La Stamberga dei Lettori discussion
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I viceré
Discussioni letterarie
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Diciannovesimo GdL: I Viceré di Federico de Roberto
De Roberto fa emergere i personaggi dallo sfondo in maniera magistrale, ora ci vuole un bel ripasso di storia per affrontare la seconda tappa.
Anche io la parte in cui Fernanda legge al nipote la ho saltata... sinceramente non ci capivo niente e non credo fosse fondamentale per la storia... ma del resto non sono mai stata una brava studentessa :DFinita la prima tappa posso dire che il libro mi piace, vi è un'alternanza di passaggi un po' noiosi, che vengono però ricompensati con altri davvero interessanti e scorrevoli. Mi è piaciuto il terzo capitolo dove tutti i personaggi vengono raccontati e finalmente si capisce chi sono, perché fino a lì facevo un po' di confusione a capire chi fossero e che grado di parentela avessero. Adoro quando la narrazione si sofferma sulla vita privata dei personaggi, soprattutto mi sto divertendo a seguire le vicende travagliate della povera Matilde che deve fare i conti con un pessimo marito come Raimondo.
All'inizio sono rimasta davvero spiazzata dal primo capitolo, non vi è nulla che aiuti il lettore ad entrare nella vicenda, al contrario il lettore viene catapultato nella storia troppo violentemente ad azioni già iniziate, mi è sembrato come quando entri al cinema in ritardo e ti ritrovi con il film già iniziato da 15 minuti :-)
Poi per fortuna le spiegazioni arrivano, ma subito mi sono preoccupata un po'...
Je wrote: "De Roberto fa emergere i personaggi dallo sfondo in maniera magistrale, ora ci vuole un bel ripasso di storia per affrontare la seconda tappa."Oddio in che senso un ripasso di storia? O__O
Una cosa che mi ha fatto sorridere spesso è la sensazione di aver già sentito molti delle liti e dei discorsi riportati, e in effetti li ho già sentito: sono le spiegazioni di antiche inimicizie tra famiglie legate da parentela che ascoltavo quando qualche vecchia parente veniva a trovare mia nonna. Anche il modo in cui la famiglia del marito tratta Matilde (inclusa la gelosia provata dalla felice memoria nei suoi confronti) mi hanno riportato alla mente tante discussioni sentite. In questo senso penso che De Roberto sia riuscito a catturare alcuni aspetti della "cultura" familiare siciliana.
Patrizia ho avuto la tua stessa sensazione e anche a me quel tipo di "vicende familiari" sono state raccontate da diverse persone ormai anziane. È bello poter rivivere certe situazioni e sapere che, quello che un tempo era considerato adatto a un nobile, oggi viene considerato una perdita di tempo e viceversa. Vedi saper leggere e scrivere...
A proposito delle storie che la zia Ferdinanda legge al povero Consalvo (sicuramente noiose) spero tuttavia che non sia sfuggito che, mentre di solito le storie dei nonni e degli avi vengono tramandate infarcite di atti di eroismo, di animi nobili, di generosità e sacrificio, in questo caso anche le storie dei vecchi Uzeda sono già un coacervo di liti, tradimenti, offese, delitti di vario genere. Provate (so che è un "fioretto"...) a rileggerle in ques'ottica!
:-)
Eccentrika wrote: "Oddio in che senso un ripasso di storia? O__O ..."Nel senso che siamo alle soglie dello sbarco dei Mille e dell'unità d'Italia. ;-)
Ubik wrote: "A proposito delle storie che la zia Ferdinanda legge al povero Consalvo (sicuramente noiose) spero tuttavia che non sia sfuggito che, mentre di solito le storie dei nonni e degli avi vengono traman..."Hai ragione Ubik, indubbiamente. Tuttavia, resta il fatto che il tramite della riproduzione (anche grafica) di certi passaggi del libro che Fernanda legge al nipotino è davvero pesante e innecessaria.
