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La figlia femmina

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Sensuale come una moderna Lolita, ambiguo come un romanzo di Moravia, La figlia femmina è il duro e sorprendente romanzo d’esordio della giovane scrittrice Anna Giurickovic Dato.
Ambientato tra Rabat e Roma, il libro racconta una perturbante storia familiare, in cui il rapporto tra il padre, Giorgio, e sua figlia Maria, nasconde un segreto inconfessabile. A narrare tutto in prima persona è però la moglie e madre Silvia, innamorata di Giorgio, ma incapace di riconoscere la malattia di cui l’uomo soffre. Mentre osserviamo Maria non prendere sonno la notte, rinunciare alla scuola e alle amicizie, rivoltarsi continuamente contro la madre, crescere dentro un’atmosfera di dolore e sospetto, scopriamo mano a mano la sottile trama psicologica della vicenda e comprendiamo la colpevole incapacità degli adulti di difendere le fragilità e le debolezze dei propri figli.
Quando, dopo la morte misteriosa di Giorgio, madre e figlia si trasferiscono a Roma, Silvia finalmente si innamora di un altro uomo, Antonio. La cena organizzata dalla donna per far conoscere il nuovo compagno a sua figlia, risveglierà antichi drammi, farà sanguinare di nuovo la ferita rimasta aperta. Maria è davvero innocente, è veramente la vittima del rapporto con suo padre? Allora perché prova a sedurre per tutta la sera Antonio sotto gli occhi annichiliti della madre? E la stessa Silvia era davvero ignara di quello che Giorgio imponeva a sua figlia?
"La figlia femmina" mette in discussione ogni nostra certezza: le vittime sono al contempo carnefici, gli innocenti sono pure colpevoli. È un romanzo forte, che tiene il lettore incollato alla pagina, proprio in virtù di quella abilità psicologica che ci rivela un’autrice tanto giovane quanto perfettamente consapevole del suo talento letterario.

125 pages, Kindle Edition

First published January 1, 2017

6 people are currently reading
486 people want to read

About the author

Anna Giurickovic Dato

6 books21 followers
Anna Giurickovic Dato è nata a Catania nel 1989, ha origini serbe, è cresciuta a Milano, ma vive tra Roma e Parigi. È avvocato, ha un dottorato in diritto pubblico, è scrittrice e sceneggiatrice.
Il suo romanzo d’esordio, La figlia femmina (Fazi Editore, 2017), è arrivato finalista al Premio Brancati 2018 ed è stato tradotto all’estero in cinque paesi (Francia, Germania, Spagna, Portogallo e Romania) ottenendo un largo successo di critica e pubblico.
Il grande me (Fazi Editore, 2020) è il suo secondo romanzo.
Ha collaborato con diverse testate tra cui Futura – Corriere della Sera, Repubblica, Il Foglio, Donna Moderna, La Sicilia, TPI – The Post Internazionale.
È autrice della serie tv di animazione per la RAI Giù dal nido, in onda su RAI YOYO.

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49 (7%)
Displaying 1 - 30 of 112 reviews
Profile Image for Michela De Bartolo.
163 reviews88 followers
January 16, 2019
Maria è una bimba figlia di un diplomatico, Giorgio, e di una donna solare, Silvia, che ama la sua famiglia. Vivono a Rabat dove Giorgio lavora e dove Silvia cresce Maria, tra il mercato centrale e le belle coste marocchine. Il tema centrale del problema viene mostrato subito al lettore, senza tanti giri di parole, senza suspense, senza attesa, Maria subisce una violenza dopo l'altra da parte di Giorgio il padre. In modo celato ed amorevole , spaventoso. La storia si srotola nel futuro che presto diventa presente: Giorgio non è più nelle vite di Silvia e Maria, che è ormai adolescente. Vivono a Roma e Silvia ha una galleria d'arte e un nuovo compagno, Antonio. Finalmente si è decisa a invitarlo a casa per pranzo e per conoscere la sua problematica figlia, Maria: aggressiva, rabbiosa, dolce, bella, deliziosa . Peccato che il pranzo prenderà una piega inaspettata, terrificante: Maria, la piccola e ingenua di casa, cerca di ammaliare e civettare con Antonio -che potrebbe essere suo padre- con piccole mosse, frasi, espedienti da far arrossire una seduttrice provetta. Silvia non è capace di reagire fino a quando mette fine al teatrino allestito dai due, in cui Antonio viene ammaliato . Per Maria è un gioco di seduzione, come quello che dovrebbe avvenire con i suoi coetanei ma che sceglie di compiere con persone più grandi fino a quando non si annoia e perde interesse. ... Un argomento pesante, difficile da leggere ma raccontato con uno stile leggero, ammaliante e irresistibile. Anna Giurickovic Dato ha la qualità di descrivere al meglio le emozioni, i sentimenti e le situazioni delle vite dei protagonista, in una bella prosa difficile da ignorare. Emozioni negative e emozioni positive sono così ben trascritte in parole da sentire ogni sensazione dei personaggi sotto la pelle. Lo consiglio a chi ama le emozioni forti, le storie che non sempre hanno un lieto fine e i cui personaggi sono umani proprio come noi lettori.
Profile Image for Dolceluna ♡.
1,265 reviews157 followers
February 3, 2018
Lo desideravo da tanto, l'ho letto con piacere.
E' un romanzo forte, che, sullo sfondo di una doppia ambientazione, Roma e Rabat, ci svela i rapporti ambigui e viziosi di una famiglia medio-borghese: Silvia, la madre, Giorgio, il padre, e Maria, la figlia, con la quale, giocando, Giorgio ogni tanto inizia a spingersi un po' oltre.
Sarà lei il personaggio chiave della storia, un personaggio complesso e potentissimo, che racchiude in sè la totalità data da ogni contraddizione: è un'innocente colpevole, una preda predatrice, è violata e e poi viola, è sedotta e poi seduce. Nel leggere la sua storia mi è venuto in mente un film visto molto tenpo fa, in cui due sorelle adolescenti accusavano il padre di violenza carnale, e poi, al processo, si scopriva, che, in seguito alle prime volte, erano loro stesse a decidere di infilarsi talvolta fra le lenzuola del padre, in un gioco vizioso dai contorni mai chiariti. Dov'è la linea che separa l'oltraggio dalla colpa? Faticava a capirlo lo spettatore del film, e fatica a capirlo anche il lettore de "La figlia femmina". Perchè quando Giorgio muore (in maniera tragica), e Silvia trova un altro uomo, Antonio, è Maria, ora adolescente, che inizia a giocare con lui, con una malizia e con una sensualità che la madre non le riconosce.
E' un bel romanzo, questo di Anna Giurickovic Dato. Un romanzo che esplora temi forti, con uno stile tutt'altro che acerbo (mi sorprendo infatti di alcune recensioni che l'hanno definito tale!), tanto che mi sono realmente stupita della giovane età dell'autrice. La penna pare infatti quella di una scrittrice matura, consapevole della materia che tratta, e delle riflessioni che può suscitare nel lettore.
Da leggere.
Profile Image for Come Musica.
2,065 reviews629 followers
March 2, 2017
È un po' acerbo.
Inizia bene e si conclude in modo scontato.
Ne scrivo meglio più tardi.

