San Nazario in Brolo (Parte II)
Come accennato nella puntata precedente, a causa della presenza delle prestigiose reliquie, la sepoltura nella basilica Apostolorum et Sancti Nazari nella Milano tardo antica divenne ambitissima: così l’esterno della basilica, tutto intorno all’abside e ai bracci del transetto, si riempì di mausolei privati e di tombe.
Ad esempio, a un metro di distanza dal muro di fondazione della canonica verso piazza San Nazaro e a due metri sotto il piano attuale di calpestio vennero ritrovate alla metà dell’Ottocento alcune tombe dipinte risalenti al IV secolo, che ci sono note solo attraverso disegni.
I defunti sepolti all’esterno, però, appartenevano alla media borghesia locali: i veri VIP, legati alla corte imperiale e alla sede metropolitica milanese, erano invece sepolti all’interno della chiesa, intorno all’altare maggiore.
Tra questi vi furono quattro vescovi della prima metà del V secolo, Venerio, Marolo, Glicerio e Lazzaro e il medico egiziano Dioscoro, al servizio della corte imperiale, sepolto nell’emiciclo occidentale del braccio destro (oggi cappella Tondani), che conserva ancora un tratto di pavimentazione originaria a piastrelle di marmo bianco e nero. La lapide, visibile nel braccio destro di croce, è scritta in greco con un breve riassunto in latino.
Qui fu la tomba de chiarissimo Dioscoro, della cui bocca più dolce del miele era la voce. Sono il sepolcro del medico Dioscoro che con la sua arte spesso salvò i malati anche da morte. Questi giunto all’apice di ogni sapienza, lasciò qui il corpo e se ne andò in paradiso. Qui giace un uomo valente nell’arte di Peone che tutti sorpassò nell’arte del dire. Ebbe il nome di suo padre Dioscoro e sua patria fu il santo Egitto e sua gloria la nostra città. Qui giace il famoso Diascoro. Tacque la sua lingua, più dolce del miele era la sua voce. Sepolto il 20 novembre” (430)
Altro personaggio legato alla corte era un comes sacrarum largitionum con la moglie Saura. La lapide, parzialmente danneggiata e privata del nome del defunto, è così riassumibile:
“(qui riposa)…, illustre, già comes sacrarum largitionum (ministro delle finanze imperiali), il quale fu deposto il quarto giorno prima delle calende di ottobre, durante il consolato dei Onorio per la dodicesima volta e Teodosio per l’ottava (28 settembre 418); e la sua coniuge Saura, illustre, insieme riposa, la quale fu deposta la vigilia delle calende di marzo, quando fu console Festo, chiarissimo, e chi sarebbe stato proclamato dall’Oriente (28 febbraio 439)
Nel VII-VIII secolo le tombe si disposero intorno alle reliquie di S. Nazaro. La struttura della chiesa, cominciò a cambiare in epoca carolongia: per prima cosa, fu eretto il campanile, che svolgeva anche il ruolo torre, con mura e feritoie.
Poi, come si legge nella “Chronica Archiepiscopi Mediolanensis”, l’Arcivescovo Arderico,eletto nel 936
“Fece costruire la Cappella di S.Andrea Apostolo presso il muro rotto e la cappella di S.Lino nella chiesa di san Nazaro nella quale fu sepolto”.
La basilichetta di San Lino, ancora esistente, è così uno dei pochi esemplari dell’architettura carolingia a Milano, all’epoca città marginale rispetto a Pavia, assieme alla cappella di Santa Maria preso San Satiro; cappella a pianta centrale cruciforme con abside, è illeggiadrita da nicchiette, da cornici marmoree e da rari affreschi dell’epoca. Tra l’altro, in quel periodo, la chiesa era all’estrema periferia meneghina, da cui derivò l’appellativo in Brolo, ossia nel prato.
Il 30 marzo 1075 un rovinoso incendio danneggiò gravemente la basilica, distruggendone le capriate lignee; il cronista Arnolfo, che fu testimone dell’evento, profetizzò, essendo probabilmente antenato del buon Fassino, che le rovine sarebbero state visibili per molte centinaia d’anni. Smentendo il cronista, nel fervore economico della seconda metà del secolo, le riparazioni procedettero speditamente, tanto che nel 1093 la chiesa poteva già accogliere la sepoltura del vescovo Anselmo iii da Rho. Nel 1112 i lavori dovevano essere ulteriormente avanzati, se una certa Gisla devolveva una parte dei suoi beni alla chiesa, “donec restaurata fuerit”.
