti convincente, ma più spesso un po’ forzato, che sta lontano miglia e miglia dai capolavori originali dove sono sempre il racconto, la narrazione, il desiderio di avvincere a prevalere sul narcisismo autoriale.
Roderick Duddle ha però il pregio di invogliare a leggere e rileggere i grandi romanzi degli “Otto scrittori” beniamini di Mari: Conrad, Melville, Poe, Stevenson, Verne, London, Defoe e Salgari, ai quali io aggiungerei almeno Dickens, Dumas padre, Twain…e tanti altri, magari fratellini minori di questi geniali autori, ma sicuramente molto genuini.
Profile Image for Sandra.
958 reviews329 followers
May 16, 2015
Viveva in Irlanda un orfanello, Roderick, con un medaglione lasciatogli dalla madre quale unico suo bene. Chi era questo bimbetto? Il figlio di una prostituta che si guadagnava da vivere servendo da bere in un’osteria e offrendo altri servizi agli avventori o il figlio di una povera ragazza nata da una relazione giovanile di una nobildonna inglese abbandonata al suo destino al momento della nascita? E che cosa accade se la nobildonna muore senza lasciare eredi legittimi? Roderick e il medaglione sono il centro della ragnatela intorno a cui Mari tesse gli intrighi appassionanti di una storia rocambolesca, ricca di colpi di scena, con repentini cambiamenti di fronte scanditi dai capitoli brevissimi in cui il libro è suddiviso, partorita dalla fervida fantasia dello scrittore e soprattutto dalle sue letture preferite, da Stevenson a Melville, da Dickens fino a Thackeray, con “omaggi” a Manzoni e Steinbeck, inventando una galleria di personaggi delineati nei loro caratteri, infami e malfattori, malvagi e criminali, ma anche generosi e coraggiosi, in modo perfetto. Mari si è divertito un sacco ed io sono tornata bambina, quando leggevo L’isola misteriosa di Verne nei pomeriggi liberi dai compiti, tuffandomi in quel mondo fantastico tanto da dimenticarmi dove ero, assorbita a tal punto da sobbalzare quando mia madre mi chiamava per la cena a cui partecipavo distratta e con il pensiero fisso a tornare di là, in camera mia.
Non è un romanzo di formazione con intenti moralistici o pedagogici. E’ puro divertimento.
Profile Image for Bruno.
255 reviews144 followers
November 9, 2014
Chiunque vi dica che leggere è noioso, regalate loro Roderick Duddle! Scritto in un italiano che è una goduria, la vicenda, tra l'altro divertentissima, sarebbe impossibile da riassumere: orfani, scambi di persona, rapimenti, omicidi, viaggi in mare, malintesi e un susseguirsi di "direbbe un sapiente di Oxford, di eterogenesi dei fini". Numerosissimi i riferimenti letterari, a partire da Dickens e L'isola del tesoro, fino ad arrivare a Of Mice and Men di Steinbeck. So già che suor Allison mi mancherà, un grandissimo personaggio degno della penna di de Laclos.
Profile Image for Tyrone_Slothrop (ex-MB).
823 reviews111 followers
March 26, 2018
1/3 Dickens, 1/3 Stevenson, 1/3 Poe; spolverare con Melville e agitare bene

