Il Complesso Callistiano (Parte I)

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Si definisce complesso callistiano, un’area di circa 30 ettari compresa tra la via Appia Antica, la via Ardeatina e la via delle Sette Chiese, a Roma, che ospita diverse aree funerarie e catacombe: come ovvio, prende il nome dalla catacomba più grande, quella di Callisto, di cui parlerò la prossima settimana





Nel complesso, che risulta essere adiacente a una villa, scavata assai parzalmente a inizio Novecento, che dalla qualità delle decorazioni ritrovate essere o di proprietà imperiale o posseduta da qualche ricco senatore, erano presenti però, oltre alla basilica circiforme di San Marco, almeno altre due catacombe, assai meno note al grande pubblico.





La prima era dedicata ai santi Marco e Marcelliniano: questi, secondo la leggenda, erano due gemelli, figli di due cristiani di Roma, Tranquillino e Marzia; divenuti anch’essi attivi cristiani, vennero nominati diaconi e si erano sposati e avevano avuto figli. Una volta che l’imperatore Diocleziano obbligò i cristiani ad adorare gli dèi pagani, Marco e Marcelliano, che si erano rifiutati di obbedire, vennero arrestati e rinchiusi in carcere.





Il padre dei due cristiani, afflitto dalla loro cattura, aveva pregato il prefetto Cromazio di concedere trenta giorni di riflessione ai suoi figli, in modo da far rivedere la loro affermazione. Marco e Marcelliano erano ormai sul punto di cedere quando San Sebastiano, fece loro visita in prigione invitandoli a non cedere. Mentre rivolgeva queste parole ai due santi, Sebastiano fu avvolto di una luce divina che provocò lo stupore e la successiva conversione di Tiburzio, figlio dello stesso Cromazio, di Nicostrato, ufficiale dell’esercito, della moglie Zoe, muta da sei anni e dello stesso prefetto.





In seguito alla conversione, racconta la leggenda, Cromazio lasciò liberi Marco e Marcelliano e si ritirò in un suo appartamento in Campania. I due fratelli si nascosero presso il buon San Castulo, il domestico o un tesoriere dell’imperatore Diocleziano e marito di Irene, venerata come santa; sì proprio quello delle catacome sfigate al Pigneto… Però il successore di Cromazio, Fabiano, tuttavia, fece arrestare nuovamente i due fratelli e, dato che un tizio molto pulp, li fece stendere a testa giù con i piedi inchiodati a due colonne. Infine entrambi vennero trafitti da due lance nei fianchi.





Inizialmente, questa catacomba era nota con il nome di Basileus, il tizio, di origine greca, che aveva donato alla chiesa di Roma il terreno in cui fu scavata; solo ai tempi di Massenzio, il primo a essere tollerante con i cristiani, fu associata ai due martiri, che a quanto pare, vi erano stati sepolti pochi anni prima.





Associata alla catacomba, secondo le fonti, vi erano anche due basiliche: una, sopraterra, dedicata a Marco e Marcelliano, di cui non è rimasta alcuna traccia e una sotterranea, il mausoleo di famiglia fatto costruire da papa Damaso, per sè, per la madre Lorenza e la sorella Irene, i cui resti furono identificati nel 1910 dal tedesco Joseph Wilpert nel cortile dell’attuale istituto salesiano di San Tarcisio.





La catacomba fu utilizzata quindi dall’età di Massenzio sino a alla fine del IV secolo, per cadere progressivamente nell’oblio, dato che il culto dei santi titolari era assai poco diffuso, per essere riscoperta nel 1600 dal grande Antonio Bosio.





Ancora meno nota è l’altra catacomba, quella di Santa Balbina, che però non prende il nome dalla santa della Basilica del Piccolo Aventino, ma della donna, che come Basileus, dono il relativo terreno alla chiesa romana: Balbina era probabilmente una liberta, anche assai ricca, che, dal soprannome con cui è passata alla storia, aveva il difetto di balbettare. Altre ipotesi, che però alzerebbe troppo la datazione, collegherebbe il nome a un podere dell’imperatore Balbino, che certo doveva avere delle proprietà in zona. Pensiamo al suo ritratto in bronzo proveniente dalla vicina vigna Casali, al suo sarcofago ritrovato nei pressi della vicina catacomba di Pretestato e una monumentale iscrizione latina in caratteri greci, associato a quelli di Pupieno e di Gordiano III, trovata nei pressi di San Sebastiano





La catacomba è citata in alcune fonti antiche:





la Depositio episcoporum, che ricorda la sepoltura di San Marco (gennaio-ottobre 336) nel sopraterra in Balbinae;





l’Index coemeteriorum vetus, che parla di un cymiterium Balbinae ad sanctum Marcum;





due iscrizioni epigrafe, in particolare quella di un tale Sabino, che fece preparare il proprio sepolcro in una nuova galleria del cimitero di Balbina (in cymiteriu Balbinae in cripta noba).





Queste indicazioni ci informano dunque del doppio nome del cimitero: il primo in riferimento alla proprietaria del terreno (Balbina) in cui fu scavata la catacomba; il secondo il riferimento al santo principale ivi sepolto, papa Marco. Inoltre, del papa è ricordata la basilica edificata nel sopraterra. Malgrado queste fonti, l’identificazione della catacomba di Balbina è ancora incerta.





Per cui, la scoperta della basilica circiforme di San Marco, voluta da tale papa, aveva fatto sperare di risolvere definitivamente la questione: tuttavia gli scavi non ne hanno trovato traccia, visto l’edificio è stato eretto su un terreno vergine.





Altro dato che lascia perplessi è il numero di sepolture presenti nella basilica: in base al numero dei deposti recuperati nel settore scavato, si può calcolare che l’edificio (di cui – ricordiamo – conosciamo l’intera estensione (m 28 x 66) grazie alle tracce rivelate nel 1991 dall’erba medica) poteva contenere, solo sotto i piani pavimentali, in totale circa 2.350 inumati.





A questo numero si deve poi aggiungere quello dei sepolti nelle tombe sovrapavimentali – arcosoli, nicchioni, tombe a cassone, sarcofagi, recinti –, ben attestati nelle altre basiliche circiformi romane, nonché, gli inumati nelle cappelle funerarie annesse, nel portico tangente all’abside venuto alla luce nelle campagne degli anni ‘90 e nei sepolcri addossati esternamente al lato est della chiesa.





Di conseguenza, papa Marco aveva realizzato un vasto coemeterium, paragonabile, per capacità recettiva a una coeva catacomba romana di medie dimensioni… Perchè ne avrebbe avuto bisogno, se poteva utilizzare l’adiacente catacomba di Balbina?

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Published on September 09, 2020 14:04
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Alessio Brugnoli
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