:-)
Finito il capitolo VI. Non so se José Saramago abbia mai letto “I Viceré”, ma di sicuro so che questa parte gli sarebbe piaciuta una cifra. ‘Sti benedetti Benedettini che gozzovigliano (e intrigano) da mane a sera mentre la monocorde voce del lettore di turno in refettorio recita in sottofondo la Regola di San Benedetto:«... 34° comandamento: non esser superbo; 35°: non dedito al vino; 36°: non gran mangiatore; 37°: non dormiglione; 38°: non pigro...»
credo proprio l’avrebbe divertito parecchio. Come, immagino, si sia divertito lui a scrivere “Caino”.
Per tornare in argomento, altro bellissimo brano che esce dalla penna di De Roberto. Un filino troppo logorroico per i miei gusti, ma certamente notevole.
FINALMENTE E' ARRIVATO IL MOMENTO DI PARLARE DELLA PRIMA TAPPAAAAA (immaginate tutto questo detto cantando)Ho avuto un inizio settimana bruttissimo, quindi sono proprio contenta che ci sia la discussione dei Vicerè oggi!!
Inizio subito:
All'inizio ho trovato un po' fastidioso il ritmo incalzante che aveva il racconto. Mi dava un po' fastidio non capire nulla dei personaggi e confonderli. Quindi ho apprezzato molto trovare lo spazio destinato alla presentazione di ciascuno alcune pagine dopo l'inizio.
Così tutti hanno assunto più spessore e chiarezza.
Con il testamente materno credo che si mettano in evidenza i 2 temi principali del racconto:
1. la roba (Ho proprio voluto usare questo termine anche per rifarmi un po' alla novella La roba di Verga)
2. l'egoismo, la labilità delle convizioni e la volontà di fare i propri interessi non solo della famiglia "stretta" degli Uzeda, ma anche di tutta la gente che vi gravita intorno.
Non mancano comunque altri episodi in cui si vedono questi temi, ma credo che il testamento sia emblematico.
I personaggi che a questo punto del libro mi hanno colpito maggiormente sono:
- La zitellona: mettendo da parte il fatto che è una tirchia con i controfiocchi, ho apprezzato il suo volersi fare da sè.
- La moglie del Contino: all'inizio mi ero fatta un'idea sbagliata, come se lei fosse l'unica donna buona della famiglia, ma poi mi sono ricreduta. Infatti ho iniziato a pensare che fosse una donna superficiale/molle, da come la tratta la famiglia del marito, al marito stesso, fino all'episodio fuga dalla città.
Voi come avete trovato questa prima tappa?
Io per ora do 4/5 stelle.
Finito anch'io il capitolo 6. concordo con il giudizio di arwen, il capitolo è interessante e tratteggiato da passaggi di acuta ironia, anche se lunghetto.
Leggendo la prima parte, soprattutto quando si procede (3° e 4° cap) ad una sorta di presentazione dei personaggi, si prova un sentimento di antipatia per tutta la stirpe degli Uzeda: rosi dall'invidia, attanagliati dall'ambizione, voltagabbana (fra borbonici e liberali) per interesse e senza convizione, arroganti fra loro e con gli altri, fedifraghi e pure brutti (salvo il fatuo bel Raimondo...): insomma ce n'è per tutti i gusti e non si salva proprio nessuno/a.Poi, ripensandoci, mi son detto che bisogna (per usare un brutto termine in voga...) contestualizzare il tutto, non dimenticare cioè che stiamo parlando di una decadente famiglia di nobili borbonici a metà dell'800.
Attribuire loro valori, idee, criteri di giudizio, mentalità del nostro tempo non ha senso. Come possiamo noi comprendere pienamente un ambiente dove, senza alcuna predisposizione, si poteva essere destinati alla vita monastica o alla vita militare o al matrimonio combinato con mogli/mariti imposti da altri senza alcun rispetto per i gusti e le propensioni dei giovani?
Dove la sopraffazione, la difesa, la salvaguardia dei propri beni (eredità, ricchezze, ecc) per sè e i propri discendenti erano considerati il problema primario e costantemente rimessi in discussione da editti, alleanze, interessi comuni, complicati giochi di potere?