Operazione da vero scrittore, colto e intelligente, questa di Michele Mari, tra i migliori 3 autori italiani contemporanei (IMHO). Scrivere un romanzo d'appendice secondo tutti i crismi, con (almeno) un secolo di ritardo - la scommessa è vinta grazie al suo immenso talento e alla sua profonda intelligenza, capace di mantenerlo sempre in equilibrio sul ripido crinale tra il giochino intellettuale postmoderno e il nostalgico recupero di un immaginario stantio e consumato.
Sì, perchè le vicende di Roderick pescano tra i nostri ricordi di romanzi avventurosi pieni di vita e vuoti di dubbi dalle giungle di Salgari all'Isola del Tesoro, dai tempi difficili di Dickens alle traversate di Conrad - ma nel mezzo Mari lascia cadere di soppiatto alcuni elementi assolutamente contemporanei come una suora dalle insospettabili qualità nascoste, come morti violente causate da equivoci e stupidi errori (quasi come in un film dei Coen), come un umorismo nero e amorale introvabile in opere ottocentesche (a parte forse Flaubert), come qualche sassolino nell'ingranaggio della trama che fa dubitare il lettore della "verità letteraria".
Ecco, tutto questo gira benissimo nella prima parte, mentre nella seconda il raffinato gioco mostra un pò la corda, diviso tra un'epopea di navigazione senza scarti da un milieu melvilliano e un garbuglio in Cornovoglia sempre più artificioso dove in un convento accade una scena madre di sapore quasi almodovariano e con una conclusione un filo raffazzonata.
Insomma, solita grande prova di scrittura di Mari, ma forse tirata troppo per le lunghe e in un campo dell'immaginario che non è tra i miei preferiti a livello personale.
Profile Image for Lilirose.
571 reviews74 followers
October 24, 2021
Roderick Duddle è un romanzo anomalo. Ci porta di peso nelle atmosfere dei classici d'avventura ottocenteschi, dagli orfanelli di Dickens ai marinai di Stevenson, e la sensazione è quella di un bellissimo viaggio nel tempo; ma non si tratta di un banale plagio bensi di una rielaborazione in chiave parodistica, infatti i temi sono molto crudi e soprattutto manca qualunque tipo di connotazione morale, che è invece il punto focale di ogni feuillleton che si rispetti. Qui i cattivi sono figure grottesche più che spaventose ed anche le azioni più turpi sono trattate con un ironico understatement che mi ha permesso di prendere le distanze dalla vicenda e godermi l'intreccio senza questioni etiche ad intralciare il mio giudizio; anche perchè la trama è decisamente avvincente: un susseguirsi di intrighi, inseguimenti e imprevisti, una sorta di commedia degli equivoci in chiave avventurosa.
In ogni riga traspare l'amore dell'autore per le sue fonti di ispirazione, così come la cura che ha posto nel riprodurne lo stile il più fedelmente possibile, allo stesso tempo adattandolo ad un pubblico contemporaneo. Purtroppo la divisione in capitoli brevissimi, ognuno con un diverso segmento di storia, per quanto fedele allo spirito dei romanzi pubblicati a puntate sui giornali ha frammentato troppo la narrazione per i miei gusti, creando un senso di discontinuità e conseguentemente un calo di interesse.
Nonostante questo penso sia un romanzo coinvolgente ed originale, che si discosta dai soliti temi per creare qualcosa di nuovo e che riesce anche molto bene nel suo intento
Profile Image for Francesca.
1,855 reviews153 followers
February 5, 2016
Quando ho saputo che sarebbe uscito un nuovo romanzo di Michele Mari, ho iniziato il conto dei giorni che mi avrebbero separato dalla lettura del mio scrittore italiano preferito, sicura che sarei stata rapita anche questa volta in una storia indimenticabile.
Così è stato e anzi, ritengo Roderick Duddle non solo uno dei miei libri preferiti di mari, ma uno dei suoi migliori in assoluto.

Roderick è un ragazzino cresciuto a L’Oca Rossa, locanda malfamata della cittadina di Castlerough. Sua madre era Jenny la magra, giovane donna che per il locale del signor Jones, il proprietario, aveva svolto i più diversi “servizi”: dalle pulizie alla cucina, fino a quelli più ambiti, ossia fare compagnia e rallegrare gli avventori, per lo più
ciurmatori, marinai, carrettieri, vagabondi o ubriaconi.
Roderick cresce qui inizialmente insieme alla mamma, attorniato dall’affetto delle altre donne, e facendo lui stesso dall’età di sette anni qualche lavoretto in cucina per guadagnarsi vitto e alloggio. Allorché sua madre muore, gettato in strada dal signor Jones, Roderick si trova solo al mondo e senza nulla, a parte un medaglione, ricordo della madre.
Parallelamente, siamo introdotti alle vicende della ricca famiglia Pemberton, la cui unica sopravvissuta è la vecchia e malata Lady Pemberton, che avendo scoperto che il marito ebbe un figlio o figlia fuori dal matrimonio, inizia a mettersi sulle sue tracce, in quanto unico erede della casata. In molti si mettono a cercare l’erede, avidi e speranzosi di guadagnarci il più possibile, a partire dalla madre Badessa, poi gente di malaffare e false persone oneste come il signor Peabody, avvocato della nobile famiglia.
Roderick intanto viene accolto nella casa di un pescatore, cosa che gli permetterà di iniziare ad imparare un mestiere e a rimanere coinvolto i rocambolesche avventure marinare.
Intanto la madre Badessa e l’avvocato mettono in atto infiniti tentativi, con i modi più sordidi, di sottrarre i beni alla famiglia Pemberton, arrivando a spacciare un orfano qualunque per l’erede.
Dopo il ritorno di Roderick, pagine cariche di intrighi, amicizia, momenti tristi, finalmente la verità sarà scoperta in un finale che comunque riesce a far sorridere e a non essere del tutto scontato o banale.

Il romanzo è a dir poco eccezionale, sotto mille punti di vista.

La cosa più sbalorditiva è che pagina dopo pagina sembra di essere immersi nelle vecchie storie che tanto ci affascinavano da bambini (London, Stevenson, Dickens, Salgari, …), ma al contempo rimanere rapiti da un qualcosa di nuovo, gustoso, originale.
Questa è una delle più caratteristiche peculiarità di Mari, uno dei suoi pregi più mirabili: riesce a narrare qualcosa che già conosciamo, a costruire retelling, ma con il proprio particolarissimo stile e in maniera tale da regalarci una storia completamente nuova.

