Primo parere su Lithica
Dopo quasi una settimana, arriva, grazie al buon Davide Del Popolo Riolo, come al solito troppo buono con me…
Debbo anzitutto premettere che Alessio Brugnoli è un amico. Non nel senso che ogni tanto andiamo a prenderci un caffè o che ceniamo insieme, perché in effetti di persona non ci conosciamo. Nel senso però che lui ha scritto apprezzamenti persino imbarazzanti sul mio libro, e che ci scambiamo opinioni con una certa frequenza, e su molte cose la pensiamo nello stesso modo. Se volete sospettare che ciò che state per leggere è influenzato dalla mia amicizia per lui siete quindi ovviamente liberi di farlo.
Premesso ciò, ho appena finito Lithica, il suo ultimo romanzo, e volevo condividere alcune considerazioni.
In primo luogo, ho apprezzato il coraggio. Lithica è infatti il seguito de Il Canto Oscuro, che è sostanzialmente un giallo steampunk ambientato in una Roma d’inizio Novecento ancora sottoposta al Papa (il Risorgimento è fallito, in questa TL) eppure dotata di computatori a vapore. L’aspetto forse più affascinante del libro è proprio la descrizione di una Roma attraversata da macchine a vapore, ma eternamente ed inevitabilmente curiale. Uno scrittore pigro avrebbe semplicemente utilizzato di nuovo i due protagonisti, Andrea ed il suo valletto Beppe, come investigatori in un altro caso misterioso ambientato sempre nella stessa realtà alternativa.
Alessio invece ha completamente rovesciato le aspettative, trascinando i due non soltanto lontano da Roma ma, addirittura, in qualche modo anche lontano dall’universo razionale e scientifico del primo romanzo, e proiettandoli invece in un mondo attraversato da poteri occulti, di cui capiscono poco per la verità, in cui Lawrence (d’Arabia, ma non ancora, e forse mai) è una sorta di agente segreto che usa incantesimi contro esseri malvagi ed orrendi che giungono da altri piani della realtà.
Un altro aspetto che mi è piaciuto: il romanzo è (anche) un divertito pastiche che gioca con la letteratura d’intrattenimento dell’Ottocento. Qua e là fanno capolino Robur il conquistatore e Phileas Fogg, James Brooke e Yanez e naturalmente non potevano mancare Holmes e Watson (e Jack lo Squartatore). E poi c’è la presenza immanente di Lovercraft, con le sue creature antiche, innominabili, oscene e potentissime. Come già nel Canto oscuro, Alessio sfoggia la sua cultura enciclopedica, qui però non più limitata alla sola dimensione “romana”, con esiti davvero impressionanti.
Ultimo aspetto che mi ha colpito è il ruolo dominante della dimensione onirica. I personaggi sognano continuamente, e sono sogni fantasmagorici, surrealisti, che farebbero impazzire uno psicanalista. Sognano il proprio passato, ma anche altre realtà. Qui la fantasia di Alessio si è davvero sbizzarrita in una fantasmagoria di immagini affascinanti.
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