Ripensando al libro, ho deciso alla fine di dare 2 stelle. Erano 2,5 e 3 sono troppe, ripensandoci. I temi della pedofilia e dell'incesto sono banalizzati.
Profile Image for Chiara (Lothìriel).
43 reviews2 followers
October 19, 2017
Ho cominciato questo romanzo praticamente per caso, su consiglio in un gioco di libri al buio, ed è stata una delle letture più belle e spiazzanti di sempre. Credo che la descrizione migliore che possa riassumere questo libro sia riassunta in queste poche parole: ti colpisce come un pugno allo stomaco. Credo di esser rimasta colpita principalmente dalle sensazioni e dalle emozioni che mi ha trasmesso questo romanzo, dal disgusto alla frustrazione, dalla rabbia alla tristezza. Disgusto per le azioni portate dal padre verso una creatura innocente, così piccola, che nulla poteva capire e comprendere di quei gesti che venivano espressi come un momento di dolcezza. Frustrazione per la cecità della madre, indifferente o superficiale forse nel non accorgersi che qualcosa non va nella sua famiglia, che la figlia sta soffrendo e che ha bisogno che qualcuno l'aiuti. Rabbia per quelle figure genitoriali che dovrebbero proteggere Maria, dovrebbero aiutarla a crescere e ad essere felice e spensierata. Tristezza per quello che gli abusi hanno lasciato nell'animo di quella bambina, che incontriamo anche dopo anni, quasi adolescente. E' stata una lettura che mi ha fatto crollare più volte, capitolo dopo capitolo, nell'alternarsi tra passato e presente, tra gli episodi della loro vita a Rabat e un pomeriggio nella loro casa in Italia, nella scoperta graduale dei traumi subiti e delle conseguenze per la figlia femmina. Ho adorato questa alternanza, e anche l'inizio diretto sull'abuso perpetuato ai danni di Maria, mi ha permesso di entrare nella storia scoprendo sfumature diverse, dovendo io intrecciarle tra gli anni dell'infanzia e la preadolescenza. Dandomi modo di riflettere e comprendere pian piano, durante lo scorrere delle pagine, la motivazione alla base di ogni comportamento della protagonista.
E' un romanzo forte, che ti lascia con un senso di disagio alla fine, ma è una lettura che consiglierei praticamente a chiunque, per la semplicità disarmante della narrazione, per la capacità di coinvolgere il lettore in maniera sottile, rendendolo quasi un osservatore scomodo di quello che è avvenuto. Emozioni che vale la pena vivere, riflessioni che vale la pena affrontare.
Profile Image for Antonietta.
55 reviews3 followers
April 10, 2017
L'argomento trattato non è certo dei più felici, stiamo parlando di una bambina che viene abusata ripetutamente dal padre da quando aveva 5 anni e per quattro anni di fila, senza che la madre si accorga di nulla. In realtà sarebbe meglio precisare che la madre, Silvia, ne ha avuti parecchi di segnali del malessere della bambina, anche molto chiari, da parte sia della figlia che da parte della scuola dove veniva frequentemente convocata...e perfino segnali inequivocabili da parte del marito, Giorgio, molto prima che l'orrore prendesse vita. Una donna completamente cieca, ma che in realtà finge di esserlo perché lei stessa ha bisogno che qualcun'altro si prenda cura di lei, perché lei in fondo è ancora una ragazza giovane che per quanto ami sua figlia non è capace di prendersi cura di lei. Perfino la madre di Giorgio si rende conto che qualcosa non va nella bambina e cerca di far ragionare Silvia, sembra che anche lei sappia ma in cuor suo spera non sia così. Ma la scena più assurda è quando la madre, convocata dalla scuola, parla con lo psicologo che la avvisa del fatto che la bambina potrebbe aver subito violenze...e lei semplicemente si offende. Ignora la richiesta di aiuto della figlia perché rendersi conto del problema sarebbe come ammettere a se stessa che ha sbagliato tutto fin dal principio. Il vero problema del personaggio della madre è che perfino a distanza di anni non riesce a prendersi cura della figlia. Non è seguita da uno psicologo, non va a scuola, non frequenta coetanei, non ha mai ripreso a vivere. La madre invece Si, con la differenza che non è cambiata rispetto a quando venne a conoscenza degli abusi. Continua a non fare nulla per la figlia, non la aiuta concretamente, rimane immobile a sperare che torni normale, serena. Ma non accadrà mai, un trauma del genere non si può cancellare, ma va affrontato. Lei non lotta e lascia alla deriva la figlia, che non ha mai imparato a superare quel dolore e questo si ripercuoterà sugli atteggiamenti che adotterà con un uomo in particolare, il compagno della madre. Antonio, il compagno, se vogliamo è un essere ancora più spregevole del padre e alla velocità della luce inizia a provare un evidente attrazione per Maria. Ma la madre ancora una volta non fa nulla. Alla fine viene mossa a cacciare l'uomo dalla casa da qualcosa che non sembra protezione nei confronti della figlia, ma più gelosia. Non so quanto sia realistica una cosa del genere, per questo non mi ha convinta del tutto, il personaggio della madre è paurosamente fragile, di un apatia esagerata. Il problema è che rimangono così lei e la figlia, nessun cambiamento, nessuna evoluzione. Scritto molto bene, delicato, ma a conti fatti è come se si riducesse il tutto a "il padre era malato" "il compagno viene sedotto da maria" quando cazzarola No! Nessuno viene condannato, ne il padre ne la madre e nemmeno quel viscido del compagno. Ed è come se la vittima passasse per carnefice ad un certo punto, quando invece è solo vittima e nessuno si degna di aiutarla. Questa cosa non mi è proprio piaciuta, lo ammetto. Parliamo di una bambina abusata sessualmente dal padre, che diventa una tredicenne che stuzzica un uomo adulto, senza una vera consapevolezza perché è appunto solo una ragazzina! Il messaggio che sembra passare alla fine mi ha fatto rabbrividire. Una vittima è una vittima, punto. Col cazzo che un innocente diventa colpevole, non in questo caso! Mai in questi casi!
Profile Image for Francesca Maccani.
215 reviews38 followers
March 7, 2017
Incuriosita dal lancio mediatico di  tutto rispetto, ho acquistato ad occhi chiusi quest'ultimo romanzo di casa Fazi, fresco di stampa.

In una famiglia apparentemente normale che vive fra Roma e il Marocco si consuma il dramma dell'incesto. Maria, figlia unica della coppia protagonista, viene violentata dal padre e inizia a manifestare dei comportamenti anomali soprattutto a scuola, tanto che le insegnanti e la psicologa dell'istituto convocano la madre di Maria ventilando l'ipotesi che la bambina subisca qualche tipo di violenza sessuale.

Negando l'evidenza, la madre prosegue la sua vita fatta di passeggiate al suk e di cibi succulenti. Finché un bel giorno suo marito  muore e lei sembra aprire gli occhi solamente dopo questo lutto misterioso.

Le due, rimaste sole, decideranno di traferirsi definitivamente a Roma e qui la madre inizia a frequentare un uomo. Maria invece non va più a scuola e soffre di sbalzi d'umore. La ragazzina tredicenne, tenterà di sedurre il nuovo compagno della madre, mentre lei sonnecchia in salotto dopo pranzo per aver bevuto troppo.

Il finale, a mio parere risulta un poco prevedibile e scontato.

Questo libro l'ho letto in due ore. La parte iniziale è scritta bene e lascia presagire un seguito interessante.

Invece la vicenda perde consistenza pagina dopo pagina.

L'intera parte che ruota attorno alla vacanza della coppia e alla ragazzina dodicenne in piscina è talmente "simile" alla vedova incinta di Amis da risultare quasi una citazione.

Il resto si snoda confusamente fra analessi e prolessi in uno spazio tempo confuso e privo di consistenza narrativa.

L'ultima parte, l'intera giornata che ruota attorno all'invito a pranzo del nuovo compagno della madre della ragazzina protagonista, nonché narratrice, è un po'pesantina, poco credibile e francamente pure poco realistica.

Nel complesso, nonostante una scrittura abbastanza pulita e gradevole, il romanzo è un poco "immaturo"e trovo che scimmiotti troppo più di un capolavoro letterario noto a tutti.

La sensazione è quella di leggere qualcosa di già sentito ma senza lo stesso spessore narrativo.

Scegliere di narrare il tutto dal punto di vista della madre credo non sia stata una scelta stilistica azzeccata. La fa apparire un personaggio inconsistente, apparentemente attenta e preoccupata per la figlia, in realtà cieca davanti agli abusi che si 
consumano sotto il suo stesso tetto.

Mi stupiscono a questo punto i commenti positivi letti su certi blog e l'entusiasmo dei media.

Forse non son riuscita ad apprezzarlo perché mi sfuggivano alcuni passaggi. Peccato perché vicenda e ambientazione sono interessanti.
Profile Image for Veronica.
246 reviews77 followers
August 13, 2018
2.5

