pianobi: Lettere da Vecchi e Nuovi Continenti discussion

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Michel Bussi
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Michel Bussi
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Il prologo è molto interessante poi, va da sè, il romanzo si assesta su binari più tradizionali...
Potrò darne un giudizio definitivo quando l'avrò terminato (un paio di giorni...)

A me Ninfee nere sta piacendo molto. Ho avuto le stesse sensazioni di Ubik sul prologo, ma l'interesse non è ancora scemato; a dire il vero lo sto leggendo un po' lentamente, poche pagine al giorno, ma il ritmo che ho scelto non ha nulla a che vedere con la qualità del romanzo.
Concordo anche con capobanda quanto all'ispettore Sérénac, personaggio affabile e curiosamente ordinario.
Concordo anche con capobanda quanto all'ispettore Sérénac, personaggio affabile e curiosamente ordinario.

dopo il prologo il mio interesse non è scemato, ma si è solo un po' attenuato rispetto alle aspettative eccessive suscitate dal prologo stesso...
quando alla figura dell'ispettore io lo sto trovando uno dei punti di debolezza, sia perché i duetti con il suo vice mi ricordano troppo quelli della coppia Adamsberg (commissario irrazionale e intuitivo)/Danglard (vice razionale e metodico) dei romanzi della Vargas, un duo che mi divertiva ma alla lunga mi ha stancato. Anche la sua (view spoiler) .
Ma ora mi fermo perché di solito non è mia abitudine commentare un libro ancora in lettura, poi magari evolve in un senso o nell'altro e le mie impressioni si capovolgono!
:-)
No aspetta wait come hai fatto sta cosa dello spoiler??
Non ho mai letto la Vargas e ci sto pensando da un po'... stesso discorso per Nesbo. Prima o poi mi deciderò
Non ho mai letto la Vargas e ci sto pensando da un po'... stesso discorso per Nesbo. Prima o poi mi deciderò

http://www.normandie-giverny.fr/parco...

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Esattamente come il b tra < due > che dava inizio al maiuscolo (e al quale eravamo già abituati) e il /b che lo chiudeva, vedrai che la stessa cosa è possibile con lo spoiler fra virgolette
è più facile da fare che da descrivere
:-)
A me era piaciuto tanto, ma forse non faccio testo perché amo gli Impressionisti e non leggo molti gialli :-)
In ogni caso sono d'accordo con @Ubik: non parliamo di un capolavoro della Letteratura internazionale, ma di un giallo (thriller) piuttosto godibile originale e con un'ambientazione unica.
Facendo un paragone, Sacré bleu, con il quale dovrebbe avere qualcosa in comune, a me ha deluso moltissimo, e l'ho trovato anche molto volgare.
In ogni caso sono d'accordo con @Ubik: non parliamo di un capolavoro della Letteratura internazionale, ma di un giallo (thriller) piuttosto godibile originale e con un'ambientazione unica.
Facendo un paragone, Sacré bleu, con il quale dovrebbe avere qualcosa in comune, a me ha deluso moltissimo, e l'ho trovato anche molto volgare.

Ci ho riprovato poi con Tempo assassino ed è orripilante, proprio da lasciar stare.

Io leggo tantissimi gialli e non ne posso più degli impressionisti, forse
è per questo che al libro ho dato un sei stiracchiato! ;-)

Resta un non-capolavoro ma un ottimo romanzo di genere, il migliore che mi sia capitato negli ultimi anni, escludendo ovviamente i libri che ho recuperato adesso ma che risalgono al secolo scorso.
Finito anche io, Ninfee nere è sotto tutti i punti di vista un ottimo giallo, costruito con innegabile genialità.

