Sembra un film ma è una storia vera, e inedita, di cui pochissimo si è scritto e parlato. Un infiltrato dentro Cosa nostra negli anni delle stragi e all'inizio della Seconda repubblica. Un uomo d'onore al servizio dello Stato. Oggi le rivelazioni di Ilardo - raccolte dal colonnello Michele Riccio - sono alla base di un processo in corso a Palermo che vede come principale imputato il generale Mario Mori. Nardo parla di patti e di arresti di capimafia ("In Sicilia i capi o muoiono o si vendono"). Fa i nomi. Cita Marcello Dell'Utri, "un esponente insospettabile di alto livello appartenente all'entourage di Berlusconi". Sembra una storia sudamericana, ma accade in Italia. Meno di venti anni fa. E oggi, dopo le rivelazioni del figlio di Vito Ciancimino, molti all'improvviso parlano. Ilardo nel 1994 nessuno lo ascolta - a parte il colonnello Riccio, che registra tutto. Ed è incredibile perché proprio l'infiltrato porterà gli uomini del Ros nel casolare di Provenzano. Perché il boss non fu arrestato? Dice Mori ai magistrati di Palermo: "Non ricordo... tenga presente che io ero responsabile di una struttura quindi avevo una serie di problematiche...". E il suo vice Mauro Obinu: "Abbiamo localizzato il casale... (va considerata) la difficoltà tecnica di entrare, in quanto era costantemente occupato da pastori, mucche e pecore". Risultato? Provenzano continuerà a trattare con i nuovi referenti politici della Seconda repubblica. Prefazione di Marco Travaglio.
Ci sarebbero milioni di cose da dire su questo libro. Mi limito alle considerazioni principali. Lo stile: inizia quasi come un romanzo, prosegue come una rigorosa inchiesta giornalistica. La storia: racchiude il cuore di tutte le vicende italiane almeno dal Secondo Dopoguerra in poi. È come se tutti gli elementi che la compongono vengano inseriti in un frullatore e si confondano in una poltiglia in cui non si possano più distinguere i buoni dai cattivi. Ancora, come ogni storia italiana, c’è qualcuno che cerca di dipanare la matassa che però viene ostacolato dalle stesse istituzioni di cui fa parte e (inevitabilmente?) fallisce. Il messaggio: è ormai chiaro che alcuni pezzi dello Stato abbiano consapevolmente favorito Cosa Nostra per ottenere vantaggi personali (per esempio in termini di ascesa politica, che ha riguardato anche un partito che è ATTUALMENTE AL GOVERNO e che di nome fa Forza Italia) o, nel migliore dei casi, un bene collettivo come la fine dello stragismo. Complimenti a Nicola Biondo, bravissimo giornalista investigativo. Mi auguro che prima o poi riusciremo a fare i conti con questa e tutte le altre vicende della nostra Storia.
Un’inchiesta necessaria per conoscere i reali rapporti che intreccia il potere. Rende palese che la pericolosità di un’associazione è direttamente proporzionale al potere che le si concede di esercitare nella realtà.
Ancora una volta un libro che dovrebbero aprire gli occhi a tutto l’elettorato italiano ma che, e ne sono sicura, è letto dai soliti pochi intimi. Lo consiglio a tutti quelli che amano veramente il nostro paese.
«Sembra un film, ma è una storia vera», purtroppo. Legalità e illegalità si mescolano, sino a non distinguersi più. Giochi di potere che mirano solo a mantenerlo e ad accrescerlo, quel potere. Potere e denaro guadagnati sulla pelle di tutti.
Un libro di grande interesse per la prospettiva dalla quale racconta la trattativa tra Stato e mafia. Molto amara la conclusione della vicenda umana di chi determinato a cambiare vita e scegliendo una strada richiosa e difficile è stato abbandonato e tradito da coloro che avrebbero dovuto proteggerlo.