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I viceré
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Diciannovesimo GdL: I Viceré di Federico de Roberto
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Patrizia wrote: "Ho letto un articolo di Simonetta Agnello Hornby in cui scrive che il differente atteggiamento dell'aristocrazia catanese (rispetto a quella palermitana) verso il lavoro e il denaro dava una certa autonomia alle donne in materia di affari (non potevano scegliersi il marito, ma potevano prestare il denaro a usura e investire i proventi come meglio credevano.) Sempre in questo articolo, si diceva che a Palermo una nobildonna nubile (come Fernanda) non sarebbe stato permesso di vivere da sola e amministrare una propria rendita."Interessante questo fatto. E spiega anche perchè i catanesi erano, si fa per dire, più liberali dei palermitani?
Arwen56 wrote: "Patrizia wrote: "Ho letto un articolo di Simonetta Agnello Hornby in cui scrive che il differente atteggiamento dell'aristocrazia catanese (rispetto a quella palermitana) verso il lavoro e il denar..."Si. L'autrice mette in rilievo che l'aristocrazia catanese vivendo alla "periferia" del Regno non poteva contare sui benefici della vita di corte (come i palermitani); i nobili catanesi dovevano amministrare bene i loro feudi dato che dovevano contare solo su se stessi e non potevano permettersi di disdegnare la gestione diretta dei loro affari. Invece l'aristocrazia palermitana (rappresentata ne "il Gattopardo") era più interessata alla vita di corte, viveva lontana dai suoi feudi che faceva amministrare da uomini di fiducia senza poi interessarsi direttamente della rendita e dell'amministrazione.
Patrizia wrote: "Si. L'autrice mette in rilievo che l'aristocrazia catanese vivendo alla "periferia" del Regno non poteva contare sui benefici della vita di corte (come i palermitani); i nobili catanesi dovevano amministrare bene i loro feudi dato che dovevano contare solo su se stessi e non potevano permettersi di disdegnare la gestione diretta dei loro affari. Invece l'aristocrazia palermitana (rappresentata ne "il Gattopardo") era più interessata alla vita di corte, viveva lontana dai loro feudi che faceva amministrare a uomini di fiducia senza poi interessarsi direttamente della rendita e dell'amministrazione."Grazie mille. :-)
Avete notato che i membri della famiglia sono in coppie complementari? Giacomo/ Fernanda, Raimondo/ Lucrezia, Ferdinando/ Chiara, Don Blasco/ il duca
Stela wrote: "Avete notato che i membri della famiglia sono in coppie complementari? Giacomo/ Fernanda, Raimondo/ Lucrezia, Ferdinando/ Chiara, Don Blasco/ il duca"in che senso?
Patrizia wrote: "Stela wrote: "Avete notato che i membri della famiglia sono in coppie complementari? Giacomo/ Fernanda, Raimondo/ Lucrezia, Ferdinando/ Chiara, Don Blasco/ il duca"in che senso?"
avarizia - testardaggine - ossessione - persona pubblica
L'interesse per i temi di fondo del romanzo non deve far trascurare le argute osservazioni che si trovano qua e là fra le pagine.A me è piaciuta particolarmente questa:
(a proposito dello zio cavalier Eugenio che si trova in gravi difficoltà economiche):
"Aveva certi abiti che gli piangevano addosso e certe scarpe che, viceversa, gli ridevano ai piedi"
Stela wrote: "Avete notato che i membri della famiglia sono in coppie complementari? Giacomo/ Fernanda, Raimondo/ Lucrezia, Ferdinando/ Chiara, Don Blasco/ il duca avarizia - testardaggine - ossessione - persona pubblica"
Non sono mica tanto d'accordo, darling, sulla tua osservazione. A dire il vero, tutti gli Uzeda sono persone pubbliche, sono avari, sono testardi e soffrono, periodicamente, di qualche ossessione.
Semmai, è vero quanto hai scritto in un post precedente, ovvero che sono un ottimo "soggetto collettivo". La somma di un'infinita serie di tare progressive. Arroccati nell'idea della loro superiorità, non evolvono mai, bensì si adattano, per sopravvivere, alle mutate condizioni al contorno.
Da qui, l'amarezza espressa da De Roberto, nonchè la pesante ironia di cui li fa oggetto. ;-)
Ubik wrote: "L'interesse per i temi di fondo del romanzo non deve far trascurare le argute osservazioni che si trovano qua e là fra le pagine.A me è piaciuta particolarmente questa:
(a proposito dello zio cav..."