Ero veramente curiosa di leggere questo romanzo.
L'ho inserito nella mia TBR non appena la Fazi rese nota la sua prossima uscita.
Dunque, da dove cominciare...
È una storia che ho affrontato subito dopo aver letto "Nuvole di fango" di Inge Schilperoord e mi sono sorpresa nel vedere come un argomento simile possa essere trattato in maniera completamente diversa. Il tema principale di entrambi i romanzi è la pedofilia.
Tuttavia, mentre nel romanzo della Schilperoord il disturbo mentale viene approfondito esaminando le emozioni più recondite provate dal pedofilo, consapevole di essere una persona malata, e i suoi rituali per tenere a bada le proprie pulsioni "innaturali", la Giurickovic Dato si mantiene più in superficie, dando maggior spazio alle manifestazioni di malessere da parte della vittima.
Il romanzo è ben scritto, interessante e motivo di riflessione.
Viene infatti da chiedersi, come può una madre non accorgersi del disagio provato dalla propria bambina? Si tratta di cecità o di negazione?
Silvia, infatti, viene posta più volte nel corso della narrazione di fronte alla realtà dei fatti: sua figlia è cambiata, è aggressiva e violenta verso se stessa, manifesta comportamenti insoliti e inusuali per una bambina della sua età. La situazione non solo è palese ma, se vogliamo, anche suggerita in sede scolastica da insegnante e psicologa. Dunque? Il lettore come deve interpretare la reazione di Silvia?
Appare subito chiaramente la natura del personaggio di Silvia: una donna debole, estremamente bisognosa di qualcuno che si prenda cura di lei - tanto bisognosa da peccare di sensibilità e presenza nei confronti della creatura che, in quanto mamma, avrebbe dovuto proteggere.
E invece Silvia chiude gli occhi, finge di non vedere ciò che le sta capitando intorno, perché guardare in faccia la realtà la distruggerebbe.
Ciò che ho provato nei confronti di questa donna è un forte senso di disgusto e tanta rabbia.
A tratti l'avrei presa e scrollata per far sì che si desse una bella svegliata.
Non ho apprezzato affatto il suo personaggio, anche e soprattutto per ciò che avviene nella parte del libro incentrata sul presente.
Se pensavo che questa donna senza spina dorsale non potesse scendere più in basso di così, beh mi sbagliavo. La seconda parte del romanzo mi ha infastidita ancora di più.
Se la pochezza del personaggio di Silvia è stata rivelata pagina dopo pagina, ho trovato scarsa l'indagine relativa al personaggio del pedofilo. Ritengo che l'autrice si sia concentrata quasi esclusivamente sui comportamenti messi in atto da questa persona senza permetterci di comprenderne lo stato d'animo alla base. A tratti sembra che ciò stia per succedere in quanto si percepisce un senso di insofferenza e disagio ma poi, man mano che si salgono gli scalini questa sensazione scompare, e l'autrice non arriva mai a fare l'ultimo grande passo per arrivare in cima.
Il personaggio di Maria, la quale nel corso del romanzo cresce fino a diventare una ragazzina adolescente, è motivo di frustrazione. Se nelle prime pagine la vediamo come una vittima, abusata ripetutamente dal padre, e proviamo una grande sofferenza per ciò che è costretta a subire, nel corso del romanzo le nostre convinzioni vengono ottenebrate dall'incoerenza dei suoi comportamenti. Tuttavia, non è insolito che un minore abusato durante l'infanzia manifesti difficoltà ad instaurare relazioni di fiducia (questo potrebbe spiegare i problemi relazionali tra madre e figlia) o adotti atteggiamenti seduttivi nei confronti dell'adulto (motivo per il quale veniamo posti di fronte ad un comportamento estremamente provocatorio nei confronti del nuovo compagno di Silvia). Per comprendere a fondo le reali motivazioni alla base dei comportamenti di Maria sarebbe necessaria un'indagine introspettiva del personaggio che il romanzo non fornisce, motivo per il quale il lettore è portato ad interpretarli liberamente e a terminare la lettura scrollandosi di dosso un senso di confusione non indifferente.
Personalmente non ho apprezzato granché il finale. L'ho trovato inconcludente.
Sicuramente un buon esordio ma c'è qualcosa che non mi ha convinta fino in fondo!
Profile Image for Marta Lo.
250 reviews57 followers
January 15, 2020
No conocía este libro hasta que @lectoralila me lo descubrió en Instagram. Forma parte de las recomendaciones que ella ha hecho sobre el hashtag que ha creado #books4survivors , con el que quiere dar voz a todas aquellas niñas que sufren abusos, y que suelen ser estos por familiares cercanos. Con todo esto, creo que he desvelado parte del misterio de este libro, pero veo necesario decirlo ahora, porque todo el que quiera leerlo tras esta reseña, tiene que estar al tanto del tema que se trata. Es un libro duro, con una historia dolorosa detrás, que te tiene en vilo hasta acabarlo.

Después de esta advertencia, solo me queda decir que aunque duele con solo leerlo, me ha parecido maravilloso. El que quiera atreverse a adentrarse en sus páginas podrá alucinar con la prosa de Anna Giurickovic, llena de sentimientos que te llegan directos al corazón. La autora sabe como jugar con tu mente y con tu corazón a la vez, y lo usa en su beneficio, contándonos esta cruda realidad, poniéndola delante de nuestra cara, para que no podamos negar que existe.

El lenguaje en muchas ocasiones juega un papel fundamental: por un lado es sensual, pero por otro resulta obsceno al describir una simple niña, o una adolescente. Puede resultar incluso incómodo, pero la autora con esto solo quiere llamar la atención, quiere que la escuchemos, porque tiene algo muy importante que decirnos: lo que muchas niñas se callan, o, aunque lo digan, lo que no se ha creído o no se ha querido ver desde su familia.

Quizá haya leído esta novela en un momento propicio, pero, aunque me ha hecho pasar algún que otro mal rato, en general me ha parecido fantástica. Creo que el momento de tu vida en el que lees esta clase de libros te marca, te deja huella, y a veces no es positiva. Pero en este caso, me he alegrado de haberlo hecho, porque me he dado cuenta de que poco se visibiliza esta serie de abusos contra menores. Como todo queda en familia se callan, se intentan incluso justificar. Se disimulan. Y como parte de la sociedad creo que deberíamos dejar de silenciar estos hechos, sacarlos a la luz, castigar a quien los ponga en práctica. No callarnos, nunca.

Este libro marca un antes y un después de quién lo lee, hacedme caso.
Profile Image for Angelica Moranelli.
Author 24 books62 followers
September 7, 2017
Diceva Tolstoj: «Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo», in uno degli incipit più spietatamente veri - belli - mai stati scritti (quello di Anna Karenina, un libro che ho amato moltissimo). Mi è tornata in mente, questa frase, leggendo il romanzo di Anna Giurickovic Dato, perché, in realtà, la famiglia protagonista del suo romanzo (padre, madre e una figlia) ha l'aspetto di una famiglia felice, anche troppo, da "Mulino Bianco" - per usare una metafora televisiva anni '90 - ma che nasconde tutti i cliché sull'infelicità familiare: un'infelicità non personale, insomma, a dispetto di quanto sostiene Tolstoj, ma retorica e un po' troppo costruita, per i miei gusti.

Di che famiglia parliamo?

Un ragazzo ambiguo e visibilmente infelice, Giorgio, sposa una ragazza bisognosa di essere amata, Silvia, il matrimonio è fin da subito strano, il rapporto tra i due sfuggente, i due hanno una figlia, Maria, che cattura subito le attenzioni del padre, attratto dalle bambine praticamente da sempre (ecco il motivo di tanta ambiguità e infelicità!). Iniziano i cliché: un marito e padre carnefice di sua figlia e sua moglie, vittima della passione abominevole per le bambine, che lo fa agire quasi contro la sua volontà, una donna/moglie/madre debole, gelosa e repressa, che ignora tutti i (chiarissimi) segnali della "malattia" del marito. Infine Maria, anche lei, come una moderna Lolita, vittima/carnefice. Al trio si aggiunge la figura della nonna, la madre dell'uomo, l'unica a portare sprazzi di normalità sulla scena: donna colta, intelligente, acuta, che ha ignorato, anche lei, tutti i segnali. Dietro

Troppi stereotipi, troppa carne al fuoco, tutta insieme.

Al POV di Silvia è affidata la maggior parte della narrazione, raramente intervallata dal POV di Maria, che s'inserisce per riferire particolari che la madre non può conoscere. Silvia racconta la discesa negli inferi di suo marito con una dovizia di particolari che mi ha fatto domandare: "Com'è possibile che se ne sia accorta solo ora?". Silvia riesce a ricordare in maniera nitida i primi segnali della follia di Giorgio, percepiti con tale chiarezza che Silvia, a distanza di anni (il momento in cui racconta) ricorda alla perfezione non solo i gesti ma anche le espressioni, le sensazioni, i millesimi di secondo. Francamente, le domande sarebbero arrivate molto prima, no?

Mi spiego meglio: quando Silvia racconta l'attrazione di Giorgio per le bambine, lo fa usando l'attenzione per i dettagli e il linguaggio morboso di un pedofilo, come se raccontando, stesse interpretando i pensieri del marito: è realistico che a distanza di tutti questi anni, Silvia ricordi ancora così nitidamente i particolari (piccoli seni acerbi, mutandine che si scostano lasciando intravedere qualcosa... insomma "la peluria sul braccio" di cui parla in professore Humbert Humbert in Lolita, un particolare tenero e morboso, che assume il suo preciso significato proprio perché raccontato dall'uomo in persona e non da qualcun altro che ne interpreta il pensiero)?

