More on this book
Community
Kindle Notes & Highlights
Molti anni fa mi resi conto che un libro, un romanzo, è un sogno che chiede di essere scritto nello stesso modo in cui ci s’innamora di qualcuno: il sogno diventa irresistibile, non c’è niente che tu possa fare, e infine cedi e soccombi anche se il tuo istinto ti dice di battertela a gambe perché potrebbe trattarsi, dopotutto, di un gioco pericoloso – in cui qualcuno probabilmente si farà male.
Se vogliamo associare l’atto di scrivere alla metafora della relazione amorosa, allora mettiamola cosí: avevo desiderato di fare l’amore con questo romanzo che infine sembrava volermisi concedere e ne ero molto tentato, ma quando arrivò il momento di consumare la relazione scoprii che non ero in grado di sprofondare nel sogno.
mentre dalla cassetta fuoriusciva una canzone che adoravo anche se non osavo dirlo: Time for Me to Fly dei Reo Speedwagon, una ballata melensa su un perdente che trova il coraggio di dire alla sua fidanzata che è finita, eppure per il diciassettenne che ero si trattava di una canzone sul cambiamento, e il verso I know it hurts to say goodbye, but it’s time for me to fly… aveva un altro significato in quella primavera ed estate del 1981 in cui mi affezionai alla canzone. Aveva a che vedere col lasciare un mondo per trasferirsi in un altro, proprio quello che stavo facendo.
Credo sapesse che io ero segretamente innamorato di lei, ma anche se eravamo sempre intimi non mi disse mai nulla al riguardo, salvo provocarmi certe volte se io avevo troppe attenzioni per lei, o troppo poche. Ero stato lusingato dal fatto che la gente pensasse che stessimo insieme e non avevo fatto granché per arginare i pettegolezzi su di noi fino alla comparsa di Thom.
Thom era diventato l’ideale della figaggine adolescenziale maschile, e ciò che in lui risultava cosí seducente era il fatto che sembrava fregarsene, non farci caso, come se si trattasse giusto di un dono che la natura gli aveva elargito – era del tutto privo di ego.
spesso si comportavano come se fossero il Re e la Regina del ballo di fine anno in un film girato nei primi anni Sessanta: felici, senza preoccupazioni, senza problemi. Ma a un dato momento – alla fine della primavera del 1981, quasi due anni dopo che avevano iniziato la loro relazione – fui certo che Thom era piú felice di Susan.
all’epoca i film erano una religione, potevano cambiarti, alterare la tua percezione, potevi protenderti verso lo schermo e condividere un istante di trascendenza, in quella chiesa tutte le delusioni e le paure venivano spazzate via per qualche ora: i film avevano su di me l’effetto di una droga.
e c’era qualcosa di ribelle e quasi punk in questo suo atteggiamento, per quanto non ne fosse consapevole: semplicemente non gliene importava di come funzionava il mondo;
Qualcosa in me morí quando, mentre me ne stavo in segreteria quel primo giorno del nostro ultimo anno di scuola, mi resi conto che non ci saremmo diplomati fino a giugno – ci sarebbero voluti altri dieci mesi di quella pantomima – e venni travolto da una nuova ondata di depressione. Ero in uniforme, un costume di scena, fingevo di essere fidanzato, stavo per frequentare un anno di lezioni per cui non avevo alcun interesse, e mi sarei dovuto camuffare: ero un attore e niente di tutto quello era reale. Questa fu la conclusione cui giunsi quel martedí mattina di settembre.
mentre inebetito salivo su per le scale e camminavo lungo il vialetto che mi avrebbe riportato in classe non potei fare a meno di pensare, di nuovo, che ci fosse qualcuno che mi osservava nascosto sulle colline che circondavano la scuola, per mezzo di un binocolo o di una macchina fotografica col teleobiettivo o col mirino telescopico di un fucile da caccia. Ricordo di aver pensato che per la prima volta in vita mia ero cosí disorientato da provare la sensazione di sciogliermi, di dissolvermi in me stesso, diventando un’altra persona, per poi sparire nel nulla,
Niente nel corso di quel pranzo iniziale lasciava intendere esplicitamente ciò che ci sarebbe successo piú avanti durante l’autunno, ma se mi volto indietro c’erano indizi dappertutto.
e che eravamo tutti innocenti e al sicuro, protetti dal privilegio e uniti dallo status e dalla classe sociale e dalle ambizioni che i nostri genitori nutrivano per noi.
La crisi degli ostaggi in Iran si era appena conclusa – prima della partita c’era stata una cerimonia in loro onore – e il Superdome era stato avvolto da una gigantesca coccarda gialla per mostrare solidarietà con gli ostaggi (l’intero Paese era stato disseminato di coccarde gialle per tipo anni), eppure durante quel viaggio io ero stato coinvolto piú dalla perfezione del culo di Thom Wright che da qualsiasi altra cosa.