Per me è un NO grande come una casa, anche se le ambientazioni mi sono piaciute e mi è venuta voglia di visitare Giverny.
OT: questa cosa dello spoiler di goodreads è geniale! :)
Nuuu il finale una truffa al lettore? Ma è GENIALE!
Oggi io e voialtri pianobici stiamo su due pianeti lontaani lontaaani...
Oggi io e voialtri pianobici stiamo su due pianeti lontaani lontaaani...
OT Sai che non sono mai andato oltre la season 4? Mi ha preso per stanchezza... e dire che le prime tre stagioni mi avevano fatto fare le ore piccole
Per me è geniale, sono d'accordo con Paolo.
E vi dirò di più: mi è piaciuto essere stata presa in giro da Bussi in quel modo!
In effetti, più che geniale l'ho definito diabolico :-)
E vi dirò di più: mi è piaciuto essere stata presa in giro da Bussi in quel modo!
In effetti, più che geniale l'ho definito diabolico :-)


Ma soprattutto il suo valore spicca, a mio parere, se lo si confronta con il livello molto basso del giallo/poliziesco/thriller contemporaneo...
Ovviamente non ho letto tutto, ma nonostante le delusioni continuo a frequentare il genere e posso ricordare non più di 3-4 titoli in grado di competere con questo fra i romanzi "di genere" pubblicati negli ultimi 10-15 anni.

Ma soprattutto il suo valore spicca, a mio parere, se lo si confronta con il livello molto basso del giallo/poliziesco/thriller contempo..."
mi segnaleresti gli altri meritevoli, per favore? Sono sempre alla ricerca di "gialli" che mi soddisfino e non ne trovo.
Come ho già scritto più sopra, questo mi è piaciuto.

Qua andiamo sul terreno (scivolosissimo) del gusto personale e inoltre dando un'occhiata retrospettiva ho verificato che nel calderone "giallo/poliziesco/thriller" le cose recenti più meritevoli rientrano più sul versante thriller che sul giallo vero e proprio.
Ciò premesso, i romanzi che ho più apprezzato fra quelli usciti nell'ultimo decennio o giù di lì sono, in ordine sparso:
- i romanzi di Don Winslow (Il potere del cane e Il cartello)
- Bambino 44 di Tom Rob Smith
- L'avvoltoio di Tom Franklin
- La voce degli angeli di Roger Jon Ellory
- Perfidia di James Ellroy
- Zulu di Caryl Ferey
- Non puoi tornare a casa di Wiley Cash
- Tokyo anno zero di David Peace
Temo che le citazioni, buttate giù un po' alla rinfusa, attireranno un sacco di pernacchie (ero tentato dall'inviartele in privato...) e soprattutto constato a posteriori che l'elenchino è molto sbilanciato sul versante americano, ma tant'è: questo è più o meno ciò che mi ha colpito ultimamente nel genere poliziesco.
Aggiungo che, come si può facilmente dedurre, non sono un esperto ma solo un appassionato lettore; se cerchi un esperto ti consiglio l'amico Chomsky
:-)

Qua andiamo sul terreno (scivolosissimo) del gusto personale e inoltre dando un'occhiata retrospettiva ho verificato che nel calderone "giallo/poliziesco/thriller" le cose recenti più mer..."
Anch'io sono solo una appassionata lettrice, quindi i tuoi consigli vanno bene, non ti preoccupare. A parte J.Ellroy (che mi piace) e Winslow (che non ho mai letto) non conosco nessuno dei citati, quindi vado a documentarmi per capire se potrebbero piacermi. Grazie :)

Anche qui ci sarà il finale inaspettato, si fa per dire ;)

E' esattamente quello che intendo per truffa al lettore. L'autore mi nasconde delle cose. La cara vecchia Agatha non lo faceva mai. :)

La fantasia è uno degli strumenti di cui l'autore dispone e se la usa lasciandomi a bocca aperta, tanto meglio. Cerco originalità non l'aderenza a un canone prestabilito.
Poi naturalmente ognuno è libero di pensarla come crede...
:-)
Mi sono sentito preso in giro da 10 piccoli indiani ad esempio: soluzione che puzza di deus ex machina, comunque posticcia. Poi le regole di violano, ma è rischioso.

"Ninfee nere" mi è piaciuto per l'originalità della trama e mi sono lasciato vincere dalla sospensione dell'incredulità che ogni lettore attua nei confronti del libro.