È incredibile come possa un romanzo che ricalca i tratti del romanzo d’appendice, ripropone i modelli del romanzo d’avventura ottocentesco, un libro che quindi se guardato nella sua essenza non ha niente di originale, in realtà è una boccata di aria fresca, qualcosa di cui si sentiva il bisogno, ed è capace di tenere lettore incollato alla pagina mai un momento di noia.

Mari riesce a omaggiare e a prendere ispirazione dai grandi romanzi classici di avventura, ma non solo, ma mettendoci tutta la sua arguzia e poetica, condendo i personaggi con una tridimensionalità e un carisma da renderli memorabili.
Il retelling, il citazionismo, la parodia raggiungono un tale grado di perfezione da trasformare la storia che si ha tra le mani un oggetto autentico.

L’apparato immaginifico, alle strutture narrative, l’intonazione del narratore (ironico, sornione, prodigo di complici apostrofi al lettore) è così naturale, che i richiami letterari passano immediatamente in secondo piano, lasciandoci immersi nella vicenda pura e semplice di Roderick Duddle, che sembra così vera da poter davvero essere accaduta in qualche cittadina ottocentesca inglese. O, meglio, uscita da un romanzo popolare di quel tempo.

Assolutamente imperdibile e meraviglioso.
Profile Image for cristina.
51 reviews1 follower
Read
September 16, 2017
Sta lì sul comodino, ci lanciamo sguardi insofferenti, e dai che sei a un terzo sembra dirmi lui, si ma quanto non mi piaci gli faccio capire io! Non mi incuriosisci, non mi susciti un battito di ciglia, ma inesorabili sbadigli, anche se ti hanno scritto molto bene. Anzi sai che faccio, ti ripongo così evitiamo di romperci a vicenda.
Profile Image for Hex75.
986 reviews57 followers
February 4, 2018
e ora qualcosa di completamente diverso: un romanzo d'avventura vecchio stile ma scritto oggi, diviso in capitoletti (tipo pubblicazione a puntate) e col suo carico di orfani (pure scambiati tra loro), avventure, vecchi buoni e sapienti, ambientazioni gotiche, bettole sordide, un convento (sordido come la bettola principale, come si vedrà), assassini misteriosi ma con una loro strana etica, agnizioni (a ripetizione, pure), marinai balenieri e (quasi) pirati, monili ereditati da parenti e dal grande valore, ricatti, tempeste, usurpatori, servette buone, sacrifici, investigatori (non sempre) brillanti, momenti da lacrimoni e morti. taaanti morti.
però ci son pure sfumature che lo rendono non proprio degno dell'ottocento, ma che aggiungono ulteriore divertimento.
il finale poi è un "tutto è bene quel che finisce bene"(che ovviamente non può mancare: è un romanzo d'avventura, no?) assolutamente improbabile e scorrettissimo che decisamente avrebbe fatto inorridire gli scrittori di avventure "classiche".
come credo abbiano notato quasi tutti: mari a scrivere il libro si deve essere divertito un mondo.
ma se dicessi che non mi sono divertito pure io mentirei.
Profile Image for Marica.
403 reviews206 followers
September 26, 2017
Il Malfrodito
I lettori hanno commentato: finalmente Mari non scrive come se fosse Mari (ma compare, novello Hitchcock), oppure: non sembra proprio Mari, piuttosto Stevenson + Dickens. Io sono in parte d’accordo con questi ultimi e non ne sono stata contenta, perché Mari mi diverte tantissimo e all’inizio questo libro mi ha deluso ed annoiato. Inoltre, dopo La stiva e l’abisso, mi pareva minestrina annacquata, con i semini di mela mooolto scotti (sono più digeribili? No). Ma piano piano il libro si trasforma in un’opera di Quentin Tarantino e Almodovar riuniti, non riesco a star dietro ai legulei e amministratori sacrificati ma mi diverto parecchio, I personaggi migliori sono il Malfrodito e l’oste della malora, hanno personalità complesse e doti insospettabili: l’intreccio è tale che la cosa che desta più stupore è la finezza filosofica del Malfrodito, oltre all’audacia e alla capacità di manipolare gli altri. Anche degno di menzione Lafayette (non quello…), personaggio che in pieno XIX secolo si veste di sete carminio o turchine, mostrando chiaramente di avere sbagliato varie cose nella sua vita, fra le quali certamente il secolo. Me lo vedo con la parrucca incipriata e le scarpe col tacco alto agitare il fazzolettino profumato. Mari è molto buffo quando ordisce intrighi sessuali discutibili, ma, come facevano le scrittrici rosa anni ’30 tipo Liala, si limita ad accompagnare la coppia sulla porta della stanza che conoscerà il loro amore e si rivolge ammiccando al lettore, dicendo che non vorrebbe superare la misura. Credo che Mari si sia divertito molto a scriverlo, facendo un bel pastiche di tutti gli ingredienti sulla mensola. Però io preferisco il solito Mari….
Profile Image for Arwen56.
1,218 reviews325 followers
December 9, 2016
La scrittura è indubbiamente impeccabile, vera musica per le orecchie del lettore, considerando anche che l’autore imita e riproduce con efficacia i toni del romanzo d’avventura ottocentesco, compresi i frequenti ammiccamenti verso il lettore. Anche la struttura, con i suoi brevi capitoli, che raramente superano le quattro o cinque pagine, richiama alla mente le pubblicazioni a puntate sulle riviste dell’epoca. E non solo, l’illusione di star leggendo un’opera originale, tratta dalla lingua inglese, è rafforzata dalla presenza di alcune note che suggeriscono l’idea che il testo sia stato tradotto da quell’idioma. Un lavoro accurato e minuzioso, direi.

