Si potrebbe dire di Medea ciò che dice Omero della nave Argo su cui essa ha viaggiato: è stata «raccontata da tutti». Tutti però l'hanno raccontata in modo differente. Nessuna delle più di quattrocento riletture letterarie, operistiche, cinematografiche, pittoriche ne ha restituito l'immagine completa e definitiva.
Il suo nome è associato per sempre a un gesto inconcepibile - il figlicidio - ma Medea non ha una sola dimensione: è umana, ma è depositaria di saperi e poteri che trascendono quelli umani; è una donna, ma è più virile di tanti uomini; è passionale, ma non perde mai la sua lucidità; è una barbara, ma tiene testa a quanti passano per civilizzati, è portatrice di una cultura arcaica ma è emancipata più di qualunque donna greca, è una carnefice ma anche una vittima. Il suo segno è l'ambiguità. Medea incarna il diverso; compendia tutto ciò che è sospetto, inquietante, repulsivo, inaccettabile, e proprio per questo ci interpella sulla nostra capacità di includere nel nostro quotidiano ciò che non ci appare immediatamente omologabile. È una profuga che viene respinta da una nazione dopo l'altra e che uccide i figli forse anche volendo scongiurare loro una vita di vagabondaggio e di umiliazioni. Il destino di quest'antica migrante tocca nell'Europa di oggi dei nervi scoperti. Quando rivendica i suoi diritti di donna e di madre o quello di rimanere fedele alla sua cultura d'origine proviamo simpatia per lei; ma quando si spoglia della sua umanità per consegnarsi a un'alterità assoluta e insondabile non siamo più disposti a immedesimarci in lei. Trasferire, in tutto o in parte, sulle spalle degli 'altri' - ossia le nostre - le colpe di Medea equivale ad ammettere che Medea non è poi cosí 'altra'. Serve a esorcizzare il pensiero disturbante che Medea è, o potrebbe essere, una parte oscura di noi stessi. Del resto, le cronache di tutti i giorni ci dicono che le madri assassine non esistono solo nel mito, ma sono attorno a noi.
Maurizio Bettini (1947), classicista e scrittore, insegna Filologia classica all'Università di Siena. Autore di saggi di argomento filologico, metrico e linguistico, i suoi interessi vertono soprattutto sulla antropologia del mondo antico, disciplina a cui ha dedicato svariati volumi. A Siena ha fondato, assieme ad altri studiosi, il Centro "Antropologia e Mondo antico", di cui è direttore. È autore di romanzi e racconti e collabora alle pagine culturali di "la Repubblica".
A chi mi conosce sarebbe superfluo spiegare perché questo saggio mi è piaciuto così tanto, ma ci proverò lo stesso.
Il personaggio di Medea è IL personaggio, quel personaggio che mi ha cambiato la vita. Il mio personaggio preferito di sempre. E questo saggio le rende giustizia.
Pensavo che sarebbe stato scritto faziosamente, che ci sarebbero state valutazioni di parte (negative o positive) che avrebbero offuscato il giudizio del lettore. Ho trovato il saggio molto obiettivo: ha mostrato e analizzato il personaggio di Medea a tutto tondo senza mai scadere in opinioni. Forse solo alla fine, nell'epilogo, ma è comprensibile e perdonabile (anche se, appunto, non mi trovo del tutto d'accordo con la visione proposta).
Per una classicista come me la prima parte è stata la più interessante. Conosco molto bene le versioni del mito analizzate, nonostante ciò Medea è sempre capace di offrirmi qualcosa in più.
Ho apprezzato altrettanto la seconda parte, la Medea dei moderni, che mi ha dato modo di conoscere tantissime rivisitazioni di questa donna controversa, alcune abbastanza affascinanti da ispirarmi a recuperarle.
Il capitolo sull'iconografia è molto breve, avrei preferito venisse dedicato più spazio a questo aspetto. Ma ci sarebbe voluto probabilmente un libro a parte.
Ho sottolineato tantissimo, ma non avevo dubbi. Sarei curiosa di recuperare gli altri libri della stessa collana.
Intanto vi consiglio davvero di leggerlo, anche solo per godervi la delicatezza con cui Bettini tratteggia all'inizio del saggio il mito di Medea - l'amore di cui lei arde e la punta conficcata nel suo cuore.
Questo saggio sul mito di Medea è magnifico. Ripercorre la storia letteraria, antropologica e artistica del mito di Medea, dalle attestazioni pre Euripide, al film di Lars von Trier, al quadro in cui appare come una donna borghese. Una lettura interessante, mai noiosa, mai eccessiva, chiara, completa. Ogni aspetto, ogni faccia di questo personaggio viene analizzata e spiegata, sotto ogni punto di vista. Uno dei libri più belli e interessanti che abbia letto di recente.
Medea is around us everywhere. The monster walks the streets - and in the end is just a woman (dice Deborah Porter nel suo atto unico No more Medea, 1990) (pagina 259)
La risposta di Medea, superbamente perentoria, dà la misura del concetto che ha di sé: "Rimane Medea (Medea superest). In me c'è il mare e la terra, il ferro e il fuoco, gli dèi e i fulmini". (pagine 106) Ma: L'ultima battuta è di Giasone: "Va' per gli alti spazi dell'eccelso etere: proverai che dove tu passi non ci sono dèi". (pagina 109)