Atene contro Siracusa parte XXII

Nel frattempo, Gilippo stava in viaggio per la Sicilia, a capo della spedizione di soccorso corinzia: strada facendo cominciò a ricevere le notizie dell’assedio di Siracusa, tutt’altro che incoraggianti, dato che passando di bocca in bocca erano state gonfiate: sembrava che la polis siciliana fosse stata completamente isolata e che fosse, per fame, prossima alla resa.

Un altro, specie non godendo della fiducia della madrepatria, ricordiamo che Gilippo era sorta di reietto, figlio di un tizio che era stato spedito in esilio per corruzione: invece lo spartano, decise di cambiare piano strategico: creare una sorta di Lega delle principali polis della Magna Grecia. Lo scopo politico sarebbe stato di creare un contrappeso filo spartano al predominio ateniese in Sicilia, quello militare invece di isolare le truppe di Nicia dalla madre patria, di fatto rendendole inutilizzabili.

Inoltre il controllo del sud Italia, anche se non avrebbe risolto il problema dei rifornimenti di grano a Sparta, gli avrebbe messo a disposizione la possibilità di arruolare numerose truppe mercenarie. Tentativo che andò a vuoto, perché le città italiote, visto l’andamento dell’assedio di Siracusa, non avevano nessuna voglia di schierarsi contro Atene; più una pacca su una spalla a Gilippo e a Pitene, il comandante corinzio, non osavano dare.

Dato la iella non viene mai da sola, la flotta peloponnesiaca fu quasi affondata dalla tempesta. Per fortuna di Gilippo, non aveva davanti un Alcibiade, abile negli intrighi, o Lamaco, sempre pronto a menare le mani, ma il buon Nicia, abile nella mediazione, ma sul campo di battaglia, tutt’altro che acuto. Nicia, considerando trascurabile la minaccia della spedizione di soccorso spartana, non solo non decise di prepare le opportune difese, ma se le prese comoda nello spedire una flotta a presidio dello stretto di Messina, che avrebbe potuto impedire allo spartano di sbarcare in Sicilia.

Nel frattempo lo spartano Gilippo con la squadra di Corinto stazionava già nelle acque di Leucade, proponendosi di affrettare la corsa e gli aiuti in Sicilia. Ma poiché si moltiplicavano gli annunci allarmanti, ispirati tutti all’identica menzogna, che cioè Siracusa era ormai cinta da ogni lato con un blocco ferreo, Gilippo s’era messo il cuore in pace per la Sicilia. Tuttavia, sperando ancora di aggiudicarsi l’Italia, lui e Pitene da Corinto con una squadra di due vascelli spartani e due corinzi passarono a tutta forza lo Ionio puntando su Taranto, mentre i Corinzi sarebbero salpati a distanza, appena fossero armate, in aggiunta alle loro dieci navi, anche le due di Leucade e tre di Ambracia. Da Taranto Gilippo spedì anzitutto un messaggio a Turi memore del diritto di cittadinanza che il padre, in altri tempi, vi aveva goduto. Ma, fallita la prova d’indurla alla sua causa, tolse le ancore e cominciò il giro dell’Italia. Senonché, sorpreso nel golfo Terineo da un vento che lì usa levarsi spirando teso e violento da settentrione, venne trascinato in aperto mare e in grave difficoltà per un altro furioso fortunale attraccò nuovamente a Taranto. E fatte tirare in secco le navi più provate dalla bufera ordinò di ripararle. Quando Nicia apprese che Gilippo era in arrivo, non diede peso a quella sparuta flottiglia di navi, provando un sentimento simile a quello dei Turi e, pensando che l’avversario si avvalesse di una squadra attrezzata piuttosto per imprese corsare, non ritenne per ora necessaria una tattica difensiva.

Ora, per riparare la flotta, Gilippo e Pitene si erano appoggiate a Taranto, ma dopo qualche giorno, avevano ricevuto lo sfratto; per cui, cercando un punto d’appoggio si trasferirono a Locri Epizefiri, rivale di Rhegion, filo ateniese, per il controllo dello Stretto. E li, Gilippo ebbe notizie più precise su cosa diavolo stava succedendo in Sicilia, ossia che non solo il bastione ateniese era lungi dall’essere completato, ma era ancora possibile fornire rinforzi a Siracusa.

Per questo, con un raid improvviso, sfruttando il ritardo della flottiglia ateniese che doveva intercettarlo, Gilippo sbarcò a Imera e cominciò a organizzare la spedizione di soccorso, neppure tanto scarsa, perché a conti farsi, superava, tra opliti e truppe leggere, con un piccolo contingente di cavalleria, i 3500 soldati

Intanto Gilippo e Pitene da Taranto, quand’ebbero riparate le navi, veleggiando lungo la costa approdarono a Locri Epizefiri. Qui da informatori più fedeli appresero che Siracusa non era stata ancora cinta da un blocco totale: anzi comparendo con un’armata, per il momento era possibile penetrarvi attraverso le Epipole. Occorreva ponderare se convenisse tentare l’ingresso nel porto dal lato del mare, tenendo a man destra la Sicilia, oppure, conservando sempre la costa a sinistra, far vela anzitutto ad Imera, e adunando colà i rinforzi forniti da quella cittadina, e gli altri effettivi tratti dal resto del paese, porsi in marcia per la via di terra.

Prevale l’idea dello scalo a Imera, principalmente poiché nello specchio di Reggio non erano ancora comparse le quattro unità di vedetta che Nicia, in fondo, aveva stimato utile appostare, sapendo che Gilippo con la squadra stazionava a Locri Epizefiri. Così, anticipando questa flottiglia di vigilanza, compirono, dopo una fermata a Reggio, la traversata dello stretto fino all’approdo di Messina, e di lì passarono a Imera.
Trattenendosi laggiù indussero gli Imeresi a entrare in guerra al loro fianco, non solo aggregando contingenti propri, ma provvedendo alle armi per quanti, tra gli equipaggi della flotta, ne erano sforniti (a Imera le navi erano state tratte in secco). Avvertirono con un messaggio Selinunte che disponesse una mobilitazione generale, mandando incontro le
truppe verso una località fissata. Il contributo di un nerbo non poderoso fu loro promesso anche da Gela e da alcuni centri siculi cui aveva ispirato un entusiasmo tanto più vivo a collaborare la recente scomparsa di Arconide, un autorevole monarca di certe popolazioni locali solidale con Atene, unita alle voci correnti sull’audace ed energico sbarco di Gilippo da Sparta.

Quindi Gilippo, presi con sé tra i marinai e le truppe di bordo affidate a lui e a Pitane quanti erano in assetto di guerra (settecento circa), la fanteria pesante e leggera imerese (mille uomini in totale) e cento cavalieri, un drappello esiguo di cavalleria e fanteria leggera di
Selinunte, gli scarsi effettivi di Gela e un contingente di mille Siculi, si diresse a Siracusa.

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Published on July 05, 2021 08:41
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Alessio Brugnoli
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