Finché non prendiamo in carico la nostra infanzia, finché non la guardiamo, curiamo, risarciamo, ascoltiamo, adulti non lo diventeremo mai. Prenderla in carico non significa tenere in vita il bambino che siamo stati, al contrario. Significa guardare con lucidità indietro, nel viaggio iniziale che ha formato quello che siamo ora, ridando i giusti pesi e restituendo ciò che non ci appartiene. Questo non è un lavoro interiore riservato a chi ha figli, tutt’altro, è un’immersione necessaria a chiunque, perché l’infanzia è una condizione umana imprescindibile per tutti noi. Solo così scopriamo chi siamo ora, se siamo padroni della nostra vita, e capiamo come metterci al suo timone. Questo è il modo per smascherare e disinnescare copioni tossici che creano sofferenza e rendono prigionieri. Questo è il modo, perché il segreto delle nostre esistenze è nell’infanzia, scatola nera e quartier generale del nostro esserci. Da lì tutto è cominciato e, quando ci perdiamo, è esattamente lì che dobbiamo tornare.
A questo libro mancano le fonti. L'autrice spara alla grande le sue assolute verità che sono unicamente opinioni personali in cui lei crede ciecamente. Il capitolo sui "bambini non nati ma che ci sono stati" non me lo aspettavo. Quello finale sulla discussione con i genitori per dirgli come ci si è sentiti da bambini può essere interessante, non so quanto fattibile e non sono convinta che sia utile per tutti. Del libro non ho apprezzato lo stile della scrittura, troppo poetico e metaforico per i miei gusti. Positivo però l'aver incluso delle domande di riflessione alla fine di ogni capitolo (non le ho usate, ma l'idea va apprezzata). Mi aspettavo un libro più illuminante. Le aspettative giocano sempre brutti scherzi.
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Spezzare le catene generazionali, restituire al mittente i pesi che ci portiamo indietro, tramandandoceli da padre in figlio. Un libro capitato tra le mani al momento giusto, nel quale ho trovato risposte che cercavo da tempo.
Per me terribile. L'autrice spaccia le sue teorie e opinioni per verità assolute, cerca di convincerci su quali sono i buoni e i cattivi genitori e su quali sono i comportamenti e le attitudini corrette da tenere con i propri figli. Diventare genitori di se stessi... ma anche no, cosa vuol dire? Se mia mamma mi invita la domenica a pranzo è una cattiva madre perché non vuole che io mi allontani? Non so, incomprensibile. E ripetitivo.
un viaggio interiore in compagnia del bambino che siamo stati per accoglierlo e prendercene cura, il libro offre molti spunti e riflessioni per una presa di consapevolezza di comportamenti e atteggiamenti che si ripetono nel tempo e nelle relazioni e che spesso ci chiediamo da dove derivino; in alcune parti mi trovo in disaccordo perché trovo che punti a un'eccessiva performance del "bravo genitore"
E' ora di fare il funerale al bambino che siamo stati. Quello che non abbiamo avuto dai nostri genitori da bambini non ci verrà dato ora che siamo adulti. Inutile rincorrerlo, meglio andare avanti e prendere in mano la nostra vita.
L'approccio è per gran parte mal posto secondo me, incentrandosi più su come essere bravi genitori che come essere buoni adulti, ma il pensiero di fondo lo condivido. Anzi, dovremmo ripetercelo più spesso.
Un viaggio interiore in compagnia del bambino che siamo stati per accoglierlo e prendercene cura. Il libro offre molti spunti e riflessioni per una presa di consapevolezza di comportamenti e atteggiamenti che si ripetono nel tempo e nelle relazioni e che spesso ci chiediamo da dove derivino. In alcune parti mi trovo in disaccordo perché trovo che punti a un'eccessiva performance del "bravo genitore".
Qualche semplicismo, qualche forzatura, qualche spunto interessante. Un'idea in particolare mi è piaciuta sul significato di adultità, che fa più o meno così: "essere adulti è diventare genitori di se stessi", con tutto ciò che questo può significare...