In questa breve scena, Giorgio e Silvia sono appena sposati e sono a pranzo con amici che hanno una figlia, Bibì. Silvia ci racconta questa scena parecchi anni dopo, così come la ricorda:

«Bibì che modi sono? Più distacco dal cibo, s'il vous plaît», pretendeva la mamma, vergognandosi di avere una bambina così vorace. Mi voltai e Giorgio era rosso in viso e guardava le labbra umide di Bibì, la sua bocca piena, i denti affilati che mordevano affettuosamente ogni brandello di cibo le si presentasse davanti, gli occhi ridenti e infiammati, le dita piccole e tonde, unte d'olio, e che forse lei presto avrebbe succhiato. Succhierai anche me, piccola Bibì? sembrava voler chiedere disperatamente mio marito Giorgio; mentre noi a tavola si rideva e si scherzava insieme, lui aveva lo sguardo grave, il volto irrigidito nel frenare un impulso troppo forte. Oggi mi è tutto così chiaro, eppure allora gli presi la mano sotto il tavolo e con occhi calmi - «Tutto bene, amore? - lo tenni stretto. Lui mi guardò ansante, mi toccò tra le gambe cercando riparo dai pensieri, che imbarazzo!, poi s'infilò di nuovo nei nostri discorsi...


Silvia ha una visione così chiara di quel momento, così passato, da essere poco realistica, come poco realistico è il linguaggio che usa per descriverci cosa secondo lei stava pensando in quel momento suo marito (solo un pedofilo - o uno scrittore molto bravo - può entrare nella mente di un pedofilo). Inoltre se tutti i pedofili si comportassero in maniera così chiaramente "malata" come Giorgio, sarebbe molto più facile scovarli: diventa rosso, si agita, stupra la bambina con gli occhi, mentre la guarda come un affamato guarderebbe un pollo allo spiedo (gli altri non si accorgono che il loro ospite è in preda a una crisi isterica?) infila una mano tra le gambe della moglie, del tutto privo ormai di razionalità e decoro: e a Silvia non viene un dubbio. Non mi sembra possibile. Inoltre Silvia sostiene che tutti stanno ridendo e scherzando, ma se anche lei fa parte del gruppo che ride e scherza, come fa a notare e a ricordare tutti i particolari della bambina e di Giorgio? Ricordiamo anche che, a tavola, sono in realtà quattro adulti e Bibì, direi che se un commensale comincia a diventare rosso, taciturno, a sudare qualcuno dovrebbe notare la stranezza, o no?

In una scena successiva, nello stesso capitolo, Silvia trova Giorgio che si masturba nella sua stanza, affacciato alla finestra, mentre guarda la piccola Bibì in piscina: colto sul fatto, l'uomo fa sesso con lei, un rapporto furioso, arrabbiato e veloce, per sfogare la propria passione repressa. E Silvia continua a non capire. Boh.

Anna Giurickovic Dato scrive bene, anche se io non sono una fan del lirismo contemporaneo, pieno di frasi ad effetto e parole scelte più per il significante che per il significato: un linguaggio un po' troppo auto-celebrativo, che di solito mi fa perdere di vista la trama, i personaggi, la struttura stessa del romanzo, come se tutto si risolvesse a trovare le citazioni perfette da sottolineare e condividere su Facebook.

Tra l'altro, parlando di frasi fatte, nel romanzo è inserito un riferimento al kintsugi, la pratica giapponese di riparare i vasi rotti con l'oro, per evidenziarne le "cicatrici" e dunque la storia, cosa che rende l'oggetto ancora più prezioso: la solita storia del vaso giapponese che abbiamo tutti letto mille volte, al pari di quella del calabrone che non sa che non può volare e quindi vola lo stesso. Ecco, da un autore io non mi aspetto questa retorica e questa banalità.

I dialoghi fra i personaggi non sono realistici, sempre troppo costruiti, perfino quando a parlare è la piccola Maria: il suo è lo stesso, retorico e fastidioso tono degli adulti che si crogiolano nel loro "parlar bene", ma del resto a lei, gli adulti, si rivolgono con frasi complesse, che una bambina, nella realtà, non capirebbe mai. I registri narrativi, insomma, sono completamente sbagliati e non c'è differenza fra i linguaggi usati dai diversi personaggi, è come se a parlare fosse sempre la stessa persona, con un nome e un aspetto diverso (anche sulla caratterizzazione del linguaggio dei vari personaggi, un giorno non lontano, scriverò un articolo).

Esempio di un dialogo tra Giorgio e Silvia su come educare la loro bambina (che vuole assistere a tutti i costi al macello di una pecora):

«Li proteggiamo troppo, i nostri figli. Se addirittura neghiamo a Maria di conoscere quale sia il ciclo della vita, e cioè che da che mondo è mondo gli animali si ammazzano e si mangiano tra di loro, che adulta stiamo crescendo? Un'adulta che non appena scoprirà che non c'è bene senza male, e che bellezza e brutta vanno a braccetto, sarà vittima di un esaurimento nervoso e incapace di rattoppare gli strappi della vita?»


Questo lezioso e pesantissimo discorso, infarcito di retorica, viene pronunciato da Giorgio (ma potrebbe essere Silvia o anche la stessa Maria, perché il linguaggio è sempre lo stesso) in strada, mentre stanno per uccidere una pecora davanti agli occhi di sua figlia.

Altro esempio, un discorso fra Silvia e sua suocera (che ha almeno il pregio di capire, in extremis, che qualcosa con Maria non va):

«Ti prego, Silvia, controllala. Male non fa, e io non sono convinta che ogni cosa sia al suo posto. Guardandola negli occhi, talvolta, mi pare che abbia lo sguardo d'un vecchio»
«D'un vecchio?»
«Sì, d'un vecchio, come se gli occhi fossero velati da retine troppo grigie, sbiaditi»


Retine troppo grigie? Lo sguardo d'un vecchio? Mamma mia, ho pensato mentre leggevo, nessuna persona nella realtà parla in questo modo! Questo linguaggio rende tutto estremamente pesante, insopportabile, finto.

Vi invito a leggere questo dialogo, a parte la pesantezza delle parole usate, la retorica e i concetti non certo adatti a un ragazzino, riuscite a distinguere quando a parlare è l'adulto e quando la bambina?

«Se arrivi così in alto, che differenza fa che tu sia un genio o un folle? E con questo intendo: chi decide chi è il genio dell'arte se non ha platea che è lì per contemplare?»
«Mmm...»
«A chi importa poi se il genio era genio e perché, o se invece era un folle che tutti credevano fosse un genio? Mi sembrano discussioni pleonastiche e che lasciano il tempo che trovano».
«Pleonastiche... Che poi, quanti malati di emicrania esistono e quanti Picasso?»
«Appunto»
«Questo scienziatucolo olandese era proprio un bello scemo».


Credo, però, che al di là dello stile (che può anche piacere, alla fine si tratta di gusti personali) uno dei più gravi problemi di questa storia è il paragone, inevitabile, con la Lolita di Nabokov, un capolavoro assoluto contro il quale chiunque uscirebbe sconfitto. In questo caso, l'autrice ne esce con le ossa in frantumi, perché la sua Maria non ha la crudele bellezza e il potere sensuale di Lolita, è solo uno sbiadito ricalco, senza contare che la veemenza e la potenza visiva di Nabokov sono elementi impossibili da eguagliare. Insomma, credo che il tema andasse trattato in tutt'altro modo, così invece i paragoni sono ovvi e impietosi.

La Lolita di Nabokov è una bambina (e poi adolescente) consapevole del potere che esercita sul protagonista, è stata trascinata all'inferno e ne è uscita arrabbiata e crudele: lui le ha tolto l'infanzia, lei gli strappa via la vecchiaia. Maria, invece, passa da vittima a carnefice sibillina e machiavellica in una manciata di pagine e senza un'evoluzione raccontata, in un tempo troppo breve.

Maria è una bambina violata, che non dorme più la notte ed è violenta con se stessa e gli altri, a tredici anni, però, diventa, in occasione di un pranzo col nuovo compagno della madre (Giorgio è ormai uscito di scena da tempo) una Lolita consapevole e sensuale che usa le sue arti seduttive per lanciare a sua madre segnali d'aiuto (anche questo è un cliché). A differenza di Lolita, in cui si racconta l'amore malato di un uomo per una ragazzina, in "La figlia femmina" il pedofilo è il padre e la madre, cieca e debole, si trasforma in complice. Insomma, più che l'amore di un uomo per le ragazzine, il libro sembra voler raccontare la storia di una violenza lunga e terribile, ancora più terribile perché commessa da un padre, la storia di una prigione familiare, di un nucleo sgretolato tenuto in piedi per nascondere la malattia di Giorgio e la debolezza di Silvia.

