As a boy growing up in rural Italy in the 1930s, Damìn is experiencing the first stirrings of adolescence when he accidentally sees his mother having sex with the local Fascist commandant. His pain, anger, and confusion are uncomfortably intertwined with a compulsion to watch them, which becomes an obsession.
Isolating himself from anyone who might help him understand what he’s feeling, he channels his fury into his javelin, getting better and better until he is a local champion. But his success is fleeting, as wholly confused and caught up in his own anger, he ends up betraying and humiliating his friends. The Javelin Thrower is the story of an erotic education turned tragic, poisoned by the darkness running through Mussolini’s Italy.
Paolo Volponi was an Italian writer, poet and politician. He is the only author to have won the Strega Prize twice, in 1965 for La macchina mondiale (trans. as The Worldwide Machine) and in 1991 for La strada per Roma. In 1960, he won the Viareggio Prize for Le porte dell'Appennino and in 1986 the Mondello Prize for Con testo a fronte.
Romanzo di formazione che racconta l’adolescenza ed iniziazione sessuale di un ragazzino a Fossombrone, provincia marchigiana, negli anni del fascismo. Damin a nove anni sembra un bambino felice che adora il nonno, artigiano “artista” vasaio, la madre, figura angelica e idealizzata e la sorellina, verso la quale ha un atteggiamento molto protettivo. Più distaccato verso il padre, persona mediocre che in contrasto col nonno, vuole industrializzare l’attività. Damin va in crisi quando scopre, dopo averla spiata, la madre in atteggiamenti intimi molto espliciti con Marcacci, gerarca fascista, anzi fascistissimo, sempre in divisa con tanto di stivali e pugnale d’argento. Da quel momento vive tormentato da una sorta di complesso di Edipo nei confronti della madre, che teme puttana, anche se è solo una donna in cerca di amore, come gli spiega il ciabattino che ogni giorno lo accoglie come amico in bottega istruendolo sull’universo femminile. Atteggiamento ambiguo anche nei confronti del Marcacci, ora odiato ora ammirato, grazie al quale diventa campione regionale del lancio del giavellotto. Gli anni passano ma Damin, che mostra lo stesso talento del nonno come vasaio, è un ragazzo troppo introverso per essere accettato dai compagni di scuola o di giochi, rimane bloccato nei rapporti con le donne, ambiguo nelle amicizie e morbosamente legato alla sorella, che, cresciuta, non può ne vuole costituire l’ideale femminile del fratello. Volponi questa volta scrive una storia costruita con pochi personaggi, lasciando la politica e il fascismo quasi sempre sullo sfondo. La trama si sviluppa in maniera lineare, con un linguaggio apparentemente semplice ma ricco di metafore (il pugnale, il giavellotto, la roncola nel tragico finale), capace di alternare senza problemi momenti lirici e solari per raccontare l’arte del vasaio ad altri decisamente più triviali con espliciti riferimenti sessuali nel descrivere una disastrosa educazione sentimentale. L’etica del lavoro e i tormenti del corpo, in mezzo un mondo grigio. Un romanzo minore dello scrittore ma che in qualche modo ha finito per catturarmi non fosse che per la facilità di lettura rispetto ad altri dello scrittore. E allora quattro personalissime stelle.
Non avevo mai letto nulla di Paolo Volponi, ma ora ho deciso che recupererò tutto. Questa storia è un romanzo di formazione (sentimentale, politica e sessuale) ambientato nelle Marche durante il regime fascista: lo stesso Volponi ha vissuto intorno agli anni Trenta nei pressi di Urbino e la precisione evocativa e poetica con la quale riesce a tratteggiare certi luoghi (Fossombrone, la Gola del Furlo) e certi episodi storici riesce a farci sentire lì presenti, accanto al piccolo protagonista, Damìn. Costui ha davanti a sé un percorso fatto di dolori e confusione, amori che sconfinano in un malato possesso e una profonda vergogna causata da una grave colpa commessa dalla madre. Proprio da questo grumo di sentimenti a lui incomprensibili si origina una vicenda tragica e affascinante, a tratti un po' scabrosa (consiglio la lettura a chi non si sconvolge facilmente), che porta il ragazzo inevitabilmente a schierarsi, prima o poi, dovendo scegliere tra il fascino virile del potere fascista e le parole accorate di chi ne evidenzia la prepotenza e i soprusi. Un libro che sa sorprendere a ogni cambio di scena, imprevedibile. E ricco di dettagli storici (i temi in classe, le scuole d'arte, le antiche fornaci, la guerra italiana in Africa, le competizioni sportive giovanili dell'epoca) da gustare.
— Ecco gli stivali! [...] Impiegano tanta pelle e suola solo per mostrare la prepotenza di chi li porta; la loro anima militare, autoritaria, sprezzante di tutto ciò che sta intorno [...] Con questo stupido tubo di cuoio duro, che da solo sembra il monumento del fascio, del suo vuoto e del suo nero, della sua voglia di arrivare dappertutto e distringere tutto [...] Mussolini riformista e socialista borghese, falso rivoluzionario, porta gli stivali... sempre... sembra nato con gli stivali. Ha gli stivali anche nella gola, nella voce... rimbombano le sue parole come dentro il tubo di uno stivale...
Un romanzo forte, a tratti scabroso, che racconta la mala educación sentimentale ed erotica di Damìn Possanza, un ragazzo infelice, bloccato di fronte alla scoperta dei tradimenti di sua madre, la bellissima Nora, con un gerarca fascista violento e gretto. Siamo a Fossombrone, nella provincia marchigiana descritta qui con colori vividi e una penna che si fa pittorica per inseguire l'attività di vasaio del nonno del protagonista e le straordinarie capacità di artista dello stesso Damìn, incapace tuttavia di trovare nell'arte la via di fuga dal proprio dolore. O semplicemente un modo per sublimare il desiderio edipico e possessivo verso sua madre prima e sua sorella poi, che della prima è una proiezione. Un romanzo che è una caduta a picco nella tragedia che incombe. Ho trovato bellissimi alcuni personaggi: Nora che emerge nello sguardo degli uomini che la desiderano, il nonno del protagonista e Occhialini due artigiani, resi umani dal lavoro e immuni dalle facili fascinazioni del fascismo. In certi punti il narratore (esterno) appare un po' troppo didascalico.
Eine Kleinstadt in den Marche bei Urbino, eine Jugend im faschistischen Italien der dreißiger Jahre, ein hochsensibler, innerlich verloren wirkender Knabe, der zum erzweifelten Zeugen des Ehebruchs seiner schönen, sanften Mutter wird, die der Verführung des lokalen Paradefaschisten Marcacci erliegt, von ihm sexuell ausgebeutet und dann verlassen wird...