Forse ci sviano quei libri e soprattutto quei film dove i protagonisti, pur vivendo secoli addietro vengono proposti con passioni, ideali, psicologie che sono proprie del nostro tempo. In questo è probabile che De Roberto abbia il pregio di saperci restituire con particolare verosimiglianza lo spessore del tempo (e del luogo), anche perché a Catania e nell'800 lui ci ha vissuto...noi no!
:-)
Di queste belle pagine, una rilettura, mi ha colpito l'ironia feroce, anzi, il sarcasmo, direi. Che rivolto mi pare sia alla classe sociale dei potenti, ché nessun senso ha mai avuto scagliarsi contro chi il potere non lo ha e non lo esercita, nel bene o nel male. Quindi ironia e aspra critica sociale.Le liti familiari, le invidie eccetera, sono purtroppo motivo costante di tutte le famiglie, con massima risonanza in quelle dove la roba (termine siciliano molto azzeccato) da spartire è molta ma molti sono anche i pretendenti alla stessa. Anche nel Verga c'era questa attenzione alla roba, stessa spilorceria, calcolo, tirchieria e grettezza d'animo in un contadino arricchitosi grazie alla sua abilità nel calcolare e nel calcolare attentissimamente l'utile e il non utile. Stesso discorso in Tomasi di Lampedusa, l'arricchito tirchio e spilorcio, il padre di Angelica, è un ex mezzadro che grazie alla sua oculatezza e occhio per gli affari si è arricchito tanto da poter comprare un titolo di principessa alla figlia. Così come il padre di Teresa Uzeda, un arricchito di recentissima nobiltà e per questo abbastanza schifato dagli Uzeda, non si è fatto nessuno scrupolo nel riversare tutta la sua ricchezza su una figlia, pur di farla imparentare con un'antichissima famiglia e diventare così principessa di Francalanza, sacrificando per questa sete di ascesa sociale il futuro dell'altra figlia. Il calcolo furbesco quindi, non mi pare una caratteristica ristretta ad un ceto sociale, ma un imperativo per farsi strada, sic, nel mondo, ormai dominato dalla ricchezza e dai beni al sole (fortissime risonanze col presente) dove altre virtù come la lealtà, il coraggio e il tirar ottimamente di fioretto non porta un ducato bucato (ma resta nella memoria familiare come il vero distintivo dell'aristocrazia vera, notavo il rimarcare della zittellona Donna Ferdinanda sulla differenza tra nobiltà di spada e di toga, dove la seconda viene abbastanza ridimensionata e vista come nettamente inferiore).
Insomma una critica del potere e delle convenzioni sociali bella tosta.
Quanto allo spirito liberale che serpeggia in casa Uzeda ancora non ho elementi per dire se sia un doppiogiochismo, come tale dall'autore stigmatizzato, o se tra i tanti componenti della famiglia ci sia qualcuno che segua questi ideali nuovi per convinzione e non per rivalsa contro un parente o parte della famiglia. Vedremo. Già alcuni personaggi, comunque, mi sembrano nettamente positivi: quelli che rifuggono il potere per loro volontà (il duca contadino, ad esempio). Gli altri, incattiviti da una sorte ce non hanno scelto ma che gli è stata imposta per il continuo della famiglia, mi sembrano delle povere vittime, a parte Don Blasco, indiavolato per davvero, mi pare. Un vero diavolo senza speranza di redenzione.
ΑνναΦ wrote: "Gli altri, incattiviti da una sorte ce non hanno scelto ma che gli è stata imposta per il continuo della famiglia, mi sembrano delle povere vittime, a parte Don Blasco, indiavolato per davvero, mi pare. Un vero diavolo senza speranza di redenzione. "Appunto! E delizioso da morire, mi diverta un sacco!