Invece, durante il racconto, l'autrice sembra perdere la strada: dagli abusi familiari si passa a Lolita.

Per chiarire, l'oggi da cui Silvia parla è quello che la vede impegnata con Antonio, il suo nuovo compagno: Silvia ha scoperto cosa Giorgio ha fatto a Maria, ha vissuto terribili momenti con sua figlia, con la quale ha un rapporto di odio/amore, di cui non capisce l'ostilità... come fa a non capirla? Sua figlia ha subito abusi sessuali da parte del padre, che avrebbe dovuto proteggerla, sua madre, che avrebbe dovuto proteggerla, non ha fatto niente perché impegnata a piangersi addosso, praticamente Maria è un caso da manuale e Silvia continua a non capire. Boh. In ogni caso, Antonio è invitato a pranzo perché Silvia vuole presentarlo a Maria, sperando di ritrovare così un contatto con sua figlia (del resto, quale madre non porterebbe un altro uomo in casa, dopo ciò che ha subito sua figlia che ha ancora tutta l'aria di non essere guarita?).

Durante questo famoso pranzo, Maria-Lolita prova a sedurre platealmente davanti a Silvia, Antonio: e questa direi che è la parte meno credibile e meno riuscita dell'intero romanzo. Intanto dura troppo, talmente tanto da risultare noiosa, con tutta la sfilza di particolari sui comportamenti di Maria, ma la cosa più brutta è che Silvia, non contenta, entra in competizione con sua figlia per le attenzioni dell'uomo.

Certo, Silvia ha il diritto di farsi una vita, dopo quello che anche lei ha subito, ma non dovrebbe provare anche dei sensi di colpa, nei confronti di sua figlia? Ma se pure la competizione tra le due fosse credibile (e ripeto in questo caso non mi sembra), gli innumerevoli tentativi di seduzione di Maria sono così tanti, così costruiti, così lunghi, così machiavellici da sfociare nella macchietta, con Silvia che, alla fine, osserva impotente sua figlia farsi fare un massaggio mezza nuda dal suo compagno, il quale possiede la risolutezza di un cetriolo, perché si fa abbindolare da una tredicenne come se niente fosse.

Resta il fatto che far innamorare Silvia per due volte di un pedofilo mi sembra sinceramente un po' troppo.

Altra leggerezza è quella che riguarda il modo in cui l'autrice ha deciso di escludere dalla vicenda qualsiasi aiuto psichiatrico: negli anni, Maria dà segni di disordine post-traumatico da stress, Silvia a un certo punto capisce che ha subito violenza da Giorgio e non pensa, neanche per un momento, di portarla da uno psicologo? Se commette questo terribile errore per la vergogna di dover ammettere le sue colpe, perché ancorata a un concetto di famiglia che non è mai esistito, l'autrice non ce lo fa capire. Semplicemente, Silvia non pensa che Maria abbia bisogno di parlare con un professionista.

Il finale, con Silvia che caccia via di casa il suo nuovo (pedofilo) fidanzato, prima che la tragedia possa ripetersi, e si chiude nello spazio chiuso della casa, carico di silenzi, sensi di colpa e rimpianti assieme a sua figlia, come in una prigione consapevole, è scontato ma avrebbe funzionato (l'idea che non c'è ritorno, né salvezza dopo fatti simili, anche se si ha la voglia di salvarsi) se la storia non fosse stata raccontata in questo modo.

Leggi LA MIA RECENSIONE su The Queen Puppet
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Profile Image for Lisa.
33 reviews4 followers
February 20, 2022
Der Abschnitt mit dem Schaf war mir zuviel
Profile Image for Chiara  Messina.
102 reviews7 followers
February 8, 2017
Due stelline e mezza.

«La zuccheriera di porcellana finì sul pavimento, scheggiandosi in molti pezzi. “Oh, no, la zuccheriera di nozze," strillò (la donna) tremante, poi la voce le si ruppe in un pianto. Si ricordò, però, che in fondo alla via una ragazza giapponese aveva aperto da poco una bottega. RIPARAZIONI DI VASELLAME: LA BELLEZZA NEL DIFETTO, diceva l'insegna. L'indomani [...] la triste signora andò a bussare alla ragazza. Saiko le aprì con occhi sereni e cominciò a saldare tra loro i frammenti, lasciando colare, lungo le crepe, l'oro liquido.
“Ma si vedrà che è rotta," si lamentò la signora. [...] Se è rotta è colpa di qualcuno".
Saiko le toccò la mano. "La vita è integrità e rottura insieme. [...] La tua teiera ora ha una storia ed è più bella. Il dolore ti insegna che sei viva, bisogna valorizzare il solco che lascia."»

Ogni tanto, leggendo un passaggio in un romanzo, ho l'impressione di trovarci dentro il nucleo stesso della narrazione. Ne La figlia femmina, ho avuto per un attimo la sensazione di aver individuato quel nucleo nel passaggio sopraccitato, salvo poi scoprire che - ai miei occhi di lettrice – Anna Giurickovic Dato stava negando, consapevolmente o meno, tale assunto.
Quello che La figlia femmina ha comunicato a me, è che ci sono rotture, dolori, che non possono essere valorizzati. Fratture insanabili che, per quanto ci sforziamo, rimarranno tali a dispetto dei nostri ostinati tentativi di cancellarle. Alcune fratture sono il segno di una colpa, e la colpa non può risplendere dei riflessi dell'oro. La colpa ci soffoca, ci distrugge, ci rende irreparabili.

Il romanzo d'esordio della Dato tratta due temi difficili, l'incesto e la pedofilia, e lo fa occhieggiando costantemente a un classico della letteratura, Lolita, che fa capolino tra le righe obbligando il lettore a un confronto costante che - chiaramente – non può che vedere la giovane autrice perdente.

La forza di Lolita consisteva nel raccontare la vicenda dal punto di vista del mostro, umanizzandolo al punto che - per qualche strano cortocircuito –, a una prima lettura, Humbert ci appariva come un personaggio fragile, malato, ma in qualche modo romantico nella sua ossessiva ricerca di quell'amore trovato e perduto in gioventù.

La Dato, invece, sceglie di affidare la narrazione a un personaggio cieco, quello della madre – che nega la realtà e colpevolmente la rifugge sino all'inevitabile. Silvia, così come Maria (sulla quale ogni tanto il punto di vista slitta), è una narratrice inaffidabile, proprio in virtù di questa sua "cecità".

Se la caratterizzazione dei personaggi risulta spesso troppo ambigua e forzata (Maria è vittima, ma è anche una sottile e spietata manipolatrice, nonostante la sua tenera età), quello in cui la Dato eccelle è il tratteggio dell'atmosfera ovattata e asfittica del romanzo. La canicola di Rabat e delle estati romane, unita all'appiccicoso torpore del malessere che pervade tutto il romanzo è quasi palpabile, e instilla nel lettore un perpetuo senso di disagio.