Per quel che mi ricordo, il finale di Dieci piccoli indiani era invece "corretto", nel senso che effettivamente il lettore non viene ingannato.
Nei suoi romanzi migliori, come il già citato da Chomsky Dalle nove alle dieci (forse il mio preferito in assoluto, della Christie), riusciva a dare soluzioni che erano impossibili da indovinare non tanto perché venivano occultati indizi (il lettore ha esattamente le stesse informazione dell'investigatore, in questo caso Poirot), ma semplicemente perché erano molto fantasiose, ed occorre appunto la fantasia, più che la logica, per riuscire ad intuirle. Per questo, la reputo la vera Maestra del giallo classico, perché non era tanto un gioco "enigmistico", quanto una rottura di schemi pur rispettando delle "regole".
Detto questo, non ho letto nulla di Bussi.
In generale, non penso che un giallista debba per forza fornire tutti gli indizi al lettore, non è un "gioco" enigmistico, come dice giustamente Ubik, è narrativa.
Dipende dal tipo di storia, dalla scrittura. In certi vecchi gialli classici, l'inganno al lettore, è fastidioso perché il romanzo stesso è costruito come "una sfida al lettore", e se gli togli quello, non rispettando le "regole" del gioco, non resta nient'altro.
Col tempo, però, il poliziesco si è evoluto, come sappiamo bene, proprio a livello di "stile", costruzione dei personaggi, ecc., e di conseguenza cade il discorso della sfida al lettore, perché ti interessa altro.

Dal giallo "puzzle" degli inizi del secolo, quando vere e proprie regole vennero suggerite da SS Van Dine, il creatore di Philo Vance alla comparsa di un nuovo standard, l'Hard Boiled, frutto delle innovazioni di Dashiell Hammett e Raymond Chandler, a sua volta compilatore di nuove regole del "gioco", la struttura interna del giallo è cambiata ma non l'interesse del lettori per l'indagine poliziesca.
Raymond Chandler nel suo famoso saggio "La semplice arte del delitto" scritto nel 1944 polemizza duramente con il romanzo poliziesco classico "riservato alle vecchie signore", perchè "il romanzo poliziesco deve essere realistico per quanto riguarda personaggi, ambiente e atmosfera. Deve trattare di persone vere in un mondo vero".
Nel suo saggio Chandler loda Dashiell Hammett per aver strappato il delitto al giardino di rose del vicario, dove lo tenevano ostaggio Agatha Christie e Dorothy Sayers, e averlo restituito ai vicoli, in "un mondo in cui i gangster possono dominare le nazioni e poco manca che governino le città".
Perché come scrisse Marshall McLuhan nel suo fondamentale saggio “Gli strumenti del comunicare” “Intanto bisognava vivere nella violenza di un ambiente industriale e meccanico e darle un significato e una ragione d'essere nei nervi e nelle viscere dei giovani. Vivere e sperimentare qualcosa equivale a trasporre il suo impatto diretto in molte forme indirette di consapevolezza. Abbiamo offerto ai giovani una giungla d'asfalto rauca e stridula al cui confronto qualsiasi giungla tropicale era quieta e inoffensiva come una conigliera. La consideravamo normale e spendevamo ingenti somme per mantenerla ad un alto livello d'intensità, dato che rendeva bene. E quando l'industria del divertimento cercò di presentare un ragionevole facsimile della normale veemenza urbana, alzammo le sopracciglia.”
Col tempo c'è stata la voglia di evadere dai canoni classici del genere e sono stati i giallisti francesi i più solerti eversori dello schema solito delitto- indagine-soluzione con trovate e stili molto particolari.
A partire da Claude Aveline, poeta e intellettuale, autore di straordinari gialli come "La doppia morte dell'ispettore Belot, "Il getto d'acqua" e "L'occhio di gatto", passando per Michel Bussi, per finire con Pierre Lemaitre, scrittore non solo di gialli ma che ha esordito con un ottimo prodotto del genere come "Irene", la scuola francese ha tra le sue fila tanti innovatori.
L’ultima frontiera del romanzo giallo è quella indicata da Umberto Eco nelle sue “Postille al Nome della rosa”: “Sembra che il gruppo parigino dell’Oulipo abbia costruito di recente una matrice di tutte le possibili situazioni “gialle”, scoprendo che dev’essere ancora scritto un libro in cui l’assassino è il lettore”.
Eco si riferisce al saggio “Qui est le colpable?” (“Chi è il colpevole?”), redatto da François Le Lionnais nel 1969 in cui vengono analizzati i vari possibili responsabili dei delitti dei gialli a partire dal primo (uno scimmione), al narratore (come in un celebre romanzo di Agatha Christie), all’editore del libro (come in una non specificata novella di Wodehouse). Alla fine del suo lavoro Le Lionnais lanciò la sua provocazione dicendo di aver trovato una soluzione razionale (senza trucchi o mezzi soprannaturali) per rendere colpevole il lettore.
La sfida fu raccolta per primo dal giallista inglese Peter Lovesey che nel suo racconto “Youdunnit” (che è diventato anche il marchio di fabbrica di questo particolarissimo genere) riesce nell’impossibile compito. Un anno dopo Jean-Louis Bally nel suo “La dispersion des cendres” trova un originale intreccio per assolvere l’assunto, immaginando un autore che, scrivendo un giallo destina tutti i diritti d’autore ad un fondo segreto che una volta raggiunta una certa cifra paga un killer per assassinare lo scrittore. Max Dorra nel 1999 scrisse lo “youdunnit” “Vous permettez que vous dise tue?” pubblicato anche in inglese con il titolo “You Shalt Kill”. Questo fatto stimolò ancora Peter Lovesey che ingelosito dal successo del francese scrisse “Assassinando Max” in cui per la prima volta un giallista ne uccide un altro. Questo gustosissimo racconto è presente nella raccolta “Lo strangolatore di Sedgemoor” pubblicato nel 2003 nella collana Supergiallo Mondadori.