Ma, per quanto mi riguarda, i pregi terminano qui, perché la storia in sé è davvero miserella e limitata, tanto che, talvolta, mi sono persino annoiata. Manca completamente la forza narrativa, i personaggi restano confinati nello stereotipo e non coinvolgono, perché in questo gioco di imitazione finiscono per diventare copie di copie e persino il “bene” e il “male” appaiono quali simulacri di concetti sovrapponibili, anziché antitetici, tant’è che il finale praticamente giustifica sia il tentato omicidio, sia l’assassinio vero e proprio. Dickens non l’avrebbe mai fatto, a mio modesto avviso.

Dunque, l’artificio sotteso alla narrazione non resta, come dovrebbe essere, nascosto, bensì appare talmente evidente da renderlo praticamente inefficace, perché fallisce proprio laddove avrebbe dovuto dimostrare la sua maggiore forza: la storia in sé. È come se Michele Mari si fosse concentrato così tanto nei dettagli da perdere completamente di vista l’obiettivo finale.
Profile Image for Anna [Floanne].
623 reviews299 followers
July 25, 2017
Che meravigliosa avventura! Degno dei più grandi nomi della letteratura per ragazzi, questo libro convoglia in sè un po' di tutti: Dickens, Fielding, Stevenson sembrano riaffiorare tra le pagine accompagnando Roderick (e una schiera di personaggi indimenticabili) in questa avventurosa commedia degli equivoci, alla ricerca di un medaglione prezioso. Tra inganni e malintesi, trame e sotterfugi, la voce dell'autore guida sapientemente il proprio lettore rivolgendosi ad esso con simpatica ironia. Il risultato è un romanzo coinvolgente, divertente, intelligente e dotato di quel guizzo di genialità che già avevo avuto modo d'incontrare in Io venìa pien d'angoscia a rimirarti" e che mi ha fatto venire una gran voglia di leggere tutto quello che Michele Mari ha scritto. Voto: ★★★★★
Profile Image for La mia.
360 reviews33 followers
August 12, 2015
Ci sono libri di cui non comprendo la ragione d’essere, e questo pregiudica la mia capacità di giudizio.
Ho iniziato il libro di Mari senza nemmeno preoccuparmi di sapere di cosa parlasse, semplicemente perché avevo apprezzato Verderame e volevo approfondire la conoscenza. Probabilmente se avessi letto meglio la trama avrei scelto altro, o forse no, non avrei capito, pensando di ritrovare il Mari di Verderame. Questo libro invece è altra cosa. E’ probabilmente un progetto a cui Mari teneva, e lo posso dedurre dal folgorante incipit e dal sogno finale di Roderick. Le prime pagine mi hanno affascinato, pensando avrei ritrovato nuovamente la straniante confusione tra Roderick e Michele. Purtroppo ciò non è stato, e mi sono ritrovato immerso in un romanzo d’appendice, scritto “come se”. Come se fosse stato scritto da uno scrittore inglese dell’800, come se fosse stato tradotto (con tanto di NdT!). Stile impeccabile, storia a tratti originale, anche se la base è classica, scrittura briosa e divertente. Si, ma… Ma cosa me ne faccio di un simil Stevenson scritto da un italiano mio coetaneo? E’ questo che non capisco. Posso capire la passione di Mari nello scriverlo, la sua attenzione ai dettagli, la sua voglia di essere autore e protagonista di una storia di avventure come quelle che probabilmente ha amato da piccolo. Ma io lettore? Mi sento come se avessi pagato il biglietto per vedere una bellissima copia di un Caravaggio fatta da un pittore vivente. Ripeto, una bellissima copia, ineccepibile sotto ogni profilo estetico, storico, pittorico. Ma una copia. E non capisco.
Profile Image for Elalma.
875 reviews97 followers
January 12, 2015
Sono state pagine di puro godimento. Che fossero piene di ammiccamenti al lettore, di citazioni raffinate lo immaginavo, quel che non immaginavo è che si armonizzassero così bene con una storia di avventura, iperbolica, esagerata e divertente.
Profile Image for Fran.
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July 16, 2017
Non proprio romanzo di formazione, ma quasi.
Non proprio romanzo di avventura, ma quasi.
Piacevole, ma a tratti anche noioso.