Anche il finale, in cui qualcuno potrà cogliere un barlume di speranza, è in realtà espressione della condanna che Maria e Silvia hanno scelto per se stesse: vivere insieme, chiudendo il mondo fuori dalla porta e continuando a ferirsi mentre cercano di riattaccare i cocci di qualcosa di irreparabile.
Profile Image for Chiamartini95.
69 reviews610 followers
February 18, 2017
Maria è una ragazzina cresciuta in Marocco da genitori italiani, il padre infatti lavora lí all'ambasciata italiana. Maria però è una bambina problematica, irascibile che adotta comportamenti strani, scopriamo infatti nelle prime pagine che il padre le ha sempre fatto violenza sessuale fin dalla più tenera età.
Come in un moderno 'Lolita' l'autrice riesce a indagare e riflettere su temi scabrosi quali la pedofilia, l'incesto e la violenza;attraverso un linguaggio crudo e vibrante Anna Dato é riuscita a parlare di tutto ciò con estrema delicatezza e intelligenza.
Profile Image for Didi.
442 reviews10 followers
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December 9, 2024
Non saprei come valutarlo, mi ha lasciata un po' spiazzata.
Sicuramente posso dire che è scritto bene anche se racconta gli avvenimenti in modo un po' confusionario
Profile Image for Una Lettrice Selvaggia.
301 reviews6 followers
February 17, 2017
Buon venerdì, amici, anche se ormai agli sgoccioli. Oggi voglio parlarvi di “La figlia femmina” di Anna Giurickovic Dato, Fazi editore, romanzo d’esordio di questa giovane scrittrice italiana.
Un romanzo breve che è però una storia potente e sconvolgente che turba il lettore.
“La figlia femmina” è il racconto di una famiglia solo all’apparenza tranquilla e serena che nasconde, invece, una realtà sconvolgente.
La storia si svolge tra Rabat e Roma. Giorgio è un diplomatico presso l’Ambasciata italiana in Marocco. Qui vive una vita agiata, tra cene di rappresentanza e gite nei dintorni alla scoperta di un paese affascinante, con la moglie Silvia e la loro figlia Maria.
A narrare la loro storia familiare è la voce di Silvia. È, la loro, una vita all’apparenza bella e serena ma in realtà, tra le quattro mura della loro casa, la loro serenità è turbata da un segreto inconfessabile e sconvolgente. Silvia guarda ma non vede, è quasi una spettatrice lontana degli avvenimenti oscuri che avvengono. Non vede o forse non vuole vedere il rapporto malato che lega Giorgio alla figlia Maria; un rapporto incestuoso che avrà conseguenze tragiche.
Maria cresce manifestando sempre più la propria insofferenza. Nei confronti della madre, soprattutto, come se la ritenesse colpevole, con il suo silenzio e il suo non vedere e non sentire, di quello che succede. Maria diventa quindi una bambina solitaria, insofferente a tutto e a tutti; una ragazzina che passa le notti in bianco e che si autoinfligge ferite come a volersi punire.
Dopo la morte improvvisa di Giorgio, Silvia e la figlia Maria decidono di tornare a vivere a Roma. Ma la speranza di una vita finalmente tranquilla si scontra con la rabbia e il dolore che Maria, ormai adolescente, porta dentro di sé.
L’occasione per la presa di coscienza da parte di Silvia del malessere che tormenta Maria è un pranzo organizzato dalla donna per presentare Antonio, il suo nuovo compagno, alla ragazzina. Il pranzo diventerà lo strumento per portare a galla drammi da sempre taciuti e finalmente Silvia si scontrerà con una verità che non ha mai voluto vedere.
“ - Sono io che l’ho spinto dalla finestra – mi disse (Maria) senza alcuna emozione nella voce.
(…) Mi rendevo sempre più conto che aveva la verità negli occhi”.
A lungo Silvia non vuole vedere: né il dolore lacerante di Maria che sembra urlare nonostante il silenzio; né la perversione del marito Giorgio, quasi accecata dal fascino di quest’uomo colto, taciturno, tanto più grande di lei per il quale nutre grande rispetto ed ammirazione.
Anna Giurickovic Dato ha uno stile scarno, ruvido, come ruvida è la storia di Maria e della sua famiglia.
Un racconto che turba le coscienze degli adulti, che ti lascia dentro un malessere profondo.
L’autrice è stata bravissima a raccontare senza inutili pietismi o morbosità una storia spaventosa ed inaccettabile.
Un romanzo che merita di essere letto perché ognuno di noi impari a non girare la testa dall’altra parte ma sia capace di guardare il mostro negli occhi ed affrontarlo.





Profile Image for Riccardo Riboli.
39 reviews3 followers
August 8, 2017
Troppo senzazionalista , cerca il clamore e la suspance perdendo completamente sostanza e approfondimento psicologico .. una donna inconsistente e immatura madre di una ragazza mal ritratta , provocante nei confronti di un tezo personaggio che dire essere un pervertito senza morale e' riduttivo ( anche questo poco realistico per come viene presentata la scena ). E' un racconto tragicomico senza il comico e con quindi un tragico poco credibile.
Scritto peraltro abbastanza male , con un narratore interno mal gestito.
Profile Image for Elena Tamborrino.
201 reviews13 followers
April 9, 2017
Un romanzo che tratta un argomento difficile e delicato come l'abuso sessuale e l'incesto. A questo si aggiunge l'analisi psicologica di un personaggio, la giovanissima Maria, segnato dalla sventura dell'essere stato oggetto delle attenzioni morbose di chi doveva invece proteggerla. Il tutto è complicato dal rapporto conflittuale con la madre Silvia, con la quale Maria ha atteggiamenti di rivalità che emergono in presenza di Antonio, l'uomo che con Silvia ha una relazione sentimentale, e con il quale la ragazzina gioca alla seduzione. Tra innocenza e perversione della protagonista, l'Autrice mette in scena una tragedia che vede nella voce narrante, quella di Silvia, l'inettitudine di chi, pur consapevole del male, non sa prendere posizione.
Molti temi, molte sfaccettature indagate, forse troppa carne al fuoco.
Profile Image for Sofia V..
177 reviews24 followers
March 20, 2019
Muy buen libro sobre el desasosiego, la desconfianza, el dolor. Los personajes están bien dibujados, las situaciones desgraciadamente son muy creíbles, además de que el libro es bastante ameno de leer. Muy recomendable.
Profile Image for Pierre Menard.
137 reviews253 followers
August 4, 2017
La vita è integrità e rottura insieme.

Non c'è alcun mistero per il lettore in questa storia intima di violenza familiare: fin dal primo capitolo, infatti, sappiamo che l'autoritario Giorgio, diplomatico italiano di scarso peso ma di notevoli ambizioni intellettuali, abusa sessualmente della figlia Maria, da quando lei era una bambina di cinque anni, sotto gli occhi della moglie Silvia che sembrano guardare, ma non vedere. C'è però un enigma, che riguarda le due donne e la loro consapevolezza degli eventi, e che potrà disvelarsi soltanto attraverso una sorta di transfert, operato per mezzo di Antonio, terzo vertice del secondo triangolo, con i ruoli invertiti tra l'uomo e la ragazza: il transfert porterà Silvia a fare i conti con se stessa.

In effetti per quasi tutto il romanzo, Silvia appare (ma è davvero?) completamente ignara dell'orrore che si consuma nella sua famiglia. Eppure gli indizi, a ben guardare, sono più che evidenti. Giorgio, il tipico maschio-alfa, ha 9 anni più di Silvia quando la sposa, e lei ne ha 18 ed è già incinta di Maria. Giorgio mostra eccessivo interesse per la giovane figlia di amici in comune. Giorgio intrattiene con la figlia un'intimità eccessiva sotto certi aspetti. Ma niente di tutto ciò sembra alterare la devozione di Silvia verso il marito, dal quale si sente protetta. Neppure quando arrivano le prove (i disegni, l'autolesionismo, i problemi comportamentali a scuola) Silvia riesce a scuotersi dall'inerzia, da lei desiderata per amore del quieto vivere e incarnata da stabilità e sicurezza garantite dalla sua condizione di moglie sottomessa.

Romanzo d'esordio della giovane Anna Giurickovic Dato (che ha già all'attivo alcuni riconoscimenti letterari, credo per dei racconti), "La figlia femmina" è sufficientemente ben costruito nella trama e nei personaggi, e mantiene viva l'attenzione del lettore, anche per merito di una scrittura semplice e piana, scorrevole quanto basta. A narrare la maggior parte della vicenda è la madre, Silvia, che ricostruisce la storia in un gioco di piani temporali alternati, localizzati tra Roma e Rabat, la sede diplomatica dove lavora Giorgio: sintomaticamente è la prima ad essere più soffocante e claustrofobica, mentre la seconda eccita la fantasia dei personaggi con i suoi aromi e i suoi profumi, ma anche con i suoi rituali di sangue (la cerimonia del sacrificio della pecora, che assume significati metaforici nel romanzo). Restano inframmezzati nel racconto della madre alcuni brevi capitoli in terza persona, affidati a un narratore onnisciente, e che hanno lo scopo, credo, di far risaltare di più la cecità e l'inerzia di Silvia.

A dominare sono le atmosfere (soprattutto degli interni, salotti e camere da letto), i dettagli ambientali, gli oggetti (soprattutto gli abiti e gli accessori femminili), le parole della letteratura in prosa e in poesia che animano le conversazioni dei protagonisti, e i colori della pittura. E a proposito di pittura, l'immagine scelta per la copertina è davvero ben centrata!

Il perno intorno al quale ruota la vicenda è lo scambio di ruoli che riguarda tre dei quattro personaggi principali (mentre Silvia rimane sempre la stessa, fino a poche pagine dalla conclusione), scambio che rende sempre più difficile distinguere tra vittime e carnefici, come detto nel risvolto di copertina. Sempre nel risvolto si cita giustamente Alberto Moravia, al quale i personaggi di questo romanzo devono molto. E in effetti questo è un punto di debolezza del libro: è un po' troppo ispirato da Moravia, e a tratti (soprattutto nella seconda parte) lento e ripetitivo (la scena di seduzione di Maria nei confronti di Antonio è troppo dilatata). Nella fascetta Simonetta Agnello Hornby consiglia caldamente il romanzo: anche qui si può capire facilmente perché, dato che i sapori e la cucina hanno una notevole importanza nel libro, insieme all'elemento degli abusi sessuali su una minorenne. L'inserimento nel racconto di brevi storie o favole di sapore popolare è un altro elemento che accomuna l'autrice alla Agnello Hornby. Viene in mente anche Dacia Maraini, che infatti è puntualmente citata nel corso del libro. Insomma, si ha un po' una sensazione di déja vu. Completamente fuori luogo è invece il riferimento del risvolto a Nabokov, perché qui la focalizzazione è totalmente al femminile: Lolita c'entra davvero poco con questo romanzo.

