La differenza ha profonde radici storiche e culturali ed è il frutto delle risposte che i diversi gruppi umani hanno saputo dare ai differenti habitat con cui si sono trovati a convivere. Marco Aime, dialogando con le sue nipotine Chiara ed Elena, racconta dei suoi viaggi, dei suoi incontri immaginari con colleghi celebri come Claude Lévi-Strauss o Bronisl/aw Malinowski - nel libro citati semplicemente per nome, - e mediante aneddoti ed esempi spiega le diverse concezioni che i tanti popoli della terra hanno dello spazio, del tempo, della famiglia, dell'economia, del corpo. Nel suo insieme il libro dà vita a una sorta di breve e semplice corso di antropologia che fornisce ai lettori, giovani e adulti, gli strumenti critici per osservare il mondo con altri occhi.
Nel 2009, mentre questo libricino prendeva forma, io incontravo l'autore due volte a settimana tra i banchi dell'aula garage di Via delle Fontane a Genova. Lui, seduto sulla cattedra, incantava 200 persone che se ne stavano zitte zitte per due ore a seguirlo nei suoi viaggi in giro per il mondo. L'unico rumore che si sentiva era il suono della sua voce accompagnato dallo scarico dell'acqua dei bagni di Lingue, ai piani superiori. Quell'aula era sepolta sotto terra, buia, umida, fredda e scomoda ma non aveva importanza, perché ci si restava giusto il tempo per vederlo entrare dalla porta, e poi si partiva. Sono stata nei suq africani, tra gli Inuit e in oriente senza alzarmi mai dalla sedia dell'aula garage. Ho guardato esterrefatta alle pratiche barbare di un popolo sconosciuto, i Nacirema, per capire solo dopo che i Nacirema non sono altro che gli American letti al contrario. Da Aime ho imparato una lezione importante, che mi porto dietro da allora e per la quale non gli sarò mai abbastanza grata: l'importanza dello sforzo di immedesimazione. Ho imparato che per saper guardare, per comprendere, bisogna prima smontare una sovrastruttura di giudizi aprioristici che sono il più pesante tra i bagagli culturali.
Aime qua parla alle sue nipoti come faceva con noi: chiaro, diretto, paziente. Mai ovvio, mai scontato. Avremmo tutti bisogno di guardarci come Inailati, per riscoprirci italiani ma, prima e soprattutto, umani. "Una bella differenza" è come il suo autore. Non credo serva altro.
«Io ritengo che non vi è nulla di barbaro e di selvaggio in quelle popolazioni. La realtà è che ognuno definisce barbarie quello che non è nei suoi usi.»
Carino e simpatico, si legge in un soffio, ma nulla di ché. Letto in preparazione a un esame per l'università. Dà alcuni spunti di riflessione, ma nulla di più.
2.5/5⭐️ Mi dispiace ma io i saggi proprio non li reggo, purtroppo devo leggerli (alcune volte) per la scuola. Carino, interessante e per alcuni versi simpatico; si legge in un soffio, in una giornata l'hai finto. Da alcuni spunti di riflessione ma non è nulla di che.