Il restauro romanico si caratterizzò per una speciale arditezza, in quanto, conservando per notevole altezza le murature originarie, gettò sull’invaso (largo 14 m ca.) volte in muratura a monta cupoliforme con crociera costolonata. Si impose necessariamente il frazionamento dello spazio sino a quel momento unitario della navata in due campate quadrate, delimitate da forti semipilastri con semicolonne addossate, mentre i bracci laterali vennero trasformati in un vero e proprio transetto, alle cui due estremità i muri rettilinei vennero sostituiti da absidi semicircolari estradossate, alleggerite all’esterno da una sequenza di fornici alti e profondi scanditi da nervature a sezione torica e contrafforti pentagonali.
Nella crociera d’incontro si impostò il tiburio con cupola a otto spicchi e loggiato esterno con arcate a doppia ghiera, particolarmente interessante per la sua precocità. Ovviamente, tutto questo nuovo carico statico non era stato previsto dall’architetto che aveva lavorato per Ambrogio, di conseguenza, già dopo pochi anni, San Nazario minacciò di crollare di nuovo, tanto che nel 1204 si dovette provvedere a restaurare l’arcone del presbiterio che minacciava rovina.
Intervento che non fu sufficiente: a metà Trecento, in piena epoca gotica, per scaricare meglio il peso, vi fu un intervento sugli emicicli di ponente, con la costruzione della cappella del corpus Domini, il rafforzamento statico dei piloni all’inizio dell’abside centrale – sacellum Nazarii – e la costruzione di una cappella con annesso un luogo Pio.
Nel Rinascimento, avvennero due interventi, che alterarono totalmente l’aspetto della chiesa: il primo, fu la costruzione del Mausoleo Trivulzio, di cui parlerò nella prossima puntata, il secondo, la costruzione della cappella di San Caterina, inizialmente concepita come una chiesa indipendente.
Questa fu progettata da intorno al 1540 da Antonio da Lonate, allievo di Bramante, che concepì un ambiente a pianta rettangolare, coperto da una cupola semisferica e illuminato da finestre a forma di piccoli rosoni.
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Cappella che è dominata dall’affresco di Bernardino Lanino, il Martirio di Santa Caterina, che ricopre interamente una strombatura ad arco a tutto sesto sulla parete sinistra della cappella. Esso si articola in più scene: al centro è raffigurata la scena del miracolo della ruota, a sinistra, dall’alto, Caterina che cerca di convertire l’Imperatore e il processo di Caterina; a destra, dall’alto, la decapitazione di Caterina e la sua morte. Lungo la parete destra, sopra la porta che collega la cappella all’esterno, si trova una vetrata policroma dipinta opera di Luca da Leida raffigurante Scene della vita di Santa Caterina d’Alessandria.
Un’ulteriore ristrutturazione fu voluta da Carlo Borromeo, che,seguendo le disposizioni del concilio di Trento, fece distruggere il ciborio con le bellissime colonne di porfido, erigere da Pellegrino Tibaldi un nuovo altare maggiore, affrescare il coro da Camillo Procaccini. Oltre alla costruzione delle cappelle laterali, fu fatta rafforzare ancora una volta la cupola, che stava crollando per l’ennesima volta. Al cardinal Federico si deve la costruzione della famosa sacrestia federiciana a ponente del monumento.
Nel Settecento, il Cardinal Litta, finanziò l’allargamento e la pittura della cappella di San Matroniale nel braccio di levante, mentre l’architetto Merlo costruì l’altare di San Arderico nell’abside di ponente; Maggi e Abbiati affrescarono la cupola. Il tutto riuscì così bene che gli affreschi del coro e della cupola sono chiamate del popolo il paradiso di Sannazzaro.
Infine, tra il 1828 e il 1830, l’architetto Piero Pestagalli decorò la chiesa secondo il gusto neoclassico: nel Novecento, a spizzichi e bocconi, partì un lungo e complesso progetto di restauro, che recuperò sia l’aspetto medievale, sia le tracce dell’originale basilica ambrosiana.
Piccola curiosità: in San Nazario è conservata la Madonna della Serpe di Figino, che fu d’ispirazione per Caravaggio per la sua splendida Madonna dei Palafrenieri.
Alessio Brugnoli's Blog

