Il Castra di Amba Aradam-Ipponio
Come accennato parlando del Clivus Scauri, il Celio era una sorta di Cecchignola dell’Antica Roma: un quartiere pieno di caserme, che di fatto condizionavano la sua economia e il suo tessuto sociale. Le fonti ci parlano dei Castra Nova Equitum Singularium, che si trovano sotto la Basilica di San Giovanni in Laterano, dei Castra Priora Equitum Singularium all’imbocco di Via Tasso, le caserme delle guardie a cavallo dell’ Imperatore e dei Castra Peregrina presso la chiesa di Santo Stefano Rotondo. Inoltre, un frammento recentemente trovato della Forma Urbis, la grande pianta marmorea di Roma di epoca severiana, riproduce la planimetria di un’altra caserma ubicata presso villa Celimontana.
Infine, sono riconducibile a tale funzione anche i resti archeologici ritrovati durante gli scavi eseguiti durante la realizzazione stazione Amba Aradam/Ipponio: si tratta di un complesso costituito da di oltre trenta vani articolati lungo un corridoio, decorati con affreschi parietali e pavimenti a mosaico. La fase di occupazione del sito che ha restituito le evidenze più consistenti è quella compresa tra il I e il III secolo d.C. Nella metà occidentale del corpo stazione è stato rinvenuto un vasto complesso abitativo, articolato su due livelli, mentre nella metà orientale si sviluppava un ampio settore a giardino, allestito su terrazze degradanti verso il fosso dell’Acqua Crabra.
Questo era un antico ruscello, poi utilizzato nel Medievo per la realizzazione del canale dell’Acqua Mariana, le cui sorgenti erano nei pressi della città di Tusculum: Cicerone ne parla nella sua orazione De Lege Agraria, affermando come le sue acque irrigavano i giardini della sua villa di campagna. Sempre i lavori della metro C, in cui, grazie a Dio, non è stato applicata la brillante proposta di Roma fa Schifo, riconducibile a
“Buttate giù ‘ste muraccia”
sono state trovate diverse infrastrutture connesse a tale fosso: un serbatoio a supporto dell’irrigazione dei campi, forse il più grande conosciuto nella città antica, insieme a una ruota idraulica e attrezzi agricoli.
Tornando alla nostro complesso archeologici, nella seconda metà del I sec. d.C. vengono realizzate le strutture perimetrali che definiscono i limiti dei lotti da edificare, a testimonianza della riurbanizzazione dell’area, a seguito dei danni dell’incendio del 27 d.C. ricordato da Tacito, che distrusse tutto, risparmiando solo una statua di Tiberio.
A questa fase risale un prima domus, del quale sono stati trovati i resti asportando i livelli pavimentali della Domus del Comandante, a quote comprese tra m 19.15 e 18.50 s.l.m. Questa domus, all’epoca di Traiano, fu incorporata nel demanio imperiale. Tra la fine del I secolo d.C. e l’inizio del II secolo d.C., in epoca adrianea, questo edificio viene demolito e sulle sue fondamenta vengono costruite, la probabile caserma e la domus in cui abitava l’ufficiale che vi era al comando.Nella terza fase, databile tra l’età adrianea e la seconda metà del II sec. d.C. vengono effettuate altre modifiche interne agli ambienti e viene contestualmente sistemata l’area a giardino che si sviluppa ad est del complesso.
Relativamente all’edificio chiamato “caserma”, ricadono nel corpo stazione 22 piccoli ambienti a pianta quadrata (m 4 x 4) identificabili come alloggi posti ai lati di uno stretto corridoio, accanto ad altri 7 vani di carattere funzionale. Questo corpo di fabbrica, concepito unitariamente, è delimitato a nord da una struttura di terrazzamento in opera mista e a est da un poderoso muro di confine in opera reticolata. Sul lato sud del corridoio vi sono 15 vani; di fronte, a nord del corridoio, si dispongono altri 14 ambienti e un’area a cielo aperto pavimentata in opus spicatum; un braccio ortogonale, articolato in 5 vani chiude l’edificio est. Il piano di calpestio di questi ambienti si colloca ad una quota media di m 22.00 s.l.m. In alcuni casi le pareti interne degli ambienti conservano ampi tratti di rivestimento parietale dipinto. Per quanto riguarda le pavimentazioni sono stati rinvenuti mosaici, tratti in lastre marmoree irregolari e laterizi frammentari, pavimentazioni in opus spicatum.
Circa tre metri più in basso dell’ala dei “dormitori” si sviluppa un complesso edificio abitativo articolato in due nuclei distinti: il primo è la cosiddetta Domus del Comandante, dato che da escludere l’eventualità che un privato cittadino potesse costruire la sua domus a contatto con un edificio militare di proprietà imperiale.
Questa domus consiste in un un edificio rettangolare di circa 300 mq, che prosegue oltre la paratia nord della stazione, limite dello scavo: vi si accede da un’ampia area all’aperto, per mezzo di gradini che immettono in un corridoio con pavimento in opus spicatum (mattoncini disposti a spina di pesce). In questa area sono stati rinvenuti 14 ambienti, che si dispongono attorno ad un cortile centrale con fontana e vasche, anch’esso con l’opera spicata a terra. I pavimenti sono di buona fattura in opus sectile a quadrati di marmo bianco e ardesia grigia, a mosaico (anche figurato) o in cocciopesto, mentre le pareti sono decorate con intonaci dipinti o bianchi.
Gli archeologi hanno inoltre rilevato la presenza di suspensurae, cioè di pile di mattoni che dovevano formare un’intercapedine al di sotto del pavimento per il passaggio di aria calda. La domus sembra sia incorsa a diverse ristrutturazioni nell’arco del tempo, sia dei pavimenti sia dei rivestimenti parietali che sono stati rifatti più volte con l’intento di mantenere in buono stato l’edificio. I lavori hanno interessato anche la forma della struttura e le dimensioni degli ambienti, nonché le aperture di passaggio. Nell’ultima fase di vita, una scala doveva portare al piano superiore, probabilmente un accesso ad uffici o al dormitorio dei soldati, posto più in alto.
Il secondo è edificio, nell’ala ovest, è una sorta di area di servizio, con pavimenti in opera spicata, vasche e complesse canalizzazioni idriche, forse alimentate dall’Acqua Cabra. Quest’ala, attraverso una soglia in blocchi di travertino, era in comunicazione con un tracciato viario in basoli e probabilmente accoglieva merci da stoccare, forse temporaneamente. Per cui, si può ipotizzare come fosse una sorta di horrea militaria.
Di particolare importanza, il rinvenimento di elementi lignei come i resti delle cassaforme utilizzate per edificare le fondazioni dei muri con tavole e ritti ritrovati ancora in situ sulle fondazioni ed elementi di carpenteria (tavole, travi, travetti) accatastati o buttati in fosse, cosa che a Roma, per il clima, è rarissimo.
I due nuovi edifici, come il dormitorio dei soldati, sono stati abbandonati e messi fuori uso intenzionalmente: i muri rasati a un’altezza massima di 1,5 metri, gli ambienti spoliati e interrati. Questo radicale e massiccio intervento, databile a poco dopo la metà del III secolo d.C., può essere messo in relazione con la costruzione delle vicine Mura Aureliane (271-275 d.C.), che doveva prevedere la dismissione degli edifici esterni e prossimi, possibile riparo o nascondiglio per eventuali nemici.
Alessio Brugnoli's Blog

