Stefano Solventi's Blog, page 56

March 10, 2018

Motivi

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«Io sono musica che parla della mia morte per mano vostra. Io esulto perché vivo vostro malgrado»


Queste parole sono di Archie Shepp, e si riferiscono al free jazz: lo descrivono, lo collocano in una dimensione storicamente antagonista, sottolineandone il senso di incidenza e necessità rispetto all’epoca in cui emerse.


Il free jazz, o new thing, o ancora free music, non sarebbe stato ciò che è stato – che ancora è – senza Albert Ayler. E senza un disco in particolare, Spiritual Unity, del quale ho scritto in questo articolo/recensione su Sentireascoltare.


(La bellezza non ha bisogno di motivi, si motiva da sé. Ma i motivi per parlare di free jazz, per ascoltarlo, sono oggi ancora molti e vivi. Vivi come non mai. Motivi che ci spingono – ci obbligano – a sperare che la musica non abbia smarrito la capacità di introdurci alla ricchezza della complessità).




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Published on March 10, 2018 07:37

March 8, 2018

Five years

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È almeno dai tempi di Let’s Dance che un lavoro di Bowie non sembrava così in grado di scuotere il panorama musicale. E The Next Day è complessivamente migliore di Let’s Dance. È una buona notizia anche per il rock come forma espressiva, perché si dimostra in grado di essere significativo facendo combaciare la sua forma più autentica e quella mainstream, la forza dell’impianto classico e la spinta ibrida innovatrice.”


Cinque anni fa usciva The Next Day e non mi sembrava vero, porca miseria, che Bowie fosse tornato con tanta forza, con tanta brillantezza e determinazione. Questo stupore, quasi euforico, traspare dalla recensione che ne scrissi.


Sono passati cinque anni.


Five years.





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Published on March 08, 2018 06:55

March 7, 2018

La goccia e la roccia

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Seguo Kekko Fornarelli da anni. Suona il piano in un trio, il suo trio. Un trio jazz, certo. Che non insegue virtuosismi, non si avvita in ginnastiche tortuose: Fornarelli è uno a cui piace mettere in piedi paesaggi, atmosfere, pur mantenendo jazzisticamente il perno sulla modulazione timbrica, sui sottili slittamenti tonali.


Le sue sono pennellate chiare – o in chiaroscuro – dentro strutture melodicamente e armonicamente ben delineate, persino limpide, che scavano nel rapporto tra purezza del tocco pianistico, interventi sintetici (tastiere e perturbazioni noise) e ritmiche (basso e batteria) sbilanciate su sincopi inquiete.


Ogni pezzo potrebbe essere la soundtrack di un cortometraggio, un susseguirsi di situazioni pittoriche, sospese, in bilico, nelle quali avverti una vibrazione fissa, una frequenza portante orientata verso la ricerca di un’espressione contemporanea, profondamente umana malgrado lo spaesamento del post-umano che ci attrae, ci cattura, ci imprigiona.


Se dovessi cercare termini di paragone come se ne stessi scrivendo una recensione, direi che la sua musica si colloca da qualche parte tra i mai troppo rimpianti Esbjorn Svensson Trio e i Radiohead delle ballate pianistiche: prendete queste coordinate con beneficio d’inventario.


Altro indizio: tra le 8 tracce del nuovo lavoro, sette sono originali e una è la cover di Lonesome Tears – proprio quella di Beck, tratta da quel capolavoro di mestizia radioattiva che è Sea Change – qui ricondotta alle sue particelle elementari, alla sua quiete minerale, indagata fino all’incandescenza. Un’altra traccia, molto bella, si intitola The Drop and The Rock: niente male come dichiarazione d’intenti, ma la prendo (anche) come un buon auspicio.



 


Abaton esce venerdì, ed è uno dei dischi migliori di Kekko Fornarelli.


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Published on March 07, 2018 05:49

March 5, 2018

Fantasma

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Ogni tanto mi vengono a trovare delle storie. Lo so, sembra una frase accomodata. Una frase fatta e accomodata. Vi assicuro però che non è così: le storie arrivano, arrivano da sé. Improvvise, sorprendenti, persino inopportune. Scriverle, poi, è un altro discorso. Scriverle, a volte, è un vero casino. Ma lasciamo stare.


Dicevo, ogni tanto arriva una storia. Arriva e, bene o male, dopo un po’ la riconosco. So da dove viene. So le strade che ha percorso, i territori che ha attraversato. Quasi sempre è così, ma non sempre. O non del tutto.


Fantasma è una storia di quelle arrivate un luogo strano, che non sono sicuro di conoscere. All’inizio non capivo se valesse la pena scriverla, era come se non mi appartenesse. Ma adesso lo so. So bene cos’è. So cosa voleva dirmi, cosa voleva dire. Non mi è diventato chiaro subito, no. Ho dovuto aspettare l’ultima frase, l’ultima parola. E lo spazio che segue. Lo spazio che c’è sempre dopo la parola fine.

Adesso sì, è tutto chiaro.


La trovate su Verde Rivista, che ringrazio per avermi nuovamente ospitato. Il link è qui sotto. Buona lettura.


https://wp.me/s2nHuZ-fantasma




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Published on March 05, 2018 02:20