Ottima osservazione. Uno dei motivi per cui il romanzo è, ancor oggi, godibilissimo è l'attenzione ai particolari e l'accurata resa descrittiva, che rende vivissimi i personaggi e non annoia mai il lettore.
Arwen56 wrote: "Non sono mica tanto d'accordo, darling, sulla tua osservazione. A dire il vero, tutti gli Uzeda sono persone pubbliche, sono avari, sono testardi e soffrono, periodicamente, di qualche ossessione."Forse mi sono mal spiegata. Io parlo del tratto predominante di ciascuno – ovviamente che tutti hanno tare simili – sono parenti – ma sono anche variazioni del male, e come dicevo, concetti piuttosto che tipologie. Il tratto in eccesso fa tutta la differenza, perché detta la loro vita e rivela la loro personalità. Poi, Raimondo e Chiara non sono mica avari, al contrario, la testardaggine di Raimondo e Lucrezia è differente dagli altri perché è alimentata solo dello spirito di contradizione, le ossessioni di Ferdinando e Chiara li conducono alle azioni assurde e grottesche, e l’ultima coppia rappresenta l’immagine della chiesa e della politica. Infine, Eugenio e Lodovico rappresentano la debolezza, sono gli assenti, almeno finora, i non importanti nello schema generale della famiglia.
In ogni caso, i personaggi “nello specchio” sono sempre interessanti da studiare e la mia osservazione era definitivamente ammirativa :)))))
Io credo che il romanzo può essere letto su più piani. Quello personale, quello familiare e infine, sul piano pubblico.Di sicuro qui abbiamo una foto della società dell'epoca e in particolare di una famiglia.
Ma non possiamo dimenticare che le azioni degli Uzeda, soprattutto sul piano pubblico, sono appoggiate e giustificate dal popolo che ne invidia la condizione e pur biasimando la bassezza di certe azioni, continua a considerare tutto lecito, per uomini di quella fatta.
Ho scoperto di essermi fatto delle idee (e talora di averle anche espresse in questo thread...) che poi si sono rivelate inesatte o addirittura sballate.Questo perché i personaggi che inzialmente mi parevano monolitici nei loro caratteri, in realtà evolvono, mutano parere, per interesse o per partito preso, e si assiste continuamente ad alleanze o rotture impreviste.
Don Blasco che alla fine della parte seconda si schiera col fratello duca e addirittura esulta in piazza per la presa di Roma e la crisi del potere temporale della Chiesa, mai me lo sarei aspettato!
Ubik wrote: "Ho scoperto di essermi fatto delle idee (e talora di averle anche espresse in questo thread...) che poi si sono rivelate inesatte o addirittura sballate.Questo perché i personaggi che inzialmente..."
Un esempio del trasformismo che consente ai potenti Uzeda di rimanere a galla nonostante i cambiamenti sociali e politici. A don Blasco interessava solo mantenere i propri privilegi e nel momento in cui si rende conto che libertà personale e agiatezza non sono in contrasto non esita a seguire le opportunità là dove si trovano.
Finita la terza tappa! C'è da notare che De Roberto non ha voluto mettere a nudo soltanto i difetti di una società, quelli ci sono anche, ma concentrandosi in particolare sugli Uzeda appare evidente come LORO più di altri hanno del marcio.
Se notate infatti il marito di Chiara appare essere molto più ragionevole ed equilibrato di lei, come anche Benedetto rispetto a Lucrezia che in questa terza tappa da proprio il peggio di sé. Ma anche personalità deboli come Matilde e Margherita in realtà erano personaggi di indole buona che sono dovute soccombere per colpa della follia e prepotenza di questa famiglia.
Anche donna Isabella, non certo una stinco di santo, e non certo una che si fa sottomettere facilmente, si è dimostrata un personaggio di una certa intelligenza ed equilibrio, ma ha dovuto arrendersi di fronte all'imprevedibile cambio di registro di Raimondo.
Insomma... a me appare evidente come questa famiglia sia più malata e abbia al suo interno più contraddizioni rispetto ad altre.
