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Il fiume della vita
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Il fiume della vita di Philip José Farmer
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Sakura87
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Sep 06, 2013 07:19AM
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La recensione di Sakura:
Protagonista della vicenda è Richard Francis Burton, il primo dei personaggi storici che figurano nella serie di romanzi. Esploratore, geografo, poliglotta, scrittore e spia vissuto tra il 1821 e il 1890, Burton muore all'età di sessantanove anni tra le braccia della moglie Isabel per risvegliarsi in un'aldilà affatto simile a quelli postulati da tutte le religioni a lui note: l'intera umanità fino a quel momento vissuta, trentasei miliardi di persone, si risveglia in un'esotica terra attraversata da un fiume.
La curiosa mescolanza di etnie e di gradi di civiltà, analizzata da Farmer per dimostrare lo scontato principio che, persino nelle situazioni più paradossali, alla civiltà umana di qualsiasi epoca occorre ben poco per riorganizzarsi in comunità basate sulla legge del più forte, rende presto manifesto che c'è un disegno più scientifico che divino dietro al risveglio dell'umanità. Burton conosce Peter Jairus Frigate, fittizio scrittore di fantascienza ma versione letteraria dello stesso autore (si notino le iniziali), la vittoriana Alice Liddell che ispirò Lewis Carroll, la giovanissima Gwinefra direttamente dall'antica Gallia, ma anche il neanderthaliano Kazz e l'extraterrestre Monat, il responsabile dell'estinzione umana nel XXI secolo.
Leader nato, Burton rappresenta lo spirito d'avventura insito in alcuni uomini che talvolta prevale nei momenti più impensati: è il primo del suo gruppo a decidere di risalire il fiume per esplorare i confini del mondo e a tentare di scoprire la motivazione che giace dietro a questa strana e artificiale nuova vita.
Più che per la sua effettiva qualità, Il fiume della vita, Premio Hugo nel 1972, andrebbe valutato per l'originale apporto dato al genere fantascientifico negli anni Settanta. La serie di Philip J. Farmer coniuga infatti i caratteri salienti della narrativa d'avventura d'inizio secolo con quelli della narrativa fantascientifica, ereditando purtroppo della prima i difetti più che i pregi: la scansione quasi episodica delle esplorazioni di Burton, l'intreccio tutto sommato semplice, la scarsa introspezione psicologica dei personaggi diversi dal protagonista, la prosa scarna.
L'elemento fantascientifico, almeno in questo primo romanzo della serie, risulta quasi un pretesto per raccontare in modo nuovo lo schema tipico del romanzo d'avventura d'altri tempi: l'esplorazione, da parte di un carismatico protagonista, di un luogo vergine che nasconde segreti perduti. Inserendosi in questo modo sulla scia di Haggard e Doyle con tutto il loro gusto retrò, Farmer sembra in ritardo di più di settant'anni.
L'impalcatura che si intravede dietro a questa scenografia così classica, come mostreranno i romanzi successivi del ciclo, è tuttavia all'avanguardia. In questo primo episodio, purtroppo, pesano i difetti succitati, non compensati da una piena realizzazione di tutte le altre possibilità suggerite da una simile - geniale - idea di base.
Nota: l'evocativo titolo originale, To Your Scattered Bodies Go, è il verso di uno dei Sonetti Sacri di John Donne.