Altro punto di debolezza è la presenza di alcune imprecisioni nell'ambientazione, che forse si potevano evitare con un lavoro di editing più accurato: la descrizione delle Cinque Terre non sembra scritta da una persona che c'è stata veramente; il paesino di "Tallero", vicino Lerici, si chiama in realtà Tellaro, e così via. Più convincente l'ambientazione marocchina, più standard quella romana.

In conclusione, per essere un'opera prima il risultato è globalmente positivo, anche per merito di alcune scene forti, punti di snodo della vicenda, che sono raccontate in modo convincente e appassionato e dei personaggi, vivi e psicologicamente credibili (soprattutto quelli femminili). Bisognerà tenere d'occhio quest'autrice!

Consigliato a chi ama gli interni borghesi.

Sconsigliato a chi vede tutto in bianco o nero.
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Profile Image for Blackjessamine.
426 reviews72 followers
August 10, 2017
Ultimamente faccio molta fatica a leggere: ho passato un paio di mesi in cui sono riuscita a leggere sì e no una decina di pagine alla settimana, e anche ora che, almeno da quel punto di vista, sembro essermi sbloccata, mi ritrovo ad essere sempre e comunque insoddisfatta di quello che leggo. Potrebbe semplicemente trattarsi di sfortuna, un brutto periodo in cui mi capitano solo letture mediocri o estranee ai miei gusti, oppure la colpa potrebbe essere mia, che sono disgustata da tutto e non riesco ad apprezzare nulla, in questo periodo.
Non so perché sto mettendo così le mani avanti, ma il fatto è che credevo davvero che questo romanzo mi sarebbe piaciuto. L'ho comprato quasi a scatola chiusa, quando era appena uscito, grazie ad alcune recensioni entusiaste, che parlavano di delicatezza e di perfetta disamina di tematiche delicate, e non vedevo davvero l'ora di leggerlo. Poi la vita si è presa i suoi tempi, ed io continuavo a rimandare e rimandare, finché un paio di giorni fa mi sono decisa, e ho iniziato a leggere.
Che dire, sono rimasta estremamente delusa, su tutti i fronti. Per carità, si tratta di un romanzo d'esordio, quindi sicuramente la Dato avrà tutto il tempo di crescere e sfornare innumerevoli capolavori, ma questo romanzo proprio non mi è piaciuto.
La scrittura è acerba, fredda, mi è parsa arrampicarsi in tanti esercizi di stile che però potrebbero essere attribuiti a chiunque, non c'è niente di personale in questo romanzo. Non so, mi è parso che la scrittura della Dato non si discostasse molto da quella di chiunque abbia frequentato un buon corso di scrittura creativa, e la cosa mi ha un po' rattristata.
Quanto alla storia in sé, non so davvero che dire. Non vorrei fare nessun tipo di spoiler, ma già leggendo la quarta di copertina si capisce tutto. Ma proprio tutto tutto. Non c'è la minima sorpresa, tutto è estremamente prevedibile, e la cosa lascia un po' di amaro in bocca, ecco. Per carità, non faccio parte della scuola di pensiero secondo la quale un buon romanzo, per essere considerato tale, deve avere una trama estremamente intricata e in grado di lasciare a bocca aperta il lettore, però se il punto forte non devono essere gli avvenimenti in sé, il libro deve basarsi su qualche altra cosa. Giocare con lo stile, far compiere al lettore qualche riflessione interessante, costringerlo a scontrarsi con pensieri scomodi... ma qui non c'è niente. “La figlia femmina” è un romanzo che parla di tematiche fortissime, tematiche che dovrebbero sconvolgere, a cui sono legate innumerevoli conseguenze, e invece qui sembra tutto trattato in maniera molto superficiale, solo come scusa per scrivere di qualcosa di estremamente pruriginoso, ma senza sobbarcarsi tutte le conseguenze del caso. Magari è solo una mia impressione, ma io quando leggo un romanzo scritto dal punto di vista di una donna che scopre che suo marito ha per anni abusato della figlia piccola, mi aspetto di uscirne quantomeno distrutta. E invece niente, questo romanzo scorre via come se niente fosse, come se nessuno si rendesse ben conto della portata di ciò di cui si narra.
La voce narrante è (quasi) sempre quella di Silvia (e già qui, la gestione dei punti di vista e delle analessi lascia molto a desiderare, confondendo il lettore e ingarbugliando una storia altrimenti semplicissima), moglie di Giorgio e madre della piccola Maria, una donna cieca, scialba, isolata nel suo mondo, incapace di vedere quello che la circonda e soprattutto priva della minima volontà di intervenire.
Silvia non fa altro che passeggiare per le vie di Rabat, assaggiando prelibatezze ai Suk e pensando a quanto sia bella la sua vita, e chiude fuori tutto il resto. Non importa che sua figlia Maria abbia comportamenti violenti verso gli altri e verso sé stessa, non importa che pianga, che non dorma la notte, che urli e strepiti, che abbia atteggiamenti sospetti con gli altri bambini, che faccia disegni inquietantissimi, non importa nemmeno che le maestre e la psicologa della scuola continuino a mandare a chiamare i genitori, sospettando che la bambina sia vittima di un qualche abuso. Non importa nulla, l'unica cosa che conta è che nulla intervenga a turbare la sua piccola bolla di felicità. Ma fin qui posso anche capire che cosa volesse mostrare la Dato: non voglio puntare il dito contro nessuno, non ho idea di quanto possa essere difficile accettare l'idea che una persona che amiamo possa fare una cosa così orribile, e posso capire che la mente umana attui dei meccanismi di difesa per evitare di doversi scontrare con delle realtà che non dovrebbero esistere.
Ad un certo punto, però, inevitabilmente i nodi vengono al pettine, e mi sarei aspettata una reazione diversa da parte di Silvia. Silvia resta invece impassibile: non c'è un solo pensiero negativo che Silvia rivolga al marito, mai. Quando ripensa a Giorgio, Silvia non fa che pensare a quanto lo amasse, a quanto la facesse sentire amata e protetta, a quanto abbia sofferto per la sua morte e a quanto gli manchi. Ho trovato questa cosa, francamente, raccapricciante. E ancor più raccapricciante è il modo in cui Silvia ripensa ai campanelli d'allarme che avrebbero dovuto farla riflettere sulla vera natura di suo marito: ci sono lunghissime pagine in cui la donna ripensa a Bibì, la figlia di amici in comune appena dodicenne, e il modo in cui la descrive è pieno di malizia e lascivia. Mi ha ricordato, inevitabilmente, il capolavoro di Nabokov, ma il problema è che, oltre ad esserci, ovviamente, una differenza abissale a livello stilistico, una descrizione del genere in “Lolita” funzionava perché veniva dal mostro, dall'uomo malato, dal pervertito. Qui no, qui certi termini sono messi in bocca alla madre di una bambina che è stata abusata per quattro anni, e sembra che questa donna non provi il minimo disgusto per quanto sia successo.
A coronare il tutto, poi, c'è una lunghissima scena finale, del tutto inverosimile e dilatata all'infinito, in cui la tredicenne Maria sembra tentare di sedurre il nuovo compagno della madre. Tornano le descrizioni lascive, e torna la ninfetta che sembra voler sedurre l'uomo maturo. Ma, di nuovo, un simile modo di descrivere la scena avrebbe avuto senso in bocca ad un pedofilo, non ad un narratore esterno.
E Silvia non fa niente, continua a non fare niente. Ha una figlia che non dorme la notte, che si ferisce, che ha smesso di andare a scuola, che non mette piede fuori di casa, e lei non fa niente. Non parla con lei, non la porta da un terapeuta, niente. Aspetta che le cose si aggiustino da sole, come per magia. Come se il tempo da solo potesse davvero guarire certi traumi. L'unico momento in cui Silvia sembra uscire dal suo torpore è quando finalmente si decide a cacciare il suo nuovo fidanzato (non commento nemmeno il comportamento schifoso di lui, perché è un personaggio talmente stereotipato e irrealistico che non credo valga la pena soffermarsi su questo), ma non tanto perché sia mossa dall'amore e dal desiderio di proteggere la figlia, ma solo per un terribile moto di gelosia. Quest'ultimo atto mi ha veramente disgustata, quest'ennesima colpevolizzazione della vittima si poteva certamente evitare (o si poteva cercare di riflettere maggiormente su questo: mi sta bene che si descriva Silvia come una persona disgustosa, ma la cosa deve essere problematizzata, non può essere solo accennata, come se niente fosse).
Mi dispiace molto, speravo davvero che avrei saputo apprezzare maggiormente questo romanzo, ma purtroppo così non è.
Profile Image for Livietta.
490 reviews69 followers
April 27, 2021
Preso sul consiglio del libraio, poiché il grande me era in riordino ed è stato un successo.
La storia è un rapporto di "forze" tra una madre, una figlia e una figura maschile. La figura maschile è rappresentata prima dal padre e marito e in seguito dal nuovo compagno della madre: tutto è un gioco di tensioni e momenti di equilibri instabili.
La storia si svolge tra Rabat e Roma, con capitoli più lunghi raccontati in prima persona dalla madre (e che partono dal presente romano per tornare nei ricordi al passato marocchino) che si alternano a capitoli molto brevi in terza persona che svelano in qualche modo gli avvenimenti del passato.
La trama a grandi linee e in maniera forse semplicistica.
La madre, Silvia, completamente assorbita al mondo ideale che si è costruita intorno al suo matrimonio, non riesce a vedere quello che in realtà sta succedendo alla figlia, nonostante gli indizi siano abbastanza evidenti. Dall'altra parte, buona parte della narrazione è dedicata alla costruzione, lenta nella narrazione e per questo angosciante, di una sorta di vendetta e rivalsa della figlia che cerca di sabotare il nuovo tentativo della madre di costruirsi un sogno da cui teme di essere nuovamente esclusa.