Alla fine del suo lavoro Le Lionnais lanciò la sua provocazione dicendo di aver trovato una soluzione razionale (senza trucchi o mezzi soprannaturali) per rendere colpevole il lettore.
E' sì il lettore che diventa il colpevole del giallo è un’idea che pare folle ma non così lontana dalla realtà e potrebbe avere anche più di un suo suo perché: metti che leggiamo una situazione di intreccio giallistico che si potrebbe confezionare perfettamente alla nostra vita in un dato momento di crisi profonda, potremmo cercare di prendere indicazioni e riprodurre nella vita reale le stesse procedure delittuose narrate dall’autore rivolte ad un possibile nemico.
Quando accadono delitti efferati o comunque delitti in genere gli inquirenti oltre a tutto il resto analizzano con grande cura non solo i contenuti dei nostri Pc, cellulari tablet, etc ma anche le letture che potremmo avere fatto, una volta semplicemente era l’ultimo libro con le dovute sottolineature appoggiato sul comodino, oggi con enorme facilità anche l'ordine cronologico di letture pubblicate in un sito di libri, GR tanto per dirne uno.
Le nostre letture sono quasi sempre influenzate dal nostro “stato” e dicono sempre moltissimo di ognuno di noi.
State fornendo argomenti interessantissimi sul "genere giallo".

Lo dice Gesualdo Bufalino non io spesso vale non sempre:
"è dal finale che si giudicano i gialli, così come dal profilo le donne"
:)
Evi * wrote: "E' sì il lettore che diventa il colpevole del giallo è un’idea che pare folle ma non così lontana dalla realtà e potrebbe avere anche più di un suo suo perché: metti che leggiamo una situazione di intreccio giallistico che si potrebbe confezionare perfettamente alla nostra vita in un dato momento di crisi profonda, potremmo cercare di prendere indicazioni e riprodurre nella vita reale le stesse procedure delittuose narrate dall’autore rivolte ad un possibile nemico. "
È un po' quel che succede al protagonista de La panne, in fondo.
È un po' quel che succede al protagonista de La panne, in fondo.