Stela wrote: "ΑνναΦ wrote: "Gli altri, incattiviti da una sorte ce non hanno scelto ma che gli è stata imposta per il continuo della famiglia, mi sembrano delle povere vittime, a parte Don Blasco, indiavolato pe..."Divertente lo è, a suo modo. :))
Speravo di liberarmi questa settimana e raggiungervi con solo una tappa in ritardo, ma ho un esame eminente... dopo il 15 sarò attivissima!! Intanto buona lettura a tutti!
Molto interessanti le vostre considerazioni, che condivido. Aggiungo solo che una nota di plauso va indubbiamente all'autore per il modo impeccabile con cui regge le fila della narrazione. A parte qualche lungaggine ogni tanto, riesce a mantenere viva la tensione del racconto, calibrando con sapienza l'alternarsi del pubblico e del privato, ossia le parti più propriamente "storiche" e quelle "inventate". Il risultato è uno scritto scorrevole e molto moderno, nonostante risalga al lontano 1894.
Non conosco (e ho evitato di informarmi) come evolve il romanzo ma continuo ad auspicare che l'arrivo dei Mille, e poi il Risorgimento in generale, dia un bello scrollone a questa società così rigida, ingessata e immobile nei suoi privilegi e nella sua iniqua ripartizione del potere. Sono curioso di vedere come De Roberto renderà tutto questo e le ripercussioni sugli Uzeda in particolare...
Io ho quasi terminato la seconda parte. Già dalla fine della prima parte, mi ero abbastanza stufata della ripetizione delle vicende (liti varie) perché mi sembra che la situazione non evolva, ma probabilmente è proprio questo l'intento dell'autore. (view spoiler)
Finita anch'io, proprio stasera, la seconda tappa. Patrizia non ha, in effetti, tutti i torti. La storia della famiglia in sè si sta facendo un po' troppo ripetitiva. Ad ogni modo, ne riparliamo martedì, quando saremo tutti allo stesso punto e si potrà parlare apertamente.
*Giulia* wrote: "Io vado a rilento :( lo trovo troppo denso come libro e non in senso positivo."Anche a me sembra un po' stipato per dire cosi, un po' soffocante. Mi piace, comunque, ha un certo fascino desueto…
*PatriziaIo invece trovo che la questione delle "liti" (che temo siano inevitabili e infinite, visto il caratteraccio degli Uzeda) abbia avuto una certa evoluzione.
Dalle meschine diatribe sull'eredità e interessi connessi, per cui scontri e alleanze erano unicamente condizionati dall'interesse di accaparrarsi la maggior parte possibile di beni, adesso almeno, con i sommovimenti politico-sociali, i contrasti riguardano argomenti un po' più nobili e di ampio respiro come lo scontro fra liberali e filoborbonici.
Certamente le ragioni che motivano l'adesione all'uno o all'altro "partito" nei membri della famiglia sono tutt'altro che disinteressate e ben legate ad ambizioni e calcoli personali (vedi il duca D'Oragua...) ma almeno adesso l'argomento dei reciproci insulti riguarda Garibaldi, Cavour o il re Borbone Francesco II, piuttosto che il tal lascito e la tal rendita...
Tuttavia mi trovo ancora nel 1° capitolo della parte seconda e forse le cose (e così la mia opinione...) cambieranno col proseguire del libro.
Un'ultima osservazione che forse è una sciocchezza ma mi sento di esternarla...: avete notato quanto poco appaia in questa vicenda il paesaggio siciliano?
Mi sono distratto io oppure le città e le campagne dell'isola sono del tutto fuori quadro: è come se la storia (per usare un metro cinematografico) si svolgesse quasi tutta in interni...
A me pare, invece, che la "sostanza" delle diatribe cambi assai poco, anche con il mutare della situazione politica. In buona sostanza, direi che vale anche qui ciò che ben espresse al riguardo il "Gattopardo":Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.
