Marco Manicardi's Blog, page 57
October 1, 2019
Wu Ming
E in un libro che si chiama L’armata dei sonnambuli, del 2014, dei Wu Ming, un personaggio dice a un altro che l’aveva sempre detto, lui, che la noia è controrivoluzionaria. Ma l’altro gli risponde che non è la noia: sono gli annoiati. E che bisogna diffidare di chiunque si lamenti della noia che patisce. E che chi ti dice che si annoia è uno stronzo, sempre, uno che ti vuol mettere il gioppino nel retro.
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September 30, 2019
I ferri del mestiere e L’altra canzone del sole (e poi La guerra degli affetti)
Lo so che adesso siete tutti lì ad ascoltarvi Battisti (Lucio) su Spotify e che non è il momento mediaticamente più opportuno per parlare di queste cose. Ma forse, invece, sì, perché l’altro giorno è uscito un disco intitolato I ferri del mestiere, di un noto cantautore locale che si chiama Frigieri (Giancarlo), e dentro c’è un pezzo bellissimo intitolato L’altra canzone del sole, che chiude un po’ il cerchio e torna a dare un senso a giorni nostri.
Poi, sempre dentro a I ferri del mestiere di Giancarlo Frigieri, c’è un altro pezzo intitolato La guerra degli affetti dove ci sono anche io che suono il piano, ed è per questo che scrivo queste due righe e cioè per dire a tutti che finalmente è uscito IL MIO DISCO.
Disco che, comunque, è bello tutto. Se volete ascoltarlo, lo trovate qui:
Sono contento anche del fatto che il disco si chiami proprio I ferri del mestiere, mi ricorda di quando con Viarengo e Bonino avevamo fatto ristampare a Einaudi un libro con lo stesso nome e poi lo portavamo in giro per Torino e lo leggevamo davanti a della gente e soprattutto ridevamo molto e bevevamo altrettanto.
Che bei tempi, quelli là. Torneranno?
Lo scopriremo solo vivendo.
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September 27, 2019
Una cosa che non avevo mai fatto
Postare dalla sede di altervista.org. Fatto.
(datorino & dacarpi)
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September 26, 2019
Si può anche far senza (4)
Per esempio della pizza al metro, anche se non saprei spiegare bene il perché, ma il fatto che non sia tonda me la fa sembrare, boh, insensata.
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September 25, 2019
Mazzucchelli
E in un libro che si chiama Asterios Polyp, del 2011, David John Mazzucchelli dice che poi di fatto ci vuole poco a capire gli altri, basta ignorare ciò che dicono e guardare cosa fanno.
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September 24, 2019
Il nervoso (che c’è)
Sono diventato molto permissivo rispetto a tanti anni fa, non me ne frega quasi più niente se qualcuno sbaglia un congiuntivo, se scrive qualcosa che grammaticalmente non va mica tanto bene, se sbaglia la punteggiatura, eccetera. Sono anche diventato molto zen quando sento i piuttosto che disgiuntivi o settimana prossima senza l’articolo, che sono due cose che mi mandavano nei matti, una volta. Adesso segno solo sui libri, con una bisciolina a matita sotto la parola, le decadi usate per i decenni e poco altro, e quando sono proprio imbufalito tiro una freccina che esce dal paragrafo e sul margine libero scrivo un bel “NO!”, ma sono cose che tengo per me. Ho scoperto che così si vive meglio.
Però poi quando sono lì che ho appena mandato un messaggio a qualcuno su Whatsapp, che non lo posso neanche modificare, e volevo scrivere tipo “ce n’è” e mi viene scritto magari “c’è ne” perché il correttore automatico del telefono vuole pensare al posto mio, mi vengono di quei nervosi che tiro dei cancheri a voce altissima e la gente si gira e mi guarda male. Poi mi calmo, dico vabbè, faccio finta di niente e vado avanti.
E mi sento sporco tutto il giorno.
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September 23, 2019
Fruttero & Lucentini (2)
E in un libro che si chiama La donna della domenica, del 1972, Carlo Fruttero e Franco Lucentini usano un sacco di metafore e similitudini; una volta avevo provato a raccoglierle tutte e – ammesso che siano davvero tutte tutte, ma qualcosa mi sarà scappato di sicuro – dicono così:
Henry James (uno scrittore di quelli che dovevi spingere come una bicicletta in salita)
Quel riflesso fulmineo, istintivo, di salvatrice, quel guizzo da domenica del corriere
La bambina restò impalata, con un’aria da monumento ai Caduti
Ci fu uno scambio di sorrisi come di fari a un incrocio
L’idea di doverlo disilludere adesso, di dover spegnere quel sorriso di principessa che si vede riconsegnare l’anello caduto in mare, gli dette un senso di oppressione
– Che c’è? – chiese piano, con la delicatezza dell’artificiere che disinnesca l’ordigno extra-parlamentare
nella tappezzeria a righe bianche e rosse, sbiadita come un pigiama da cronicario
disse […] col tono umilmente filosofico di chi ha ordinato un tamarindo invece della solita Coca-Cola
era ben più facile che liberarsi di queste piccolezze formali, dure e insolubili come i calcoli renali
passeggiavano col passo avaro e dilatorio delle bambinaie, dei carabinieri in alta uniforme, e dei vecchi
marciava tra quella piccola folla, dove non mancavano uomini ben più nerboruti e possenti di lui, con la sicurezza appena infastidita di un passante in mezzo a un nugolo di piccioni
Perché doveva vivere circondato da gente che gli spegneva sempre tutte le candele?