Quel che è sicuro è che a Mari la fantasia non fa difetto.
Profile Image for ferrigno.
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June 10, 2014
L'isola del Tesoro? Vorrei ma non posso.

Tempo fa, in un libro di Christopher Lash intitolato "La cultura del narcisismo" ho trovato una sintomatologia dello scrittore narcisista, riconoscibile dalla tendenza a oscurare la narrazione con i propri dilemmi letterarii o tormenti personali, e a non riconoscere garanzie sulla propria opera di finzione, incoraggiando il lettore a non credere a quello che legge.

Michele Mari è un caso da manuale e il suo personale tormento letterario è riassumibile con la frase "Vorrei ma non posso". Che suona un filo ipocrita, perché tutto sommato, scrivere un romanzo d'avventura è esattamente quello che alla fine ha fatto, anche se cerca di nascondere l'esito dietro cervellotiche trovate autoassolutorie.

Magari non ci avete capito nulla. Il fatto è che, se ho ragione, Mari è uno un po' contorto.

Vuole scrivere un romanzo d'avventura, dove un bambino sia sballottato tra situazioni letali quanto romanzesche: omicidi, tesori da trovare, ammutinamenti, intrighi.

Lo vuole fortissimamente: basta leggere Tu sanguinosa infanzia per capire quanto Mari ami Conrad, Stevenson, Melville.
Vuole, ma crede di non potere. Perché crede di non potere? Umberto Eco, nelle postille al nome della rosa scrive:

«Penso all'atteggiamento postmoderno come a quello di chi ami una donna, molto colta, e che sappia che non può dirle "ti amo disperatamente", perché lui sa che lei sa (e che lei sa che lui sa) che queste frasi le ha già scritte Liala. Tuttavia c'è una soluzione. Potrà dire: "Come direbbe Liala, ti amo disperatamente". A questo punto, avendo evitata la falsa innocenza, avendo detto chiaramente che non si può più parlare in modo innocente, costui avrà però detto alla donna ciò che voleva dirle: che la ama, ma che la ama in un'epoca di innocenza perduta.»

Mari segue alla lettera questa considerazione, anzi, la esegue. Il suo romanzo è tutto un "come dice Dickens...", "come dice Stevenson...", "come dice Melville..." eccetera.
Vorrei ma non posso. Sto solo citando. Questo non è un romanzo, è un divertissement, un gioco cervellotico.

Ho capito, Mari. Però così mi distrai. Se tu credi di non avere l'innocenza per scrivere un romanzo d'avventura ottocentesco, io credo di poter trovare l'innocenza per leggerlo. Inoltre, come spiega Borges in "Pierre Menard, autore del Don Chisciotte", se anche riscrivessi parola per parola L'isola del tesoro, questa sarebbe L'isola del tesoro di Mari, per chi legge OGGI. E invece hai prodotto questo scherzo di cattivo gusto, in cui gli ammiccamenti dell'autore sono così insistenti da risultare fastidiosi, le citazioni così frequenti da distrarre e la presa di distanze così palese da togliere il gusto della lettura.

Purtroppo Mari è torbidamente compiaciuto da questa posa. Tanto da inserire nel racconto un paio di borghesi che tra un "vorrei ma non posso" e l'altro, vengono (uno metaforicamente e l'altro letteralmente) inculati dalla propria ossessione.

E il sospetto è che quella, esattamente quella sia la sua massima aspirazione.
Profile Image for Martina Cersosimo.
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August 17, 2017
come risolvere il problema del blocco del lettore, quando qualsiasi cosa inizi non sembra degna di essere letta. Un bellissimo romanzo di formazione e d'avventura che, confesso, mi ha strappato anche qualche lacrima.
Bravo Michele Mari.
Profile Image for Ubik 2.0.
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August 14, 2014
Perché allora non rileggersi L’isola del tesoro o Billy Budd o Martin Eden?

Man mano che si procede nella lettura di “Roderick Duddle” viene spontaneo chiedersi cosa abbia spinto uno scrittore contemporaneo, sia pure un autore che sembra avere improntato la sua carriera ad una risoluta versatilità, a riproporre trame, tematiche, stile e consuetudini tipici di un romanziere ottocentesco, in particolare nel filone avventuroso caratteristico di Stevenson o Jack London.

La risposta risiede probabilmente in uno dei più significativi racconti della bellissima raccolta “Tu sanguinosa infanzia” intitolato “Otto scrittori”, nel quale Mari rivive a modo suo e ci comunica tutta la propria sfrenata passione adolescenziale per quel genere narrativo e per il mondo fantastico che tali storie evocavano (chissà se evocano ancora…) nella fantasia dei lettori più giovani.

“Roderick Duddle” è dunque un tributo elaborato in età matura, quando non è più sufficiente il trasporto della lettura ma, per uno scrittore dotato di talento come Mari, sopraggiunge l’audace desiderio di ricrearne ex novo l’atmosfera.