Bello il passaggio che si sofferma sulla tirchieria di Giacomo, che non si capisce questi soldi che è riuscito a rubacchiare a destra e a manca a cosa gli serviranno, ha un solo erede maschio e non vuole dare nulla neanche a lui :-D
Finito il capitolo 5 della terza e ultima parte del romanzo. La storia si sta facendo alquanto ripetitiva. Molte cose erano già state dette e vengono, inultilmente, ribadite o addirittura praticamente quasi fedelmente replicate. Decisamente, direi, la narrazione sta perdendo colpi. Sinceramente, mi aspettavo una maggiore verve, dato che siamo in dirittura d'arrivo.
Io invece continuo a trovarlo molto interessante e stimolante e mi ha spinto addirittura a rileggere alcuni capitoli della storia italiana post-risorgimentale per comprenderne meglio alcune ripercussioni sulla vita della gente, in particolare del meridione e della Sicilia: dietro le vicende degli Uzeda avverto lo spessore sociale, economico e civile dell'epoca restituito dall'autore con particolare pregnanza.Le storie dei singoli personaggi ristagnano un po', è vero, e non manifestano particolare verve se non negli incontri/scontri fra i diversi caratteri che tendono ad evolvere e ad adattarsi, pur con lentezza, all'aria dei tempi (Consalvo, Benedetto Giulente, Graziella) e solo alcuni rimangono pervicacemente aggrappati ai loro privilegi e ai loro incorreggibili difetti...
Ma questa è la vita e, se in tutto l'arco del romanzo non troviamo morti che non avvengano per vecchiaia o malattia né atti di violenza o incidenti, ciò va a discapito forse del ritmo della narrazione, almeno come lo intendiamo nel XXI° secolo, ma giova, a mio avviso, alla verosimiglianza del quadro d'assieme che immagino resterà indelebile nella nostra memoria.
Ubik wrote: "Ma Raimondo che fine ha fatto!? Dov'è che mi sono distratto?"Non ti sei distratto. Di Raimondo non si parla più sin da quando è morto Ferdinando. Sarà tornato a Firenze o a Milano o a Parigi. De Roberto non lo dice chiaramente.
Ma di santa Teresa che ne dite? Ora capisco perché non esistono personaggi positivi nel romanzo. De Roberto non li ama per niente.
Ubik wrote: "Le storie dei singoli personaggi ristagnano un po', è vero, e non manifestano particolare verve se non negli incontri/scontri fra i diversi caratteri che tendono ad evolvere e ad adattarsi, pur con lentezza, all'aria dei tempi (Consalvo, Benedetto Giulente, Graziella) e solo alcuni rimangono pervicacemente aggrappati ai loro privilegi e ai loro incorreggibili difetti. Ma questa è la vita e, se in tutto l'arco del romanzo non troviamo morti che non avvengano per vecchiaia o malattia né atti di violenza o incidenti, ciò va a discapito forse del ritmo della narrazione, almeno come lo intendiamo nel XXI° secolo, ma giova, a mio avviso, alla verosimiglianza del quadro d'assieme che immagino resterà indelebile nella nostra memoria."Sì, questo OK. Però, ad esempio, la storia del Cavaliere che torna a chiedere sovvenzioni per il suo libro è praticamente la copia carbone di quella precedente. Non era necessario, a mio modesto avviso, inserirla un'altra volta.
Stela wrote: "Ma di santa Teresa che ne dite? Ora capisco perché non esistono personaggi positivi nel romanzo. De Roberto non gli ama per niente."Teresa vien voglia di strangolarla, darling. :-D
Ho finito di leggere l'ultima tappa, tutta d'un fiato.Il romanzo mi ha stupita, l'ho trovato attuale e ben scritto. Le vicende della famiglia Uzeda fanno invidia alle migliori telenovele...
I temi sono forse ridondanti e il motivo ce lo spiega Consalvo Uzeda, nelle ultime righe del romanzo.
Una lettura piacevole e interessante che consiglio a tutti.
Arwen56 wrote: "Stela wrote: "Ma di santa Teresa che ne dite? Ora capisco perché non esistono personaggi positivi nel romanzo. De Roberto non gli ama per niente."Teresa vien voglia di strangolarla, darling. :-D"
:D :D :D
Finito. Sono molto soddisfatta di questa lettura. A parte qualche "sbavatura", nel complesso è riuscitissimo. C'è la storia, c'è la tensione narrativa, c'è l'introspezione psicologica e, nonostante i tanti anni passati dalla sua pubblicazione, una notevole modernità espressiva.Aspetto le vostre considerazioni finali per gli ultimi scambi di opinione.
