More on this book
Community
Kindle Notes & Highlights
Conosceva tutti i gesti che addomesticano la miseria. Questo sapere, trasmesso per secoli di madre in figlia, si ferma a me, che ne sono ormai soltanto l’archivista.
era inevitabile sentirsi combattute tra il desiderio di «godersi la giovinezza» e l’ossessione di essere «mostrata a dito». Mia madre si è sforzata di conformarsi al giudizio più benevolo che si poteva esprimere sulle ragazze che lavoravano in fabbrica, «operaia ma seria»,
Per una donna il matrimonio era la vita o la morte, la speranza di cavarsela meglio in due o il tracollo definitivo. Bisognava dunque riconoscere l’uomo capace di «far felice una donna».
Ma sento che qualcosa in me oppone resistenza, vorrei conservare di mia madre delle immagini puramente affettive, il calore o le lacrime, senza dar loro un senso.
Elevarsi, per lei, significava soprattutto imparare (diceva, «bisogna arricchirsi lo spirito») e nulla era più bello del sapere. I libri erano gli unici oggetti che trattava con cautela. Prima di toccarli si lavava le mani.
In certi momenti aveva in sua figlia, di fronte a lei, un nemico di classe.
Ma non sto scrivendo su di lei, piuttosto ho l’impressione di vivere assieme a lei in un tempo, in luoghi, in cui è ancora viva.
Temendo di non essere amata per se stessa, sperava di esserlo per ciò che dava.
monolocale sarà l’ultima abitazione tutta per lei. Una stanza un po’ buia, con un angolo cottura affacciato su un giardinetto, una rientranza per il letto e il comodino, un bagno, un citofono per comunicare con la portinaia del residence.
Una sera di dicembre del 1979, verso le sei e mezzo, è stata investita sulla Statale 15 da una Citroën cx passata col rosso mentre lei stava attraversando sulle
Eppure so che non posso vivere senza unire attraverso la scrittura la donna demente che è diventata con quella forte e luminosa che era stata.
Cercava di riaggrapparsi al mondo, voleva cucire a ogni costo, attaccando tra loro foulard e fazzoletti con punti sbilenchi. Si affezionava a certi oggetti, il nécessaire che portava con sé, sconvolta fino alle lacrime se non lo trovava.
Avevo bisogno di nutrirla, toccarla, ascoltarla.
Molte volte, il desiderio impellente di portarla via con me, di occuparmi soltanto di lei, per accorgermi subito che non ne sarei stata capace.
Questa sensazione, nella quale la presenza illusoria di mia madre è più forte della sua assenza reale, dev’essere la prima forma dell’oblio.
Le piaceva più dare, a tutti, che ricevere. Mi chiedo se scrivere non sia una maniera di dare.
Non ascolterò più la sua voce. Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti, la sua maniera di ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina che sono stata. Ho perso l’ultimo legame con il mondo da cui provengo.