@Evi* l'uomo contemporaneo lascia miriadi di tracce ogni ora e viene costantemente monitorato perciò è lecito creare una trama come quella che hai prospettato. "Postmortem" il primo romanzo di Patricia Cornwell, pubblicato nel lontano 1990 aveva preannunciato l'era dell'uomo controllato nei suoi spostamenti e desideri.
II romanzo giallo classico all'inglese o “Whoddunit” ha una caratteristica peculiare che è data dal finale che determina la qualità dell'intera opera. Spesso un finale riuscito nobilita una trama sconnessa mentre altre volte un epilogo confuso e abborracciato svaluta un giallo sino ad allora ben costruito con una trama tesa e intrigante. La teoria prevede che il finale metta luce sugli aspetti più oscuri della vicenda e sia di una chiarezza e di una linearità assoluta e oltre a scoprire il colpevole lo assicuri con certezza alla giustizia.
A mio giudizio il finale più riuscito nella storia del giallo è quello di “Sorpresa a mezzogiorno” di Ellery Queen in cui, partendo da alcune minuzie Ellery forgia una catena di logica ferrea in una scena in spasmodico crescendo che Anthony Boucher ha lodato come “l'epilogo probabilmente costruito in modo più ammirevole di tutta la storia della narrativa poliziesca.”
Queen tiene nascosto il nome dell'assassino attraverso trentacinque pagine, piuttosto fitte, di spiegazioni, in pratica fino alle ultime due parole del romanzo. Un'impresa che non ha praticamente uguali nel genere.
Agatha Christie era una maestra nel creare finali sorprendenti e indimenticabili tra narratori che si rivelano assassini, detective colpevoli dell'omicidio sul quale indagano, presunti colpevoli che per una testimonianza tardiva vengono giustiziati e riabilitati per poi essere nuovamente ritenuti colpevoli, Dame Agatha spesso ha trovato il modo di coprire con effetti speciali falle logiche e difetti nelle costruzioni delle trame ma aveva capito il trucco che il momento topico, nel giallo, è quello che si ricorda per sempre ed è il finale.
Un altro grande costruttore di finali spettacolari è stato Rex Stout che nella saga di Nero Wolfe mette in scena un teatrino in cui il lettore è anche spettatore e partecipa attivamente alla scoperta del colpevole, quasi come se fosse seduto nel grande studio del pachidermico investigatore. Questa ripetitività schematica è stata studiata ed evidenziata da Umberto Eco in “Apocalittici e integrati” nel capitolo “Il mito di Superman”:
“I punti-forza del racconto non sono affatto quelli in cui sta accadendo qualcosa di inaspettato; quelli sono i punti-pretesto. I punti forza sono quelli in cui Wolfe ripete i suoi gesti consueti, in cui sale per l'ennesima volta a curare le proprie orchidee mentre la vicenda raggiunge il massimo della drammaticità, in cui l'ispettore Cramer entra minaccioso mettendo un piede tra la porta ed il muro, fa da parte Goodwin, e avverte Wolfe, agitando il dito, che questa volta non la passerà liscia. L'attrattiva del libro, il senso di riposo, di distensione psicologica che è capace di conferire, è data dal fatto che sprofondato nella propria poltrona, o nel divano dello scompartimento ferroviario, il lettore ritrova di continuo e punto per punto quello che già sa, quello che vuole sapere ancora una volta e per cui ha speso il prezzo del fascicolo.
Il piacere della non-storia, se una storia è uno sviluppo di eventi che deve portarci da un punto di partenza ad un punto di arrivo a cui non ci saremmo mai sognati di arrivare. Un piacere in cui la distrazione consiste nel rifiuto dello sviluppo degli eventi, in un sottrarci alla tensione passato-presente-futuro per ritirarci in un “istante”, amato perché ricorrente.”
Anche Hercule Poirot ama organizzare uno spettacolo in cui disvela il mistero ma con Wolfe si raggiunge un livello diverso, più alto come una cerimonia o addirittura una messa laica in cui tutto segue un rito collaudato per raggiungere la massima tensione emotiva e portare in luce ogni aspetto del mistero.
Sì sì, lo so, ho letto molto di Dürrenmatt: dicevo solo che la costruzione di La panne potrebbe tranquillamente essere spostata anche sul lettore: d'altronde, se "I destini s'assomigliano tutti", perché quello di un personaggio di carta e inchiostro dovrebbe essere diverso da quello di una persona di carne e ossa?

