Questa edizione delle poesie di Anna Ahmàtova (o Achmàtova, a seconda del tipo di traslitterazione) per la prima volta propone in italiano la mole completa del corpus poetico. Le edizioni italiane pubblicate finora sono sedici, sempre scelte molto parziali, in cui compaiono al massimo un centinaio di liriche, scelte dal curatore, sul totale di circa 850 che sono presenti qui. Qui sono stati omessi soltanto le filastrocche e i componimenti propagandistici, due filoni che non appartengono alla poesia intesa in senso artistico. Inoltre, a quanto ne so, è la prima volta che se ne tenta una versione metrica. Cerco di spiegare perché l’ho fatto. In questo libro (e quindi nella mia visione), il metro è la dominante assoluta delle poesie di Anna Ahmàtova. Anche nelle intenzioni dell’autrice questo aspetto sembra molto importante. In una poesia del 1946, in cui racconta di avere barattato «quella sera» per la sua fama, scrive che [...] né vie né strofe chiamano «ahmatoviane». Il riferimento implicito è alla onéginskaâ strofa, ossia la strofa onieghiniana, il verso impiegato da Puškin per il poema Evgénij Onégin, un tetrametro giambico, ossia un verso di otto sillabe divise in quattro gruppi di due, di cui la seconda sillaba è sempre accentata. Questo accenno narcisistico mostra l’importanza che riveste il metro nella creazione ahmatoviana.
Personal themes characterize lyrical beauty of noted work of Russian poet Anna Akhmatova, pseudonym of Anna Andreevna Gorenko; the Soviet government banned her books between 1946 and 1958.
People credit this modernist of the most acclaimed writers in the canon.
Her writing ranges from short lyrics to universalized, ingeniously structured cycles, such as Requiem (1935-40), her tragic masterpiece about the Stalinist terror. Her work addresses a variety of themes including time and memory, the fate of creative women, and the difficulties of living and writing in the shadow of Stalinism. She has been widely translated into many languages, and is one of the best-known Russian poets of 20th century.
In 1910, she married the poet, Nikolay Gumilyov, who very soon left her for lion hunting in Africa, the battlefields of World War I, and the society of Parisian grisettes. Her husband did not take her poems seriously, and was shocked when Alexander Blok declared to him that he preferred her poems to his. Their son, Lev, born in 1912, was to become a famous Neo-Eurasianist historian.
Nikolay Gumilyov was executed in 1921 for activities considered anti-Soviet; Akhmatova then married a prominent Assyriologist Vladimir Shilejko, and then an art scholar, Nikolay Punin, who died in the Stalinist Gulag camps. After that, she spurned several proposals from the married poet, Boris Pasternak.
After 1922, Akhmatova was condemned as a bourgeois element, and from 1925 to 1940, her poetry was banned from publication. She earned her living by translating Leopardi and publishing essays, including some brilliant essays on Pushkin, in scholarly periodicals. All of her friends either emigrated or were repressed.
Her son spent his youth in Stalinist gulags, and she even resorted to publishing several poems in praise of Stalin to secure his release. Their relations remained strained, however. Akhmatova died at the age of 76 in St. Peterburg. She was interred at Komarovo Cemetery.
There is a museum devoted to Akhmatova at the apartment where she lived with Nikolai Punin at the garden wing of the Fountain House (more properly known as the Sheremetev Palace) on the Fontanka Embankment, where Akhmatova lived from the mid 1920s until 1952.
Il testo raccoglie tutte le poesie dell'autrice, è interessante, dopo aver avuto una panoramica sulla vita dell'autrice, conoscerla attraverso i pensieri che ha messo su carta e che sono ordinati cronologicamente. Vi è tutto: vita privata, pubblica, politica, guerra, natura, arte, pensieri sul mondo.
"Come con un enorme mantello pesante hanno oppresso il petto debole. Pagherei oro zecchino per fare un sospiro, uno solo! per tirarmi su dai cuscini, rivedere lo spazioso laghetto, rivedere le cime degli abeti grigio azzurri le nuvole che nuotano. Accetto tutto: disperazione e dolore, perfino la compassione più forte. Solo non lasciar cadere sopra la mia faccia il mantello polveroso del pentimento."
