Faillo di Crotone

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Pochi se ne ricordano, ma il prossimo 29 settembre si celebreranno i 2500 anni della battaglia di Salamina. Battaglia il cui ruolo storico è forse esagerato, è assai più importante Platea, combattuta l’anno successivo: poi, in fondo, se Serse avesse vinto e conquistato la Grecia, forse sarebbe cambiato ben poco, nella nostra Storia.





I Persiani, dovendo gestire un impero in cui c’era di tutto e di più, delegavano molto al potere locale e tendevano a mettere bocca il meno possibile sulle abitudini e credenze dei loro sudditi, a patto che pagassero con regolarità le tasse ed evitassero di scannarsi tra loro. Per cui, in un’Atene persiana, ci sarebbe stata una democrazia, ma di certo non l’incubo delle guerre del Peloponneso: forse un Socrate, pur discutendo in piazza della natura del Bene e del Giusto, avrebbe evitato di brindare con la cicuta.





Poi diciamola tutta, i Persiani hanno influenzato la nostra civiltà tanto quanto i greci: la nostra etica, il nostro pensiero religioso ed escatologico più che di Abramo, è figlio di un profeta tanto geniale, quanto sottovalutato, il buon vecchio Zarathuštra o Zoroastro, come preferite chiamarlo. Ebraismo, Cristianesimo e Islam, in tutte le forme che assumono, non sono che variazioni sul tema della sua predicazione.





Ora, le poche opere di narrativa che cita tale battaglia, Xerxes di Frank Miller o 300 – L’alba di un impero, non citano però uno dei personaggi più affascinanti che parteciparono a quell’epopea, Faillo di Crotone.





Faillo, benchè non partecipasse alle Olimpiadi, era un fervente pitagorico e tra le tante stranezze del filosofo di Samo vi era una cordiale antipatia per questa manifestazione sportiva, trionfò più volte nei Giochi Pitici, che si tenevano in onore di Apollo a Delfi; all’inizio, questi erano unicamente delle competizioni musicali ma poi vennero estese anche al canto ed alle performances strumentali. Successivamente vennero aggiunti anche giochi ginnici e competizioni come le corse dei carri. Grazie al buon Pausania, sappiamo che





Nei Giochi Pitici ne riportò tre; due del pentathlon (o quiiiquerzio) , ed una terza nella corsa dello stadio. La sua celebrità era dovuta ai record atletici che infranse: saltò una lunghezza pari a 55 piedi (circa 15 metri) e lanciò il disco ad una distanza di 95 piedi (circa 26 metri). Se la distanza del salto è notevole anche per i tempi moderni, la distanza del lancio sembra piccola rispetto agli standard odierni. Questo dipende da due cose: il maggiore peso del disco, pari a circa 5 kg e dal diametro di 30 cm e la diversa tecnica di lancio.





Filostrato, autore che visse tra il II ed il III sec. d.C.,nella sua opera Le Immagini la descrive, parlando di un quadro che raffigurava la morte di Giacinto. Da questo documento sappiamo come l’atleta compisse una torsione a destra piegando il braccio con cui reggeva il disco, per poi lanciarlo con una semirotazione. La statua di Mirone fotografa l’attimo precedente il lancio, in cui l’atleta concentra al massimo le sue energie che confluiranno nell’azione del getto del disco.





Le imprese di Faillo furono così famose, che un secolo dopo vennero citate nelle commedie di quella linguaccia di Aristofane. Negli Acarnesi dice infatti





Oh, me infelice, maledetta la vecchiaia! (Anfiteo) non mi sarebbe sfuggito al tempo della mia giovinezza quando io, anche se portavo un carico di carbone, correvo e tenevo dietro a Phayllos





mentre nelle Vespe





Quando ero ancora giovane inseguii e presi il corridore Phayllos.





In più, il nostro eroe fu addirittura ritratto in diversi vasi a figure rosse della sua epoca: insomma una vera star. Ma la vera gloria, come detto, la raggiunse durante la Seconda Guerra Persiani. I greci, disperati, avevano provato a chiedere aiuto alle loro colonie in Italia e in Sicilia, ricevendo come risposta quantità industriali di pernacchioni.





L’unica eccezione fu Faillo, che da privato cittadino, armò un trireme e, nonostante avesse superato la cinquantina, lo condusse in battaglia a Salamina, al fianco degli altri greci, coprendosi d’onore, tanto da essere citato dallo stesso Erodoto





Dei popoli che vivono fuori da questi limiti, gli unici ad aiutare la Grecia in pericolo furono i crotoniati, con una nave comandata da Faillo, tre volte vincitore ai giuochi pitici. I crotoniati sono di stirpe achea





L’impresa scaldò tanti i cuori degli Elleni, che gli dedicarono una statua a Delfi nel recinto sacro di Apollo. Gli Ateniesi, poi, che come xenofobia e puzza sotto al naso non erano secondi a nessuno, gli dedicarono un tripode sull’Acropoli, proprio davanti al Partenone, accompagnato con un’iscrizione rinvenuta nel 1889, che pur nel suo stato frammentario, è stata integrata e ricostruita nella parte centrale e che l’esegeta Moretti nel 1953 così tradusse:





“… Phayllos dedicò, tre volte vincitore nell’agone pitico e vincitore delle navi che l’Asia spedì (contro la Grecia)“.





Negli anni ’30, lungo la spiaggia tra Capo Colonna e Capo Cimiti si recuperò casualmente un cippo, con ogni probabilità, la metà di un’ancora iscritta, variamente datata tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C su cui era incisa l’epigrafe





Zeus Melichio,
Phayllos eresse





Un ex voto per Zeus facile da invocare e dolce come il miele, che Faillo ringraziò, per il buon esito della spedizione a Salamina.





Infine, sappiamo dal solito Plutarco che, in onore di quest’unico greco d’Occidente che corse in aiuto della Madre Patria, Alessandro Magno inviò più tardi a Crotone parte del bottino frutto dello scontro decisivo sostenuto con i Persiani a Gaugamela

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Published on September 17, 2020 11:58
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Alessio Brugnoli
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