Lo hanno definito "boss dei due mondi". E anche: "Il primo gola profonda della mafia". Veramente ci fu una volta, più di trent'anni fa, il "caso Valachi", uno che si lasciò andare con quelli del FBI; ma un capo della DEA, Frank Monastero, che si occupa di droga, considera il vecchio Joe un sillabario, e Buscetta l'enciclopedia. Tommaso Buscetta parla, e rivela i meccanismi che regolano la vita all'interno delle varie "famiglie"; non spiega le ragioni di certi delitti politici, e neppure rivela come è composto il "terzo livello", "la cupola", quelli che stanno sopra tutti e decidono, e non compaiono mai; però, commenta l'ex sindaco di Palermo Insalaco: "E' un terremoto, un terremoto mai visto. Adesso la città osserva, riacquista fiducia, ma c'è in giro tanta preoccupazione". Quando chiedono a Buscetta perché si è deciso a infrangere la legge della riservatezza, della discrezione, che è l'impegno giurato di ogni "soldato", risponde: "Non avevo altra scelta: o continuavo a tacere, come avevo fatto, oppure andavo fino in fondo. E così è stato". La sua esistenza è stata segnata da continui colpi di scena, e da improvvisi mutamenti di luoghi, ma è sempre dentro a quella che il rapporto di un prefetto, più di un secolo fa, aveva battezzato "l'associazione malandrina". Il "don" di un tempo è diventato "padrino", però lo spirito è rimasto immutato, e così i riti, gli statuti, i giuramenti. Hanno fatto sapere a Tommaso Buscetta che, se ritratta quello che sta ormai scritto in migliaia di pagine di verbali, e si finge pazzo, ci sono per lui milioni di dollari. Non cambierà una parola: non teme il futuro, e gli hanno insegnato che "chi gioca da solo non perde mai". I sogni sono per i suoi figli, quelli rimasti: per tante notti ha dormito su un cuscino che riproduceva il volto sorridente del più piccolo, quello che gli ha chiesto: "Papà, la mafia che cos'è?". Ho ascoltato per ore e ore le sue memorie; tutto, di certo, non è stato detto, ma possono aiutare a capire.
Enzo Marco Biagi è stato un giornalista, scrittore, conduttore televisivo e partigiano italiano. È stato uno dei volti più popolari del giornalismo italiano del XX secolo. (fonte: Wikipedia)
Enzo Biagi(Italian pronunciation: [ˈɛntso ˈbjaːdʒi]) was an Italian journalist, writer and former partisan. (source: Wikipedia)
Chi ha almeno la mia età penso ricordi il Maxiprocesso a Cosa Nostra, istruito da Giovanni Falcone ed altri colleghi (Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta, Giuseppe Di Lello, Giuseppe Ayala) e celebrato a partire dal 1986 nell'aula bunker di Palermo. Nelle gabbie, il Gotha della mafia siciliana, o quel che era sopravvissuto alla guerra scatenata dai corleonesi (capitanati da Totò Riina, Binnu Provenzano, Luciano Liggio e Leoluca Bagarella) contro le famiglie avversarie, in primo luogo quelle di Gaetano Badalamenti, capo della Commissione, Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo. Il processo si concluse in Cassazione nel 1992, con una vittoria pressochè totale della pubblica accusa, confermata dai giudizi di rinvio che confermarono le condanne in primo grado. La rappresaglia immediata colpì prima Falcone, poi Paolo Borsellino, considerato il successore del suo amico d'infanzia nella lotta in prima linea.
Figura chiave del processo fu il primo pentito di grande rilievo di Cosa Nostra, Tommaso Buscetta, personaggio che sembra fatto apposta per rendere impossibile un giudizio netto. Rivendicava di essere un uomo d'onore, dichiarava di non essere un pentito, dal momento che non riconosceva "legittimità" alla mafia dei corleonesi. Chi lo ha conosciuto gli riconosceva una sua forma di integrità, grande carisma, uno spessore umano non comune. Il recente (e, personalmente parlando, consigliato) film di Marco Bellocchio "subisce" il fascino del personaggio Buscetta.
Anche Biagi non si discosta da questa valutazione, pur avendo sempre ben presente che il suo intervistato era (e rimaneva orgogliosamente) mafioso dichiarato, autoaccusatosi di alcuni omicidi (ma sempre negando gli addebiti di narcotraffico, circostanza che pare confermata dal non particolarmente florido stato delle sue finanze personali). Il libro però è stato una netta delusione, essendo costellato da aneddoti rosa sulle vicende amorose di Buscetta, i suoi numerosi matrimoni e amori passeggeri. Cose interessanti se ne trovano sparse qui e là, migliorando nettamente nelle ultime (poche) pagine, una trentina, dove si parla più direttamente delle vicende criminali del protagonista. Sul tema, per quanto siano passati molti anni dalla mia lettura, credo valga tuttora la pena dedicarsi all'intervista che Marcelle Padovani fece a Giovanni Falcone, Cose di Cosa Nostra.
PS: Chi volesse vedere una ricostruzione in formato docudrama del Maxiprocesso può provare a seguire questo programma della Rai, di cui ho sentito parlare bene.
«La solitudine è la sua difesa, ma anche la sua cella, dalla quale non uscirà mai.»
Attraverso un'intervista che lo stesso Biagi ha realizzato con Buscetta, viene ricostruita la figura del primo super pentito di Cosa Nostra. Il giornalista scompone la personalità del mafioso, analizzandone gli aspetti più umani, mettendo in evidenza il fascino che egli esercitava sulle persone, la sua spiccata intelligenza e la sua etica ambigua, che lo rendevano sicuramente un personaggio affascinante.
Dal punto di vista della ricostruzione storica, purtroppo, il racconto presenta alcuni evidenti difetti. Troppe volte si passa, in modo repentino, da un soggetto all'altro e da un periodo storico all'altro, rendendo la lettura frammentata e confusa. Avrei preferito una narrazione più chiara, magari suddivisa in capitoli specifici, piuttosto che l’impostazione giornalistica che Biagi ha dato al libro. Inoltre, viene dato troppo spazio alle avventure amorose e coniugali di Buscetta.
I contenuti sono comunque validi, e per chi è interessato all'argomento risultano anche piuttosto affascinanti. Vengono descritte le dinamiche della mafia italiana e americana, e si fanno i nomi di diversi esponenti storici. Ci sono spezzoni di interviste e testimonianze di terzi, che raccontano alcuni aneddoti legati alla storia di Cosa Nostra.
Verso la fine, il libro diventa molto più coinvolgente, concentrandosi sulla storia personale e sulle vicende mafiose di Buscetta.
Libro a mio giudizio un po’ inconcludente, non si capisce chiaramente quale ne sia lo scopo. La narrazione si perde un po’ confusamente fra vicende sentimentali ed episodi di mafia, senza un vero filo.