Uscì dalla 500 anche lui, come da un cassetto pieno di fiori secchi
si domandò Massimo, con la freddezza di Clausewitz
Col ronzio che faceva la 500 aperta, era come viaggiare seduti sopra una macchina da cucire
Anna Carla gli rivolse un sorriso che era una carezza da suora della misericordia
[disse] con l’aria di chi conta per la ventesima volta gli ultimi spiccioli
Attraverso le stecche delle persiane entrava una luce da esecuzione
Si sentiva come un tronco d’albero gettato sulla spiaggia, ripreso dall’onda, rigettato, ripreso, con una monotona, indifferente pendolarità che niente poteva spezzare
proseguì sicuro, con l’aria di chi si ritrovi su terreno asciutto dopo essere scivolato in un pantano
tutta la sua flemma speculativa gli cadde di dosso come si perdono i vestiti nei sogni
la poco raccomandabile cosca delle emozioni amorose
Era stupefacente come certe vergogne, certe vanità sepolte da vent’anni, fossero pronte a rivenir fuori come indistruttibili topi.
Il commissario […] mise le mani nella borsa con lo stesso animo con cui avrebbe disinnescato una mina
Ma era come se lei fosse metà qui e metà chissà dove, come appunto i preti.
case alte e basse, vecchie e nuove, che parevano un gioco di costruzioni lasciato a mezzo da un bambino e scompigliato dal fratellino più piccolo.
Lui disse di sì col tono di uno che accetta la zuppa invece del pan bagnato
Ne era lei stessa consapevole, e felice in un modo anch’esso attutito, ovattato, come se le fosse appena nevicato dentro
gli esseri umani impegnati a tessere e ritessere le loro tremule, fortuite ragnatele da uno spigolo all’altro della vita
L’altro fece la faccia di chi cede a un bambino.
– A lei non si può proprio nascondere niente, – disse con una umiltà da schiaffi
Prese, senza sforzo, l’aria di un veterano cui l’esito della milleunesima battaglia non importa in realtà più niente
il commissario lo stava scrutando con gli occhi di un cardinale controriformista
parole, sue e altrui, fitte, pressanti, e subito disperse come pioggia nell’acqua
il braccio che descriveva un ampio semicerchio, come a mostrare una catena di montagne, un tramonto.
la città, spopolata e sprangata come in attesa dei barbari.
un cassetto richiuso con un fruscio di rosario sgranato
La sua espressione naturalmente aggrottata, come se avesse un chiodo piantato in mezzo alle sopracciglia
Le dita si strinsero due o tre volte attorno al binocolo come le zampe di un ragno in agonia
Il letto a baldacchino pareva ancora più enorme sotto il basso soffitto, come una stanza nella stanza o una gabbia per qualche misterioso, incorporeo animale.
Il tono era quello di chi ha ascoltato fino in fondo due venditori di enciclopedie
restò perfettamente immobile, il labbro preso tra i denti come un dito in una porta
Ormai, era come picchiare su un gatto schiacciato sull’autostrada.
La mia preferita è: La bambina restò impalata, con un’aria da monumento ai Caduti.
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September 21, 2019
Miù Miù
«… Nel giardino dell’Eden c’era di tutto. Fegatini, rognoncini, carne tritata, pesciolini rossi e ciotole di latte. Solamente una cosa non si poteva mangiare: “la Lisca di Pesce Proibita”, che cresceva nel mezzo di questo magnifico Paradiso Terrestre. Un giorno Miù Miù, la prima gatta, incontrò il Diavolo vestito da topo…»
— (Hugo Pratt, Corto Maltese: Favola di Venezia; 1977) @ Chiesa di San Silvestro (Venezia)
Chiesa di San Silvestro (Venezia), ieri.
(Hugo Pratt, Corto Maltese: Favola di Venezia; 1977)
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September 19, 2019
Thegiornalisti
Io se fossi Dio
maledirei davvero i Thegiornalisti
e specialmente tutti
che certamente non sono brave persone
e dove cogli, cogli sempre bene.
***
(Sono due giorni che provo a resistere, e invece alla fine non ci sono riuscito. –> Click.)
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September 18, 2019
Babel’
E invece in un libro che si chiama Racconti di Odessa, del 1931, in un racconto intitolato Ljubka Cosacco, Isaak Ėmmanuilovič Babel’ dice a un certo punto che il sole pendeva dal cielo come la lingua rosa di un cane assetato.
E poi, sempre nello stesso libro, ma in un altro racconto intitolato Padre, dice che gli ubriachi erano spaparanzati per il cortile come mobili rotti.
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