"A fine inverno ci son giorni così: sotto la folta neve dorme il prato, allegri frusciano gli alberi secchi, e il vento tiepido è dolce e molle. E di levità sua stranisce il corpo, e a stento riconosci casa tua, e la canzone che ieri t'annoiava canti commossa come fosse nuova."
"In ricordo del 19 luglio 1914 Siamo invecchiati cent'anni, e questo è successo in un'ora: la breve estate stava già finendo, fumava il corpo delle pianure arate. D'un tratto s'è riempita di colori la strada tranquilla, il pianto è volato, con squilli argentei. Faccia coperta, supplicavo Dio di uccidermi prima della prima battaglia. Dalla memoria, in quanto peso ormai superfluo, le ombre delle canzoni e delle passioni sono scomparse. L'Onnipotente ha ordinato a lei -svuotata- di diventare il libro orrendo delle notizie minacciose."
"Che noia difendere gli altri da me stessa, che noia invocare il favore degli amici degli altri."
"Dante Dopo la morte non è tornato alla sua vecchia Firenze. Lui andandosene non s'è voltato, a lui dedico questo canto. Torcia, notte, ultimo abbraccio, oltre la soglia urlo brado del destino. La maledisse dall'inferno e in cielo non la dimenticava. Scalzo in camicia di penitenza con la candela accesa dalla sua anelata Firenze, non passò, traditrice, bassa, a lungo attesa..."
"Non appena muore una persona, si modificano i suoi ritratti. Gli occhi guardano in modo diverso e le labbra sorridono d'un altro sorriso. Me ne sono accorta mentre ritornavo dal funerale di un poeta. Da allora controllo spesso: la mia congettura è confermata."
"Vento puro agita gli abeti la neve pura copre i campi. Non sente più passi del nemico, la mia terra si riposa."
"Non so cosa mi abbia spinto allora sopra questi abissi."
"Se qualcuno ha paura di qualcosa quella cosa succederà, di nulla bisogna avere paura."
"Col tuono ti ricorderai di me, pensando: i temporali li voleva... il cielo apparirà scarlatto intenso e come allora sarà il cuore - in fiamme. Questo succederà quel giorno a Mosca in cui per sempre lascio la città e me ne vado al mio rifugio ambìto lasciando ancora un'ombra mia tra voi."
"Come una pietra bianca in fondo al pozzo, posato dentro me giace un ricordo. Oppormi un po' non posso e un po' non voglio: è divertente ed è una sofferenza.
Credo che chi mi guarda da vicino negli occhi subito se ne accorgerà. Diventerà più triste e riflessivo ascoltando la storia dolorosa.
Capisco che gli dei han trasformato persone in cose dotate di coscienza, per mantener l'incanto del dolore. Nel mio ricordo ti sei trasformato."
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"Se tu fossi musica ti ascolterei ininterrottamente, rilucerebbe il mio spirito svanito. Se fossi una stella, guarderei dalla finestra fino all'alba, e la pace mi entrerebbe nell'anima. Se tu fossi mia moglie, ti odierei subito, ti maledirei tre volte e scorderei per sempre, sarei immensamente felice con un'altra. Ma lei non è né questo né quello, né quell'altro... Che ne posso fare?"
Non berremo dallo stesso bicchiere L’acqua o il dolce vino, Al mattino non ci daremo baci, E a sera non guarderemo alla finestra. Tu il sole respiri, io la luna, Ma siamo vivi dello stesso amore.
Con te è sempre la tua gaia compagna, Con me il fedele, mio tenero amico, Ma vedo lo sgomento di grigi occhi, E del mio male sei colpevole tu. Lasciamo radi i nostri brevi incontri. Così ci è serbata la pace dalla sorte.
La tua voce soltanto canta nei miei versi, In quelli tuoi spira il mio respiro. Oh, esiste un fuoco che non osa Toccare né oblio né paura… E se sapessi come mi son care Ora le tue rosse, aride labbra.