Verissimo quel osserva Ubik circa il paesaggio esterno, ossia che è quasi del tutto assente, tranne alcune pennellate. Credo sia voluto, per sottolineare il totale disinteresse degli Uzeda per tutto quanto non sia l'ossessivo ripiegarsi su se stessi e il proprio modo di intendere e volere le cose. Esemplare è, in questo senso, il comportamento di Ferdinando, che riesci a inaridire un fiorente podere riducendolo a "un pestilente carnaio, preso a un tratto dalla smania d'imbalsamare animali". Anche la natura soccombe di fronte agli Uzeda.
Sono proprio curiosa di vedere come proseguirà la vicenda.
Ubik wrote: "*PatriziaIo invece trovo che la questione delle "liti" (che temo siano inevitabili e infinite, visto il caratteraccio degli Uzeda) abbia avuto una certa evoluzione.
Dalle meschine diatribe sull..."
In effetti non avevo notato l'assenza del paesaggio: probabilmente, conoscendo le ambientazioni, mi è venuto del tutto naturale immaginare i luoghi nonostante la quasi assenza di descrizioni.
(view spoiler)
Finita la seconda parte!!!A me il libro sta piacendo parecchio nonostante sia molto "denso" e le liti siano un po' monotone, ma... lo trovo ugualmente interessante e mi sta appassionando. La scrittura di De Roberto la trovo vividissima e rende ogni scena alla perfezione. Carente la parte descrittiva paesaggistica, è vero, ma è perché penso lo scopo del romanzo sia ricreare "una commedia umana", tanto per dirla alla Balzac...
Finita la seconda parte, posso solo confermare che il libro mi sta piacendo.Sono sconvolta dalle similitudini della società di allora con la nostra.
L'interesse personale regna sovrano e sopra ogni cosa c'è il mantenimento delle proprie prerogative e i privilegi della casta cui si appartiene.
Sono senza parole...
Buon giorno a tutti! Ho finito la seconda tappa!Che dire, questo libro mi piace molto!
Di questo secondo step mi hanno colpito:
(view spoiler)
Fine seconda parte.Continuo a provare molto interesse per questo romanzo e sono soddisfatto di averne intrapreso la lettura (mi ero aggregato al GdL in modo un po’ impulsivo e sinceramente non meditavo di affrontarlo a breve…).
Ora cominciano a incuriosirmi i personaggi dal carattere più sfaccettato e in definitiva più realistico rispetto a quelli come Don Blasco, talmente caratterizzati e monolitici da sfiorare a tratti la “macchietta”.
Ad esempio trovo interessante la figura di Benedetto Giulente, soffocato da sentimenti contrastanti dall’adesione politica (a sua volta divisa in lui fra sincero amor di patria e ambizione personale) al rapporto con Lucrezia (anche questo diviso da amore per la ragazza e desiderio di essere ammesso a una classe sociale che pure politicamente avversa e critica duramente, ma le critiche dure le tiene dentro di sé).
La sua diplomazia lo porta prodursi in veri e propri salti mortali, nei dialoghi e nei comportamenti, al fine di compiacere i nobili filoborbonici della famiglia acquisita, tanto da divenire addirittura un interlocutore se non amato almeno ascoltato, anche da parte di coloro che maggiormente disprezzavano la scelta di Lucrezia (come ad esempio donna Ferdinanda). Questo contrasto interiore del giovane porta a scene molto divertenti come quando continua ad assentire, in muta apparente approvazione, su discorsi che non condivide affatto!
Anche la situazione politica e la necessità di mantenersi legato al carro del Duca d’Oragua (molto più a suo agio in questi equilibri talora incoerenti, purché non lo si faccia parlare in pubblico…) lo portano spesso a contraddirsi o a rimangiarsi prese di posizioni precedenti, atteggiamento che riguarda molti personaggi, ma nel quale egli si trova palesemente non a suo agio.
Sono curiosa di leggere i vostri commenti a una certa scena. Probabilmente capirete di cosa parlo quando ci arriverete.
Sakura87 wrote: "Sono curiosa di leggere i vostri commenti a una certa scena. Probabilmente capirete di cosa parlo quando ci arriverete."io ho quasi finito la terza parte: di quale scena si tratta?
