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La metà di niente
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I GIORNI DELL’ABBANDONO

Cicatrici d'oro
Quando Mario lascia Olga nel romanzo I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante (uscito cinque anni dopo questo della Dunne) si nasconde dietro un’espressione fumosa: “vuoto di senso”.
Qui, invece, quando all’inizio della storia, una mattina, in cucina, Ben lascia la protagonista Rose, è più diretto ed esplicito: “non ti amo più”, dice. Ahia, il vuoto di senso forse si potrebbe riempire: ma la fine di un amore come si ricuce?
Non importa, perché né Olga né questa Rose si bloccano: entrambe imparano ad andare avanti. E certo, in questo romanzo d’esordio della quarantatreenne irlandese Catherine Dunne, il processo è meno chirurgico e purulento, più lineare (l’alternanza in flashback del passato col presente non complica la narrazione, serve piuttosto ad addolcirla, neppure a spiegare il presente) e tutto sommato prevedibile. Alla fine del processo, l’approdo è medesimo: si vive anche da soli, senza necessariamente essere coppia, non è un’altra persona che ci completa e identifica.
Siamo la metà di niente, la metà di un’entità poco importante, aleatoria. Siamo il nostro tutto, e non abbiamo bisogno di essere la metà di qualcosa.

Edward Hopper: Morning Sun.
I due mariti filibustieri – ma, magari, banali e stronzi rende meglio l’idea – usano formule diverse per dire la stessa cosa: ho un’altra, che è più giovane di te, e fa sentire più giovane anche me, mi agita la linfa vitale come tu non sai più fare, non dimenticarti che io sono Peter Pan.
Questo Ben è stronzo due volte perché oltre lasciare Rose senza preavviso, da un momento all’altro, con tre figli da accudire, la lascia con pochi soldi e non l’aiuta economicamente. Fatica doppia, o tripla, per Rose.
Mentre Elena Ferrante squassa sconquassa e fa male, Dunne è dolce e consolatoria. Mentre la scrittrice italiana non sa cosa sia l’ironia, quella irlandese si appropria dell’umorismo per raccontare una rinascita e rigenerazione, un nuovo inizio che comunque rimane tutto sommato alquanto superficiale, per non dire prevedibile, e anche un po’ poco verosimile nel percorso di affrancamento economico.

Vilhelm Hammershøi: Interno con donna in piedi.

Cicatrici d'oro
Quando Mario lascia Olga nel romanzo I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante (uscito cinque anni dopo questo della Dunne) si nasconde dietro un’espressione fumosa: “vuoto di senso”.
Qui, invece, quando all’inizio della storia, una mattina, in cucina, Ben lascia la protagonista Rose, è più diretto ed esplicito: “non ti amo più”, dice. Ahia, il vuoto di senso forse si potrebbe riempire: ma la fine di un amore come si ricuce?
Non importa, perché né Olga né questa Rose si bloccano: entrambe imparano ad andare avanti. E certo, in questo romanzo d’esordio della quarantatreenne irlandese Catherine Dunne, il processo è meno chirurgico e purulento, più lineare (l’alternanza in flashback del passato col presente non complica la narrazione, serve piuttosto ad addolcirla, neppure a spiegare il presente) e tutto sommato prevedibile. Alla fine del processo, l’approdo è medesimo: si vive anche da soli, senza necessariamente essere coppia, non è un’altra persona che ci completa e identifica.
Siamo la metà di niente, la metà di un’entità poco importante, aleatoria. Siamo il nostro tutto, e non abbiamo bisogno di essere la metà di qualcosa.

Edward Hopper: Morning Sun.
I due mariti filibustieri – ma, magari, banali e stronzi rende meglio l’idea – usano formule diverse per dire la stessa cosa: ho un’altra, che è più giovane di te, e fa sentire più giovane anche me, mi agita la linfa vitale come tu non sai più fare, non dimenticarti che io sono Peter Pan.
Questo Ben è stronzo due volte perché oltre lasciare Rose senza preavviso, da un momento all’altro, con tre figli da accudire, la lascia con pochi soldi e non l’aiuta economicamente. Fatica doppia, o tripla, per Rose.
Mentre Elena Ferrante squassa sconquassa e fa male, Dunne è dolce e consolatoria. Mentre la scrittrice italiana non sa cosa sia l’ironia, quella irlandese si appropria dell’umorismo per raccontare una rinascita e rigenerazione, un nuovo inizio che comunque rimane tutto sommato alquanto superficiale, per non dire prevedibile, e anche un po’ poco verosimile nel percorso di affrancamento economico.

Vilhelm Hammershøi: Interno con donna in piedi.
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Reading Progress
Started Reading
1998
–
Finished Reading
July 9, 2012
– Shelved
January 17, 2021
– Shelved as:
irlanda
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message 1:
by
Lucia
(new)
-
rated it 3 stars
Jan 18, 2021 04:04AM

reply
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Non solo a distanza di anni non c'è niente in particolare che sia "rimasto con me" di questo libro: ma non ho mai avuto voglia di leggere altro della Dunne.


Non sono sicuro d'aver capito.
Domanda 1: Veronica Lario per dare un paio di schiaffoni mediatici al marito fra tutta la letteratura disponibile è andata a capare dal mazzo proprio questo?
Domanda 2: stai dicendo che c'è un tuo commento che gira nell'etere e potrebbe piombarci addosso tra capo e collo in qualsiasi momento?

Risposta 1: ma certo: «Chiedo anche se, come il personaggio di Catherine Dunne, debba considerarmi La metà di niente», scrisse Veronica nella famosa lettera a La Repubblica.
Risposta 2: stai attento, potrebbe.
Aggiungo, per fortuna era breve.

1) Diavolo, sei in grado di citare a memoria Veronica Lario B.! Complimenti.
2) Fa' qualcosa, fermala, ritirala, cancellala, fa' qualcosa, incosciente!

1) Certo che no, non ricordavo le parole esatte e le ho cercate, ma la vicenda e la citazione (e il senso) le ricordavo molto bene.
2) Purtroppo è andato, ma come i meteoriti che puntano la Terra e cadono sempre nel deserto non farà danni.