Pirro (Parte II)
Sotto molti aspetti, la geopolitica di Tolomeo fu una decisa rottura con la tradizione inaugurata da Alessandro Magno e proseguita dagli altri Diadochi: invece di concentrarsi sul controllo terrestre, fu invece incentrata sul dominio marittimo.
Da una parte, il controllo della rete commerciale mediterranea, incentrata sul porto di Alessandria e sulle sue dipendenze, come Cipro, e dei suoi alleati, Rodi e la Lega delle Isole, permetteva all’Egitto di essere destinatario di un flusso d’oro e di materie prime ben superiore a quello che potevano ricevere i suoi rivali.
Dall’altra, la flotta egiziana poteva imporre una sorta d’embargo sui nemici, controllando ad esempio il commercio del grano proveniente dalla Crimea e costringendoli alla fame. Infine, la mobilità della flotta, concedeva all’Egitto di mantenere l’iniziativa tattica, garantendo al contempo la massima flessibilità operativa.
Ma il potere marittimo, per esplicarsi al meglio, però doveva controllare delle teste di ponte sulla costa, per chiudere in una sorta di cerchio di ferro le potenze terrestri nemiche: Tolomeo, per tenere sotto pressione il suo rivale Cassandro, seguì questa strategia. Di conseguenza, non solo appoggiò il colpo di stato di Pirro contro il cugino, ma per rafforzare la sua posizione favorì le sue nozze con Lanassa, figlia di un altro personaggio tanto affascinante, quanto poco noto, Agatocle, re di Siracusa.
Questi, nel tentativo di raccogliere risorse per organizzare una nuova guerra contro Cartagine, aveva sottomesso le città della Magna Grecia e imposto il suo dominio su entrambe le coste dell’Adriatico: nel far questo, aveva conquistato le isole Ionie, sconfiggendo Cassandro.
Per cui, per il principio il nemico del mio nemico è mio amico, Agatocle si era avvicinato a Tolomeo e di conseguenza a Pirro. Il siracusano, poi, contava sull’amicizia con il re dell’Epiro, per assicurarsi anche buoni rapporti con degli Illiri, essenziale per garantirsi il monopolio dei commerci con l’Alto Adriatico.
Pirro fu abbastanza lesto ad adeguarsi alla politica tolemaica: nel 295 a.C., trasferì la capitale del regno nella città marittima di Ambracia. Inoltre, ottenne come dote dal suocero il possesso dell’isola di Corcira.
Nel frattempo, però, in Macedonia le cose erano cambiate: Cassandro, il persecutore di Pirro, era morto di edema nel 297 a.C. lasciando il trono al figlio Filippo, che morì d’infarto dopo appena quattro mesi. Dopo la sua morte, il regno macedone fu retto congiuntamente dai suoi fratelli Antipatro II e Alessandro V.
I due però, cominciarono a litigare sin da subito: nel 295 a.C. Antipatro organizzò il suo colpo di stato. Fece uccidere la madre, che parteggiava per il fratello e cacciò a pedate Alessandro, il quale, invece di rassegnarsi, chiese aiuto a Pirro e Demetrio Poliercete, promettendo loro un territorio costiero in Macedonia e le province di Ambracia, Acarnania, e Amfilochia. Il primo a muoversi fu Pirro, che sconfisse facilmente Antipatro, il quale si rifugiò presso Demetrio, chiedendogli a sua volta aiuto per riconquistare il trono.
Demetrio, però, invece, lo uccise e con le sue truppe, avanzò in Macedonia, con la scusa di rendere omaggio ad Alessandro, il quale tanto poco si fidava del suo alleato, che tentò di organizzare un piano per ucciderlo durante un banchetto. Demetro però lo scoprì e il giorno successivo partì, accompagnato da Alessandro fino in Tessaglia. Qui, a Larissa, cenò con Demetrio senza portare le guardie del corpo e venne assassinato insieme ai suoi amici, proclamandosi poi re di Macedonia.
Con l’appoggio di Tolomeo, che gradiva Demetrio ancora meno di Cassandro, Pirro tentò a sua volta di cacciarlo dal trono macedone: invadendo e occupando l’Acarnania e l’Amfilochia e, sia pure brevemente, la Tessaglia. L’anno seguente Demetrio rispose conquistando Corcira, approfittando dell’invito di Lanassa, moglie di Pirro, in rotta con il marito per la sua poligamia, ad occupare l’isola e a sposarla. Il tutto ovviamente con l’appoggio di Agatocle, che dato il disinteresse di Tolomeo, cercava nuovi alleati per organizzare una nuova spedizione contro i cartaginesi.