Anche io trovo molto interessante questa lettura ma provo un forte disprezzo per tutti gli Uzeda (nessuno escluso) e una grande tristezza perché i loro comportamenti sono alla base di valori (o meglio "non valori") ancora predominanti.
Patrizia wrote: "Anche io trovo molto interessante questa lettura ma provo un forte disprezzo per tutti gli Uzeda (nessuno escluso) e una grande tristezza perché i loro comportamenti sono alla base di valori (o meglio "non valori") ancora predominanti. "A me fatica un po' che assolutamente nessuno di questi Uzeda vale nemmeno un soldo! E per questo che Don Blasco mi ammusa. Almeno lui è una caricatura. Al contrario, la zitella è grottesca e ripugnante. Lo so che l'autore ha voluto mettere in evidenza la decadenza e la falsità della nobiltà ma senza un solo tratto positivo i viceré sono soltanto versioni del male, concetti non tipologie. Interessante, ma faticante comunque e molto "gloom". Nessuna speranza di riscatto per i personaggi, grandi o piccoli, prigionieri nei loro pregiudizi e pettegolezzi. "Huis clos" avant la lettre!
Stela wrote: "Patrizia wrote: "Anche io trovo molto interessante questa lettura ma provo un forte disprezzo per tutti gli Uzeda (nessuno escluso) e una grande tristezza perché i loro comportamenti sono alla base..."Purtroppo gli Uzeda sono abbastanza verosimili con la loro unica motivazione dell'interesse personale.
Patrizia wrote: "Purtroppo gli Uzeda sono abbastanza verosimili con la loro unica motivazione dell'interesse personale"Uno, due, ma tutti?!!! Io non dico che ognuno a parte non sia verosimile, ma che l'autore insiste troppo sulla macchia dell'eredità e che il lotto del male è troppo affollato...
Stela wrote: "Patrizia wrote: "Purtroppo gli Uzeda sono abbastanza verosimili con la loro unica motivazione dell'interesse personale"Uno, due, ma tutti?!!! Io non dico che ognuno a parte non sia verosimile, ma..."
In senso stretto hai ragione, ma io penso che l'intento di De Roberto sia anche quello di dimostrare che l'opportunismo, la prepotenza e il disinteresse per gli altri (mutuato dalla cultura dei dominatori spagnoli) viene trasmesso di generazione in generazione perché in ciascuno dei protagonisti è radicata l'idea di essere superiore a tutti per diritto di nascita e forse, in questo modo, vuole dar ragione di alcuni comportamenti poco edificanti diffusi tra i "notabili" del suo tempo (e purtroppo arrivati sino a noi.)
Ma anche il resto dei personaggi sono così! È un mondo bruttissimo quello creato dall'autore, un piccolo inferno dove nessuno pare conoscere i valori morali. Come dicevo, è spaventoso, siccome l'inferno siamo noi.
È un mondo bruttissimo quello creato dall'autore, un piccolo inferno dove nessuno pare conoscere i valori morali.
Ahahahah welcome in Sicily! :DDDDDD
Ahahahah welcome in Sicily! :DDDDDD
Stela wrote: "Dai, la mitica Sicilia?!! Non ne posso credere :))))))))0"Persone con valori più edificanti ce ne erano anche al tempo di De Roberto (basti pensare a Emanuele Notarbartolo, ucciso nel 1862 per la sua lotta alla mafia, anche se allora il termine "mafia" non era utilizzato), ma non esprimevano la cultura dominante e non erano tra i potenti.
Sulla vicenda di Notarbartolo, c'è un libro molto bello Il Cigno di S. Vassalli
Finita io pure la terza tappa del GdL. Io, sinceramente, non mi fossilizzerei tanto sulla famiglia Uzeda e sulla Sicilia in particolare. A mio modesto avviso, il discorso che Federico De Roberto porta avanti è molto più ampio e generale. Ed è proprio per questo che è ancora così attuale.