Erano il sesso e i romanzi e la musica e i film a rendere la vita sopportabile – non gli amici, non la famiglia, non la scuola, non la scena sociale, non le relazioni – e quella era stata l’estate in cui una settimana sí e una no avevo visto I predatori dell’arca perduta ma avevo cenato a stento un paio di volte con i miei genitori separati. Non investivo nel mondo reale – perché avrei dovuto? Non era fatto per me o per i miei bisogni o desideri. E la cosa mi veniva ricordata quasi di continuo, visto che ero imprigionato in un’adolescenziale voglia di sesso che aumentava vertiginosamente e
...more
E mi resi conto che perché tutto questo funzionasse dovevo smetterla di pensare che Debbie si meritasse uno migliore di me. Dovevo convincermi che si meritasse me.
«Manicomio» è un po’ melodrammatico, Bret, – disse Susan, poi sospirò. – Ma siamo abituati al fatto che tu esageri sempre, perciò… – Puoi chiamarlo come pare a te, – dissi, alzando le mani. – Centro per lo sviluppo evolutivo va benissimo. Volevo solo che tutti avessimo chiaro con cosa abbiamo a che fare.
in quel mercoledí pomeriggio del 1981, al bar del Trumps, sorseggiando un Greyhound iniziai a sentir formarsi questa cosa: la consapevolezza di me – destinata a non sbocciare mai del tutto a causa dell’eccesso di insicurezza e abnegazione – stava cominciando la sua lotta per accettarsi e crescere.
Ero alla scrivania, al lavoro sul romanzo, e ogniqualvolta smettevo di battere a macchina mi immobilizzavo, sicuro che una presenza stesse sbirciando dentro la casa o fosse già da qualche parte all’interno. Cercavo di non pensarci, ma un bel po’ di volte mi parve di sentire il campanello della porta d’ingresso o il rintocco che segnalava l’apertura delle porte del garage.
E allora giravo furtivo per la casa impugnando un coltello da macellaio, ma non c’era nessuno.
Irradiava quell’estetica «insensibilità come sentimento» che mi attirava tanto e che stavo cercando di perfezionare in Meno di zero, e mi esaltava vederla incarnata nel piú pop degli artefatti.
poi c’erano i momenti piú cupi in cui immaginavo quanto fosse pazzo anche se nessuno di noi ne sapeva ancora nulla; quello era l’intuito dello scrittore, il presentimento dello scrittore, basato su un’unica bugia che aveva detto – le altre non le conoscevamo ancora.
Quel brano era troppo lento, troppo lungo, eppure ci commuoveva, e come le migliori canzoni pop era un’astrazione, poesia che per ciascuno poteva assumere un significato diverso – una rampa di lancio per i nostri particolari desideri ma ovviamente anche una metafora della perdita, e questa era una cosa che tutti noi condividevamo,
La settimana in cui il corpo di Julie Selwyn venne ritrovato, la polizia di Los Angeles confermò di aver ricevuto due telefonate da parte del sospetto o dei sospetti (il «biascichio» della voce «contraffatta» del sospetto, la voce che assicurava di aver commesso i crimini e che prometteva di commetterne altri, venne confermato dagli articoli che seguirono) e il soprannome che venne attribuito al sospetto – citato un paio di volte sotto forma di battuta nei rapporti censurati della sezione di Hollywood del Lapd – fu il Pescatore a Strascico. Piú
Forse il Pescatore non sembrava sufficientemente minaccioso con sole tre uccisioni accertate e forse tutti coloro che mi circondavano semplicemente si sentivano giovani e invincibili ed era questo il motivo per cui le prime notizie sulle vittime non suscitarono l’interesse che ritenevo meritassero. Ma per il momento non interessavano davvero a nessuno,
Come avevamo fatto ad arrivare al punto in cui ciò che volevamo dirci fluttuava nelle pause che dominavano la conversazione?
«Senti cose che non ci sono». Era questo che faceva uno scrittore.
Ero infastidito dalla paranoia che mi causava eppure allo stesso tempo lo trovavo innegabilmente erotico, un ineguagliabile oggetto di desiderio e lussuria adolescenziali, e detestavo il fatto che questi due sentimenti contrapposti coesistessero dentro di me.
E una narrazione segreta prese forma in quel momento sul Gilley Field mentre Thom e io ci districavamo l’uno dall’altro, e questa falsa narrazione riguardo a ciò che era successo ce la portammo dietro intanto che scendevamo la collina per tornare agli spogliatoi, dove tre di noi finsero che fosse accaduto qualcos’altro anziché ciò che era accaduto davvero.
Matt si era chiuso in se stesso e nel corso degli ultimi anni era diventato cosí invisibile che la sua morte non sembrava niente di che – era un tossico, era scomparso, era annegato, era uno schizzato, perciò amen.
«Perché non ti sei messo con lei?» Lo sapevo ma anche no – non doveva succedere ma sarebbe potuto succedere – e non era perché mi piacevano anche i ragazzi. C’era qualcosa in Susan che pareva irraggiungibile e immagino che dopotutto la preferissi cosí – l’inevitabile realtà sarebbe stata troppo devastante.

