Una donna
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Read between July 30 - July 31, 2023
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Conosceva tutti i gesti che addomesticano la miseria. Questo sapere, trasmesso per secoli di madre in figlia, si ferma a me, che ne sono ormai soltanto l’archivista.
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era inevitabile sentirsi combattute tra il desiderio di «godersi la giovinezza» e l’ossessione di essere «mostrata a dito». Mia madre si è sforzata di conformarsi al giudizio più benevolo che si poteva esprimere sulle ragazze che lavoravano in fabbrica, «operaia ma seria»,
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Per una donna il matrimonio era la vita o la morte, la speranza di cavarsela meglio in due o il tracollo definitivo. Bisognava dunque riconoscere l’uomo capace di «far felice una donna».
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Ora mi sembra di scrivere su mia madre per, a mia volta, metterla al mondo.
Matteino Polizzi
Per AnnieErnaux scrivere economica un atto creativo, poietico,
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Ma sento che qualcosa in me oppone resistenza, vorrei conservare di mia madre delle immagini puramente affettive, il calore o le lacrime, senza dar loro un senso.
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Elevarsi, per lei, significava soprattutto imparare (diceva, «bisogna arricchirsi lo spirito») e nulla era più bello del sapere. I libri erano gli unici oggetti che trattava con cautela. Prima di toccarli si lavava le mani.
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In certi momenti aveva in sua figlia, di fronte a lei, un nemico di classe.
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Ma non sto scrivendo su di lei, piuttosto ho l’impressione di vivere assieme a lei in un tempo, in luoghi, in cui è ancora viva.
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Temendo di non essere amata per se stessa, sperava di esserlo per ciò che dava.
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monolocale sarà l’ultima abitazione tutta per lei. Una stanza un po’ buia, con un angolo cottura affacciato su un giardinetto, una rientranza per il letto e il comodino, un bagno, un citofono per comunicare con la portinaia del residence.
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Una sera di dicembre del 1979, verso le sei e mezzo, è stata investita sulla Statale 15 da una Citroën cx passata col rosso mentre lei stava attraversando sulle
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Eppure so che non posso vivere senza unire attraverso la scrittura la donna demente che è diventata con quella forte e luminosa che era stata.
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Cercava di riaggrapparsi al mondo, voleva cucire a ogni costo, attaccando tra loro foulard e fazzoletti con punti sbilenchi. Si affezionava a certi oggetti, il nécessaire che portava con sé, sconvolta fino alle lacrime se non lo trovava.
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Avevo bisogno di nutrirla, toccarla, ascoltarla.
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Molte volte, il desiderio impellente di portarla via con me, di occuparmi soltanto di lei, per accorgermi subito che non ne sarei stata capace.
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Questa sensazione, nella quale la presenza illusoria di mia madre è più forte della sua assenza reale, dev’essere la prima forma dell’oblio.
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Le piaceva più dare, a tutti, che ricevere. Mi chiedo se scrivere non sia una maniera di dare.
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Non ascolterò più la sua voce. Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti, la sua maniera di ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina che sono stata. Ho perso l’ultimo legame con il mondo da cui provengo.