Ho apprezzato molto il ritmo e la tensione, la caratterizzazione delle due figure femminili principali e la scelta stilistica di utilizzare due punti di osservazione differenti in cui quello più "distante" è risultato quasi più, almeno per me, emotivamente importante.

Un ottimo esordio, che ho trovato ben costruito e calibrato nei tempi. Mi sarebbe piaciuto qualcosa in più sulla nonna paterna ma forse solo perché è un personaggio che mi ha intrigato molto e mi ha lasciato una serie di piccoli interrogativi.

Adesso aspetto di affrntare il grande me.

Profile Image for Abc.
1,117 reviews108 followers
February 9, 2018
Ecco una lettura che non può lasciare indifferenti e che spinge a varie riflessioni.
Maria, ancora bambina, viene abusata dal padre ripetutamente, mentre la madre non si accorge di nulla e non nutre il benché minimo sospetto.
Anche quando la psicologa scolastica cerca di instillarle qualche sospetto su quello che sta accadendo nella sua famiglia, lei rifiuta di crederci e se ne va adirata e offesa.
Nel romanzo non è ben chiaro se la mamma arriva mai a capire quello che ha davanti agli occhi. Mi piace pensare che alla fine se ne renda conto vedendo l'atteggiamento spavaldo e provocante di Maria verso il suo nuovo compagno, Antonio. Ma forse mi illudo...
Ho provato tanta pena per Maria, soprattutto perché mi è sembrata molto sola per tutto il periodo coperto dalla narrazione. Sia in Marocco che a Roma nessuno, tranne forse la psicologa, la ascolta veramente, nonostante il suo comportamento manifesti un disagio evidente. Quante volte questo succede anche nella realtà? Quante vittime sono lasciate sole ad affrontare i loro mostri?
Profile Image for Costawer.
95 reviews1 follower
June 8, 2025
Il libro, soprattutto nella parte iniziale, ha una scrittura potente.
Il tema affrontato è molto forte e provoca disgusto misto ad altre emozioni negative.
Una delle cose che mi ha colpito di più è stata la rappresentazione dell'esperienza della madre, scritta dal suo punto di vista.
Si percepisce come lei si creda in competizione con la figlia, che all'epoca delle violenze aveva solo quattro anni. Anche nel momento in cui è chiaro che la madre non sia a conoscenza dei fatti, il tema della donna adulta che si contende le attenzioni del marito, secondo lei, con la figlia piccola è reso in modo efficace.
Così come la colpevolizzazione della bambina, ritenuta ostacolo alla realizzazione dell'idea di famiglia perfetta e amorevole a causa degli apparentemente ingiustificati problemi comportamentali.
Allo stesso modo emerge in modo vivido il dolore della madre che una volta scoperto tutto, sente di non aver protetto la figlia e di essere complice in qualche modo. Stato emotivo nuovamente messo alla prova all'introduzione della figlia al nuovo compagno, Antonio.
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628 reviews35 followers
January 18, 2022
Una narrazione all'insegna del non detto, quella che ci propone l'autrice in queste pagine. Implicito che diventa esplicito già alle prime pagine, che indaga senza mai accusare, anche se ce ne sarebbe davvero bisogno.

Il tema principale è quello della pedofilia: vediamo quali conseguenze si porta dietro, sia sulla vittima che sull'aguzzino; ma vediamo anche come sia in grado di scombussolare un intero nucleo familiare. Quanto amore siamo disposti a dare, quanto ciechi siamo disposti a essere, davanti alle persone a noi più care?

Una storia che si dipana tra presente e passato, tra Italia e Marocco, tra due donne forti e delicate. Donne che si studiano, che si feriscono, che si amano. Donne unite a un uomo, il loro fulcro, la loro rovina.

Con una prosa scorrevole e delicata, il libro entra sottopelle e dilania, senza dare spettacolo, senza mai diventare banale nonostante narri la quotidianità di una famiglia.
Profile Image for Mari.
375 reviews29 followers
January 1, 2019
La figlia femmina di Anna Giurickovic Dato è un pugno nello stomaco. Impossibile staccarsi dalle pagine del libro, ipnotizza, disturba, irrita.

La storia è ambientata tra Rabat e Roma. Maria è la figlia di Silvia e Giorgio, un diplomatico trasferitosi in Marocco con la famiglia. Silvia non riesce, o non vuole accorgersi che suo marito è un mostro e che abusa di Maria, quando ancora è una bambina.
Madre e figlia, come spesso succede anche nella vita, a volte sono nemiche e a volte complici.

Non c'è un personaggio positivo in questa storia, sono tutti dei perdenti, la vittima, il mostro, ma anche chi per vigliaccheria si tappa orecchie e occhi.
Profile Image for Buccan.
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April 12, 2021
Lo mejor es la manera de narrar de la autora, enlazando muy bien las historias y el argumento.
Por un momento vi que podía ser una novela excesivamente corta para contar tanto, pero alargarla sería quitarle algo de pasión o darle menor énfasis a ese shock postraumático de las protagonistas y la manera de afrontar lo sucedido.
Puede ser que el verdadero protagonista sea Antonio, y que María solamente quiera alejar de su madre a posibles Giorgios en potencia, una vez ha intuido de que pie calza.
Profile Image for Габриела Тодорова.
171 reviews13 followers
March 19, 2025
Не знам дали преводача е осакатил текста или реално авторката пише по този начин, но е фрапиращо на моменти. Освен множеството нелогични изречения (четени поне по 4 пъти и все още не ги разбирам), неопоменатите диалози кой какво казва, защото в един момент се губи нишката и не пасва на персонажа + реално темата е изключително слабо засегната, но за сметка на това обясненията за всякакви незначителни неща правят обема на книгата. Недоразумение на хартия.
Супер много ме е яд, че дадах пари за това нещо. Ако можех да дам 0 звезди, щях.
Profile Image for La Lettrice Solitaria.
174 reviews295 followers
May 8, 2018
Ahh, i bei libri che minano la tua già scarsa fiducia nell'umanità...
Le mie due stelle di voto non si riferiscono alla qualità del libro e della prosa, per me ottima, ma all'argomento trattato dal romanzo, davvero disturbante, torbido e per cuori forti. Cosa che io non sono, quindi dopo esserne uscita disturbatissima a livello emotivo, preferisco non essere tra coloro che lo consigliano, per evitarvi il disturbo e la destabilizzazione che sto provando io pensandoci ancora...
Profile Image for Martina D'Angelo.
58 reviews5 followers
April 2, 2017
Ero certa mi sarebbe piaciuto ma non pensavo così tanto. Intenso, vero, duro ma scritto in un modo delicato nonostante il tema. Spero vivamente che questa giovane autrice riesca a vincere il premio Strega con questo romanzo.
Displaying 1 - 30 of 112 reviews

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