Ed è così che l’autore ci porta in locande malfamate, magioni nobiliari, conventi misteriosi nelle terre immaginarie di Cork, Fenham, Glerenmouth, abitate dai personaggi che è logico aspettarsi in quei luoghi: avventurieri, ragazzi coraggiosi, balordi senza scrupoli, donne perdute, sicari professionisti o improvvisati e infine, proprio quando si comincia a sentirne la mancanza, il mare, la ciurma, la tempesta, l’ammutinamento, la “tre alberi” sul cui equipaggiamento e velatura Mari si diverte a riesumare la terminologia di prammatica, il pappafico, il trinchetto, il parrocchetto e tutte le azioni marinaresche connesse.

Tutto questo materiale, padroneggiato con indubbia sicurezza narrativa, avvolge un’intricatissima vicenda di ricatti, sotterfugi, intrighi nella quale il lettore, cui spesso il narratore si rivolge direttamente col tipico vezzo del racconto d’avventura, finisce inevitabilmente per smarrirsi, tanti sono i personaggi che appaiono sulla scena e vi scompaiono (non di rado in modo violento!)

Pur facendoci letteralmente portare in giro, e per più volte, nei luoghi sopra menzionati e quindi legare fino in fondo a questa infinita caccia al tesoro, alla fine viene da domandarsi se non si sia trattato in definitiva di un puro e semplice “divertissement” (e non ho dubbi che Mari si sia divertito alquanto nel costruirlo), una flebile illusione che svanisce un attimo dopo la parola fine, e soprattutto perché leggere Roderick Duddle piuttosto che rileggersi L’isola del tesoro o Billy Budd o Martin Eden?
Profile Image for Gauss74.
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August 22, 2017
Probabilmente a causa dell'ego smisurato di cui a mio avviso ha dato prova in tutti i suoi libri precedenti, Michele Mari si lascia molto influenzare nella scelta degli argomenti dalle sue esperienze di vita: il contatto con l'opera di Robert Louis Stevenson non poteva non causare una bruschissima sterzata nello sviluppo della produzione di questo promettente scrittore.
"Roderick Duddle" a prima vista sembra essere proprio una (piacevolissima) riscrittura dei romanzi di avventura ottocenteschi di cui "L'isola del tesoro" è stato forse il successo più brillante. Lo si vede a partire dal personaggio principale (Roderick appunto), dall'ambientazione marinaresca, dalla rivisitazione degli elementi topici del genere (per esempio l'ammutinamento); arrivando alla citazione esplicita, quasi virgolettata.
Ma è una somiglianza solo esteriore, perchè Mari non intende rinunciare affatto alle caratteristiche peculiari della sua scrittura: dal gusto della citazione erudita al caratteristico Humour nero che aveva trovato in Fantasmagonia i suoi esiti migliori. Girando le pagine di "Roderick Duddle" ho avuto la sensazione di avere alternativamente davanti il miglior Wodehouse ed il peggior De Sade. Per la eccellente gestione della ingarbugliatissima e paradossale vicenda vissuta da personaggi sempre più strampalati, però sempre più caratterizzati da gusto del sadico e della perversione sempre più spinti.
Farò sempre fatica a dare il massimo dei voti a Mari, perchè sono convinto che uno scrittore dovrebbe trovare l' umiltà ed il modo di farsi da parte nel raccontare una storia, ma questo signore dall'ego ipertrofico davvero non ce la fa. Inopportuni inserimenti, riferimenti al lettore, sbrodolanti passaggi autocelebrativi non cessano di comparire pagina dopo pagina.
Sono assolutamente convinto che l'incontro con la narrativa d'avventura abbia migliorato di molto la scrittura di Mari, e per questo il libro è assolutamente consigliato. Ma per arrivare alle mie 5 stelle il palloncino deve darsi una sgonfiata. Alla prossima volta.
Profile Image for Bobparr.
1,127 reviews85 followers
October 3, 2017
Bello, bello, bello. L'ho detto che mi è piaciuto? Forse no: bello proprio.
Trama labirintica, capitoli brevi e ogni tanto muoiono anche i buoni, come nella vita vera. Alla fine mi è dispiaciuto vederlo finire: ero pronto per altre 2/300 pagine. Perché Mari scrive bene, e lo sa, e ci strizza l'occhio ogni tanto e la cosa non può che fare piacere.
Non si può che consigliare a chi non sa di amare i romanzi di avventura: può darsi che dopo questo scopra un mondo nuovo.
Profile Image for Simona.
961 reviews225 followers
July 15, 2017
La trama potrebbe ricordare alcuni celebri romanzi della letteratura inglese della seconda metà dell'800. Roderick Duddle è un giovane orfano di 10 anni che conduce una vita molto sventurata e le cui avventure potrebbero far tornare alla mente Oliver Twist, romanzo Dickensiano.
L'umanità, descritta da Mari, è multicolore e ricca di personaggi variegati: si va da malfattori ai ladri sino ai bugiardi e alle prostitute. Una umanità di esseri reietti e assetati di denaro che conducono una vita cupa e allo sbando.
Vi sono continui cambi di scena e di ambientazione che non sempre permettono di seguire la storia nel modo migliore Una storia, a tratti prolissa e ripetitiva, ma godibile per conoscere l'arte narrativa di Mari.
Profile Image for Alessio.
57 reviews25 followers
August 3, 2017
Dickensiano, stevensoniano e chi più ne ha più ne metta, ma pur sempre Michele Mari.
Profile Image for charta.
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August 31, 2017