Anzi, direi proprio che se ci si limitasse agli Uzeda, talvolta il testo finirebbe per scadere addirittura nella telenovela. Il problema, invece, è che gli Uzeda sono ovunque, chiunque e in qualsiasi tempo. E che, ahinoi, la nascita della nostra nazione ha portato in sé e con sé questi stessi germi di corruzione e degrado. La nostra storia identitaria è piuttosto anomala, lo sappiamo tutti, persino coloro che ostinatamente lo negano.
Man mano che procedo con la lettura sono colpito da una consapevolezza che un po’ alla volta si sta facendo strada.Mentre in prima battuta le vicende, almeno ai miei occhi, sembravano svolgersi in una società totalmente patriarcale, con le donne ridotte alla mera funzione di “fattrici”, a pedine di scambio per matrimoni d’interesse combinati secondo i voleri dei capofamiglia, oppure relegate alla vita monastica, indipendentemente dalla loro vera o presunta vocazione, in realtà mi accorgo che le cose non stanno proprio così.
A parte la vecchia principessa Teresa che ritenevo un’eccezione nella sua ferrea e dittatoriale gestione della famiglia, altri personaggi femminili come la cugina Graziella, o Isabella Fersa o la stessa donna Ferdinanda riescono, ognuna a modo suo, a manipolare gli uomini con successo, detenendo un potere sotterraneo e astuto che prevale nei confronti dei tronfi e presuntuosi personaggi maschili indotti ad agire come marionette.
Nel romanzo, oltre alla quantità di personaggi femminili più o meno sottilmente “manipolatrici”, vi sono in effetti alcune eccezioni di donne realmente fragili e sottomesse (Matilde e Margherita) che, non a caso, sono le prime a soccombere.
Un chiaro esempio dei maschi-marionetta di cui sopra è il conte Raimondo, tipico sciupafemmine (anche perché uno dei pochi uomini dal fisico non orribile o insignificante…) che dopo avere agito con fatica, impegno e contro la sua stessa pigra indole di fatuo galletto, adoperandosi per recidere il legame con la moglie Matilde, solo a posteriori si rende conto di trovarsi nuovamente vincolato ad una donna (Isabella, che si è mossa con notevole furberia…) ad ostacolare di fatto la libertà assoluta che costituiva l’obiettivo principale delle sue azioni…
Arwen56 wrote: "Finita io pure la terza tappa del GdL. Io, sinceramente, non mi fossilizzerei tanto sulla famiglia Uzeda e sulla Sicilia in particolare. A mio modesto avviso, il discorso che Federico De Roberto ..."
sono d'accordo: purtroppo il modello-Uzeda non è limitato a una sola area geografica del nostro paese e in questo sta la sua attualità.
Ubik wrote: "Man mano che procedo con la lettura sono colpito da una consapevolezza che un po’ alla volta si sta facendo strada.Mentre in prima battuta le vicende, almeno ai miei occhi, sembravano svolgersi i..."
Tutti i personaggi sono da biasimare: in questo De Roberto ha applicato la parità di genere ;)
non ne facevo una questione di "buoni/cattivi", bensì cercavo di ragionare su chi, all'interno delle famiglie, avesse di fatto il potere di condizionare gli eventi e le persone in modo da favorire le proprie aspirazioni...
Arwen56 wrote: " la nascita della nostra nazione ha portato in sé e con sé questi stessi germi di corruzione e degrado. La nostra storia identitaria è piuttosto anomala, lo sappiamo tutti, persino coloro che ostinatamente lo negano. ."Invece di analizzare il male nelle persone, dovremo estrapolare per contemplare il male del secolo, come diceva Hugo. :)))
E de Roberto è davvero geniale nella descrizione di tutto questo male. Di più, ammiro la forte voce pubblica, il personaggio collettivo è così ben costrutto!
D'altra parte, mi sembra quasi incredibile che siano differenze così obsolete tra le classe sociali e i generi, siccome si trattassi di un secolo molto più lontano





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