Ottimo GdL. Come sempre, aggiungerei. ;-)
Finito anch'io; condivido al 100% quanto ha espresso Arwen56, sottolinenando in particolare l'efficacia dello sfondo storico e come l'autore abbia saputo amalgamarlo alle vicende della famiglia senza determinare squilibrio, cioè prevaricazione dell'aspetto pubblico sul privato o viceversa.In altri termini ha saputo, secondo me, evitare le trappole dell'effetto "polpettone" (che un po' temevo...) cioè il gestire i personaggi su un articolato affresco storico come semplici marionette, e dell'effetto "Melodramma" cioè il concentrarsi su caratteri avulsi dal contesto socio-politico.
Arwen56 wrote: Ottimo GdL. Come sempre, aggiungerei. ;-)Confermo! Questa, è stata la prima volta per me e ne sono entusiasta! :-)
L'ultima parte mi è piaciuta tanto e ho apprezzato il finale. Sarebbe una lettura interessante da proporre a scuola come riflessione sulla storia italiana dall'unificazione in poi (ma probabilmente sarebbe poco apprezzato, come tutto quello che viene imposto a scuola)
Leggendo sia i commenti sia le recensioni, che sostanzialmente condivido, mi chiedo perché mai a scuola (e parlo del primo Liceo Classico di Bologna, mica del corso di avviamento per arrotini [con tutto il rispetto per la professione...]) mi abbiano tediato la giovinezza con tante opere noiose e non abbiano neppure nominato questo romanzo degno di competere con i maestri russi, inglesi e francesi dell'800.Mah...
Forse troppo negativo per studenti diciassettenni? Troppo esplicita la critica al trasformismo, ai garibaldini, in definitiva a una bella fetta del Risorgimento?
Avrebbe incrinato le illustrazioni retoriche dei nostri libri di storia nei quali Garibaldi campeggiava fra due ali di folla plaudente e pronta a liberarsi dei Borboni e dei loro seguaci?
Chi lo sa? I posteri hanno già il loro bel da fare con Napoleone, lasciamo stare Garibaldi e Mazzini, per favore
Ho anch'io la stessa perplessità espressa da Ubik: come mai questo romanzo non mi è mai stato proposto a scuola e ho finito per leggerlo solo ora?
Arwen56 wrote: "Ho anch'io la stessa perplessità espressa da Ubik: come mai questo romanzo non mi è mai stato proposto a scuola e ho finito per leggerlo solo ora?"Io non l'ho, questa perplessità. Dai, con tanta grande letteratura che avete, non è facile gerarchizzare i classici! :)
Stela wrote: "Io non l'ho, questa perplessità. Dai, con tanta grande letteratura che avete, non è facile gerarchizzare i classici! :) "In parte hai ragione, sweetie. Però avrei trovato opportuno almeno sottolinearne il valore. Invece per me è rimasto per lunghissimi anni sconosciuto. Eppure mi hanno ben fatto "sciroppare" tutte Le confessioni di un italiano, di Ippolito Nievo.
:-(
Finito oggi con grande soddisfazione, come dice anche Consalvo si tratta di una storia di "repentine conversioni" e di "ostinazioni nel bene e nel male" di cui la famiglia Uzeda si serve per restare a galla attraverso i tempi restando sempre fedele a se stessa. Sono contenta di aver letto questo romanzo che altrimenti non credo avrei mai considerato.
Ubik wrote: "Leggendo sia i commenti sia le recensioni, che sostanzialmente condivido, mi chiedo perché mai a scuola (e parlo del primo Liceo Classico di Bologna, mica del corso di avviamento per arrotini [con ..."Anche io sono giunta alle tue conclusioni: rischia di mettere in crisi molta della retorica risorgimentale ed è troppo anticlericale. Ma è poi così sbagliato favorire a scuola un pensiero critico? Più facile criticare Napoleone dato che non ci riguarda direttamente.



Ho letto un articolo di Simonetta Agnello Hornby in cui scrive che il differente atteggiamento dell'aristocrazia catanese (rispetto a quella palermitana) verso il lavoro e il denaro dava una certa autonomia alle donne in materia di affari (non potevano scegliersi il marito, ma potevano prestare il denaro a usura e investire i proventi come meglio credevano.) Sempre in questo articolo si diceva che a Palermo una nobildonna nubile (come Fernanda) non avrebbe potuto vivere da sola e amministrare una propria rendita.