In verità... io... mi chiamo Michele Mari. Mi prendi per scemo? Affedidio che ti farò assaggiare il mio staffile, pendaglio da forca! Ma davvero, io... Silenzio, canaglia! Non è ancora nato il gaglioffo capace di menare per il naso il vecchio Salamoia, cosa ne dici Scummy? [...] Certo, certo. E non vieni, sempre per caso, non vieni da Castlerough? Oh no, signore, chiunque vi può dire che vengo da Milano. Come no, come no! E sarebbe dove, 'sto posto? Nel mar minimalista Mari spicca per andare contro corrente con potenti bracciate. Al punto che l'incipit del libro inizia con sé medesimo in persona. Ne vedremo delle belle... Quando incomincio a scrivere non so mai quanto scriverò e dove arriverò, e spesso la sera non ho la minima idea di ciò che scriverò l'indomani. Scrittore, dunque artista, il nostro pensa per immagini anche durante la veglia, il che non meraviglia. Questo romanzo, ambientato in luoghi di fantasia di una credibilissima Inghilterra vittoriana, è più intricato di una telenovela. Personaggi e situazioni si infittiscono e complicano con grande inventiva e al contempo estrema plausibilità. Alita in ogni pagina lo spettro di Long John Silver, che sembra quasi reincarnarsi in mister Jones, pirata di terra e non di mare, tagliagole, cinico affarista, pur con qualche perversione masochista, ma un lato insospettabilmente romantico, Roderick e il suo doppio - il muto Michael - ricordano da presso, nel candore, l'intelligenza e l'innata dirittura morale il Pip di "Great expectations", Pip si chiama il marinaio che introduce Roderick alla scoperta della vela e della navigazione, la Badessa una Miss Havisham al quadrato mentre le perversioni di Suor Allison, avvenente e dissoluta "arma frodito" o "malfrodito", con le sue scorribande fra le orfanelle e il godimento provato nell'ostentare la propria anatomica bisessualità, farebbe degna figura nei migliori fabliaux di Jean De Condé. D'altronde in Mari i libri chiacchierano sempre incessantemente fra loro, scambiandosi ammiccamenti osmotici a partire dagli stessi titoli di ogni capoverso. Stevenson e Dickens balzano immediatamente all'occhio, ma anche uno sguardo più distratto non può esimersi dal ricordare il senso di straniamento provato da Gordon Pym nel vivere l'andar per mare di Roderick. La trama vieppiù stratificata riprende la tecnica del romanzo d'appendice; il narratore non è onnisciente ma umile Virgilio del lettore. Pur indugiando, con un autoironico compiacimento, a una gran messe di forestierismi qui Mari più che con lingua gioca con la letteratura. Ma senza affettazione alcuna bensì creando un ritrovarsi felice del lettore fra volti noti. Un Mari accessibilissimo ed il cui stile non allontana, come talvolta invece può (potrebbe) accadere per chi al neoclassico preferisce la linearità totale dell'architettura umanista. Perizia tecnica, immensa capacità affabulatrice che incolla alle pagine, accensione della credulità. Soprattutto curiosità, il motorino d'avviamento che fa partire la scintilla necessaria per intraprendere qualsivoglia viaggio. Gli ultimi uomini rimasti a terra saltarono al volo sulle biscagline e montarono sul ponte come gatti. [...] (Pip) gli spiegò la differenza che c'è fra una corda, un canapo, una cima, una gomena, una scotta, un alabasso, un matafione; fra un bozzello, un gavitello e una bigotta; fra un pennone, un'antenna, una traversa, una randa, una crocetta e un picco. [...] Finché la "Rebecca" non fu lontana dal porto la sua attenzione fu interamente rivolta alla nave stessa e alla sua proiezione verticale, con quella incredibile miscela di legno, tela, corda e "frammenti di cielo". [...] Quando abbandonò la sua postazione accanto al boccaporto di poppa per spingersi alla murata di dritta, e finalmente guardò giù, a quell'acqua "tagliata" che reagiva alla ferita schiumando [...] allora Roderick lo vide, vide il mare come non lo aveva mai visto, ceruleo e colore del vino come quello di Omero, il mare degli eroi, delle sirene e dei mostri.
Profile Image for Frabe.
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September 21, 2017
In questo “Roderick Duddle” Mari ha giocato, divertendosi, a fare il Dickens-Stevenson. Nella mia lettura sono passato rapidamente da perplesso a critico, poi da stanco a totalmente concorde con il personaggio di pagina 462: “Il giudice Bonham non ne poteva più di quella storia che fra adozioni, affidamenti, cavilli araldici, episodi di sangue, diffide, persone scomparse e pretese ereditarie si era avvolta su se stessa fino a formare un groviglio inestricabile”. A pagina 485 ho dunque ben accolto la parola “Fine”. Diciamo, essenzialmente, che non capito il senso di questa operazione retrò (molto retrò) dell'autore, al di là del puro esercizio letterario; e poi che ho sentito il romanzo lontano anche per una questione di età (sono anziano, e durante la lettura il bambino dentro di me evidentemente dormiva). Una cosa è certa: al Mari che fa (rifà) il Dickens-Stevenson preferisco decisamente il Mari che fa il Mari.
Profile Image for L'amaca di Euterpe.
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April 11, 2018
Abbandonato a poco meno della metà per il fastidio che mi provocava la lettura.
Leggere un libro di maniera per far vedere quanto uno scrittore voglia dire "guardate come sono bravo a scrivere un romanzo a puntate e a strizzare al lettore smaliziato odierno" mi infastidisce.
Difficilmente abbandono un libro e quando capita è perché ho ben oltre superato il limite del fastidio.
"Sicuramente non lo avrò capito io", vi dirò, ma la vita è troppo breve per leggere libri che provocano repulsione alla lettura.
Profile Image for blue solange.
71 reviews8 followers
January 3, 2025
4.5 🌟