Qui la prima parte dell'audiolibro: https://www.youtube.com/watch?v=eZvFF...
La Rai ha sceneggiato anche altri due lavori di Dürrenmatt, "Il giudice e il suo boia" e "Il sospetto" con Paolo Stoppa nel ruolo dell'anziano commissario Bärlach https://www.youtube.com/watch?v=uQUyI...
A proposito di Dürrenmatt c'è un racconto stupendo intitolato "Natale" che ha molteplici livelli di lettura:
"Era Natale. Attraversavo la vasta pianura. La neve era come vetro. Faceva freddo. L’aria era morta. Non un movimento, non un suono. L’orizzonte era circolare. Nero il cielo. Morte le stelle. Sepolta ieri la luna. Non sorto il sole. Gridai. Non mi udii. Gridai ancora. Vidi un corpo disteso sulla neve. Era Gesù Bambino. Bianche e rigide le membra. L’aureola un giallo disco gelato. Presi il bambino in mano. Gli mossi su e giù le braccia. Gli sollevai le palpebre. Non aveva occhi. Io avevo fame. Mangiai l’aureola. Sapeva di pane raffermo. Gli staccai la testa con un morso. Marzapane stantio. Proseguii"

la donna che non può andarsene se non con un altro uomo. peraltro uno sconosciuto. ma dai!
(view spoiler)
se devo sospendere l'incredulità fino a questo punto allora leggo un fantasy, magari la trama fila meglio.
no, no e no
e mi citate proprio Chandler, che però pur mettendo le sue storie nella strada, crea perfetti congegni ad orologeria dove tutto torna e non c'è niente di messo a caso. questo invece è un prodotto che io ho trovato altamente dilettantistico e per di più piazzato in un quadretto irrealistico, proprio come le ninfee di Monet.

"Lei non vuole definirlo un poliziesco. Allora cos'è?
"Comincia con un omicidio, c'è un ispettore che indaga, e ha un finale a sorpresa, quindi è vero che potrebbe sembrare un giallo. Ma prima di tutto è una storia d'amore che si svolge nell'universo artistico di Monet, quindi c'è anche un lato poetico, emotivo. Diciamo che Ninfee nere è una combinazione di diversi generi. Ho utilizzato la costruzione di un romanzo noir per farne un'altra cosa. In fondo volevo parlare del tragico destino di un donna. L'omicidio in sé importa poco".
http://www.repubblica.it/cultura/2016...
La mia prima reazione è stata di sconcerto ma poi ripensandoci, ho rivalutato il libro per come gioca sul fattore tempo, anche ricordando la recensione di "Sylvie" di Nerval di Umberto Eco che parlò di “effetto nebbia”, vale a dire la perenne sensazione di trovarsi sospesi in uno spazio indefinito tra la realtà e i sogni simile a "quella soglia mattutina in cui ci si risveglia lentamente, e si confondono le prime riflessioni coscienti con gli ultimi bagliori onirici".
Chandler è stato citato in un contesto molto più ampio e non ha niente a che fare con Bussi ma forse è utile scomodarlo ancora per citare un passo del suo articolo "Sempre sul giallo":
"Il paradosso del romanzo giallo è che, mentre la sua struttura ben di rado resiste all'attenta indagine di una mente analitica, è precisamente a questo tipo di menti che piace di più. Naturalmente c'è anche il lettore assetato di sangue, come c'è il lettore appassionato di personaggi e quello ansioso di surrogati all'esperienza sessuale. Ma tutti questi messi assieme costituirebbero una minima minoranza confrontati alle persone intelligenti che amano il giallo precisamente per le sue imperfezioni."

forse mi sbaglio, non ho elementi a supporto della mia sensazione.

(lo so, sono una vecchia befana rancorosa)
:)
Ne sto leggendo nel bel commento di @Orsodimondo: il nuovo di Bussi mi sembra molto molto interessante :-)
Non vedo l'ora che esca On la trouvait plutôt jolie!
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Ho in lettura il suo Ninfee nere, consigliatomi (ebbene sì, ogni tanto accantono fiuto e social e mi lascio guidare) dal libraio di fiducia.
Voi che ne pensate?