La guerra continuò con alterne vicende per un paio d’anni, e nel 289 a.C. Demetrio, a corto di risorse e soldati, concesse a Pirro le regioni conquistate in cambio della pace. Ma il re dell’Epiro non demordeva: l’anno successivo, strinse alleanza con Lisimaco e Tolomeo, proprio ai danni di Demetrio, il quale fu così preso tra due fuochi.
Demetrio, temendo che il suo esercito di macedoni disertasse in massa all’avvicinarsi da est di Lisimaco, antico compagno d’armi di Alessandro, preferì dirigersi a ovest verso l’accampamento di Pirro, ma i suoi timori si trasformarono ben presto in realtà, visto che la maggior parte dei suoi passò al nemico, e, come leggiamo nella Vita di Demetrio di Plutarco, il Poliorcete stesso dovette fuggire precipitosamente con un travestimento. Così Pirro divenne, in condominio con Lisimaco, re della Macedonia.
Demetrio, poi, dopo aver perso anche Atene (col contributo di Lisimaco, che, tramite Democare, finanziò con 130 talenti la ribellione della città) aveva tentato invano di contrattaccare il suo storico avversario dirigendosi con un nuovo esercito verso la Lidia, dove combatté con alterne vicende da Agatocle, il figlio di Lisimaco.
Gran parte del suo esercito fu distrutta da carestia e pestilenze, e Demetrio sollecitò aiuto e assistenza da parte di Seleuco. Ma prima che potesse raggiungere la Siria tra i due scoppiarono le ostilità; dopo aver inizialmente guadagnato posizioni a svantaggio del genero, Demetrio fu del tutto abbandonato dalle sue truppe sul campo e si arrese a Seleuco.
Suo figlio Antigono offrì tutti i suoi possedimenti e la sua stessa persona per riottenere la libertà del padre. Ma tutto fu inutile, e Demetrio morì dopo una prigionia di tre anni, nel 283 a.C. I suoi resti furono resi ad Antigono ed onorati con uno splendido funerale a Corinto.
Alla notizia della cattura di Demetrio, Lisimaco, convinto di non avere più nulla da temere e abbastanza consapevole della sua superiorità di risorse ruspetto al re dell’Epiro, cacciò a pedate Pirro, raggiungendo l’apice della sua potenza; su di lui, però, incombeva una tragedia familiare che lo avrebbe portato alla rovina.
La moglie Arsinoe gli rivelò infatti che il figlio Agatocle stava tramando con Seleuco per impadronirsi del trono e Lisimaco lo fece imprigionare e avvelenare (284 a.C.). Secondo Pausania, Arsinoe aveva spinto il marito a uccidere Agatocle per eliminare l’erede al trono e spianare così ai suoi figli la strada per la successione.
Lisandra, la moglie di Agatocle nonché sorellastra di Arsinoe, secondo la testimonianza di Pausania, fuggì alla corte di Seleuco, accompagnata da diversi sostenitori del principe, tra i quali Filetero, il tesoriere di Pergamo, che consegnò al re di Babilonia le ricchezze che gli erano state date in custodia da Lisimaco.
Vista che senza denaro, Lisimaco non poteva pagare le sue truppe, Seleuco ne approfittò per chiudere i conti con il suo antico rivale, conquistando Sardi, costringendo il governatore Teodoto a consegnargli il tesoro, come ci testimonia Polieno. Poco tempo dopo (febbraio 281 a.C.), sappiamo da Eusebioche nella piana di Corupedio, situata secondo Strabone nei pressi di Sardi, vi fu la battaglia decisiva tra i due diadochi. Purtroppo, nessuna delle fonti che ci sono rimaste riporta gli schieramenti e la descrizione dello svolgimento dello scontro, ma in ogni caso Seleuco ebbe la meglio su Lisimaco che, nonostante l’età avanzata (74 o 80 anni a seconda delle fonti) morì con le armi in pugno, ucciso da un certo Malacone di Eraclea Pontica, come ci testimonia Memnone.
Dopo la battaglia, Alessandro, il figlio di Lisimaco avuto secondo Pausania dalla principessa odrisia Macris, ottenne da Seleuco il corpo del re di Macedonia e Tracia e gli rese gli onori funebri nei pressi di Lisimachia. Duride di Samo, in uno dei pochi frammenti della sua opera storica che ci sono pervenuti, ci racconta che il fedele cane di Lisimaco, che si chiamava Ircano, dopo aver vegliato il cadavere del padrone e averlo protetto dagli avvoltoi, durante il rito funebre si gettò sulla pira del re trovando la morte.
Alessio Brugnoli's Blog