Apostrofi, che passione! - Fenomenologia della metanarrazione

Mio mirabile scrittore, un’altra appassionante avventura si é conclusa e il modo in cui mi appresto a salutare la ciurma della Rebecca, i frequentatori dell’Oca Rossa, i loschi, i santi, i perversi o le buon anime della provincia di Fenham non sarà privo di affetto e dolceamara nostalgia…
Abbiamo riso (tanto) e abbiamo trattenuto il fiato, abbiamo detto addio; ci siamo affezionati, ci siamo arrovellati, ci siamo ritrovati in un’infanzia perduta, nei classici senza tempo, nel doppio del doppio del doppio.

E di certo non serbo rancore se a volte ti sei preso gioco di me, mio volubile timoniere, perché so bene che tutti gli appellativi - talvolta poco lusinghieri - che mi hai rivolto non rappresentano quel che sono ma quello che mi chiedevi di essere, pegno della tua complicità… e che avventura sarebbe, senza calarsi nelle mille sfaccettature umane?
Non starò qui a far lo schizzinoso né a proferir giudizi, ben vengano bordelli, scelleratezze e machiavellici intrichi… perché poi “uscimmo a riveder le stelle”.
E già, mio scaltro e compiaciuto maestro, non sei il solo a cedere al fascino di qualche citazione! E che calore, che desiderio nel percepire la compagnia di altri Flint, altri Lennie, altre Pequod, altri ciottoli e altro fango vittoriano! E chi sa che più!

Ma non vado oltre e qui mi congedo, per non incorrere - a causa della mia infinita inesperienza - nel temibile tedio di cui potrei esser la causa: “di quel mostro impalpabile tu sai, lettore, i triboli,
ipocrita lettore, mio simile, fratello” mi apostrofa anche il vecchio Baudelaire.
In attesa del prossimo viaggio, pronto a levar l’ancora e a rendere servizio, capitano Michel Murry (… Roderick Mari?).

Il tuo fedele e affezionato lettore, e che i merli appaiano presto
Profile Image for Martina S..
102 reviews2 followers
August 16, 2020
Libro abbandonato e poi ripreso in mano due anni dopo e terminato in pochi giorni.
Questo è un romanzo davvero insolito, fatto praticamente tutto da una trama complessa, avventurosa e in stile dickensiano, con un narratore onniscente, quasi petulante, con una punta di autoironia e un tono irriverente moderni. Comunque è un libro divertente e di intrattenimento puro, la seconda parte sicuramente più naturale e scorrevole della prima.
Mari è un grande autore dalla cultura sconfinata, e questo è un po' il suo pregio e il suo limite, ho trovato fastidioso che in tantissimi punti di questo romanzo ci vengano addirittura additate le citazioni, le simmetrie di struttura, i riferimenti.. insomma si fa praticamente critica da solo. In più se avessi bevuto uno shot ogni volta che si tirava in ballo il lettore sarebbe stata una sbornia senza fine.
Profile Image for Divara.
241 reviews19 followers
September 22, 2019
Ma quanto è bello leggere un libro così, omaggio scanzonato ai grandi libri di avventura o di formazione inglese del XIX secolo, un gioco consapevole tra lettore e scrittore che diverte tanto chi lo legge quanto chi lo ha scritto.
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